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Autore: Panda Redgrave    17/08/2015    2 recensioni
Con un sospiro rilassato, Yuu corse verso casa mentre pensava a Daisuke, al suo amico. Anzi, amico speciale. Era felicissimo, così felice da poter toccare il cielo con un dito. Quindi è così che ci si sente quando si ha un amico sul quale contare? Non vedeva l’ora del domani, così lo avrebbe rivisto, avrebbe passato altro tempo con lui e, chissà, magari avrebbero anche mangiato insieme i dorayaki preparati dalla mamma senza farseli rubare.
[DiexAoi]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aoi
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Like a merry-go-round

 

Quell’anno, il bambino fragile e delicato di nome Yuu Shiroyama sarebbe andato alle medie. Avrebbe dovuto togliersi la maschera da bimbo indifeso e mettersi quella da ragazzo responsabile e indipendente, ad un passo dalla fase adulta della sua vita… beh, prima di diventare adulto dovevano passare ancora diversi anni, ma Yuu sentiva comunque un certo peso sulle spalle. Un peso che celava una bella dose di paura, a voler essere sinceri. 
Negli ultimi anni, aveva subito continue trasformazioni, sia dal punto di vista psicologico che da quello fisico. Quest’ultimo, in particolare, fu quello che più turbava Yuu; da un anno all’altro, era cresciuto in altezza ma, a differenza dei suoi coetanei che cominciavano a presentare dei lineamenti più mascolini, lui continuava ad avere il solito visino ovale e dall’apparenza quasi femminile – soprattutto per quelle labbra carnose e dalle linee ben definite. Anche la sua voce era rimasta più o meno la stessa, se non per alcune piccole cadenze più roche e profonde. Yuu sapeva che c’era ancora tanto tempo perché il suo corpo si trasformasse e diventasse quello di un vero uomo, ma odiava sentirsi indietro rispetto agli altri. Sapeva anche di avere poco più di dodici anni e di non poter pretendere che gli spuntassero delle braccia e dei pettorali da paura degni di un supereroe, anche se non gli sarebbe per niente dispiaciuto.
Con il crescere in altezza però, a Yuu crebbero anche il numero di ormoni in festa e il suo voler ribellarsi a qualsiasi cosa gli girasse intorno, come era tipico per quell’età tormentata e confusa. Aveva cominciato a fare il gradasso dal quarto anno delle elementari, improvvisamente, come se qualcosa dentro di lui fosse scattato. Yuu si ostinava a dire che era per via dei compagni fastidiosi e quindi faceva l’arrogante con loro per tenerli a distanza, ma in cuor suo sapeva il reale motivo del suo cambiamento. Semplicemente, era tornato a essere solo. Per i primi anni aveva avuto qualcuno sulla quale contare, il suo amico, mentre ora non aveva più nessuno. 
Daisuke aveva lasciato le elementari quando Yuu aveva iniziato il terzo anno per passare al livello successivo, le temute medie. Nonostante il più grande avesse cambiato sede, i due amici si riuscivano comunque a vedere nei pomeriggi liberi per la prefettura, chiacchierando e scherzando insieme come due bambini qualsiasi. Per Yuu, quello era stato il momento più felice della sua breve vita; sapeva che, qualunque cosa gli fosse successa, aveva qualcuno con il quale confidarsi e pronto ad aiutarlo in ogni momento. Daisuke aveva mantenuto la promessa, proteggendo il più piccolo da ogni pericolo che gli si presentava di fronte. Lo aveva protetto fino a quel pomeriggio di fine estate, il loro ultimo pomeriggio insieme. Yuu si ricordava ancora perfettamente le sue parole pronunciate con un filo di voce, quelle deboli parole che gli spezzarono il cuore in piccoli pezzi:

“Mamma e papà hanno deciso di trasferirsi. La casa che abbiamo adesso è troppo piccola per noi otto, soprattutto adesso che anche le mie sorelle stanno crescendo. Dovrò anche cambiare scuola quindi… non ci vedremo più come prima. Mi dispiace, Yuu.”

