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Autore: Ortceps    17/08/2015    2 recensioni
In questa FF Eragon e Murtagh non sono fratelli.
Sono passati due anni dalla caduta dell’impero; la vita di Eragon sembra scorrere serenamente lontano da Alagaesia, ma il destino sembra volerlo mettere nuovamente alla prova, questa volta in un ruolo diverso da quello di eroe. Dovrà dare prova di se stesso come padre.
Dalla storia:
Ma alla fine si sa, che ti piaccia o no è sempre quella furia impazzita che noi chiamiamo destino a presentarsi alla tua porta e a scaricarti un figlio. Della serie “Din-don; apri questa dannatissima porta e prenditi questo dannatissimo bambino” per poi aggiungere con un sorriso da sberle “Congratulazioni sei diventato padre!”
Va bene, forse non era andata proprio così. Ma alla fine il concetto era quello e lui si era ritrovato a crescere un bambino, senza avere la minima idea di cosa fare.
*
La prima persona a cui aveva pensato di lasciare il piccolo era stata Nasuada e immaginare a come sarebbe potuta andare se lo avesse portato da lei gli metteva i brividi.
“No Nasuada, non sono tornato perché ti amo; volevo solo chiederti se potevi occuparti di mio figlio, mio e di un’altra donna… Addio”
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3 – CAMBIAMENTI

Alla fine fu solamente Eragon ad andare dagli efli, Murtagh era riuscito a saltare quella spiacevole incombenza con la scusa, abbastanza sensata, di dover ancora abituarsi ai contati umani e non. Dopo anni di solitudine diventava difficile interagire con altre creature senzienti per più di pochi minuti.

Così Eragon aveva dovuto sopportare da solo uno spiacevole interrogatorio, dove si era addirittura arrivati ad insinuare che fosse lo stesso cavaliere ad aver partorito il bambino, cosa che aveva lasciato spiazzato l’uomo. L’unica cosa che era riuscito a ribattere sul momento, rosso in viso, era stata: «Ma mi avete per caso visto con la pancia?»

A quella frase Blodgrham aveva scrollato le spalle, cosa che aveva dato coraggio ad Eragon di chiedere di più sull’argomento. «E poi com’è possibile che un uomo partorisca?» a quella domanda l’elfo aveva risposto con disarmante semplicità, se la magia era in grado di curare i morituri perché non doveva essere capace di creare una vita da due corpi maschili? E rispondere ad una tale affermazione era presso che impossibile.

Così solo dopo quattro ore passate in compagnia degli elfi era riuscito ad avere tutto quello che serviva ad Aiden. Non vedeva l’ora di stendersi sul suo letto e non vedere nessuno per i prossimi cinque anni, adesso riusciva a capire perché Murtagh non fosse voluto venire e credeva anche che fosse meglio così, d’altronde non era sicuro di come si sarebbe comportato il Cavaliere Rosso dopo le insinuazioni che avevano fatto gli elfi e non era ancora pronto a rinunciare ad un arto o a qualche elfo in meno.

«Ciao» lo salutò Murtagh al suo rientro, lui gli rivolse uno stanco cenno del capo come unica risposta, cosa che portò il moro ad indagare ulteriormente: «Allora? Abbiamo tutto quello che ci serve?»

«Sì» sospirò, accasciandosi sul divanetto vicino a Murtagh, che gli rivolse uno sguardo perplesso «Ho la culla, delle copertine, latte di capra e di mucca. E persino una sacca fatta con la mammella di una capra per dargli da mangiare» aggiunse riservando una smorfia all’ultima cosa della lista.

«Allora perché sei così abbattuto?» Chiese il più grande, passandogli il pargoletto che era comodamente assopito tra le sue braccia. Ma quel bambino dormiva sempre?

«Nulla, è solo che gli elfi non sanno farsi gli affari propri» sbottò buttando la testa all’indietro, lasciando scoperto in collo e la cicatrice bianca che faceva bella mostra su di esso, Murtagh la sfiorò con l’indice facendolo sobbalzare. «Cosa hai fatto qui? Non ricordavo che tu ce l’avessi l’ultima volta che ci siamo visti»

«Non l’avevo» ammise lui con voce fioca, restio ad aggiungere altro sull’argomento. Il suo tentativo poco convinto di togliersi la vita non era tra la lista dei suoi argomenti preferiti.

