L'arena
brillò di verde, dolorosamente. Una luce impossibile da
sostenere,
che feriva gli occhi; i più li socchiusero, cercando di
vedere cosa
stesse accadendo: un raggio mortale correva verso Raphael che, ancora
inginocchiato dalla foga del colpo portato, sembrava incapace di
reagire in tempo.
Lo
avrebbe preso in pieno e tutti si chiedevano se quell'energia mistica
fosse letale. Non faceva parte della competizione, perciò la
magia
dell'arena l'avrebbe trasportato via prima di poter essere ferito?
Non
mancavano che pochi centimetri all'impatto di quella luce malsana,
quando una figura ancora più luminosa apparve, imponente nel
Kimono
rosso sangue, due Tessen nelle mani già aperti che
riflettevano il
verde del raggio sconosciuto e la sua bianca brillantezza: Isabel
sventolò le sue armi come una stoccata contro la minaccia e
la
defletté in due direzioni opposte, assorbendo l'energia e
disperdendola contro i muri dell'arena.
Ci
furono due esplosioni in contemporanea, quando i raggi
più
piccoli cozzarono contro le pareti, sollevando polvere e detriti.
Raphael
si era rialzato e guardava in trance la schiena di Isabel, ferma,
rigida. Arrabbiata.
Ci
mise qualche attimo prima che realizzasse che lei lo aveva salvato da
un attacco probabilmente letale e un minuto buono perché
invece si
rendesse conto che si era teletrasportata nell'arena dal posto
d'onore.
“Cos-
non puoi entrare qui!” la sgridò, cercando di
capire.
Isabel
non gli rispose. Rimase altera e silenziosa, i Tessen chiusi stretti
tra i denti. Con le mani libere cominciò a trafficare con i
nodi
dell'Obi, districandoli come meglio poteva.
“Cosa
stai... vuoi risponderm-”
La
voce morì nella gola di Raphael quando, dopo aver sciolto
l'Obi e
averlo piegato con cura, Isabel sfilò il Kimono e la
sottoveste
bianca, restando in intimo.
Con
tutta la calma del mondo piegò anche quelli e tolse i Tabi e
gli
Zori, ponendo ogni capo sopra l'altro, chiudendoli tutti in una bolla
protettiva.
“Cosa
stai facendo? Sei impazzita?” le urlò, sconvolto
dai suoi
atteggiamenti e dalla sua apparente calma. Era seminuda nell'arena
del Battle Nexus, davanti a centinaia di esseri di ogni dimensione,
senza contare tutta la sua famiglia e il Daimyo.
“È
il Kimono di Tang Shen, non voglio che si rovini” rispose lei
con
un tono ovvio, come se lui dovesse sapere perché si stava
comportando così.
Si
era voltata a guardarlo, infine, e Raphael riconobbe quello sguardo
arrabbiato e concentrato, che altre volte aveva visto nel suo viso.
Quella risoluzione, ma anche quella luce di paura.
Isabel
si girò verso il punto da cui il raggio era arrivato,
dandogli
nuovamente le spalle.
“Avanti,
mostrati!” gridò poi dal fondo dei suoi polmoni e
la sua voce
riecheggiò nell'arena, rimbalzando ovunque, spaventando gli
spettatori ormai silenziosi e tesi in attesa di risposte.
Non
erano certi che non facesse tutto parte dello spettacolo, ma
sembravano percepire la tensione che li scuoteva, che era reale.
Raph
stava per aprire bocca per chiederle spiegazioni su cosa stesse
accadendo e cosa lei sapesse, quando un enorme boato fece tremare il
terreno: la parete di fronte esplose e i detriti e la polvere corsero
incontro a loro, letali come proiettili, frammisti a gocce d'acqua di
una delle fontane ormai frantumata, che spargeva il getto impazzito
ovunque.
Isabel
innalzò uno scudo e attese col cuore in gola che il fumo si
diradasse per poter identificare il suo nemico.
Un
gigante di acciaio e roccia apparve, camminando con scatti cigolanti,
con una piccola pietra scintillante incastonata nella fronte e uno
degli enormi bracci dotato di una lama affilata: era alto
più delle
mura dell'arena e ad ogni suo passo la terra tremava.
Isabel
ghignò amaramente. Un golem imperiale, non credeva che ne
avrebbe
mai visto uno.
“Continui
a nasconderti” mormorò tra sé,
abbassando lo scudo e aprendo i
Tessen, già in posizione di attacco.
“Cosa
credi di fare? Quel coso ha cercato di uccidere me!”
urlò Raphael
portandosi al suo fianco, alzando un braccio per bloccarla.
“Appunto”
soffiò lei, furiosa. “Voleva attirare la mia
attenzione.”
Con
un salto lo scavalcò e corse verso la creatura, pronta a
combattere.
“Daimyo!
Dovete fermare questa pazzia! È
oltraggioso!” esclamò Splinter, tenendo d'occhio i
suoi discepoli
con preoccupazione. Non era il solo: Don, Leo, Mikey, Steve e tutti
gli altri seguivano l'improvvisa lotta con curiosità e ansia
assieme.
Isabel
era scomparsa in un istante nel percepire la minaccia contro Raphael,
e solo in quel momento si erano resi conto di come fosse stata
silenziosa e strana durante quella giornata; Leo e il maestro si
stavano dannando l'anima al pensiero che forse lei avesse percepito
qualcosa di cui non aveva fatto parola per non farli preoccupare.
Il
venerabile Daimyo impugnò immediatamente il suo bastone,
pronto a
trasportare tutti nell'arena; lo alzò sicuro, chiudendo gli
occhi
per concentrarsi. Ma non accadde nulla.
