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Autore: jaybird    16/08/2015    2 recensioni
« Ehy, baby bird.
Quanto tempo è passato dal nostro ultimo incontro? Da quando ti ho /sfiorato appena/ il collo? O da quando ho avuto la /premura/ di dirti quanto facevi schifo con il tuo attuale costume? »
« Jason. »
E sembrava esserci Dick, sempre pronto a rovinare i momenti più divertenti— specialmente se poi Timothy non sembrava avere le palle per rispondere al fare strafottente e sarcastico di Red Hood. O, forse, era semplicemente più maturo del maggiore?
Genere: Comico, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bat Family, Dick Grayson, Jason Todd, Tim Drake
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Attacchi di panico.
Non era sicuro di averne mai provato uno, prima di allora.
Era stato allenato, addestrato, sia fisicamente che, soprattutto, psicologicamente. L’adattarsi ad ogni situazione era la cosa più essenziale, una cosa più importante persino che della stessa maschera che aveva promesso di onorare e di portare fino alla fine dei propri giorni.
E bene, quel giorno, sembrava essere arrivato.
Era come se si fosse addormentato sott’acqua, come se fosse conscio di quello he stava succedendo, del fatto che si stesse svegliando… e, Dio, avrebbe preferito non farlo. Gli occhi bruciavano, il fiato sembrava quasi mostrarsi affannato ancora prima che potesse provare ad  iniziare a respirare normalmente. Si sentiva come se tutto gli stesse stretto. Lo spazio, principalmente.


« Bat— »

Era sicuro di aver mosso la bocca, di aver detto qualcosa ma, quasi, non sente le sue stesse parole. Gli occhi verdi iniziano a metter a fuoco il posto— o meglio, la cosa in cui si trovava. Il cuore perde un colpo, forse due, mentre le iridi verdigne si spostano veloci, come se stesse cecando un qualsiasi spiraglio che potesse farlo uscire fuori di lì. Tutto il corpo, quasi come se fosse stato intorpidito per troppo tempo, si muove, poco alla volta.

« B-Bat—! »

Ancora una volta, le labbra si muovono, ed era sicuro di aver detto qualcosa. Ma niente, sembra essere così  forte da poter raggiungergli le orecchie, al momento. Il formicolio alle braccia viene ignorato, e gli arti vengono alzati, per quanto lo spazio lo permettesse. Il cuore perdere altri battiti e il respiro diventa quasi fiacco, come se avesse fatto una lunga ed interminabile corsa, quando in realtà, stava solo cercando di non pensare di essere realmente chiuso in quella che sembrava essere l’interno di una fottuta bara.

  « B-! »

L’istinto principale, è stato quello di andare a portare le proprie mani sul tessuto bianco della bara, toccando il tutto, come per cercare un qualsiasi cosa, un buco, uno strappo, da dove poter cominciare per poter uscire da quello spazio ristretto. Nel frattempo, l’aria sembra farsi sempre di meno e, il suo respiro, sempre più corto. La bocca continuava a muoversi, ma era sicuro di non sentire niente di niente di quello che stava anche solo pensando. Doveva fare mente locale, doveva controllarsi, doveva respirare a fondo. L’unica cosa che riusciva a ricordare, era Joker, sua madre e un insopportabile ticchettio e dei numeri che facevano il conto alla rovescia. Tre… Due… Uno.

« BATMAN—!!! »

Era come se qualcosa fosse scattato all’improvviso, senza nemmeno rendersene conto, come se era sicuro che quell’esplosione lo avrebbe dovuto uccidere. E invece si trovava li dentro, chiuso, in trappola, come un animale. Il cuore prende a battere furiosamente, questa volta, il tutto inizia farsi opprimente e le mani, chiuse a pugno, continuano a battere contro la bara, come per avere la speranza che si potesse aprire da un momento all’altro, come se tutto quello fosse solo un altro gioco malato da parte dello stesso Joker.
E poi un altro urlo agghiacciante.



