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Autore: LazySoul    16/08/2015    1 recensioni
Salve a tutti :)
In questa storia si alterneranno le vicende delle due coppie protagoniste: Luna/Blaise e Pansy/Theodore.
La vicenda è ambientato in un sesto anno alternativo, dove il Signore Oscuro e i suoi Mangiamorte sono riusciti a conquistare Hogwarts, Harry e Ron sono fuggiti, mentre Hermione, Luna e altri ragazzi sono trattati come servi nella loro stessa scuola. Malfoy e Zabini aiuteranno le due ragazze (se volete sapere il perchè vi consiglio di leggere "Mai scommettere col nemico" e "Mai fidarsi del nemico") e le nasconderanno all'interno della scuola. Ed è così che Blaise e Luna dovranno condividere la stessa stanza, finendo con l'avvicinarsi sempre di più l'uno all'altra. Riuscirà Blaise a confidarsi con lei? E Luna sarà in grado di farlo innamorare?
Nel frattempo Pansy e Theodore sono in missione con Greyback alla ricerca di alcuni professori che sono riusciti a fuggire da Hogwarts. Pansy vorrebbe rivelare al giovane i propri sentimenti, ma ha paura di rovinare l'amicizia tra loro così impone a se stessa di non dirgli niente. Cosa succederà quando Theodore le dirà di chi è innamorato? Sarà lei la fortunata?
Bene, detto ciò, non mi resta altro che augurarvi una buona lettura! ^^
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Luna Lovegood, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione, Pansy/Theodore
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mai Scommettere col Nemico'
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Capitolo sesto
(Pansy's point of view)
 

 

Quando venni malamente scaraventata giù dal letto alle sei del mattino ebbi la certezza che Merlino ce l’aveva a morte con me.

Non solo non avevo dormito per gran parte della notte e per le restanti ore mi ero rigirata nel letto tormentata dagli incubi, ma avevo dovuto anche sopportare in silenzio quando Theo mi aveva stretta durante la notte sussurrando il nome di Daphne.

Ed ora quello stupito e sadico di un lupo mannaro aveva anche il coraggio di buttarmi giù dal mio caldo giaciglio senza il minimo rispetto?

Mi sfregai il sedere e la schiena doloranti, prima di alzarmi da terra e di lanciare un’occhiata assassina in direzione del mio “gentile datore di lavoro”.

Il sorrisetto sornione di Greyback venne sostituito da una smorfia maliziosa mentre mi faceva l’occhiolino, studiandomi dalla testa ai piedi.

Ero ancora semi incosciente per la stanchezza, quindi ci misi parecchi minuti prima di rendermi conto di indossare solo una camicia semi-trasparente e delle mutandine di pizzo.

Appena il mio cervello registrò la situazione imbarazzante mi affrettai a rivestirmi, ignorando gli ululati inquietanti di quell’essere non del tutto umano e chiedendomi dove cavolo fosse finito Theo.

Theo…

Il solo pensiero di quello che era successo la sera prima mi faceva sentire male.

Perché poi proprio Daphne? Perché non una brutta ragazzina che non avrebbe potuto avere speranze rispetto a me?

«Ti aspetto in strada, non metterci una vita».

Con quelle parole mezze ringhiate a mezze pronunciate in modo umano, Greyback se ne andò; probabilmente si era reso conto che ormai tutto quello che c’era da vedere l’aveva visto e che non valeva la pena restare in stanza ad aspettarmi…

Mi sedetti sul letto, sospirando a fondo, mentre cercavo di rilassarmi e ritrovare un po’ di quella freddezza che mi aveva sempre caratterizzata o, come l’avrebbe definita Zabini: “la tipica stronzaggine alla Pansy Parkinson”.

Individuai sulla parete accanto alla porta uno specchio e mi ci fiondai, sperando di non avere l’aspetto da zombie che temevo di avere. Studiai le occhiaie, constatando di malumore la loro presenza, poi analizzai i miei capelli che, malgrado sembrassero normali, ero certa fossero pieni di nodi, cosa che constatai quando ci passai le dita per separare tra loro le ciocche e temetti di diventare presto calva a causa di tutti i capelli che mi rimasero in mano. Avevo un colorito più pallido del solito, gli occhi erano arrossati e sulla fronte, vicino al sopracciglio sinistro mi si era creato un piccolo brufoletto, di sicuro causato dallo stress.