Li
riaprì sorpreso e spaventato.
“Non
posso, Splinter-san. C'è una barriera che li isola, un
grande potere
in atto” rivelò suo malgrado, con voce grave.
Splinter
sospirò e riportò l'attenzione verso i suoi
figli, con
preoccupazione.
“Isabel!”
urlò Raphael, correndole dietro. Lei si era gettata in un
attacco
frontale, con i Tessen aperti. Scivolò tra le gambe della
creatura,
arrivando alle spalle: provò a infilzare le stecche di
metallo nella
roccia, ma venne risospinta all'indietro.
“Va'
via! È
me che vuole!”
gli rispose, scansandosi appena in tempo, prima che il passo del
gigante la schiacciasse.
Raph
ribatté con un ringhio adirato, conscio che lei gli stesse
tenendo
nascosto qualcosa, poi si gettò a testa bassa, i Sai ben
stretti nei
pugni: con un salto prodigioso colpì all'altezza dell'addome
del
golem, ma le punte delle armi slittarono e stridettero contro la dura
roccia senza lasciare nemmeno un graffio.
Ricadde
a terra con un tonfo secco e si spostò con un balzo,
evitando così
di essere colpito dal gigante che continuava a camminare a grandi
passi mentre sventolava di qua e di là il braccio munito di
spada,
fendendo l'aria; dovevano essere veloci e fulminei per non essere
colpiti, nemmeno per sbaglio.
Il
golem non era una creatura senziente, si muoveva solo per il volere
del suo creatore, ma proprio per quel motivo li seguiva con
un'ossessione implacabile, gli occhi vitrei sempre incollati su
Isabel, la sua preda. Raphael era un moscerino fastidioso, in
realtà,
ma dato che lo stava attaccando, era diventato un ostacolo da
rimuovere per arrivare al suo obiettivo.
Ad
ogni passo crepe profonde straziavano il pavimento, e correre era
sempre più difficile; se non avessero fatto attenzione, una
caduta
accidentale li avrebbe resi prede inermi.
Raphael si lanciò in un nuovo attacco, saltando più in alto per raggiungere la pietra sulla testa del golem; dovette scartare il braccio con la spada a metà percorso, ma non si era aspettato l'attacco dell'altro arto e il pugno di roccia lo colpì, ed essendo gigantesco, non ci fu un punto del suo corpo che fu risparmiato: volò come un proiettile contro il muro e sbatté malamente, e cadde poi con un tonfo nell'acqua intorno alla piattaforma, sollevando spruzzi fino al cielo.
“Raffaello!”
urlò Isabel spaventata, gli occhi d'improvviso bianchi. La
magia
scorreva libera nel suo corpo, che iniziò di nuovo a
brillare.
Schizzò
in avanti e colpì contro la gamba del mostro, che esplose al
solo
tocco in miliardi di frammenti: il golem perse la presa sul terreno,
barcollò vertiginosamente e poi crollò al suolo
con un boato
enorme, facendo tremare la terra.
Isabel
si dovette inchinare per non cadere lei stessa per le scosse, poi
scattò in avanti e corse verso il bordo dell'arena,
scrutando
l'acqua di nuovo statica alla ricerca del suo amato.
“Raffaello?”
chiamò preoccupata, inginocchiandosi.
Per
qualche secondo ci fu silenzio, poi con un gorgoglio la superficie
dell'acqua si infranse e Raphael riemerse, scrollando la testa come
un cane. Isabel lasciò andare un sospiro rincuorato.
“Stai
bene?”
“Sì,
solo molto bagnato. Ma almeno mi sono tolto la bava di camaleonte da
dosso” le rispose mentre si issava sul bordo, al suo fianco.
Si
passò le mani sulla faccia, poi la guardò per
controllare come
stesse lei.
“Hai
perso la calma?” domandò al vedere i suoi occhi
bianchi, a cui
ancora non riusciva ad abituarsi del tutto.
“Solo
un pochino” ammise Isabel con un sorrisino, senza tuttavia
lasciar
andare il suo potere.
Raphael diede un'occhiata alle spalle, verso il golem crollato al suolo che recuperava pian piano le energie, illuminato di verde: i detriti staccatisi dal suo corpo stavano volando verso di esso, attirati dal potere magico; scheggia per scheggia, la gamba di pietra si stava ricompattando e non mancavano che pochi istanti prima che ritornasse alla carica.
“Cosa
sta succedendo, Isa?” le chiese velocemente, eppure con tutta
la
preoccupazione necessaria.
Isabel
si morse il labbro, abbassando lo sguardo.
“Qualcuno
mi ha tenuto d'occhio, nell'ultimo mese. Mi ha spiata, mi ha seguita.
Non so perché e non so chi sia, ma ha deciso alla fine di
agire”
confessò, così come avrebbe dovuto fare fin
dall'inizio.
Avvertì
le ondate di rabbia e paura che Raphael iniziò ad emanare e
un
tremore la scosse, sottilmente.
“Perché
non me ne hai parlato prima?” lo sentì chiedere,
con un tono più
ferito che arrabbiato.
“Non
volevo distrarti dal torneo. Lo so che è sciocco, ma volevo
aspettare di sapere chi fosse, volevo essere sicura di non essermi
immaginata tutto. Alla fine del torneo te l'avrei detto.”
Trattenne
il respiro, colma di rimorso. Sapeva già da tempo che aveva
sbagliato a nascondergli la verità, ma non era pentita di
averlo
fatto; aveva dato a Raphael la possibilità di pensare solo
al torneo
e aveva vinto grazie a quella serenità d'animo.