Era da quel pomeriggio d’estate che non vedeva Daisuke e durante quei tre lunghi anni non aveva mai ricevuto sue notizie. Non sapeva dove abitava, se fosse lontano o vicino, che scuola frequentava, se le sue amate sorelle stavano bene, se lui stava bene… non sapeva nulla, il vuoto totale. Soltanto una cosa sapeva: che gli mancava. Gli mancava dannatamente tanto e, allo stesso tempo, era furioso. Nutriva una tale rabbia nei suoi confronti che spesso non riusciva a sopportare, finendo per farla ricadere sui suoi compagni di scuola o quelli più deboli di lui. Cominciò a diventare un bambino difficile da gestire, sempre chiuso in se stesso e diffidente nei confronti degli altri. Senza volerlo, era diventato proprio come Daisuke ai vecchi tempi, quando ancora lo tormentava con stupidi giochetti per rubargli la merenda. E si odiava per questo, si odiava davvero tanto.
Fortunatamente, aveva trovato diversi interessi per tenere la mente occupata, uno tra questi era la musica. Aveva cominciato a suonare la chitarra da qualche mese e, nonostante fosse solo agli inizi, se la cavava piuttosto bene. Grazie alla paghetta dei nonni e all’aiuto dei genitori, era riuscito a comprare una chitarra acustica per iniziare la sua carriera da chitarrista, sentendosi finalmente realizzato dopo tanto tempo. Provava per interi pomeriggi fino a sentire bruciare i polpastrelli, ripetendo più volte le varie scale musicali e memorizzando qualche sequenza di diverse canzoni.
Provando e riprovando nella propria cameretta, Yuu neanche si accorse che le vacanze erano giunte al termine e il primo giorno di scuole era arrivato come per magia. Yuu si era preparato a dovere: zaino nuovo, accessori nuovi, tutto nuovo insomma. Si era ancora fatto un nuovo taglio di capelli, decidendo di tenerli un po’ più lunghi del solito per distinguersi dagli altri. Quella mattina decise di tenerli al naturale, lasciandoli cadere sulle spalle, per dare un pizzico di originalità al suo aspetto triste per via dell’uniforme scolastica che era costretto ad indossare. Non gli piaceva per niente l’idea di indossare la stessa divisa che avevano gli altri, diventando un piccolo e inutile puntino mimetizzato da altri centinaia di puntini, ma poco poteva farci - non gli stava neanche bene, sembrava solamente un sacco di patate. 
«Yuu, sei pronto? Ti conviene uscire se non vuoi perdere l’autobus.» urlò improvvisamente la mamma dal piano di sotto, sicuramente indaffarata a sbrigare qualche faccenda domestica.
«Arrivo, mamma! Che palle…» rispose, abbassando la voce per quell’ultimo commento. 
Yuu si allacciò le scarpe e prese lo zaino prima di scendere le scale, trovandosi in salotto con la mamma che lo aspettava. 
«Mi raccomando, comportati bene. E non spaventare i nuovi compagni di classe, hai capito?» gli raccomandò la madre, sistemandogli il colletto della divisa.
«Sì, ho capito. Ora devo andare, ci vediamo stasera.» tagliò corto Yuu mentre si scostava dalle mani delicate della mamma. Aveva ancora un buon rapporto con lei, ma il ragazzo era diventato freddo anche nei suoi confronti. Lo infastidiva quando lo trattava ancora come un bambino – proprio come aveva appena fatto – e finiva spesso per comportarsi sgarbatamente con lei. Sentendosi in colpa, si avvicinò per darle un rapido bacio sulla guancia per poi lasciarla con un sorriso dolce mentre usciva di casa, salutandola con un cenno della mano prima di incamminarsi verso la sua nuova meta.

 

Yuu non si aspettava che la scuola fosse così grande. Aveva due edifici, uno per la scuola media inferiore e uno per quella superiore, con un ampio giardino a collegare il tutto. Essendo una scuola mista, si potevano vedere gruppetti di ragazzi e ragazze e, se si strabuzzava bene l’occhio negli angoli appartati, si potevano vedere alcune coppie impegnate a sbaciucchiarsi con occhi pieni di sentimento, travolti dall’emozione del primo amore. 
Il primo giorno di scuola era sempre una noia assurda per Yuu. I ragazzi dell’ultimo anno insieme ai professori si occupavano nel mostrare l’edificio ai nuovi arrivati, dicendo cosa dovevano fare e cosa non dovevano fare, elencando le varie aule dove potevano frequentare i corsi, indicando i corridoi, la mensa, il giardino e la palestra per le ore di sport, il tutto con altre informazioni aggiuntive, molte delle quale Yuu dimenticò subito. 
Tutta questa tortura durò fino all’ora di pranzo, dove i ragazzi furono fatti accompagnare nella mensa. Yuu si mise in un tavolo libero mangiò con poco appetito, non sentendosi ancora a perfetto agio in mezzo a tutta quella massa di persone nuove. Dei ragazzi si avvicinarono al tavolo del moro e chiesero di poter sedersi con lui con fare gentile, mostrandosi cordiali e socievoli. Yuu rimase per qualche istante perplesso e confuso; era la prima volta che qualcuno si avvicinava a lui e si presentava così cordialmente, di solito la gente gli stava sempre lontano. Non volendo farsi subito nemici, Yuu rispose affermativamente e lasciò spazio anche agli altri – due ragazzi e una ragazza -, presentandosi e cominciando a parlare dei propri interessi, della loro provenienza, della famiglie, un po’ di tutto insomma. Erano simpatici tutti e tre, anche se la ragazza era molto timida e di poche parole, e sperava davvero di poter iniziare un buon rapporto di amicizia con loro.