Mi portai le mani sul volto, cercando di trattenere in ogni modo la disperazione. Pensare che ero orribile e che Theo non si sarebbe mai potuto innamorare di me non era utile per la mia autostima, che aveva già ricevuto un duro colpo quando Malfoy mi aveva lasciato.

“Basta!”, pensai, dandomi una leggera botta sulla fronte: “Basta pensare sempre a Malfoy! Possibile che tu non riesca a togliertelo dalla mente?!”

Affondai le dita tra i capelli e abbassai il capo, cercando di respirare a fondo. Dovevo solo calmarmi, nient’altro, calmarmi e ritrovare la mia tipica espressione indifferente, quella che mandava fuori di testa Malfoy quando stavamo insieme e che Blaise considerava “da vera regina di ghiaccio”. La vecchia Pansy, quella sicura di sé, frivola coi ragazzi e amante dei pettegolezzi, doveva tornare e me ne sarei occupata personalmente e con tutta la poca forza che avevo in corpo.

Non mi sarei lasciata schiacciare in questo modo da un storia andata male, mai più! Ero una Serpeverde per un motivo: ero ambiziosa e pronta a fare qualsiasi cosa per ottenere ciò che volevo.

E ciò che volevo al momento era Theodore Nott.

Mi alzai, agguerrita come non mai, e presi dalle tasche incantate dei miei pantaloni scuri i pochi cosmetici che ero riuscita ad afferrare prima di partire in missione: il Rossetto-bacio-perfetto, il Togli-occhiaie a lunga durata della Mag, una boccettina di profumo Mrs. Troll che, malgrado il nome, era davvero una buona fragranza e l’immancabile Pettine-Incantato 2 in 1, che poteva arricciare o lisciare alla perfezione i capelli nel giro di qualche secondo. 1)

Nel giro di due minuti ero pronta: profumata, imbellettata e pettinata. Rispetto al mio aspetto da zombie di poco prima ero migliorata parecchio, anche se non ero bella come lo sarei stata se avessi avuto tutti i miei cosmetici e non solo quei pochi che mi ero portata in missione.

Indossai il mantello, sistemando gli alamari e mi diressi verso la porta che, con mia sorpresa, si aprì di scatto e ne entrò uno scocciato Theo.

«Sei pronta? No perché Greyback non la smetteva più di sbuffare, fare commenti stupidi o offensivi nei confronti della lentezza delle donne nel prepararsi, eccetera, eccetera e io non ce la facevo più ad ascoltarlo!»

Feci una smorfia a quelle parole, mentre notavo con un certo orgoglio che Theo non riusciva a staccare gli occhi dalle mie labbra. Significava forse che c’era speranza?

«Prontissima», dissi, superandolo per uscire in corridoio e scendere poi la rampa di scale. Lo sentivo dietro di me che mi seguiva e dentro di me non potevo fare altro che esultare.

Certo, mi ero ripromessa che non avrei rovinato in nessun modo la nostra amicizia, aspettando che fosse lui a fare la prima mossa perché non volevo rendermi ridicola, ma questo non voleva dire che non potessi dargli qualche imbeccata qua e là per fargli capire che ero anche io una donna e, per dirla tutta, non ero poi meno bella di Daphne.

«Finalmen...!», Greyback si strozzò con la sua stessa saliva, non riuscendo a terminare la frase ed incominciando a tossire per non soffocare... possibile che i lupi mannari fossero così idioti?

«Cosa ci tocca fare oggi?», chiesi, guardandomi le unghie con fare disinteressato e congratulandomi con me stessa per la mia bravura nel fingere; malgrado sentissi il cuore in gola per la vicinanza di Theo e il disgusto per gli occhi di Grayback puntati su di me, non lasciavo trasparire nulla.

«Dobbiamo trovare quella traditrice del suo sangue», disse il lupo mannaro, passandosi una mano tra i capelli, quasi volesse sistemarseli per fare colpo.

“Ma per piacere!”, pensai, fulminandolo con lo sguardo, quando lo beccai a controllarsi l’alito.