Non
avrebbe mai pensato che la misteriosa presenza si sarebbe manifestata
alla fine di esso, nel momento in cui lui aveva vinto, prendendolo di
mira per farla uscire allo scoperto.
“Sei
riuscita a colpirlo. Dobbiamo collaborare se vogliamo
batterlo”
disse Raphael, con voce calma.
Isabel
fu così sorpresa di non essere rimproverata, che perse la
concentrazione sui suoi poteri e la luminescenza attorno al suo corpo
scomparve, e i suoi occhi tornarono del loro colore castano.
“Io
attirerò la sua attenzione e tu colpirai con la magia nel
centro
della fronte. Se questo golem è come quelli che hai
sconfitto in
passato, esploderà e diventerà polvere”
continuò il mutante,
alzandosi in piedi.
Le
tese una mano, a cui lei si aggrappò con forza per tirarsi
su, grata
del tocco caldo, del contatto.
“Quando
sarà tutto finito, aspettati una tirata d'orecchie.
Testarda”
soffiò Raphael quando l'ebbe accanto, guardando
però di fronte a
sé: il golem si stava rialzando con scatti rigidi, la gamba
ormai
ricomposta, come se Isabel non l'avesse nemmeno scalfita.
“Vai!”
urlò imperioso, allontanandosi da lei.
Raphael
corse di nuovo incontro alla creatura, stringendo forte le armi:
scansò un pugno che andò a schiantarsi contro il
pavimento e colpì
il braccio di roccia, inutilmente. Più che farlo arrabbiare,
non
aveva alcuna speranza di far alcun danno a quel mostro.
Isabel
si era rivestita di potere. Gli occhi di nuovo vuoti e splendenti, il
corpo leggermente luminescente, corse praticamente non vista alle
spalle del golem, volando poi fino alla sua testa. Nelle mani i
Tessen chiusi catalizzavano la sua magia, attraversati da
elettricità
pura.
Aspettò
il momento giusto. Raphael stava facendo del suo meglio per attirare
completamente la sua attenzione, forse anche troppo: la pietra sulla
fronte del gigante si illuminò di verde, con un sibilo
minaccioso.
Isabel
decise di intervenire prima che fosse troppo tardi. Scese in
picchiata, fendendo l'aria con la punta dei Tessen, sempre
più
luminosa, sempre più veloce.
La
pietra emise il suo raggio mortale appena prima che la raggiungesse e
nello stesso istante il braccio tagliente del golem la colpì
in
pieno, scaraventandola all'indietro: cadde
al suolo, strisciando per qualche metro sulla superficie sconnessa e
dura, graffiandosi ogni centimetro della schiena.
Guardò il cielo rosa sopra
di sé, sempre più arrabbiata, gli occhi di nuovo
normali.
Sentiva
bruciare da qualche
parte all'altezza della spalla destra, sentiva qualcosa di caldo
bagnarle la pelle e gocciolare al suolo.
Strinse i denti e ingoiò il
grido di dolore che premeva per uscire, perché non aveva il
tempo
per lamentarsi. Si rialzò lentamente, cercando di non
forzare la
spalla, dove lo squarcio causato dal mostro pulsava e bruciava da
impazzire. Il Kanzashi si era rotto durante lo scontro e i capelli si
erano sciolti, sparpagliati sulla schiena, e alcune ciocche si
appiccicarono al sangue che le ricopriva la pelle, copioso.
Doveva sconfiggere il golem. E non aveva sparato il raggio, prima di colpirla? Come stava Raphael?
“Dobbiamo
scendere ad aiutarla! È
in pericolo” strillò Mikey, che si stava sporgendo
fin dove
possibile, arrivando a toccare la barriera invisibile che isolava
l'arena. Avevano assistito ad ogni istante, così come
chiunque fosse
presente, senza capire, con la paura nel vedere che il nemico era
reale, che attaccava per uccidere.
Voleva
raggiungerli. Così come lo volevano gli altri.
“Perché
la protezione
dell'arena non funziona? Perché non viene trasportata via
prima di
essere ferita?” esclamò sconvolto Don,
occhieggiando con
preoccupazione il lungo taglio sulla spalla e sul braccio di Isabel,
dal quale usciva un lungo rivolo di sangue che imbrattava il
reggiseno candido e gocciolava sul pavimento.
La tensione di Splinter era
palpabile, così come quella del Daimyo, impegnato a
discutere coi
suoi sacerdoti per arrivare alla radice del problema, per poter
forzare la barriera imposta da un estraneo sulla sua arena e fermare
quella oltraggiosa battaglia.
“Dov'è
Raphael?” domandò
Leo, all'improvviso.
Gli occhi di tutti corsero per
lo spazio esiguo, finché non trovarono ciò che
stavano cercando.
Ci fu un grosso urlo strozzato,
unanime, e un grido di orrore di Mikey.
Isabel era
di nuovo in piedi,
alle spalle del golem. Ma non era al sicuro. La creatura si stava
voltando verso di lei, con quella sua andatura rigida.
Dov'era Raphael? Era l'unica
domanda che galleggiava nella sua mente. Più forte e
importante del
dolore.
Riuscì a spostarsi a destra,
girando nella stessa direzione della creatura perché non la
vedesse,
sorreggendo il braccio per non forzare la spalla.
Vide del nero, in fondo. Nero e
verde. Ma c'era anche del rosso.
Rosso come il suo. Rosso come il
sangue che gocciolava lungo il suo braccio.
E perché Raphael era a terra?
Si
lanciò in avanti, ignorando
il bruciore, senza pensare a quella mostruosa creatura che la stava
cercando e che non ci avrebbe messo molto a trovarla, e corse verso
il corpo disteso al suolo, con un orribile magone che le mangiava il
cuore.