Quando l’ora di pranzo finì, i ragazzi del primo anno dovettero riunirsi in giardino e furono di nuovo scortati per le varie aule dell’edificio. Alla classe di Yuu toccò partecipare a una presentazione sulla storia del Giappone, in pratica una noia mortale. Yuu rischiò di addormentarsi sul banco più volte, ma cercò di non crollare, sollevandosi il morale al pensiero che l’ora dopo gli studenti erano liberi di informarsi e scegliere il club a cui iscriversi. 
La campanella suonò dopo quella che sembrò un’interminabile ora e Yuu si diresse con gli altri nella grande aula vicina, dove erano sistemati diversi tavoli; ognuno presentava un cartellino con scritto il nome del corso e sul tavolo erano presenti dei volantini e un foglio per le firme, con una penna agganciata ad uno spago. Yuu cercò quello che gli interessava e andò diretto al tavolo, controllando subito il foglio per paura che non ci fossero più posti. Fortunatamente pochi ragazzi avevano firmato, quindi poteva anche prendersela comoda. 
«Ti iscrivi al club di musica?»
Una voce acuta e femminile gli arrivò all’orecchio così all’improvviso che per poco Yuu non lanciò per aria il volantino. Si voltò a vedere chi fosse la curiosa e si trovò davanti una ragazzina della sua età con dei bellissimi capelli castani talmente lunghi da arrivarle fino al ventre. Il suo volto era dolce e sbarazzino grazie anche alla frangia che la faceva sembrare ancora più carina; gli occhi erano di una tonalità scura, ma avevano un taglio molto elegante e piacevole, in sintonia con il resto del viso. Yuu aveva già visto quello sguardo, non riusciva a ricordare dove, ma era sicuro di conoscerlo.
«Hey…? Hai perso la voce per caso?» riprese la ragazza, cercando di svegliare Yuu da quello stadio di coma cerebrale.
Yuu scosse la testa e sorrise imbarazzato, portandosi una mano tra i capelli. «No, scusa. Comunque sì, pensavo di iscrivermi a quel corso. Anche tu vuoi fare musica?» chiese con fare impacciato, sforzandosi di conversare per non sembrare scortese.
La ragazza sospirò, cominciando a giocare con una ciocca di capelli, facendosi passare le punte tra le dita. «Sono indecisa, a dire la verità. Non so se fare questo o quello di teatro, mi piacciono entrambi. Ho paura che nel club di musica mi prendono per “la cocca dell’assistente”.» disse con una risata ironica, mettendo in mostra i denti bianchi e piuttosto spessi.
«La cocca dell’assistente?» ripeté il moro perplesso. Corrugò la fronte e guardò la ragazza, assottigliando appena gli occhi per studiarla meglio. «Che intendi dire?»
«Beh, mio fratello assisterà il maestro del corso. Frequenta il secondo anno di superiori e suona la chitarra, anche se ha cominciato con la batteria. Si chiama Daisuke, nel caso ti interessasse. Io gli voglio bene, ma non voglio che gli altri…»
Yuu non sentì più nulla di quello che la ragazza disse. Nel sentire quel nome, Daisuke, lo stomaco gli si era ribaltato e avvertì una stretta al petto. Un brivido gli percorse la spina dorsale e un vortice di emozioni invasero il suo animo. Daisuke… e se fosse stato il suo Daisuke? No, era impossibile. Era solo una sua stupida speranza, quella strana ragazza non poteva parlare dello stesso Daisuke; era sicuramente qualche altro ragazzo con lo stesso nome. Dopotutto, Daisuke non era un nome poi così inusuale.
Qualcosa gli scosse la spalla e Yuu tornò sulla terra, voltandosi verso la ragazza con un’espressione assente e quasi spaventata. 
«Ti senti bene?» gli chiese la ragazza, togliendogli la mano dalla spalla e avvicinandosi per guardarlo meglio in viso. «Sei diventato tutto pallido…» commentò, visibilmente preoccupata per quello strano moretto.
Quest’ultimo fece un cenno col capo e abbassò lo sguardo sul foglio abbandonato sul tavolo; prese la penna e compilò con il suo nome e i suoi dati velocemente, sbavando appena per via del tremore alla mano. Non voleva stare più in quella sala, aveva bisogno di uscire e prendersi una boccata d’aria. «Scusami, ma adesso devo proprio andare. Ci vediamo in giro.» mormorò alla ragazza, prendendo una copia del foglio da compilare per i genitori e indirizzandosi subito verso l’uscita.
«Aspetta!» cercò di fermarlo la ragazza, ma il moro era già scomparso dietro la porta verso chissà quale luogo della scuola. Sospirò e puntò gli occhi sulla firma del ragazzo, leggendo i caratteri sbavati e storti: Yuu Shiroyama, doveva esserci scritto. Davvero un bel nome per un ragazzo carino come lui…