«Andiamo», disse Theo con voce scocciata, superandomi per avvicinarsi a Greyback, che ci avrebbe smaterializzati come al solito in giro per il mondo magico alla ricerca della preda del giorno.

Feci anche io qualche passo avanti, appoggiando la mano sull’avambraccio dell’uomo-lupo, che mi sorrise in modo inquietante.

Sentii un forte strappo e l’immancabile senso di nausea che caratterizza ogni smaterializzazione, poi, una volta che riaprii gli occhi, mi ritrovai di nuovo tutta intera in una piccola stradina di quello che sembrava un minuscolo paesino di campagna, quel genere di posto dove tutti conoscono tutti, tutti spettegolano di tutti e non c’è nemmeno un goccio di privacy.

«Per di qua», disse il “capo”, con un ringhio quasi animalesco, mentre ci portava davanti ad una delle tante casette di mattoni: «Miss Greenjoy è stata avvistata in questo paese questa notte, ho interrogato personalmente alcuni cittadini e hanno detto che si è nascosta in questa casa, fate attenzione ragazzi».

Fu imbarazzante lo sguardo che mi lanciò prima che entrassi, dietro a Theo, attraverso la porta; sembrava che volesse spogliarmi con lo sguardo. Maniaco.

Tirai fuori la bacchetta e prestai molta attenzione a tutto quello che mi circondava.

Il pavimento era in legno e le pareti erano bianche ed immacolate, come se recentemente qualcuno avesse lanciato un incantesimo di pulizia a tutta la casa. Sull’appendiabiti era appeso un mantello scuro, sotto di esso erano appoggiate delle scarpe che avevano una foggia davvero strana, che riconobbi solo quando mi ricordai di una lezione di moda babbana il primo anno a Hogwarts: erano scarpe da ginnastica Mike, o qualcosa di simile. Sul mobiletto all’ingresso vi era una ciotola con all’interno un mazzo di chiavi, un paio di occhiali scuri davvero buffi (molto probabilmente anch’essi di origine babbana) e una piccola statuina raffigurante un troll addormentato mentre abbracciava una clava.

Nell’ingresso non c’era altro, così passammo al secondo ambiente, dove il salotto e la cucina erano comunicanti grazie ad un’apertura ad arco larga tre metri. Tutto era in perfetto ordine; il tappeto a terra era pulito, il divano aveva i cuscini lindi e ben sprimacciati, sui mobili si trovavano numerosi libri e altri oggetti sconosciuti, contro la parete c’era anche una grossa lastra nera babbana di cui non ricordavo il nome, ma sapevo essere l’equivalente di una radio, solo che grazie alla lastra si potevano anche vedere immagini e non solo sentire notizie. 2)

L’arco era in mattoni e oltre ad esso la cucina era a malapena illuminata dalla luce che proveniva da una piccola finestrella dove le imposte erano solo socchiuse. Sopra i vari ripiani c’erano oggetti tipicamente babbani, come per esempio la macchina per il caffè, l’unica stregoneria babbana che mi sarebbe piaciuto avere per potermi godere il caffè bollente ad ogni ora della giornata.

Dopo un’attenta analisi di entrambi gli ambienti constatammo che al loro interno non c’era anima viva, così ci spostammo verso la piccola rampa di scale in legno che portava al piano superiore.

Ad ogni gradino sentivo un sinistro scricchiolio sotto i miei piedi e non potevo fare altro che maledire la proprietaria di casa e la sua stupida decisione di mettere parquet ovunque. Certo, era elegante e dava un tocco di classe alla casa, ma i continui scricchiolii erano snervanti e fastidiosi.

Mancavano ancora due stanze, una alla destra delle scale e una alla sinistra. Nott mi fece segno che avrebbe ispezionato quella a destra, l’asciando per me l’altra. Annuii e mi posizionai davanti alla soglia, facendo un profondo respiro, prima di abbassare la maniglia e compiere un paio di passi all’interno della stanza.