Ad ogni passo, il rosso era
sempre più inteso. Era tutto intorno al corpo. Era sul corpo.
Come riuscì ad arrivare al suo
fianco senza inciampare, dato il tremore che aveva iniziato a
scuoterla, fu un mistero.
Sbatté
le ginocchia a terra con
violenza, quando fu al suo fianco. Ma non percepì nessun
dolore.
Allungò le mani verso Raphael,
gli occhi ricolmi di lacrime.
Quelli vitrei di lui
guardavano il cielo, senza poterlo vedere. Un grosso squarcio
trapassava il suo torace da parte a parte, lì dove c'era
stato il
suo cuore. C'era sangue, troppo sangue.
E lui era immobile. Spento.
Le mani
tremarono nel toccarlo.
Il suo sangue colava su quello di lui con un gocciolio tetro,
mischiandosi.
“Raffaello?”
chiamò, la
voce rotta e spaventata, mentre gli circondava il viso con le mani.
Il calore lo stava abbandonando,
non c'era più un alito di vita.
“RAFFAELLO!”
urlò fuori di
sé.
Chiunque poté sentire il suo
urlo straziante.
Un secondo
dopo era rivestita di
una luce bianca, impossibile da sostenere. Colpì con le mani
il
petto del mutante e una scossa di potere passò dal suo corpo
all'altro, continua.
Lo avrebbe riportato in vita. Le
fosse anche costata la sua.
Le onde bianche e calde
raggiungevano Raphael e lo avvolgevano, ma ritornavano indietro,
senza guarirlo.
“Ti
prego” singhiozzò
Isabel, come una nenia.
Ad ogni ondata di magia di
guarigione che ritornava al suo corpo, realizzava con orrore che non
poteva guarirlo, che era... che Raphael ormai era...
Un raggio
verde brillò
nell'arena, contro di lei.
Si infranse in mille petali
contro lo scudo innalzato all'ultimo secondo, sprizzando scintille
come un fuoco d'artificio.
Isabel non si era voltata verso
la minaccia. Aveva smesso di brillare e stava stringendo la mano di
Raphael tra le sue, premuta contro le labbra.
Era freddo. Era già così
freddo.
Sotto lo
sguardo attonito degli
spettatori, -sconvolti nel vedere per la prima volta un'uccisione
nell'arena del Nexus,- Isabel incrociò le mani del suo amato
sul
petto, poi si alzò lentamente.
Si voltò verso il golem e alzò
lo sguardo e allora li videro.
I suoi occhi completamente
rossi, che piangevano stille di sangue.
Lo scudo
cadde, Isabel iniziò a
camminare verso la creatura, ma ad ogni passo profonde crepe
apparvero, le mattonelle si sbriciolarono come sotto una tremenda
pressione.
La luce che la avvolgeva era
rossa.
Marchi lividi apparvero in
complessi ghirigori e disegni lungo il suo corpo, salendo dalle
gambe, rivestendola tutta, dello stesso colore di quella luce malsana
che la circondava.
Un
altro passo e un'altra porzione di pavimento si sgretolò in
polvere
finissima. Un forte vento si innalzò all'interno della
barriera, in
spirali taglienti, inglobando la polvere nel suo tumulto.
Il
golem non poteva percepire la minaccia, non sentiva la paura che un
altro avrebbe legittimamente avvertito nel vedere quella creatura
marchiata di sangue venirgli incontro, ma la sentì
avvicinarsi; la
pietra verde sulla sua fronte brillò e con un ronzio
sparò un
raggio mortale: la massa di energia si abbatté su di lei, ma
si
disperse senza lasciarle un graffio, innocua.
Le
striature rosse sul suo corpo brillarono più forte, insieme
a quegli
occhi minacciosi. Isabel continuava a camminare verso il golem,
sgretolando ad ogni passo l'arena, disperdendo senza sforzo i raggi
che il mostro aveva iniziato a spararle contro, a ripetizione.
Finché
non arrivò ai suoi piedi.
Seguendo
un comando mentale del suo padrone, il golem lasciò perdere
gli
attacchi con la magia e sollevò al cielo il braccio munito
di spada,
che calò di colpo su di Isabel, immobile a guardare verso
l'alto. La
pietra smussata e affilata si fermò contro il suo braccio
nudo
alzato per difendersi, una crepa apparve nel punto dello scontro e
iniziò a diramarsi su fino al braccio: esplose in sabbia,
finissima
e impalpabile.
Il
golem indietreggiò.
Non
poteva provare paura, ma indietreggiò.
Isabel
si sporse con calma e lo toccò in punta di dita, con quelle ondate scure di
magia che
parevano fiamme dell'inferno.
Un
secondo.
In
un secondo il gigante di roccia si dissolse al contatto, in una
sottile spirale di polvere nera che rimase a galleggiare nelle folate
di vento. Isabel si sollevò a mezz'aria, mentre la polvere
le
gravitava attorno, e il vento cresceva e il pavimento e l'arena si
frantumavano anch'essi.
L'acqua,
la pietra, il legno svanirono nella pura aria e masse di energia
scura apparivano al loro posto, sempre più violente.
Isabel
era il nucleo di quel tifone che avrebbe mangiato tutta l'arena.
“Cosa
sta succedendo?” domandò Leonardo sconvolto. Il
suo sguardo vagava
impazzito dal corpo di Raphael steso a terra a Isabel, centro di un
tornado impazzito di magia che stava consumando tutto ciò
che la
circondava.
Non
aveva mai visto quegli occhi rossi sul suo viso. Non l'aveva mai
vista usare un tipo di magia simile.
“Isabel
ha perso il controllo” sibilò grave Splinter,
anche lui ferito,
incredulo, straziato dal dolore. “Sta diventando come un buco
nero
che assorbe e distrugge tutto.”