 

Il giorno seguente, Yuu era stranamente più agitato e il nervosismo non lo abbandonò per tutta la mattinata. Riuscì a svagarsi solamente nell’ora di pranzo, dove rimase con i suoi nuovi amici, chiacchierando e discutendo delle prime vere lezioni appena fatte e dei professori che avevano conosciuto. Scorgendo tra i tavoli, vide ancora la ragazza dalla frangia e dai capelli lunghi, ma questa non sembrava averlo notato molto. Avrebbe voluto scusarsi per il comportamento del giorno prima, ma ci avrebbe pensato in un altro momento, quando ci sarebbe stata meno ressa intorno a loro.
Nelle ultime ore di lezione, l’agitazione tornò a farsi sentire con più forza, rendendogli difficile anche solamente concentrarsi. Pensare che al termine dell’ultima ora sarebbe dovuto andare al corso di musica lo faceva andare in panico; non aveva per niente voglia di andarci, nonostante fino a ventiquattr’ore prima pensava il contrario. La paura che quel Daisuke fosse il suo Daisuke era ancora ben presente nella sua mente. Si era più volte ripetuto di non preoccuparsi e che sarebbe filato tutto liscio, ma avvertiva ancora una certa inquietudine. Non aveva semplicemente paura di vederlo, ma aveva il terrore che tutto si sarebbe ripetuto un’altra volta: si sarebbero incontrati, avrebbero parlato, Daisuke gli avrebbe offerto il suo aiuto e Yuu avrebbe certamente accettato, cadendo nella sua trappola senza via d’uscita. Avrebbe vissuto quel bel sogno ad occhi aperti per qualche anno, legandosi a Daisuke come non mai, per poi trovarsi a soffrire per lui perché le loro strade si sarebbero separate di nuovo, ne era assolutamente certo.
Perso in quei pensieri, Yuu neanche si accorse del suono della campanella e si alzò dal banco solamente quando buona parte della classe era già nel corridoio, diretti verso le aule per i corsi. Sistemò i libri nello zaino e, mettendosi quest’ultimo in spalla, uscì dalla stanza con il volantino del corso in mano, cercando di capire quale fosse la strada per l’aula della lezione. Yuu impiegò qualche minuto ad arrivare a destinazione e notò con sollievo che molti ragazzi mancavano all’appello, forse anche loro persi in qualche angolo della scuola. Studiò velocemente i presenti per poi soffermare lo sguardo sulla ragazza dai capelli lunghi, chinata a leggere un manuale tenuto sulle gambe. Sorrise e si avvicinò cautamente a lei, schiarendosi la voce per attirare la sua attenzione quando le fu vicino. I suoi occhi lo scrutarono per qualche abbondante secondo e Yuu la vide particolarmente silenziosa, completamente l’opposto del giorno prima. «Posso sedermi qui?» chiese, indicando il posto vicino al suo.
La ragazza alzò le spalle e tornò a concentrarsi sul libro, arricciandosi la punta dei capelli scuri e ben curati. 
Yuu si sentì leggermente a disagio, ma non si perse d’animo; doveva chiederle scusa e l’avrebbe fatto proprio adesso. «Senti, volevo scusarmi per ieri, di essere scappato così. Non ti ho neanche salutato.»
«Oh, non fa niente. Più che altro mi hai spaventata – sembravi un cadavere dal tanto eri bianco. Sono felice che ti sia ripreso, Yuu.»
Yuu? E lei come diavolo faceva a sapere il suo nome? «S-sì, sto meglio. Però non so ancora come ti chiami…» le fece notare il moretto, guardandola curiosamente. Continuava a pensare di aver già visto quel volto, ma dove?
La ragazza chiuse il libro e lo mise nello zaino, voltandosi poi verso Yuu. «Mi chiamo Ami e… oh no, è arrivato mio fratello.» si interruppe con uno sbuffo, nascondendosi dietro un ciuffo di capelli dall’imbarazzo.
Yuu ebbe un tuffo al cuore e girò lo sguardo verso l’ingresso dell’aula, osservando i nuovi arrivati. Un gruppo di studenti era entrato insieme ad un professore a un ragazzo più grande degli altri, molto probabilmente il fratello di Ami… sicuramente il fratello di Ami dato che, non appena vide la ragazza, cominciò ad agitare la mano e a sorridere come un idiota. Sembrava addirittura star salutando il ragazzo al suo fianco, ma molto probabilmente era solo l’impressione di Yuu. Quello non era il Daisuke che conosceva e che, nel profondo del proprio animo, sperava di incontrare: era un qualunque ragazzo di seconda superiore, con capelli neri tagliati corti, due ciuffi ai lati a coprire il viso, un viso spigoloso e magro e un paio di occhiali dalla montatura larga, con delle spesse lenti che gli rendevano gli occhi dal taglio allungato ancora più piccoli di quanto già non fossero. Non aveva niente del bambino che conosceva, neanche un piccolo tratto in comune. Il Daisuke che conosceva non aveva alcun problema di vista, ma soprattutto aveva un bel corpo robusto, con qualche chilo in più sui fianchi. Il ragazzo che aveva di fronte era praticamente pelle e ossa, oltre ad essere mezzo-cieco… no, non era Daisuke. Poco male, almeno si sarebbe evitato un peso da sopportare. E allora cos’era quella strana sensazione di delusione che avvertiva dentro? Doveva essere sollevato, e invece si sentiva peggio di prima. 