Era una camera da letto piccola e accogliente, anche se avrei voluto dire al proprietario di sostituire i mobili chiari perché stonavano troppo col letto in ottone. Non mi persi ad osservare molto l’ambiente, anche perché venni distratta dalla figura raggomitolata nel letto. Mi avvicinai ad essa in punta dei piedi e ringraziai che almeno in quella camera ci fosse il linoleum, così non produssi alcun suono mentre mi accostavo al letto e puntavo la bacchetta contro le coperte.

«Miss Greenjoy?», provai a chiamarla, sperando che non opponesse resistenza. Per precauzione usai l’incantesimo “Pietrificus Totalus” contro la figura addormentata e, scostai la coperte che avvolgevano quel corpo, esponendo alla mia vista una donna minuta e mingherlina avvolta in una semplice camicia da notte bianca. Aveva gli occhi verdi sbarrati che esprimevano paura e stupore e, anche se la “regina di ghiaccio” era tornata alla carica, non potei non sentirmi in colpa.

Certo, quella donna era una traditrice del suo sangue e per giunta neanche poi tanto bella, ma questi non mi sembravano dei validi motivi per volerla incarcerare o qualsiasi altra cosa il Signore Oscuro avesse in mente!

Sentii un rumore accanto a me e, voltandomi, vidi nella penombra il viso di Nott.

«È lei?», chiese, fissando a sua volta il volto terrorizzato della donna.

«Non lo so, Greyback non ci ha fornito molti dettagli... dovresti andarlo a chiamare, sperando che lui sappia se è lei o no», gli dissi, guardandomi intorno, alla ricerca di qualsiasi indizio che ci potesse dire se fosse lei o no la donna che stavamo cercando.

Le pareti però erano spoglie, tranne che per un piccolo specchio vicino al comò e un quadretto che raffigurava una doma dell’ottocento addormentata.

Sul comodino della donna c’erano degli occhiali e una borsetta; frugai dentro quest’ultima, ma non trovai nulla di utile o compromettente. Poi, osservando meglio, notai una bacchetta di legno chiaro adagiata accanto agli occhiali.

Un rumore di passi mi fece voltare verso l’ingresso della stanza, dove vidi comparire Theo, seguito da Greyback, che aveva una strana luce negli occhi.

L’uomo-lupo fissò la donna in volto e sorrise: «Presa!», esclamò, prima di voltarsi verso di me: «Brava, bambolina», mi disse, facendomi l’occhiolino, prima di afferrare la bacchetta della donna e rigirarsela tra le mani.

«Lestrange sarà contenta, presto avrà un nuovo giocattolo con cui divertirsi», disse Greyback e gli occhi della donna, se possibile, divennero ancora più terrorizzati.

«Porto la signorina ad Hogwarts, voi fate qualche incantesimo per riordinare il letto, vi aspetto poi qui fuori».

Nel giro di due secondi i pochi effetti personali della donna, Greyback e Miss Greenjoy erano svaniti nel nulla.

Sbuffai: «Se mi chiama bambolina ancora una volta, giuro che lo castro!», esclamai, scocciata, incrociando le braccia al petto.

«Lo sai che scherza, non ti farebbe mai del male...», disse Theo, con un tono di voce nient’affatto rassicurante, mentre sistemava il letto.

«Ma davvero? E chi o che cosa glielo impedirebbe?», chiesi, seguendolo infastidita oltre la porta e giù per le scale.

Avrei voluto sentirgli dire che lui avrebbe fatto di tutto per proteggermi, che lui avrebbe impedito a quel mostro di torcermi anche solo un capello perché mi amava più di ogni altra cosa al mondo... poi magari avrebbe potuto voltarsi, accarezzarmi la guancia e sussurrarmi conto le labbra: «Ti amo da una vita», prima di baciarmi dolcemente sulla bocca, proprio come...

«I tuoi genitori poi gli farebbero fare dal Signore Oscuro il sedere a strisce! Fidati che sa qual è il suo posto», mi rassicurò, sorridendomi e facendomi l’occhiolino.

Il sogno che avevo creato nella mia mente evaporò e fu davvero difficile continuare a mantenere la mia maschera di fredda indifferenza, quando in realtà, tutto quello che avrei voluto fare era piangere.

«Già, speriamo», dissi solamente, uscendo dalla casa con lui.