Il
silenzio accolse la sua teoria, un silenzio di dolore.
“La
barriera, Splinter-san, è caduta!”
annunciò d'improvviso il
Daimyo, afferrando nuovamente il suo bastone. Guardò verso
il saggio
ratto, come a chiedergli che volesse fare. Andare nell'arena in quel
momento significava rischiare la loro vita.
Non
ci fu dubbio sulle facce dei presenti: dovevano scendere e aiutare
Isabel, quali fossero state le conseguenze.
Ad
un gesto dello scettro del Daimyo, una bolla azzurra racchiuse tutti
i presenti, trasportandoli all'interno dell'arena.
Non era
rimasto già più nulla.
Le pareti, il pavimento dalle
mattonelle gialline, il rigagnolo d'acqua gettato dalle fontane e
quelle stesse. Era tutto scomparso, dissolto nella pura aria,
assorbito dal corpo rosso che levitava a qualche centimetro dove
prima era stato il suolo.
Solo il posto dove giaceva il
corpo di Raphael era rimasto intonso, come un santuario intoccabile.
La bolla
azzurra apparve e
scoppiò, rivelando i suoi ospiti: si coprirono tutti il viso
per
resistere alle folate di vento; Tomoe venne risospinta da una
particolarmente potente, ma Usagi fu veloce ad afferrarle la mano e
riportarla accanto a sé.
“Isabel!”
urlò Splinter,
cercando di sovrastare il rumore delle sferzate, simile ad un
lamento.
Lei non diede segno di averlo
sentito, ma tutti persero presa sul terreno e scivolarono
all'indietro di qualche metro.
“Isabel!”
chiamarono allora
tutti insieme, provando a far diventare le loro voci una sola, per
poterla raggiungere.
Il loro richiamo si perse
ancora, nel vento che iniziò ad ululare più forte.
“Non
ci sente o non vuole
sentirci” strillò Donatello, mentre le code della
sua maschera si
sbriciolavano per effetto della magia.
Quanto ancora sarebbe stato
prudente rimanere, prima di essere cancellati dall'esistenza?
“ISABEL!”
chiamò una terza
voce, una voce che non avrebbe dovuto esserci.
Si voltarono tutti, si voltò
anche lei.
Raphael era alle loro spalle, ma
guardava solo Isabel, strizzando gli occhi per sostenere il vento.
Era vivo, era illeso.
Lo sguardo di ognuno scivolò
incredulo verso destra, verso il corpo ancora a terra e poi di nuovo
sulla figura in piedi, e poi ancora sul corpo. Erano entrambi
Raphael.
Allora quello in piedi di fronte
a loro era forse uno spirito?
Quel
Raphael si avvicinò a
grandi passi verso di lei, ignorando le sferzate di energia, il
pavimento consumato, la polvere che volteggiava nell'aria; con un
grande sforzo riuscì a raggiungerla, a resistere alla
terribile
pressione che emanava.
A non rabbrividire mentre
sosteneva quello sguardo di sangue, così glaciale.
Il vento si placò e lei
ridiscese al suolo, sollevando il viso per guardarlo ancora. Una mano
si tese e lo toccò, sfiorò la sua guancia e
lì rimase quando sentì
che era reale.
“Raffaello?”
chiese, ma la
voce di Isabel era diventata profonda e graffiante come se provenisse
da un'altra dimensione.
Raphael
coprì la sua mano e le
sorrise.
“Sono
io” disse,
stringendo forte la presa. La mano di lei tremò nella sua.
Si voltò a guardare il corpo
disteso alla sua sinistra, poggiato sul pavimento, ricoperto ancora
di sangue; Raphael seguì il suo sguardo e vide quell'altro
sé.
Rabbrividì, sottilmente.
“Quello
non sono io. Non so
cosa sia, ma non ero io. Io sono qui, sono vero. Sono vivo”
la
rassicurò, spostando le loro mani intrecciate sul cuore,
contro il
battito impazzito che lo scuoteva.
“Torna
da me, Isa” supplicò,
incapace di sostenere ancora quegli occhi rossi, divorato dalla paura
di ciò che lei stava diventando.
“Raffaello”
singhiozzò lei,
gettandosi tra le sue braccia.
I marchi
scuri scomparvero dal
suo corpo, il vento cessò e la polvere si adagiò
a terra e Raphael
seppe, senza bisogno di allontanarla da sé per guardarla in
viso,
che i suoi occhi erano tornati normali.
La strinse forte, cercando di
calmare il suo tremore, poggiando piccoli baci sui suoi capelli.
Un suono di passi lo costrinse a
sollevare lo sguardo, sulla sua famiglia e i suoi amici; erano tutti
sollevati, spaventati e increduli allo stesso momento. Mikey,
quell'idiota, si deterse una lacrima di sollievo.
“Sono
vivo. Mentre combattevo
mi sono ritrovato in infermeria, prima che il raggio mi colpisse: ho
visto quell'altro me apparire dal nulla nello stesso istante e venire
colpito al posto mio. Ma non so dirvi come sia successo”
spiegò
loro, continuando a carezzare la testa di Isabel.
“Non
è ancora finita.
Chiunque abbia creato quel golem è ancora là
fuori” esclamò
Splinter grave, ma i suoi occhi scintillavano di conforto nel vederli
tutti e due sani e salvi.
“È
qui, sensei. È qui” sibilò Isabel,
allontanandosi da Raphael,
guardandolo sottilmente coi suoi occhi castani. C'erano tracce di
pianto, ma erano di nuovo caldi e normali.