Cercando di non pensarci, Yuu seguì le parole del maestro che piegò come si sarebbe svolto il corso e introdusse l’argomento delle lezioni dell’intero anno. Presentò quel Daisuke, spiegando che si sarebbe occupato principalmente della parte pratica viste le sue conoscenze circa la chitarra e la batteria, mentre lui avrebbe insegnato la teoria e la storia della musica. Dopo quelle brevi spiegazioni, il professore cominciò subito a spiegare le origini della musica, la sua funzione primitiva e i primi strumenti musicali creati dall’uomo mentre tutti gli alunni prendevano appunti, attenti a non perdersi nessun passaggio della lezione. Anche Yuu prese qualche appunto, ma stare concentrato gli fu più difficile del previsto. Aveva una strana confusione in testa e spesso perse il filo del discorso, trovandosi a fissare il foglio degli appunti con fare stralunato, come se non avesse mai visto nulla del genere in vita sua. Prima di terminare la lezione, il maestro fece un rapido giro di domande ad ogni alunno, volendo sapere se qualcuno cantava o suonava qualche strumento musicale, segnando le risposte su un foglio che poi consegnò a Daisuke, il quale lo lesse velocemente con un sorrisetto a piegargli le labbra. 
Così, il primo giorno di corso finì e il professore si congedò, lasciando al suo aiutante l’incarico di sistemare negli appositi spazi tutti gli strumenti che aveva mostrato ai ragazzi durante l’ora. Yuu lo trovò davvero ingiusto da parte sua, ma poco poteva farci. Prendendo le sue cose, il moro fece per uscire dall’aula con Jun prima che una voce proveniente alle sue spalle lo costrinse a fermarsi. 
«Yuu Shiroyama.»
Una voce amichevole e leggermente roca pronunciò il suo nome in modo così naturale che a Yuu venne la pelle d’oca. Si voltò e, proprio come immaginava, scoprì trattarsi di Daisuke, l’unico che era rimasto nell’aula. «Potresti venire qui. Ho alcune cose da chiederti.» proseguì il più grande mentre leggeva un foglio, molto probabilmente quello compilato dal professore.
Ami, che si era fermata insieme al nuovo amico, fulminò con lo sguardo il fratello maggiore senza cattive intenzioni, informando poi Yuu che doveva andare. I ragazzi si salutarono e Yuu rimase da solo con Daisuke, avvicinandosi a lui a piccoli passi. Il moro sapeva che non c’era nulla da temere, che quello strano ragazzo avrebbe semplicemente chiesto informazioni in più sullo strumento che suonava, ma si sentiva comunque in ansia. Perché proprio lui doveva finire in queste situazioni? 
Arrivato vicino al ragazzo, Yuu lo guardò e cercò di tranquillizzarsi, aspettando che fosse Daisuke il primo a parlare. Quest’ultimo sembrò capire tutto al volo e guardò il più piccolo con sguardo indagatore e curioso, assottigliando gli occhi fino a renderli due piccoli puntini scuri dietro quelle spesse lenti. 
«Ho letto che suoni la chitarra, giusto?» ruppe il silenzio Daisuke, non distogliendo mai gli occhi da quelli del moro.
Yuu annuì con il capo e cominciò ad agitarsi. Quello sguardo lo faceva sentire a disagio, sperava tanto che la smettesse presto.
«Bene! E da quanto tempo la suoni?»
«Ehm, da qualche mese. Circa cinque mesi, se non mi sbaglio.»
«Che modello di chitarra hai?»
«Non saprei, so solo che è una chitarra acustica. Il tizio che me l’ha venduta ha detto che è meglio per i principianti.»
«E stai imparando da solo o vai a lezione privata?»
«No, sto facendo tutto da solo. Ho comprato dei manuali e sto imparando da quelli, anche se è una noia mortale.»
«Quindi davvero non ti ricordi di me, eh?»
Yuu lanciò un’occhiata perplessa al più grande, non sicuro di non aver compreso le sue parole. «C-cosa?» domandò, sentendo la voce più debole del solito.
Daisuke liberò una risatina e si spostò i capelli dal volto, scuotendo il capo con fare contrariato. «Non dirmi che ti sei dimenticato di me? Delle volte che ti rubavo il pranzo a scuola, dei pomeriggi al parco a fare gli scherzi agli altri bambini, i dorayaki che la tua mamma ci preparava – i migliori che abbia mai assaggiato… non ti ricordi neanche della promessa che ci siamo fatti?»
Quelle parole fecero raggelare il sangue a Yuu e il cuore cominciò a martellare contro il petto, come se dovesse uscire da un momento all’altro. Solo una persona poteva conoscere quella promessa e, per quanto sembrasse strano e surreale, era proprio il ragazzo che aveva davanti. Quindi era davvero lui, il suo Daisuke. Come aveva fatto a non riconoscerlo? È vero, era totalmente diverso da come se lo ricordava, ma anche dannatamente uguale ora che lo guardava sotto una luce diversa. Il suo sorriso era lo stesso, caratterizzato da quei denti bianchi e spessi, leggermente sporgenti in avanti, e così anche gli occhi, di quel marrone chiaro, quasi nocciola, che gli era sempre piaciuto e dallo sguardo dolce, il più dolce che abbia mai visto. Quanto tempo aveva aspettato questo incontro? Settimane, mesi, ormai non aveva più importanza. Finalmente l’aveva trovato ed era quello che contava, anche se ancora non riusciva a crederci. Forse era tutto un sogno che sarebbe finito se solo qualcuno gli avesse pizzicato il braccio… timoroso che fosse davvero un sogno, Yuu si portò le braccia dietro la schiena e si pizzicò il dorso della mano con forza, aspettandosi che Daisuke sparisse dalla sua vista e di trovarsi di nuovo in camera sua, tra le lenzuola del proprio letto. E invece il ragazzo non svanì, anzi si avvicinò sempre di più con fare preoccupato, come se temesse che Yuu dovesse collassare da un momento all’altro. Yuu cercò di riprendersi da quella fase di trance mentale e tornò nel mondo dei vivi, senza però trovare nulla da dire al più grande.
Fu proprio quest’ultimo a riprendere il discorso, trattenendo una risatina divertita nel vedere il piccolo così in panico. Dopotutto, non era per nulla cambiato in quegli anni. «Ti andrebbe di farmi compagnia mentre sistemo qua? Mi tocca sempre il lavoro sporco.» propose Daisuke mentre tornava alle proprie occupazioni, cominciando a sistemare gli strumenti nelle giuste custodie.