***



« Jason! »

Non sembrava mai una buona idea, quella di addormentarsi. Ogni sogno, puntualmente, sembrava dover essere la sua copia esatta della sua vita precedente: un incubo. E la sensazione di essere completamente inerme, in quei momenti, si quadruplicava. Il fatto di non essere stato capace di fare niente allora e, adesso, meno di allora. Questo, era un dei tanti motivi per cui dormiva ben poco— ma la febbre causata dall’infezione lo aveva, letteralmente, stravolto, oltre che colto alla sprovvista e, stremato, l’unica cosa che sembrava essere in grado di poter fare, sembrava essere quella di non sforzarsi, per quanto non lo sopportasse. Ma prima avrebbe avuto il buon senso di riposare e prima avrebbe potuto riprendere a fare determinate cose. Nel sentirsi chiamare da una voce, sfortunatamente, familiare,  Jason, apre gli occhi, di scatto, mentre il senso di oppressione che gli premeva sul petto, sembrava essere rimasta la medesima, assieme alla testa pesante e a quella sensazione di essere come in un forno.
E’ sempre rimasto lì,  su quel divano sgangherato, circondato da quei muri marci, sentendo il cigolio del parquet marcio. Gli sembrava che fosse passata un’eternità, quando sembrava ancora essere lo stesso medesimo giorno. Aveva fatto poco e meno di un’ora di sonno. E al diavolo chi ha detto che il sonno rifocilla gli animi, dato che ora si sentiva peggio di prima. Aveva ancora il fiato corto e si stava sforzando per tentare di pensare lucidamente: si era addormentato e il suo subconscio sembrava divertirsi parecchio nel proiettargli uno dei ricordi più atroci che aveva affrontato. Doveva essere per forza colpa di quella febbre estenuante.


« Che diamine ti prende? »

E, a pochi centimetri da lui, c’era Timothy, quello che Dick aveva deciso di appioppargli perché, evidentemente, lo riteneva troppo inaffidabile. Dal maggiore non esce ancora nessuna parola, come se, davvero, si stesse assicurando che, anche quello, non fosse un sogno. Inutile dire che Timothy si fosse accorto di quel comportamento, come se si fosse smarrito, di punto in bianco, senza contare che lo aveva sentito vaneggiare, in modo abbastanza incomprensibile, nel sonno. Ma, evidentemente, quello, doveva essere uno degli effetti indesiderati della febbre alta— e, beh, Tim, questo, lo poteva compatire più che bene… dato che, essendo senza la milza, era un soggetto particolarmente a rischio, e finiva col prendere numerose volte l’influenza. Influenza che sembrasse portarlo, ogni volta, sul punto di morte, date le svariate scenate che proclamava. Tutta via, in quella medesima situazione, non aveva la più pallida idea di cosa fare; Jason se ne stava immobile, senza dire niente, nemmeno una qualsiasi cattiveria, mentre Tim si rendeva conto di essere la persona meno adatta al ruolo di ‘’badiamo a Jason perché è un po’ coglione’’. Gli occhi celestini lo studiano ancora una volta, prima di decidere di prendere nuovamente la parola.

« Stavi dicendo qualcosa nel sonno, ma penso sia colpa della febbre alt— »
« Devo fare una doccia. »
« Non penso che tu debba muoverti. E fare una doccia, al momento, non sembra essere una cosa essenziale, senza contare il fatto che devi sudare per poter stare megl— »
« Chiudi quella dannata bocca. »


Quasi non ringhia, Jason, in tutta risposta a quella specie di premure da parte del minore. Mentre tentava di cacciargli una di quelle sue solite occhiatacce, senza troppo successo, probabilmente… dato che nemmeno lui stesso non sapeva cosa star facendo. L’unica cosa di cui era sicuro, era che aveva il bisogno di sentirsi spruzzare addosso un getto d’acqua freddo, giusto per voler calmare quei pensieri e quel bollore che non reggeva più. Anche se, probabilmente, dopo, sarebbe stata persino peggio. Timothy, nel mentre, non può fare a meno di metter su un’espressione di pura disapprovazione, lasciando anche che un rantolio gli scappasse, mentre seguiva il maggiore con lo sguardo, che decide di liberarsi dalla coperta, prima di andare a tirarsi su— o almeno ci provava. E poi, se Jason voleva fare una doccia, che gli importava? Se sarebbe stato peggio, dopo, sarebbe stata solo una cosa positiva per lui, giusto? Dopo tutto quello che gli aveva fatto, sarebbe stata solo come una specie di punizione, ecco. Era semplicemente il Karma che aveva avuto la premura di girare dalla sua parte, finalmente. Eppure, nel vedere la figura altrui che andava a barcollare verso la stanza desiderata, non lo faceva sentire così bene. Ma, tutta via, non si sentiva in dovere di dover trattenere quell’espressione di pura disapprovazione, con tanto di braccia al petto.