Il
Daimyo prese il comando e alzò lo scettro in aria,
minaccioso.
“Palesati,
chiunque tu sia! Come osi interrompere il Battle Nexus e attaccare i
miei ospiti?” Il cielo si oscurò, nuvoloni neri si
addensarono
sul palazzo e l'arena, attraversati da fulmini.
Al
di sotto apparvero cinque figure, sospese a mezz'aria. Nessuno di
loro era in posizione di attacco o di minaccia, ma emanavano comunque
un'aura di potere.
“Shi-
Shisho?” balbettò incredulo Mikey, riconoscendo
nelle figure i
loro maestri del Ninja Tribunal.
Chikara-Shisho
stava al centro, bella e pericolosa come sempre, i lunghi capelli
bianchi intrecciati in una complessa acconciatura e il corpo sinuoso
fasciato in un Kimono verde.
Alla
sua destra c'erano Kon-Shisho, sottile e misterioso, -coi capelli
argentei e un abbigliamento guerriero,- e Juto-Shisho, con le sue
solite enormi maniche svolazzanti. Alla sinistra il silenzioso e
gigantesco Hisomi-Shisho e il sempre sorridente e rotondetto Antico,
piccolissimo in confronto agli altri.
Li
guardarono tutti, da sotto a su, meravigliati.
“Perdonateci,
Ultimate Daimyo. Siamo stati costretti dalle circostanze ad agire in
maniera brutale” disse la donna, in fase di discesa insieme
agli
altri. I cinque toccarono terra, con leggiadria e possanza, senza
staccare gli occhi da Isabel. Quelli di Chikara erano verdi,
completamente verdi e luminosi, freddi.
Isabel
rabbrividì, riconoscendo all'istante quella sensazione.
“Quali
sono queste circostanze?” domandò il saggio
padrone di casa; non
voleva scatenare una guerra interdimensionale con i maestri del Ninja
Tribunal, rinomati e rispettati, ma se non avessero fornito una
valida spiegazione si sarebbe creata una frattura tra i loro
rapporti.
“Isabel
Charmillion” rispose Kon, alzando il dito contro di lei.
“Io?
Ma siete impazziti? Mi avete seguito, mi avete spiato e costretta ad
essere protetta per poter uscire di casa, senza nessun
motivo!”
“E
ti abbiamo attaccato e poi abbiamo mandato un invito al Battle Nexus
e inviato anche Joi per farti ingelosire e convincerti ad accettare,
per farti combattere” rivelò Chikara, con evidente
fastidio sul
volto per tutti i problemi che aveva creato loro. “Siamo
stati
costretti ad attaccare ciò che hai di più caro,
per farti uscire
allo scoperto.”
Raphael
ringhiò di rabbia, bloccato immediatamente da Isabel.
“Cos'è
quello?” domandò irosa, indicando il corpo a terra
che lei aveva
scambiato per il vero Raphael, perdendo il senno.
“Un
clone. Niente più che un guscio vuoto, un'illusione. Tra
qualche ora
scomparirà nel nulla” rispose Kon, maestro dello
spirito. Una cosa
del genere era una sciocchezza per lui.
“Perché
avete preso di mira Isabel?” domandò Splinter,
facendosi avanti il
più velocemente possibile. Osservò con rinnovato
astio i quattro
maestri, che già in passato avevano agito in modi che lui
non si
spiegava. Ma non si sarebbe mai aspettato dall'Antico un
comportamento del genere. Non da colui che era stato il padre
adottivo di Yoshi e Tang Shen.
“I
suoi poteri sono instabili. In un futuro prossimo perderà il
controllo e ucciderà e cancellerà tutto
ciò che la circonda”
spiegò Chikara, con voce grave.
“No!
Non è vero!” urlò Isabel, sconvolta.
Non
le piaceva quella donna. Il suo sguardo, la sua voce, tutto di lei la
metteva in allerta.
“Sì,
lo è, purtroppo. Kon ha visto ciò che
accadrà, non c'è da
sbagliarsi.”
L'uomo
al suo fianco fece un passo avanti e con un gesto elegante delle mani
fece apparire un piccolo portale di vento, sulla cui superficie
increspata apparvero pian piano delle immagini sempre più
nitide:
il nulla, il nulla nero e vuoto apparve e al centro di esso c'era Isabel, con dei marchi rossi che le solcavano il corpo, avvolta
dalle fiamme; e tutto attorno a lei era distrutto, il fuoco consumava
qualsiasi cosa toccasse, e urla strazianti riempivano l'aria.
“No!
NO! Non sono io! Smettetela!” gridò la vera
Isabel, scuotendo la
testa. Indietreggiò, sconvolta, strizzando gli occhi per non
guardare.
Quando
li riaprì erano di nuovo rossi e una sferzata di energia
colpì Kon,
spezzando la sua concentrazione; il vortice scomparve e così
la sua
immagine del futuro.
“I
tuoi poteri non sono mai stati stabili, Isabel Charmillion. Ma non
hai mai costituito una minaccia, finché non hai incontrato
loro”
intervenne Chikara, indicando verso i cinque mutanti che erano la sua
famiglia.
“Ora
che hai qualcosa da proteggere, ora sei anche una bomba ad
orologeria. Il tuo potere bolle e ribolle, nutrito dal loro affetto,
ma se qualcuno oserà toccarli, se qualcuno di loro
verrà ferito o
ucciso, tu esploderai e non potrai più controllarlo. Farai
del male
a chi ami, cancellerai tutto ciò che ti circonda.”
“No,
no, non è vero, no” ripeteva tra i denti Isabel,
indietreggiando
ancora. Si scontrò con Raphael, che allungò le
braccia per
stringerla. Il suo abbraccio era caldo e rassicurante, ma proprio per
quello la faceva sentire ancora più sporca e instabile.