«Ehm, veramente dovrei andare. Ho l’autobus tra qualche minuto, non vorrei perderlo.» pigolò Yuu debolmente, sentendosi ancora piuttosto frastornato. Non vedeva Daisuke da anni eppure lui lo trattava come se nulla fosse mai accaduto, come se quei lunghi mesi di distanza non fossero mai esistiti.
«Per quello non ci sono problemi, posso accompagnarti a casa io.» sorrise pacatamente, facendogli l’occhiolino. Il moro trasalì e il suo viso prese fuoco, diventando rosso come un pomodoro maturo. Perché quella tortura non aveva mai fine? Daisuke lo aveva messo praticamente in trappola, non dandogli altra scelta che accettare la sua offerta. Se avesse rifiutato, era come affermare che Yuu non voleva stare con lui e Daisuke se la sarebbe presa sicuramente. 
«E come pensi di portarmi a casa?» gli domandò dopo aver recuperato la voce, mentre il suo viso tornava al suo colorito naturale. 
«In scooter, ovviamente! Ti ricordo che ho qualche anno in più di te e, diciamo, anche qualche privilegio in più.» rispose il più grande orgogliosamente, impegnato a riordinare gli oggetti nell’armadio per poi occuparsi dei vari fascicoli sparsi sulla cattedra.
Daisuke aveva ragione; lui era grande mentre Yuu… Yuu era ancora un moccioso in confronto a lui. E se ne stava accorgendo solo in questo momento. Quando erano piccoli, la differenza d’età non si notava molto, i loro lineamenti erano ancora infantili e le loro voci non erano ancora sviluppate, ma ora tutto era cambiato. O meglio, Daisuke era cambiato. Se i calcoli di Yuu erano giusti, Daisuke doveva avere diciassette anni e quei cinque anni di differenza cominciavano davvero a pesare. In quegli ultimi anni, Daisuke era cambiato completamente: i suoi lineamenti erano più marcati, la sua voce era profonda e mascolina, tutto il suo intero corpo aveva subito una trasformazione incredibile che lo rendeva irriconoscibile. Mentre Yuu… beh, Yuu era sempre il solito ragazzino dal visino ovale e dalle labbra da femminuccia. Non potevano più avere l’amicizia che avevano prima, sarebbe stato tutto troppo strano agli occhi degli altri. Cosa avrebbero pensato gli amici di Daisuke nel vederlo andare in giro con un bambino di dodici anni? Gli avrebbero sicuramente riso in faccia e Yuu non voleva essere la causa dei suoi problemi. Inoltre, un tipo come lui aveva sicuramente una ragazza, quindi perché doveva perdere tempo con uno come Yuu? Forse sarebbe stato meglio per entrambi che non si fossero mai incontrati, si sarebbero tolti un sacco di pesi dalle spalle.
«Hey, non stare lì come una statua. Puoi sederti da qualche parte, se vuoi. E magari raccontarmi cosa hai fatto in questi ultimi anni.» lo spronò Daisuke, vedendolo il ragazzo piuttosto silenzioso come era suo solito. «A proposito, mi dispiace per come sono andate le cose tra noi. Riconosco di essere stato un vero stronzo a non farmi sentire per tutto questo tempo. Non pensare che non abbia provato a mettermi in contatto con te, solo che… mi sentivo troppo in colpa.» riprese, ricordando quei momenti con malinconia e un velo di tristezza.
Yuu si irrigidì e chiuse le mani a pugno, affondando le unghie nella soffice carne dei palmi. Odiava ricordare quel periodo della sua vita, era una ferita ancora aperta che faticava a risanarsi. «In colpa?» sibilò Yuu, trattenendo la rabbia che aveva in corpo.
«Sì. Ti ricordi quel giorno, quando ti ho detto che mi sarei dovuto trasferire? La faccia che hai fatto… sembravi così dispiaciuto e deluso… come potevo solo pensare di presentarmi a casa tua dopo averti dato una delusione del genere?» ricordò con amarezza mentre l’immagine del piccolo Yuu tornava a farsi vivida nella sua mente. La sua espressione delusa, gli occhi lucidi dalla tristezza, i suoi inutili tentativi di farlo restare… «Sai, i primi mesi dopo il trasloco non ho fatto altro che pensare a te. Non riuscivo a togliermi dalla testa il tuo faccino triste e mi sentivo un verme. Soprattutto dopo quella promessa; tu avevi ancora bisogno della mia protezione, e invece ti ho lasciato solo. Però vedo che te la sei cavata bene e sei cresciuto in forze, questo mi fa piacere.» 
Il moro ascoltò le sue parole con le mani tremanti, non riuscendo a capire che emozioni stava provando. Avrebbe voluto far tacere Daisuke fin dall’inizio, eppure la sua voce era così bella e sincera che non poté far altro che ascoltarlo in silenzio, cercando di non lasciarsi dominare dalle emozioni. Vero, aveva sofferto, ma ormai era una storia passata. Non voleva saperne più nulla, desiderava semplicemente dimenticare. Però sapere che Daisuke lo aveva pensato, anche solo per un momento, gli dava quella piccola felicità che riusciva a riempirgli il cuore, rincuorandolo e facendolo sentire un bambino speciale. 
«A-anche io ti ho pensato e… ti trovo bene.» riuscì semplicemente a dire, non sapendo che altro aggiungere. Si sentiva un idiota, una ragazzina in panico di fronte al ragazzo per il quale aveva una cotta galattica. Per evitare di dire altre cavolate, chiuse la bocca e si sedette su una sedia in disparte, parlando di quello che avevano passato negli anni che furono separati.
Quando Daisuke finì di riordinare l’aula, uscì con Yuu dalla scuola e si diresse verso il piccolo parcheggio di fianco all’edificio dopo aver lasciato le chiavi in segreteria. Lo scooter del ragazzo non era male, solamente aveva un problema: poteva portare un solo passeggero.  
«Uhm, Daisuke? Non corriamo qualche rischio se ci beccano in due su questo coso?» chiese Yuu preoccupato, non volendolo mettere dei guai.