« Dopo starai solamente peggio, Todd. »

Commentò, mentre pensò bene di andare a seguirlo, ad una debita distanza, mentre sembrasse voler tentare ancora una volta di fargli cambiare idea, così che magari sarebbe ritornato sul divano e, con qualche miracolo, dopo pochi attimi, sarebbe arrivato Dick e lui, finalmente, avrebbe potuto ritornarsene alla Villa e non c’entrarci più niente, cosa che sarebbe dovuta essere fin dall’inizio. Ma, ovviamente, perché essere così positivi, quando poi c’era Jason che, come in una commedia recitata alla perfezione, non andava nemmeno ad ascoltarlo? Era sicuro che stesse persino facendo finta che non ci fosse in quell’appartamento, dato che sembrava aver deciso di risparmiare tempo, senza essere arrivato ancora nel bagno, prendendo a spogliarsi lungo il corridoio. E la cosa che più lo scocciava, oltre al fatto che Dick gli aveva appioppato un ruolo che non voleva, era che lo stesso Jason non pensava minimamente ad ascoltarlo, come se la sua voce fosse solamente un fastidioso ronzio.
E lo odiava.


« Si, certo, fai pure con comodo, tanto sei da solo in casa. »

Commentò, ancora una volta, sarcastico, come al solito, mentre Jason continuava a far finta di niente, lasciando che la maglia cadesse a terra, come per tracciare il proprio percorso, mentre una forza maggiore sembra quasi costringere Timothy a seguire quella carcassa barcollante che, finalmente, va a raggiungere il bagno e che, senza perdere troppo tempo, va ad aprire il getto d’acqua di quella che era la doccia più brutta che avesse mai visto, senza preoccuparsi troppo che potesse essere di una temperatura inadatta al suo attuale stato di salute, non preoccupandosi, oltremodo, di togliersi i pantaloni.
E che cosa avrebbe dovuto pensare? Che cosa avrebbe dovuto fare? Provare a dirgli qualsiasi cosa sembrava essere inutile e provare ad usare la forza, era ancora più stupido, specialmente se poi il maggiore era il doppio di lui e, indubbiamente, anche più forte. Per tanto, la figura di Timothy, rimane ferma, immobile, sullo stipite della porta, con le sopracciglia più corrucciate di prima, esprimendo tutta la sua disapprovazione e tutto il suo… affronto? Si, insomma, come non poteva non essere offeso da quel comportamento insensato, da parte di Jason? Era lì perché gli stava facendo un favore— o meglio, perché stava facendo un favore a Dick, ma il minimo era che il maggiore collaborasse, giusto? Non aveva senso prendere quel comportamento troppo sul serio; dopo tutto, quel fare sgarbato, faceva parte di Jason e l’unica cosa che c’era da fare, era sopportarlo per quel che era. Come solo Dick, effettivamente, sapeva fare. Ma lui era Timothy— e Timothy poteva non essere d’accordo, sull’essere così accondiscendente e, quindi, ‘’farsene una ragione’’. Ed era proprio per quel motivo, talmente stupido, che aveva deciso di guardarlo in quel modo insistente e, probabilmente, fastidioso, solo per poter essere notato e, soprattutto, considerato… cosa che non tarda ad accadere.


« Cosa. »

Chiede, subito, con la sua non-domanda, Jason, senza privarsi di quell’immancabile tono scocciato, mentre lasciava che il getto d’acqua, fresco, gli lavasse via tutti quei pensieri, tutto quel calore che lo opprime, che lo soffocava e, quasi come se fosse una manna dal cielo, riesce anche a prendere un minimo di lucidità. Quel tanto che bastava per poter andare ad accorgersi che il minore lo aveva seguito fino in bagno e che ora lo stava guardando fin troppo, con un’espressione di uno che non sembrava approvare niente di tutto quello che stava succedendo— non che a Jason importasse qualcosa, sia chiaro. Il getto rimane aperto, lasciando che gli battesse prima sul viso, e poi sul collo, reggendosi con le mani sul muro, mentre le iridi verdi, dopo aver lanciato una fugace occhiata, con la coda dell’occhio, alla figura più piccola, decide di chiudere ancora una volta le palpebre, godendosi quelle gocce fredde.

