Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Romanova    15/08/2015    1 recensioni
La volontaria del Distretto Dodici si troverà a fare una scelta difficile, perchè Peeta è spacciato, ma lei deve andare avanti a combattere.
Con un insospettabile alleato.
{Catoniss dedicata a JackLoveCatonissForever, come promesso}
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cato, Katniss Everdeen
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ringrazio chi di voi sta seguendo la storia, l'ha messa fra le preferite, le seguite o le ricordate o<".
 

La risveglia con una sberla ben assestata.
“Non farmi più una cosa del genere!” la rimprovera “Sembravi un cadavere!”
La Everdeen fa fatica a controllare il proprio respiro.
“Mia madre si offrirà volontaria, mia madre si offrirà volontaria…” riesce solo a farfugliare mentre spalanca una finestra sperando di ottenere sollievo dal cambio d’aria della stanza:”Non permetterà che mietano Prim, non lo farà” si ripete.
Il diciottenne la segue senza dire una parola fino a quando non l’afferra per le spalle bloccandone la marcia e le riflessioni/fiume.
“Prim è tua sorella?”
La mora annuisce tornando a sedersi sul divano.
“Ok, quanti anni ha?”
“Nove anni” risponde la ragazza cercando di riacquistare il self-control.
“Vuoi chiamare la tua famiglia? Ieri mi è sembrato di vedere un telefono, al piano di sopra”.
La capisce benissimo, sarebbe impazzito pure lui se avessero fatto del male a una persona che ama e lo hanno già fatto, per cui ha ogni ragione e diritto di soffrire, ha cicatrici che bruciano quanto quelle della Ragazza in Fiamme.
“Non ho il loro numero” brontola la giovane con un vago accenno di imbarazzo.
“Vediamo se Panem è così gentile da lasciare qualche indirizzo utile in rubrica” attacca subito l’altro sfogliando un quadernetto in modo febbrile.
“Prova a comporre questo numero” le dice indicandole la terza riga.
Il telefono squilla e la diciottenne porta la cornetta all’orecchio.
“Katniss?”
E’ la voce di Gale a risponderle.
“Gale!” sorride nel pronunciare quel nome e il suo coinquilino non manca di notarlo, ma si concentra per non fare smorfie rivelatrici.
“Ti vogliamo tutti nel dodici, tua sorella, Posy e tutta la mia famiglia non vediamo l’ora di vederti”
Il calore del suo migliore amico la conforta.
“Come state?” chiede con un soffio di voce.
“Abbiamo sentito l’annuncio, non preoccuparti” risponde l’altro “Ora ti passo tua madre, qui al Villaggio dei Vincitori sta molto meglio e sembra che si stia riprendendo”.
L’idea di risentire sua madre la fa dubitare per un secondo della correttezza della sua decisione.
“Mamma?” domanda esitante, non essendo proprio sicura di voler avere un colloquio, seppur filtrato, con la donna che ha lasciato per entrare nell’Arena.
“Sono qui” risponde la bionda dall’altro capo del filo.
“Ricordati di proteggere Prim, so che ce la farai” le raccomanda “Io arriverò solo per il Tour e non avremo tempo di vederci, in nessun modo”.
“Lo so, qui facciamo da sempre tutto il possibile per difenderci”.
La telefonata si concluse con dei vaghi saluti e la Vincitrice è pallida e angosciata, ma non dimostra il suo stato emotivo.
“Se vuoi puoi uscire a fare due passi, magari ti rilassa” propone il biondo sconfortato dal non saper come reagire.
Katniss è uscita a passo di marcia, come fa sempre quando deve riflettere su qualcosa: cerca l’aria aperta, gli spazi ampi.
Cato le corre dietro non potendo nemmeno chiudere la porta per la velocità con cui la Ragazza In Fiamme è scappata.
Per fortuna ha delle buone gambe ed è un buon scattista, la ritrova dopo pochi metri seduta su una panchina a fissare il vuoto , le si avvicina con prudenza quasi fosse un animale intrappolato che potrebbe diventare aggressivo.
“Ehy…”
Ha entrambi i piedi appoggiati sul legno, una mano a pugno che le regge una guancia e lo sguardo basso.
“Non saresti dovuto venirmi a cercare, non eri obbligato”.