«Oh, non ti preoccupare. L’ho già fatto centinaia di volte con le mie sorelle, non ci beccherà nessuno. Staremo un po’ stretti, ma non devi temere di niente.» annuì Daisuke convinto, passando uno dei due caschi che aveva a Yuu, per l’esattezza quello decorato con degli allegri fiorellini rosa che sicuramente usavano le sue sorelle. 
Yuu inarcò un sopracciglio e fulminò con lo sguardo il più grande, il quale se la ridacchiava sotto i baffi con fare divertito. «Non c’è niente da ridere.» sibilò il moro, infilandosi il casco con un’espressione rabbiosa sul volto. 
«Ma guarda che carino, ti farei una foto.»
«Provaci soltanto e torno a casa facendo l’autostop.»
Tra le risate di Daisuke e le lamentele di Yuu, i due montarono sulla stretta sella dello scooter, cercando una posizione comoda per entrambi. Daisuke si spinse sul bordo della sella mentre Yuu dovette per forza stringersi al corpo dell’amico, posandogli timidamente le mani sui fianchi magri. Si sentiva a disagio così vicino a lui, ma altro non poteva fare che stare in silenzio e lasciarsi portare. 
«Stai comodo lì dietro?» urlò Daisuke per farsi sentire mentre metteva in moto il mezzo.
Yuu annuì con il capo e si strinse ancora più forte quando il più grande partì, cingendogli il ventre sottile con le braccia. Non aveva mai fatto un giro in scooter con qualcuno e stare con Daisuke lo metteva in ansia per qualche strano motivo. Il suo profumo intenso e mascolino gli stuzzicava continuamente l’olfatto. Era così buono, lo avrebbe annusato per ore senza mai stancarsi… e perché il suo corpo stava reagendo così stranamente? Non solo le sue mani cominciarono a sudare dall’agitazione, ma un fremito gli percorse tutto il corpo, facendolo rabbrividire da capo a piedi. Si sentiva strano e terribilmente a disagio, il suo respiro si fece più rapido così come i battiti del proprio cuore. Non sapeva cosa gli stava accadendo, ma voleva che tutto finisse il prima possibile, non gli piaceva per niente quella situazione. Forse era proprio il buon profumo di Daisuke a farlo reagire in quel modo…
Yuu si tranquillizzò dopo diversi tentativi, quando riconobbe le case e le strade famigliari della sua città che gli trasmisero un senso di sicurezza. Daisuke si ricordava ancora perfettamente tutte le varie vie e non gli fu difficile giungere a casa Shiroyama, fermandosi direttamente davanti al cancello dell’abitazione. Spense il motore e si guardò in giro con fare nostalgico, rivivendo tutto ciò che aveva combinato tra le vie di quella piccola e sperduta cittadina che tanto gli mancava. Quella era casa sua, la sua città, le sue origini. Non che la nuova città non gli piacesse, ma era in quel posto che si era formato, che aveva avuto i primi amici, le prime cotte infantili, dove aveva mosso i primi passi nel mondo.
Con una certa difficoltà, Yuu riuscì a scendere dallo scooter e rimase ad osservare Daisuke con uno sguardo curioso, come un gattino di fronte a qualcosa che non aveva mai visto prima. «D-Daisuke?» lo chiamò debolmente, dispiacendosi per interrompere i suoi pensieri.
Al suono della voce del moro, Daisuke si riprese da quel vortice di ricordi e gli regalò un sorriso smagliante, scendendo anche lui dallo scooter e togliendosi il casco per sistemarsi gli occhiali spessi sul ponte del naso. «Scusa, stavo vedendo se era cambiato qualcosa, ma è tutto come l’avevo lasciato.» commentò con una delle sue risatine contagiose, puntando lo sguardo sulla casa di Yuu. Anche quella non era per niente cambiata, con il classico giardinetto ben curato dalla signora Shiroyama e i fiori colorati ad abbellirlo. 
Yuu consegnò il casco con i fiori rosa al più grande e fece qualche passo indietro, provando di nuovo un certo fastidio, questa volta al bassoventre. Per capire di cosa si trattasse, il moro abbassò lo sguardo e impallidì nello scoprire il segreto che si celava tra le gambe. E adesso cosa faceva per nascondere quel piccolo problemino? Doveva far qualcosa prima che Daisuke se ne fosse accorto, sempre se non l’avesse già sentito mentre erano sullo scooter. Non gli era mai successo una cosa del genere, era una reazione del tutto nuova per lui e che non riusciva a controllare. Fortuna voleva che l’uniforme scolastica fosse di una taglia in più, così poté tirare i lembi della giacca e nascondere tutto, traendo un piccolo respiro di sollievo. Ora doveva solo salutare Daisuke e correre in casa nel minor tempo possibile.
«Mh, grazie… per il passaggio, intendo. Ora devo andare, quindi ci vediamo domani.» cercò di tagliare corto Yuu, evitando di guardare Daisuke in volto per evitare di morire dalla vergogna.
«Hey, cos’è tutta queste fretta? Volevo proporti una cosa.» lo fermò Daisuke prima che l’altro potesse scappare via, vedendolo piuttosto frettoloso. «Prima mi hai detto che hai cominciato a suonare la chitarra e che studi da autodidatta… che ne dici se ti faccio delle lezioni private? Inutile dire che le faccio gratuitamente, non voglio essere pagato da te. Anzi, potresti pagarmi con i dorayaki di tua madre - quei dolci sono la fine del mondo. Allora, cosa te ne pare?» 
Yuu non riuscì a crederci e cercò di riflettere un secondo, cosa che gli risultò alquanto difficile data la situazione in cui si trovava. «N-non credo sia una buona idea… e se qualcuno della scuola lo scopriss-»
«Ma non dire cavolate, non mi faccio di certo problemi per quello che pensano gli altri. E poi non dobbiamo fare niente, solo suonare. A meno che tu non abbia altri scopi…» lo stuzzicò maliziosamente, assottigliando lo sguardo da dietro le lenti spesse.