« Non dirmi che ti stai eccitando. Sarebbe imbarazzante… sai, non sei propriamente il mio tipo. »

Ed ecco quell’immancabile velo di ironia che va ad uscire da quelle labbra tirate in quella sua solita smorfia sghemba, mentre Timothy non tarda a rispondere con un grugnito, puramente infastidito, non potendo trattenere un filo di imbarazzo che, puntualmente, andò a colorargli le guance.

« Che cosa ti fa pensare che tu, invece, sia il mio? »
« No, certo... »


Risponde, Jason, mentre va a sollevare il viso, lasciando che il getto andasse a battergli sul petto, così da poter andare a portare tutta la sua attenzione sul minore, senza sfumare quell’espressione arrogante sul viso, mentre Timothy sembrava quasi pronto ad aspettarsi il peggio.

« Dopo tutto, il tuo tipo non può che essere uno come Dick, giusto? O meglio, solo Dick. »

E con tutta la sfacciataggine del mondo, solo uno come Jason poteva andare a menzionare una cosa del genere, quasi come se ne fosse veramente curioso, aspettandosi una reazione che poteva solo confermare quegli ovvi dubbi. Reazione che Tim non tarda a mostrare. Gli occhi si sgranano, quasi come se fosse stato colto alla sprovvista… o colto con le mani nel sacco, forse? Tutta via, l’imbarazzo non potette che accentuarsi maggiormente sulle proprie guance, non potendo credere di aver sentito veramente una constatazione del genere. Ma i gesti, effettivamente, valevano più di mille parole e, agli occhi di uno come Jason, non potevano che essere inequivocabili. E quell’improvviso silenzio insieme a quella reazione, non potevano che metterlo in una posizione più scomoda, tant’è che l’espressione stessa del maggiore, si allarga, come se avesse fatto tombola.

« Non dire fesserie, Jason. »

Ma, per quanto in ritardo, l’impavido Drake, va a rispondere, cercando di ritornare ad un’espressione imperturbabile, non volendo restare impassibile a quel fare fin troppo meschino, andando a tirare fuori il fattore ‘’Richard’’. Certo, senz’altro, lo trovava fantastico e, per quanto potesse essere petulante il più delle volte, Tim, non poteva che trovarla una persona fantastica, degna di tutto il suo rispetto. Al contrario di quello che provava per il suo predecessore, ancora sotto il getto d’acqua. Se lo scopo altrui, era quello di metterlo in uno stato d’agitazione o qualsiasi altra cosa, non ci sarebbe riuscito di certo e Timothy lo stava dimostrando chiaramente.
Talmente chiaramente che, poco a poco, veder sfumar via quell’espressione beffarda sul volto del maggiore, gli sembrava essere la cosa più appagante del mondo— e avrebbe detto qualcosa a riguardo, giusto per poter battere il ferro finché caldo, specialmente se poi Jason non avrebbe potuto reagire fisicamente (non come al solito, per lo meno), ma qualcosa sembra degenerare in un modo del tutto improvviso: l’espressione d Jason continua a mutare, fino a sfumare in tratti che sembravano dipingere perfettamente la sensazione di dolore, tant’è da vederlo andare ad appoggiare la mano proprio sulla ferita, come gesto istintivo, come farebbe chiunque e— e, ok, che avrebbe dovuto fare ora, lui?


« Jason? »

Certo, perché chiamarlo, sicuramente, sarebbe stato utile, come se quei rantoli e quei mugolii di dolore non stessero già dimostrando nulla, eh?  Istintivamente, Timothy va a muoversi verso la figura del maggiore, che quasi andava a contorcersi, vedendolo piegarsi all’interno del proprio addome, sentendolo lamentarsi, come se stesse provando una cosa inumana.