“Ti ho sempre cercata, non avrei saputo far diversamente pur non essendo abile con le parole” spiega il biondo tentando di ignorare una sensazione a lui non certo familiare: l’imbarazzo dato dal non sapere cosa fare:”Penso di esprimermi meglio a gesti”.
Gli fa cenno di avvicinarsi e sedersi.
“Lo vedo” commenta dolcemente :”Non volevo spaventarti” prosegue.
Il diciottenne sospira accomodandosi come la coetanea.
“Non è quello il problema, è che stiamo cominciando una cosa difficile e dobbiamo supportarci, lo dicevi tu”.
Cenno di conferma, lei allunga una mano verso le spalle di lui, si abbracciano.
“Andrà tutto a posto”.
“Sì, ora andiamo a cenare” propone il biondo staccandosi dopo aver respirato la fragranza forte di Katniss.
Quante piccole bugie ci si deve raccontare per andare avanti senza impazzire.
Il pasto è veloce e vanno poco dopo a passeggiare, hanno bisogno di nuovo di aria fresca e respirabile, di chiarirsi.
“Non mi piace stare in quella casa più del necessario”.
“Anche a me” conferma la Everdeen.
La prende per mano nonostante le piaghe e le ferite facciano ancora male, lei sente il sangue affluire alle guance ma non vi dà troppo peso.
“Domani ci hanno chiesto un’intervista, dopo i funerali di Clove” dice la ragazza mostrando una lettera, mezzo piuttosto inusuale per chi comunica nella Capitale, ma ancora abbastanza riservato e occultabile.
“E’ di Flickermann?”
“Sì, andremo in onda mentre scambiamo le condoglianze con le famiglie, o almeno così dicono”.
Silenzio.
“Ho voglia di vomitare, sul serio” sibila il biondo aumentando il passo.
Come dargli torto?
“Me lo aspettavo diverso, qui” sussurra Katniss piegando e allungando le dita per tentare di risolvere la tensione muscolare che sente insieme al dolore per le cicatrici non ancora assorbite.
“Più cemento?” chiede il ragazzo emettendo un suono simile ad un risolino.
Il loro pigro tentativo di crearsi un rapporto pare funzioni nonostante i Giochi e nonostante la Capitale.
“Qualcosa del genere, sì” confessa lei piegando le labbra nell’ombra dei sorrisi che faceva un tempo a Peeta.
“Non avrai tutti i tuoi boschi, ma qui puoi di sicuro girare in libertà per le zone interne verdi” commenta il biondo indicandole gli alberi dalle alte cime.
Katniss scompare per le quattro ore successive, con grosso dispiacere di Cato che si ritrova immerso nel silenzio e vorrebbe gridare, ma le ferite sulle sue mani lo fanno esitare persino nell’aprire il pomello della porta.
Chissà come han fatto gli altri vincitori a sopravvivere, chissà quante parti di sé stessi hanno sacrificato prima di smettere di emettere urla angosciate nel buio di una stanza chiusa dopo una cerimonia falsamente pomposa e piena di un chiasso che nessuno ha chiesto.
Quanti han mai sorriso, a Capitol? Che prezzo devi pagare per essere chi vorresti essere? Perché ora capisce che anche ventuno vite umane sono troppe.
Troppe per qualunque premio.

Se abbassa le palpebre rivede Katniss che lo salva slanciandosi verso la Cornucopia e le lacrime che hanno versato, il suo attacco di panico sull’Hovercraft e il breve discorso sul caffè.
Ecco, quello doveva essere la vita che tutti avrebbero dovuto avere, non c’è nulla di male nel caffè.
Che pensiero stupido.
Decide di entrare nell’Accademia dove si è addestrato come un asceta sperando di evitare Enobaria, la sua maestra, che lo avrebbe volentieri ucciso.
Lui è un fallito a tutti gli effetti agli occhi della sua maestra e ora la teme, ma sono pari da quel momento: due Vincitori, nessuno si permetterebbe di toccarli.
Ma… se lei lo uccidesse?
“Smettila di pensare e cerca Katniss!” gli sbraita la coscienza con un ringhio disgustosamente simile al modo di parlare della donna dai denti di squalo.
Si concentra e prende un respiro profondo nemmeno stesse per immergersi in una piscina: Katniss uguale parchi, verde, aria aperta e solitudine.
Dove portano quegli elementi?
Facile: al parco più periferico, nella zona delle fabbriche.