«Come l’hai fatta?» Tentò ancora il moro, ricevendo come sola risposta uno sguardo di fuoco da Eragon. «Non ho voglia di parlarne, né ora né mai, quindi fammi il piacere di non chiedermelo più» il tono di voce era rabbioso e risentito, ecco il modo migliore per risvegliare la curiosità del Cavaliere Rosso. «Va bene» disse infine, preferendo rimandare quel discorso ad un altro giorno.

Eragon tornò a sedersi, rivolgendo tutta la sua attenzione al bambino, che si era svegliato e piagnucolava per colpa del tono di voce che aveva usato il castano. «Dovresti provare a dargli da mangiare, visto che ora abbiamo tutto il necessario»

«Perché non lo fai tu? D’altronde sei tuo suo padre! Non io» Murtagh gli rivolse un’occhiata obliqua, ma non fece commenti e si alzò solamente per andare a prendere tutto il necessario. Tornò pochi minuti dopo con del latte di mucca caldo, dentro a quella sacca-mammella poco attraente alla vista; la passò ad Eragon, che la prese con poca cortesia. Appena accostata alla bocca del piccolo quello si mise a succhiare avidamente.

«Ho messo un po’ di miele su quell’affare, per renderlo più piacevole» Eragon annuì senza guardarlo, non era colpa di Murtagh se era stato uno stupido, ma doveva prendersela con qualcuno e non poteva avercela con se stesso perché sarebbe stato più difficile perdonarsi.

«Gli elfi hanno detto che dobbiamo comunque dargli dell’energia perché cresca bene, il latte umano contiene molti più zuccheri di questo» Murtagh annuì brevemente poi posò una mano sulla fronte di Aiden e gli cedette un piccola quantità di energia.

«Io vado a dormire, la culla la sistemiamo domani?» Eragon annuì e solo quando il moro stava già oltrepassando la porta della propria camera gli augurò buona notte, cambiando idea sul mantenere quell’aria arrabbiata.

«Buona notte, Eragon» gli rispose l’altro senza voltarsi «Buona notte, Aiden» aggiunse chiudendosi la porta alle spalle.

 

DUE MESI DOPO

Il sorriso di Eragon si accentuò; Aiden emise un risolino e schizzò un altro po’ di pappa sulla casacca di Murtagh, che storse il naso e slacciò il nodi della camicia irrimediabilmente macchiata dal miscuglio che era il pasto del bambino.

«Due mesi che siete qui e Aiden ha combinato più casini di chiunque altro» Murtagh gli lanciò un’occhiata seccata, strattonando i laccetti della casacca. «Io te l’ho detto che è presto per quella roba» indicò i residui di brodo nella ciotola davanti a Aiden.

«Sì, ma è stato comunque divertente» sogghignò il più giovane. «Per te, forse» e gli lanciò in faccia la camicia sporca; facendo emettere all’altro un verso di disgusto, mentre si levava la camicia di Murtagh dalla faccia.

Il moro si passò una mano tra i capelli, rabbrividendo; l’’inverno era ormai giunto e un sottile strato di brina copriva già la vegetazione esterna e anche se dentro la casa non c’era abbastanza freddo per far congelare qualcuno non si poteva stare a petto nudo senza sentire l’umidità insinuarsi nelle ossa.

«Dovresti metterti qualcosa addosso» lo rimbeccò Eragon distogliendo gli occhi da lui, con un accenno di rossore sulle guance. Era qualche settimana che il castano si comportava in modo strano, quasi rigido e impostato e lui non ne capiva proprio il motivo.

Annuì con poca convinzione e prese un’altra casacca dal piccolo armadio in camera sua, infilandosi la stoffa morbida ma comunque pesante si sentì subito meglio; era prodigioso come gli indumenti elfici anche se sottili allontanassero il freddo.  «Allora, portiamo il principino dagli elfi come avevamo deciso e andiamo ad allenarci?» Chiese stendendosi sul divano e lasciando ciondolare la gamba destra oltre il bordo di stoffa.

«Sì, lasciami solo finire di dargli da mangiare»

***

Il vento accarezzava il viso di Eragon torcendogli i capelli di lato; li aveva lasciati crescere, per un istinto che non riusciva a comprendere a pieno. Sentiva il bisogno di distaccarsi dalla persona che era prima, per definirsi nuovamente e non restare per sempre un ragazzino troppo giovane che per affrontare la guerra ha dovuto sacrificare troppo.