Yuu si alterò tutto d’un tratto e arrossì violentemente, incrociando gli occhi ai suoi con fare rabbioso. «Cosa stai dicendo? Io non faccio questi pensieri sconci, pervertito!»
Daisuke intanto se la stava ridendo di gusto, godendosi l’espressione furiosa di Yuu per quel piccolo scherzo che gli tese. «Non prendertela così, stavo solo scherzando. Comunque, dico sul serio per il fatto delle lezioni. Mi piacerebbe aiutarti e, chissà, magari quando cresceremo, avremo una band nostra.» ritornò sull’argomento, guardando il più piccolo con fare serio in attesa di una sua risposta. 
Il moro si sentì di nuovo chiuso in un vicolo cieco, ma questa volta voleva volgere la questione a suo favore. «Va bene, ma a una condizione.»
«Dimmi.»
«Non sparire come l’ultima volta.»
Daisuke rimase di sasso di fronte a quelle parole e spostò lo sguardo in quello di Yuu, fissandolo per un’abbondante manciata di secondi. Allora Yuu non aveva ancora dimenticato quella storia… doveva ancora soffrire nel suo piccolo, e Daisuke si sentiva il solo responsabile. «D’accordo, non sparirò più. E se mai dovessimo perderci di vista ancora, ci terremo comunque in contatto.» lo tranquillizzò, facendogli l’occhiolino per sdrammatizzare la situazione.
«Promettimelo!» riprese Yuu per niente tranquillo con un’espressione lievemente corrucciata. Voleva una certezza, non gli bastavano delle semplici parole. Così, mettendo da parte l’imbarazzo, Yuu ripeté il gesto che Daisuke fece qualche anno prima: allungò la mano verso di lui e la chiuse a pugno, tenendo teso solamente il mignolo. Poteva essere una cosa infantile agli occhi di Daisuke, ma non gli importava nulla. Quel gesto avrebbe segnato un nuovo inizio per loro, l’inizio di una nuova amicizia, sincera e “matura” nonostante Yuu avesse solo dodici anni.
Il ragazzo con gli occhiali studiò il dito dell’amico e indugiò, non sapendo se ricambiare il gesto. E se l’avesse fatto soffrire un’altra volta? Ovviamente non voleva farlo, ma come poteva promettere qualcosa di cui non aveva neanche la certezza? Eppure qualcosa gli diceva che doveva farlo, non tanto per se stesso ma per il piccolo Yuu. Glielo doveva e, per quanto fosse stato difficile, ci avrebbe provato con tutto se stesso pur di fare andare la loro amicizia, almeno questa volta. Con un sospiro, gli afferrò il mignolo mentre i suoi occhi erano fissi su quelli del piccolo, profondi e senza fondo.
Yuu strinse il dito di Daisuke, decisamente più grande del proprio. La sua pelle per via dei calli sui polpastrelli dovuti alla chitarra e solo ora si accorse che le sue unghie erano mangiate fino alla carne, rovinando l’armonia della sua bella mano grande e da adulto. Fece oscillare lentamente la mano per poi spezzare quel contatto, liberando il dito dalla presa di Daisuke e tenendo il capo sempre chino come per paura di incrociare di nuovo i suoi occhi. «Bene. Mi fido di te, Daisuke… adesso però devo andare.»
Daisuke liberò uno dei suoi sorrisi amichevoli e allegri mentre montava sulla sella dello scooter, infilandosi di nuovo il casco. «Allora ci vediamo domani. Tieniti libero il pomeriggio che cominceremo subito le nostre lezioni.»
«C-cosa? No, non sono ancora pronto, non potresti darmi qualche altro giorno?»
«Assolutamente no! Prima cominciamo, meglio è. Altrimenti come faremo a debuttare?»
Yuu cercò di ribattere, ma Daisuke aveva già messo in moto lo scooter, coprendo la voce con il rombo del motore. Lo sguardo rabbioso del moro fu del tutto inutile e Daisuke salutò con un cenno della mano prima di prendere la strada del ritorno, sparendo in una vietta dopo qualche metro. 
Yuu sospirò e scosse la testa con disapprovazione, non riuscendo a trattenere un sorriso divertito e dolce. Dopotutto, anche se aveva diciassette anni, Daisuke non era cambiato molto, anzi rimaneva ancora quel bambinone di un tempo. Già non vedeva l’ora di incontrarlo e di suonare insieme a lui, anche se il suo livello era ancora basso. Era sicuro però che Daisuke lo avrebbe aiutato in ogni modo, dandogli i giusti consigli per diventare un vero chitarrista. E chissà, magari avrebbero veramente formato una band insieme una volta cresciuti… per quanto improbabile fosse, Yuu voleva crederci – dopotutto, lui era un supereroe e, come tale, avrebbe annientato tutti coloro che gli sarebbero andati contro. SuperYuu avrebbe raggiunto l’obbiettivo, ne era assolutamente convinto.

 

 

 

Sono tornata!
E finalmente anche questa è andata *sospiro di sollievo*
Posso dire che è stato un piccolo parto questo piccolo papiro perchè ho cercato di renderla il meno pallosa possibile (obbiettivo che so di non aver raggiunto, lol) e anche di non fare la solita storia letta e riletta (ma anche per questo credo di aver fallito), però alla fine sono arrivata alla conclusione.
Cosa posso dire? Il piccolo Yuu ora è alle medie e chi altri poteva incontrare se non il suo caro Daisuke? Questa volta però c'è stata anche una sorpresina per il piccolo, ovvero la sorellina di Die, Ami. Chissà se anche lei riuscirà a smuovere il cuoricino fragile di Yuu...
Spero che vi sia piaciuta e, come sempre, non abbiate paura a commentare o criticare, non mangio nessuno ^.^
Alla prossima!

Ps. Dato che mi piace sputtanare gente (?), vi lascio questa immagine per farvi capire com'era Die ai vecchi tempi e quindi come sarebbe nel capitolo. Tanto io lo trovo bello sempre e comunque, ugh  ̴
http://oi59.tinypic.com/11rc4fp.jpg

 

   
 
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