Erano a malapena le nove del mattino, ma io ero stanca come se fossero state le dieci di sera. Sperai che Bellatrix Lestrange non avesse in programma altre missioni pericolose per i sottoscritti e mi accomodai sui gradini di fronte all’uscio della casetta da cui eravamo appena usciti, in attesa dell’arrivo di Greyback.

Theo si sedette accanto a me e, voltando il viso verso di me, mi disse: «Pensi che finalmente torneremo ad Hogwarts? Mi sono stancato di dover sottostare agli ordini di un lupo mannaro pazzo».

Feci una smorfia: «A chi lo dici», sospirai.

Aspettammo in quella stradina per parecchi minuti, prima di sentire un forte strappo e vedere comparire di fronte a noi Greyback accompagnato da Bellatrix Lestrange in persona.

Ci alzammo entrambi in piedi e facemmo un breve inchino in segno di rispetto: «Signora Lestrange», disse Theo, mentre la zia di Draco faceva un breve cenno con il capo ad entrambi.

«Ho bisogno di andare alla Grincott per ritirare un oggetto molto importante, Greyback mi ha assicurato che siete due ragazzi svegli e che potreste farmi senza problemi da guardie del corpo», disse lei, con un tono di voce petulante, rigirandosi la bacchetta tra le mani: «Pensate di esserne in grado?»

E io che speravo che le avventure per quel giorno fossero finite!

«Sarebbe un onore», risposi, mentendo, grata alla maschera da Mangiamorte che nascondeva l’espressione contrariata del mio volto.

La strega di fronte a me mi sorrise, mostrando i denti ingialliti; il soggiorno ad Azkaban non era stato clemente con lei: «Bene. E tu?», chiese, voltandosi impercettibilmente verso Theo.

«Ne sarei onorato anche io», rispose il mio amico, in modo parimenti servile.

Bellatrix Lestrange cominciò a ridere di gusto, muovendo il busto in avanti, prima di puntarmi contro la bacchetta: «Mostrami il tuo volto».

Da altezzosa Serpeverde avrei voluto farle notare il modo maleducato in cui mi stava minacciando, ma avevo troppa paura di beccarmi una maledizione Crociatus, così mi limitai a scostarmi la maschera da Mangiamorte.

«Oh, ma guarda chi abbiamo qui...  la piccola Parkinson», disse, con una vocetta davvero fastidiosa, prima di fare una smorfia divertita: «Ho sentito dire che ti sei lasciata sfuggire mio nipote. Pessimo amante?»

Lestrange e Greyback si scambiarono un’occhiata maliziosa, prima di scoppiare entrambi a ridere.

Che situazione di cacca di Schiopodo! Ed era tutta colpa dei miei genitori e delle loro manie. Se mi avessero lasciato essere una normale ragazza non avrei mai dovuto intavolare una conversazione simile con una pazza, affiancata da un altro pazzo!

«Qualcosa di simile», dissi, mantenendo un tono neutrale e accennando un misero sorrisino.

Fui sorpresa quando la mano di Theo afferrò la mia. Il gesto venne nascosto dai nostri mantelli vicini e nessun altro se ne accorse, ma io sentii chiaramente il mio cuore singhiozzare in modo irregolare per brevi istanti prima che potesse ritrovare un ritmo costante, anche se eccessivamente veloce rispetto al normale.

«Saresti stata un’ottima nipotina acquisita, peccato che quando i Malfoy s’impuntano su qualcosa è praticamente impossibile far cambiare loro idea...», disse, arricciando le labbra, prima di sorridere a Nott: «È il tuo turno, mostrami il volto».

Theo non ebbe tentennamenti e scostò subito la sua maschera.

«Oooh, ma che bel bocconcino che sei... fossi in te, Parkinson, mi farei consolare dal giovane Nott», scoppiò nuovamente a ridere, prima di smettere di colpo e voltarsi verso Greyback: «Sono solo dei ragazzini, dici che andranno bene lo stesso?», arricciò nuovamente le labbra con fare pensieroso.

«Potrei fare anche io parte della scorta, se questi due non vi sembrano abbastanza...», iniziò l’uomo-lupo, ma Bellatrix lo interruppe: «Non voglio attirare troppo l’attenzione», disse con voce petulante, mettendo il muso.