In qualche modo sapeva che restare quel ragazzo non l’avrebbe aiutato ad andare a vanti; perché l’uomo che era diventato in guerra non poteva sopravvivere in tempo di pace. Il primo cambiamento che aveva apportato era stata la sua rutine, poi era arrivato Aiden e si era concesso di poter amare qualcuno; cosa che l’uomo che era stato non avrebbe accettato, per paura di perdere anche quella nuova scintilla di amore.

C’era stato un tempo, prima che il ragazzo fosse cresciuto, che si era concesso fin troppi errori: troppo persone a cui volere bene. Non aveva smesso di amarle nemmeno dopo essere cresciuto, né aveva smesso di soffrire per loro.

Ma aveva smesso di affezionarsi.

Aiden era stato il primo bocciolo cresciuto su un campo d’erba secca e gialla; piccolo e indifeso, ma ben protetto. Non c’era più niente che minacciasse la sua vita o quella del reame.

Schivò un fendente di Murtagh; nemmeno il suo corpo si muoveva più come prima. Non era rimasta traccia di quella frenesia quasi animale che lo animava sul campo di battaglia; ora la spada si muoveva fluida, quasi liquida. Colpiva con eleganza estrema, ma mai inutilmente; il suo modo di combattere rassomigliava più a quello elfico che a quello umano; una danza di morte ed eleganza.

Anche il suo corpo era cambiato, diventando più spigoloso, ma senza lasciare che la sua natura umana sparisse del tutto. Il viso era ancora espressivo, le spalle conservavano la curva dolce tipica della sua razza e così anche la schiena; gli addominali erano appena accennati, sotto il leggero strato di grasso – anche quello frutto della nuova rutine.

Appena distanziatosi abbastanza dall’avversario aprì leggermente il braccio destro, spostando la guardia e lasciando scoperto il corpo; scattò in avanti, puntando verso il fianco sinistro di Murtagh e quando fu a pochi passi da lui ripotò la spada al centro del petto compiendo un grosso semicerchio. Se quell’azione si fosse conclusa come sperava avrebbe colpito il moro in viso con il piatto della lama; ma Murtagh non era uno sprovveduto ed era comunque più veloce di lui.

Il Cavaliere Rosso, vedendolo puntare al suo fianco non aveva badato alla lama blu ancora scostata dal corpo di Eragon; ma anche se la sua attenzione non le aveva dato la massima importanza i riflessi che aveva acuito negli anni non si lasciarono sfuggire quel particolare. Si abbassò così velocemente che finì col sedersi sui talloni, mente la lama sibilava sulla sua testa; osservò il braccio di Eragon tornare verso il corpo del castano con tanto impeto che questi non riuscì a frenarlo abbastanza da tenerlo in posizione di guardia.

Brisingr puntava dietro la schiena di Eragon, che aveva il braccio destro stretto al proprio corpo in una specie di abbraccio e stava facendo forza sulla spalla per riportare la spada davanti a se. In quel momento Murtagh vide la possibilità di vittoria; caricò il peso sui talloni e si lanciò in avanti.

Colpì Eragon allo sterno tanto forte da farlo cadere all’indietro, nemmeno lui si salvò dal precipitare, cadendo proprio sul più giovane. Ma non si era lasciato sfuggire quel momento di vantaggio e aveva afferrato il braccio destro di Eragon tenendolo premuto contro il collo del sottoscritto, mentre con la mano che impugnava la spada – finita poco lontano da lui, ma abbastanza perché non riuscisse a riprenderla – bloccava la sinistra di Eragon.

«Ho vinto» disse stringendo le cosce in torno alla vita del castano, per impedirgli di muoversi. «Sei caduto a terra proprio come un sacco di patate» lo sbeffeggiò bonariamente, scuotendo la testa per scostare un ciuffo di capelli che gli era ricaduto sul viso.

«Sì, parla per te» sbuffò di rimando «e comunque non abbiamo ancora finito» e detto questo cercò di liberare dalla presa di Murtagh la mano della spada, ma riuscendo solo a spostare il braccio dal collo, a perdere la presa su Brisingr e a ritrovarsi entrambe le mani sopra la testa e l’avambraccio destro del moro premuto sulla gola.