Quando entra si prende tempo per girarlo tutto, tentando di capire cosa affascinasse esattamente la sua ex avversaria dei boschi, aldilà della sopravvivenza: il silenzio? La pace?
Inciampa,distratto, in un ramo, e una freccia gli sfiora l’orecchio: reagì d’istinto, bloccandola miracolosamente al volo.
Riprende fiato e si rialza, notandola solo in quel momento che gli sorrideva, stranamente allegra, da un ramo.
"Vieni giù, Ragazza in Fiamme, stavolta sono disarmato!" la richiamò Cato guardando nella direzione da cui proveniva la freccia:"Sai che non sono capace di arrampicarmi".
"Basta scegliere il ramo giusto, Cato!"
"Non è il mio campo, lo sai!"
"Infatti è il mio".Stavano parlando come bambini, come se nulla fosse accaduto.
Che fosse quella la vera magia dei boschi? La possibilità di purificarsi da tutte le maschere che si è costretti a indossare durante il giorno, fuori.
Ora si stavano confrontando alla pari, senza nessuno scopo se non il far passare il tempo, come semplici infanti.
Quanto possono davvero condividere prima di tornare nel mondo reale, quello fatto di carne e sangue che ha macchiato anche le loro mani?
Katniss ha gli occhi duri, come le pietre minerali e il carbone.
Ha gli occhi chiari come la cenere e i capelli scuri come i tronchi degli alberi.
Chissà come lo vede lei, dall’alto del suo ramo, della sicurezza che le dà l’albero e la sua capacità di arrampicarsi su quasi qualunque cosa.
“Sul serio, scendi, immagino che fra poco arriveranno a prepararci per il funerale”.
“Riesci a dirlo in modo molto distante” commenta la Everdeen.
“Sono molto bravo a nascondermi” ammette il biondo non senza una punta di amarezza.
La bruna scende e atterra con un saltello che spezza un ramoscello e fa crepitare una foglia facendo sobbalzare entrambi.
Abitudini di chi non è uscito del tutto vivo da un’Arena.
Non si parlano fino a quando non rientrano a casa e trovano, sul divano, dei vestiti ad attenderli: un completo scuro e dal taglio raffinato per Cato, un vestito grigio perla con coprispalle nero per la Ragazza in Fiamme.
“Cosa vogliono farci sembrare davvero?” domanda Katniss studiando neutra i capi di vestiario.
“Perché è importante?”
“Perché abbiamo una parte da recitare, fuori di qui” spiega un po’ infastidita “come la avevamo quando siamo usciti dall’Arena”.
Cato annuisce, ha capito.
“Sembrano piuttosto inspidi, come stile”.
La diciottenne annuisce.
Provano quanto hanno trovato e si guardano allo specchio: ovviamente sono abiti discreti, eleganti, abbinati e perfettamente adatti a un funerale nel Distretto Due, molto più solenne delle celebrative sepolture offerte dal Dodici.
“Ci vogliono far sembrare più adulti” afferma la Vincitrice studiando come il vestito le fasciava i punti giusti facendola apparire più slanciata e come le illuminava il viso quella particolare tonalità di grigio.
“No, più puliti, più ingenui” la corregge il ragazzo studiandosi con una certa perplessità “suppongo sia per l’abbraccio che ci siamo scambiati nell’Arena”.
La giovane però continua a sentire un certo nervosismo:” Come dovremmo comportarci, quindi?” chiede perplessa.
Si spalanca la porta e fa il suo ingresso una Effie farsescamente truccata e con una pesante gabbia nera fra i capelli ora color pece, probabilmente già pronti per il rito funebre.
“Sono qui per questo, Katniss!” la saluta la Trinkett baciandole le guance con affetto per poi lasciarla completamente frastornata.
Il biondo inarca un sopracciglio:”Lei è la tua mentore?” chiede dubbioso.
“Sì, Effie Trinkett” spiega la ragazza “no, in realtà sarebbe Haymitch, ma Haymitch non serve se non devi sapere come difenderti da una rissa in un bar”.
Cato studia il trio: sembrano davvero improbabili, ma se quel miscuglio strano di personalità e individui ha tirato fuori una vincitrice forse c'è da fidarsi. Non che sia troppo convinto.
Non che si sia mai fidato di qualcuno a parte Clove e loro sono stati avversari. Ma ora, Katniss è la sua sola scelta, la sua sola speranza.
E non si sarebbe sottratto a quella prova.
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Romanova