Una volta tornata al castello avrei detto grazie a Malfoy per aver distrutto quel contratto. Io, nipotina acquisita di questa psicopatica? Grazie, ma no grazie.

Dopo un paio di secondi di silenzio, lei sbuffò: «Prendo solo i ragazzi, tu vai al castello e dì a Lucius di non preoccuparsi, che ho tutto sotto controllo e che presto tornerò con la coppa», Greyback accennò un inchino e scomparve, poi la strega si voltò verso di noi: «Voi, avvicinatevi, così ci smaterializziamo vicino alla Gringott».

Ebbi qualche secondo di esitazione, come anche Nott vicino a me e Lestrange ci guardò scocciata: «Non ho mica tutta la giornata!»

L’istante dopo la mano calda di Theo aveva lasciato la mia, privandomi della sensazione di sicurezza che mi dava. Cercai di non mostrare il mio disappunto e mi affrettai per appoggiare la mano sul braccio della strega.

Ci smaterializzammo proprio di fronte alla Gringott, dove feci per rimettermi la maschera, ma Lestrange mi bloccò: «Non è necessario».

La zia di Draco entrò nella banca come se la possedesse o, meglio, come se fosse la regina del mondo intero: sguardo alto e fiero, occhi fissi di fronte a sé e le spalle dritte e alte.

Si fermò davanti ad uno dei folletti – che come sempre scrivevano, pesavano oro o si occupavano di altre incombenze che sembravano sempre importantissime – e si schiarì semplicemente la voce nel tentativo di attirare l’attenzione.

Il folletto sollevò lo sguardo: «Cosa possiamo fare per voi, Signora Lestrange?»

«Vorrei accedere alla mia camera blindata», disse lei, con la sua vocetta stridula.

«Certo e la signora Lestrange ha con sé la sua chiave?», chiese il folletto, che aveva i capelli bianchi piuttosto radi e i soliti occhietti acquosi e avidi tipici di ogni folletto.

«Ovvio», disse la strega, mostrando una piccola chiave dorata.

«Mi segua, signora», Bellatrix seguì il folletto e io e Theo seguimmo lei oltre una porta laterale.

Il funzionario della banca ci fece accomodare sulle solite carrucole arrugginite dal tempo, che in pochi secondi acquisì una velocità assolutamente non necessaria che mi fece scompigliare tutti i capelli.

Per non parlare della Cascata del Ladro, conosciuta per spezzare ogni incanto o magia, che fece svanire il poco trucco che avevo messo poche ore prima, facendomi sembrare un mostro, per fortuna eravamo al buio e nessuno sembrò accorgersene.

Ad un certo punto, dopo quelle che parvero ore intere, la carrucola si fermò e ci ritrovammo in un ampio spazio, dove si trovava...

«Merlino!», esclamai, sconvolta alla vista di un drago che sembrava sbarrare la strana ad una manciata di camere blindate. La bestia aveva le squame sbiadite, gli occhi rosati e le ali spinate lungo il corpo. Pesanti ceppi gli imprigionavano le zampe posteriori, ma questo non gl’impedì di ruggire nella nostra direzione, sputando un abbondante getto di fuoco.

Il folletto afferrò un  piccolo strumento di metallo per mano e iniziò a scuoterli entrambi, producendo un rumore forte e squillante che fece indietreggiare all’istante il drago. Il folletto ci fissò uno ad uno: «Vi consiglio di prenderne un paio anche voi».

Non me lo feci ripetere due volte, per quanto fossi orripilata dalla vista di quella povera bestia rinchiusa in quella buia grotta da chissà quanti anni, non avevo intenzione di venire bruciata viva, così afferrai a mia volta un paio di quei... cosi e cominciai a scuoterli.

Il suono, amplificato dalla grotta in cui ci trovavamo, fece indietreggiare con qualche ruggito di sofferenza il drago in un angolo.

«È abituato ad essere colpito e provare dolore quando sente questo suono», disse Lestrange, che a differenza di me e Theo non aveva afferrato nessun “sonaglio”.

Noi annuimmo, come se fossimo interessanti, ma in realtà tutto quello che riuscivo a provare era orrore. Povera bestia!