Ancora quel sorrisetto deficiente. «Smettila di sogghignare in quel modo. Sei più grande di me è ovvio che tu sia più forte» sbuffò distogliendo lo sguardo dagli occhi neri del più grande, che gli facevano venir voglia di sorridere, anche se non c’era niente da festeggiare.

«Ah,» soffiò lui simulando un illuminazione «e io che pensavo che fosse perché in questi due anni invece di allenarti ti sei trastullato, invece di allenarti. Sai, si sente che hai messo su qualche chilo» aggiunse con aria divertita, lasciando la presa sul collo e pizzicandogli un fiano.

Il viso di Eragon divenne di un rosso preoccupante; l’intera situazione era piuttosto imbarazzante. Con Murtagh a cavalcioni su di lui, le mani bloccate sopra la testa e la mano dell’altro su un fianco non sapeva cosa fosse peggio.  «Murtagh, per favore, mi lasci» chiese, cercando di dissimulate almeno un briciolo di sicurezza, anche se l’ultima sillaba suonò leggermente più stridula delle altre.

«Neanche per sogno» sogghignò quello «almeno non fin che affermerai che sono io il migliore; non mi è ancora andato giù il fatto che tu abbia vinto quel duello, due anni fa» la voce era seria, ma gli occhi ridenti, segno che non l’avesse presa a male come voleva far credere.

«Te lo puoi scordare» rispose prima di ave passato le parole al vaglio del cervello; perché era dannatamente così impulsivo? Certo, non disdegnava quella situazione; ma non voleva dare a Murtagh un motivo per fargli pensare che l’apprezzasse.

Dei, a volte si chiedeva veramente che cosa gli passasse per il cervello; aveva battuto un tiranno molto più forte di lui e ora si trovava in quella situazione dannatamente piacevole e imbarazzante senza sapere cosa fare. Da un lato voleva filarsela, ma dall’altro voleva solo dire tutto quello che aveva in testa.

Voleva dire che la presenza del Cavaliere Rosso gli aveva messo strane idee in testa – sicuramente dovute all’isolamento autoimposto in cui viveva, d’altronde era un ragazzo anche lui e aveva i suoi bisogni –, che forse gli voleva bene in modo diverso dall’amicizia e che non era più sicuro di nulla. Ma alla fine sapeva che non gli avrebbe detto nulla, perché per quanto forte fosse il desiderio di liberarsi la coscienza era più forte la paura di perderlo.

NOTE DELL’AUTRICE

Ok, non mi sono fatta sentire per un po’, perdonatemi!!! Ma un po’ tra questo capitolo che non voleva saperne di essere scritto e un po’ tra impegni vari (che mi porteranno l’ontano dall’Italia) non sono proprio riuscita a fare più in fretta di così L
Spero veramente che il prossimo non si faccia attendere tanto, ma parliamo del capitolo ora; creo che la storia stia prendendo una piega interessante – sì, anche se io sono di parte – e mi è piaciuto un sacco scrivere la parte in cui Eragon e Murtagh si allenavano!! È quella che mi è uscita con più facilità e credo sia anche la meglio riuscita. Spero di aver fatto capire che comunque Eragon sta cambiando, che sta cercando di adattarsi a questa nuova situazione di pace, cosa non facile e per questo non so se sono riuscita a esprimere al meglio questo suo tumulto d’animo; non so, fatemi sapere… Avrete anche notato che c’è un salto temporale di ben due mesi; le ragioni sono due: 1 non riuscivo a scrivere di quei due mesi e 2 li trovavo meno degni di nota.
Detto questo ringrazio tantissimo tutti coloro che nell’arco della mia assenza hanno inserito la storia tra preferite/seguite/ricordate, mi fa molto piacere che vi piaccia – almeno spero che vi piaccia –, ma ovviamente anche chi l’aveva già inserita nelle sopracitate e soprattutto chi ha recensito. Per me è importante il vostro parere ;)
Grazie veramente a tutti e alla prossima,

Ortceps  

P.S. Per chi volesse spoiler – sì, ho deciso di allargarmi – mi contatti su facebook, precisamente QUI (spero si apra, io e la tecnologia non andiamo d’accordissimo)

   
 
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