« Jason! Jason, stai ben—!!? »

E, come uno stupido, come un completo idiota, come un topo attratto dall’odore dal formaggio, scioccamente, abbassando la propria guarda, una volta avvicinatosi fin troppo al maggiore, si sente afferrare ai polsi, in modo del tutto imprevisto, in modo forte, tanto da non poter permettergli  nemmeno di poter pensare ad una possibile via di fuga, sentendosi strattonare quel tanto che bastò per fargli perdere l’equilibrio, finendo dritto dritto sotto quel getto d’acqua che, inutile da dire, era gelato.  I polsi erano ancora bloccati e la propria mente stava ancora cercando di capire che cosa /diamine/ fosse successo, così, all’improvviso. Un minuto prima si stava persino preoccupando per la ferita del maggiore— mentre, ora, l’unica cosa che voleva, era stargli alla larga… ed, invece, ironia della sorte, era completamente spalmato su quell’ammasso di muscoli che sembrarono essere l’unica cosa che gli avevano impedito di cadere completamente e sbattere il naso chissà dove. E quello stupido ghigno, dal viso altrui, un giorno glielo avrebbe strappato via. Era stato preso in giro, ancora una volta, con uno scherzo idiota e per nulla divertente.

« Di solito sei più simpatico quando non hai una scopa su per il culo, baby bird. »

A quanto pare, Jason, sembrava aver recuperato nuovamente le proprie forze, tant’è da dover dimostrarlo in quel modo idiota, su di lui, per di più. Non lo tollerava, non sopportava di essere preso in giro in quel modo, da uno come lui, quando aveva fatto la stronzata di accettare la richiesta di Richard.
Notizia dell’ultimo minuto: si era stufato.
L’espressione, dapprima ancora un po’ confusa sul viso diafano di Timothy, va a mutare, cambiando in un attimo, ritornando con un’espressione accigliata sul viso, senza aver paura di dimostrare la sua altezzosità e la propria frustrazione, mentre Jason, con tutta la calma del mondo, continuava a fissarlo in quel modo che— che trovava nauseante. Gli avrebbe tirato un pugno, lo avrebbe fatto, ma stava gelando sotto quel getto, senza contare che non ne poteva più di quella situazione. Aveva bisogno di andarsene. Ecco perché, senza pensarci sue volte, va a liberarsi i polsi, nel modo più brusco che potesse fare, mentre Jason, in sottofondo, continuava a fare quello che sapeva fare meglio: lo stronzo.


« Uoah, che caratterino. »
« Vai al diavolo, Jason. »
« Devo prenderlo come un invito ad uscire insieme, per caso? »


Tim non sopportava più quella stupida ironia che, l’unica cosa che gli procurava, era solo un gran mal di testa, oltre che  un forte prurito alle mani. Non risponde, andando ad uscire, completamente zuppo, dalla doccia, andando a precipitarsi nella stanza in cui si trovavano prima, non volendo più saperne niente di Jason, ne di cosa avrebbe detto Richard. Di niente. Era da una vita che veniva solo preso in giro.  E, ora, sembrava aver raggiunto ogni limite. Veloce, prese le sue cose, prima di andare ad aprire (o meglio, a tirare) la porta, trovandovici l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento. Ma, dopo tutto, si chiamava Timothy Jackson Drake, che equivaleva al termine: sfortunato. E, per tanto, eccolo lì, un Richard che stava esattamente per entrare nell’appartamento, completamente confuso. E ci sarebbe rimasto, dato che, il minore, non aveva alcun desiderio di rimanere lì un altro secondo di più.

« Timmy? Che cos’è success— »
« Jason è un coglione. Io me ne vado, ciao. »


E senza che Richard potesse aggiungere qualcosa o fare qualsiasi altra cosa, la figura più piccola, lo scansa, andando a camminare nel modo più veloce che potesse fare, fino a non vederlo più. E ora? Ora si sentiva un completo idiota, era stato via per poco tempo e gli sembrava di aver scatenato qualcosa che avrebbe preferito evitare. Non perde ulteriore tempo, prima di entrare nell’appartamento, senza vedere la figura del minore stesa sul divano, sentendo ancora il getto d’acqua della doccia che scorreva, dall’altra parte.

« Jason Peter Todd. Che diamine hai combinato? »

Era dura il ruolo del ‘’fratello’’ maggiore.

  
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