Quella
sensazione di nulla e orrore che l'aveva riempita quando aveva perso
il senno poteva ancora sentirla sulla pelle. Era intossicante, era
pericolosa.
“Se
non ti allontanerai ora da loro, finirai per ucciderli. Tra meno di
un anno” sentenziò la donna dai freddi occhi
verdi, come un
verdetto di morte.
Allontanarsi
dalla sua famiglia? Lasciarli per sempre per non far loro del male?
“Noi
possiamo insegnarti a controllare quel potere. Dovrai venire via con
noi se non vuoi rischiare di distruggere tutto ciò che hai
di caro.”
La
voce di Chikara scivolò tra loro, ma le parole dette vennero
recepite dopo qualche istante, tra lo sgomento generale.
“Volete
prendere Isabel come discepola?” esclamò Raph,
semi arrabbiato,
stringendola inconsciamente più forte. Non avrebbe permesso
che la
portassero via, mai.
“In
un certo senso. Vogliamo contenere il suo potere, insegnarle a
spegnerlo. Per il bene del mondo intero.”
Sembrò
a tutti un'esagerazione, poi però si ricordarono di essere
al centro
di un'arena dissolta in pochi istanti dalla sua magia, e non poterono
nascondere un brivido giù per la schiena.
“Vengo
anche io” esclamò Raphael, percependo la reticenza
di Isabel nel
prendere una decisione.
Non
voleva andare via, ma nemmeno essere la causa del loro male futuro.
“No,
impossibile. L'allenamento a cui verrà sottoposta
è particolare e
chi non ha poteri non può seguirlo”
negò con vigore Chikara,
decisa.
“Ma
io ho l'Università e aiuto Don a seguirla e-”
“Potrai
continuare a studiare al nostro dojo, ti lasceremo il tempo per
rimanere al passo con gli studi e forniremo a Donatello lo stesso
tipo di supporto che tu gli fornivi. Non sentiranno nemmeno la tua
mancanza.”
“Quando?
E per quanto tempo dovrò allenarmi con voi?”
incalzò Isabel,
sempre più sconfitta ad ogni parola che la donna le
rivolgeva. La
stava schiacciando psicologicamente, ribatteva ad ogni sua negazione
con parole sensate e razionali, e i sensi di colpa e la sensazione di
essere sporca, di avere qualcosa di sbagliato in sé,
crescevano ad
ogni secondo in più.
Eppure
l'idea di andarsene, l'idea di allontanarsi da Raphael era
insostenibile per lei.
“Adesso.
E per qualche mese,
di certo. Padroneggiare gli insegnamenti che ti impartiremo
richiederà dei mesi; quanti, dipenderà tutto dal
tuo impegno e
dalla tua costanza. Meno ti impegnerai, più a lungo starai
con noi”
rispose Kon, secco.
Mesi.
Mesi lontano da Raphael.
Non
voleva lasciarlo. Ignorò chiunque e si voltò
verso di lui, che in
silenzio pensava quanto lei a cosa sarebbe stato meglio fare e cosa
invece voleva il suo cuore.
Isabel
gli gettò le braccia al collo e lo strinse forte.
Le
sue unghie gli perforarono la pelle, si ancorarono alla sua carne con
violenza, con disperazione. Avrebbero dovuto strapparla via da lui
con forza, se volevano riuscirci.
Lei
non lo avrebbe lasciato. Non lo avrebbe abbandonato, nemmeno contro
la sua volontà.
“Non
ti lascio. Non me ne vado. L'ho promesso, te l'ho promesso”
ripeté come una nenia contro il suo collo, il corpo che tremava
sottilmente.
“Lo
so” le sussurrò Raphael, carezzandole la testa.
E
poi, improvvisamente, la scostò da sé e la tenne
lontana, per
quanto lei cercasse di riavvinghiarsi con tutta la sua forza.
Le
circondò il viso con le mani.
“Guardami,
Isabel” chiese con fermezza. Lei smise di combatterlo e
rimase ad
osservare i suoi occhi scuri, che amava, e poggiò le mani
tremanti
sulle sue.
“Lo
so che non mi lasceresti mai. Lo so che non vuoi più
andartene, che
non mi vuoi abbandonare. Lo so. Ma devi andare. E io ti
aspetterò.
Perché so che tornerai” soffiò fuori
fiducioso. Si sporse e le
baciò le labbra morbidamente, un casto bacio a suggellare la
promessa.
La
lacrima sfuggita gli finì sul pollice, luminosa e solitaria,
quando
lei strizzò le palpebre mentre annuiva.
Non
voleva andare via, ma doveva.
Raphael
la tirò verso di sé e la strinse forte, più di prima, più
di quanto consentito, e il battito del suo cuore non era stato
più
impazzito.
“Continuerò
a lavorare sulla nostra casa mentre non ci sei. La troverai
già
pronta quando tornerai” le promise, così
sottilmente che nessuno a
parte lei poteva averlo sentito.
“No,
aspettami. La faremo assieme. Non tarderò molto.”
Staccarsi
da Raphael fu doloroso, ma necessario o avrebbe cambiato idea
all'istante. Si voltò verso gli Shisho, passando con stizza
il dorso
della mano sul viso.
Perché
loro non meritavano di vedere le sue lacrime.
“Verrò
con voi. Ma voglio almeno vedere la premiazione di Raffaello,
prima”
annunciò, decisa.
Gli
occhi verdi di Chikara splendettero di trionfo.
“E
sia” concesse con il sorriso amaro di chi aveva vinto.
Mostrarsi
magnanima verso la sua richiesta era il minimo che potesse concedere.