Ci fermammo davanti ad una camera e il folletto vi appoggiò sopra la mano, il legno scomparve all’istante e vedemmo davanti a noi una camera stipata di monete d’oro, coppe, calici, boccette impreziosite da diamanti, diademi, collane, gioielli di ogni tipo e ogni fattura, pellicce e tanti altri oggetti di valore.

Lestrange si voltò verso di noi: «Voi restate qui, io torno subito».

Entrò e la porta si richiuse dietro di lei.

Scambiai uno sguardo con Theo, notando come anche lui fosse sorpreso dall’assurda situazione in cui eravamo finiti. Guardammo entrambi verso il drago, con un’espressione di orrore mista a meraviglia. Perché per quanto fosse barbarico quello che gli era toccato e gli toccava vivere, era comunque una bellissima bestia che, se avesse spiegato le ali, avrebbe potuto riempire l’intera stanza con la sua possanza fisica.

Dopo pochi istanti Lestrange uscì dalla sua camera blindata, con in mano un piccolo bauletto chiuso.

Strano, dato che aveva parlato con Greyback di una coppa, mi ero aspettata che uscisse con una specie di trofeo, magari simile a quello in palio durante la Coppa Tremaghi.

O il bauletto era stato incantato per contenere un oggetto molto più grande o la coppa era più piccola di quanto pensassi.

Tornammo al nostro mezzo di trasporto, continuando a suonare quegli aggeggi che tenevano lontano il drago e in una decina di minuti eravamo di nuovo fuori dalla Gringott.

La cosa più assurde di tutte era che, da quando era uscita dalla sua camera blindata, Bellatrix Lestrange non smetteva di sorridere da orecchio a orecchio.

«Bene, direi che giunto il momento di tornare al castello, ora che ho preso ciò che mi serviva...», disse la strega, lasciandosi afferrare il braccio da Theo e me.

Sentii nuovamente un forte strappo e il familiare senso di nausea, prima di aprire gli occhi e ritrovarmi ad Hogsmeade.

«Come premio per la vostra lealtà vi concedo il resto della giornata libero, io ho altro da fare ora», disse la zia di Draco sbrigativa, dirigendosi a passo spedito verso il castello.

Non sapevo perché ma qualcosa mi diceva che dovevo parlare con la Granger o con Malfoy delle manovre di Bellatrix Lestrange, di sicuro uno dei due sapeva cosa c’era sotto e di che diavolo di coppa stesse parlando la strega.

«Ti va una Burrobirra?», propose Theo, indicandomi il locale di Madama Rosmerta.

Gli sorrisi, mordendomi il labbro inferiore, prima di annuire: «Con molto piacere».

Mi prese per mano, facendomi finire il cuore in gola.

Oh, Theo, quand’è che la smetterai di farmi quest’effetto?

 

 

 

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1) Forse mi sono lasciata un po’ prendere la mano con tutti questi cosmetici inventati sul momento, ma dovete ammettere che hanno dei nomi simpatici e poi, chi non vorrebbe il pettine-incantato 2 in 1 o il correttore della Mag? (avete notato che assomiglia alla marca MAC? Coincidenze? Io non credo...)

2) Non penso che fosse difficile da capire cosa fosse, ma meglio specificare (non si sa mai) che la lastra descritta da Pansy è un televisore.

 

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Ta-dan! Finalmente sono riuscita a scrivere un nuovo capitolo, pieno di colpi di scena e anche piuttosto lunghetto rispetto al solito, quindi non potete lamentarvi! ;)

Pansy ha deciso di tornare ad essere la fredda regina di Serpeverde, anche se non abbandona il suo progetto di far innamorare Theo di sé e Bellatrix va a fare un “prelievo” in banca. Chissà cosa avrà preso... xD

Vorrei ringraziare tutti voi che state leggendo questa mia storia, soprattutto coloro che hanno lasciato recensioni, l’hanno aggiunta alle seguite, preferite o ricordate, ma anche coloro che hanno anche solo letto in silenzio... Grazie!

Ora, se avete voglia di dedicarmi qualche secondo o minuto del vostro tempo per commentare, mi rendereste davvero felici! ^-^

Love,

LazySoul

  
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