Isabel
rifiutò le cure dei guaritori del Nexus e lasciò
invece che fosse
Raphael a guarirla con la sua magia, godendosi ognuno dei baci che le
rubò per poi restituirlo sul suo corpo, in un silenzio timoroso e riverenziale. Poi
infilò nuovamente il
Kimono di Tang Shen, ma i capelli rimasero sciolti.
Mano
nella mano si incamminò con Raphael verso il luogo della
premiazione.
Sulla
terrazza c'erano già tutti, e anche il Ninja Tribunal, in
attesa.
C'era un gran silenzio teso, anche lassù, e sguardi cupi che poco
si
addicevano ad una cerimonia di premiazione.
Si
recò verso il sensei e gli altri, mentre Raphael si portava
di
fronte al Daimyo.
Si
sforzò di sorridere, anche se dentro, al pensiero di doverli
lasciare, si sentiva morire. Si voltò per guardare verso il
centro
prima che loro potessero dirle qualcosa, ma sentì le loro
mani
poggiarsi sulle sue spalle e trattenere quelle lacrime che pungevano
gli angoli dei suoi occhi fu sempre più difficile.
“Raphael,
della terza dimensione, Terra, io ti incorono Campione del Battle
Nexus” disse il Daimyo con solennità, appoggiando
sulla sua testa
una corona intrecciata di alloro; il capo della dimensione si sporse
poi verso uno degli uomini del suo seguito, che teneva uno
scintillante trofeo e lo consegnò nelle mani del vincitore.
Raphael
lo sollevò al cielo per mostrarlo alla folla che esultava,
ma il suo
viso esprimeva tutto tranne che gioia.
Il
suo sguardo non si staccò mai da Isabel e lei fece del suo
meglio
per applaudire con intensità e mostrargli un sorriso fiero
per la
sua vittoria.
E
mentre le acclamazioni continuavano, quella voce fredda
risuonò,
spezzando anche il più piccolo frammento di
felicità.
“Dobbiamo
andare” disse Chikara, rivolta verso Isabel. Un portale di
luce si
aprì su quello che pareva un antico palazzo giapponese, per
quel
poco che si poteva vedere da quella piccola finestra dimensionale.
Isabel
guardava Raphael, ma sapeva che la donna si stava rivolgendo a lei. Si
voltò
verso la sua famiglia e li abbracciò uno ad uno, ascoltando
le loro
raccomandazioni sussurrate all'orecchio, i loro “ci
mancherai” e
“torna presto” e “ti vogliamo
bene”. E i loro abbracci erano
culle protettive che non volevano lasciarla andare, che le facevano
già sentire la nostalgia.
“Aspetteremo
il tuo ritorno, figliola” sussurrò Splinter,
stringendola
teneramente. Ormai piangeva senza ritegno tra il suo pelo morbido,
anche se non avrebbe voluto salutarli con le lacrime.
Il
maestro la allontanò da sé e le
asciugò, con un sorriso
affettuoso. Poi la voltò delicatamente, perché si
accorgesse di
Raphael alle sue spalle, con il trofeo ormai abbandonato al suolo
vicino ai suoi piedi.
Era
il momento di salutarlo. Ma salutarlo voleva dire che lo stava
davvero lasciando, che se ne stava andando per davvero.
Le
grandi mani si tesero e afferrarono le sue. Rimasero a guardarsi
negli occhi per interminabili istanti, e gli altri sparirono, tutti
quanti sparirono.
C'erano
solo loro due.
“Avevo
grandi progetti in mente per la fine del torneo, avevo una sorpresa
pronta, qualcosa di spaventoso e grandioso allo stesso tempo”
le
disse, poggiandosi le sue mani sul petto e stringendole forte. Isabel
sentì il suo battito a mille pulsazioni al minuto e qualcosa
di duro
e piccolo nella taschina all'altezza del cuore; ma era troppo
impegnata a perdersi nelle sue parole.
“Ma
possiamo aspettare. Io so che tornerai e tu sai che io sono qua ad
aspettarti. Non preoccuparti di nient'altro.”
Isabel
sorrise, sinceramente. E fu grata che anche lui la stesse salutando
con un sorriso identico.
Si
tese in punta di piedi e lo baciò, il suo campione, la sua
roccia,
il suo punto fermo in una vita che a volte ruotava un po' troppo.
“Tornerò
prima che tu possa anche solo sentire la mia mancanza.”
Lo
lasciò andare, restia, e si diresse a grandi passi verso il
portale
e gli Shisho che l'attendevano lì accanto. Chikara le fece
segno di
entrare per prima e lei infilò una mano nella finestra
interdimensionale.
“Ci
vediamo presto” esclamò, voltandosi un secondo per
rivolgere a
tutti loro un grande sorriso, forzato o meno.
Poi
attraversò il portale, rigidamente, senza più
voltarsi; gli Shisho
la seguirono uno dietro l'altro, senza guardare né salutare
nessuno
di loro. Solo l'Antico, l'ultimo a passare, si girò per un
istante
verso Splinter e gli rivolse uno sguardo di scuse, che però
il ratto
mutante ignorò.
E sparirono, lo stralcio di Giappone scomparve quando il portale si
richiuse su sé stesso, lasciandoli a guardare nel punto dove
era
stato.
Si
era portato via Isabel, se l'erano portata via.
Raphael
sentiva ancora i fischi e le urla della folla festante, e la corona
di alloro gli cingeva la testa a ricordargli che era campione e la
coppa ai suoi piedi scintillava fiera ora che le nuvole scure si
stavano dissipando, lasciando che la luce di quel cielo rosa
filtrasse di nuovo.
Ma
non era felice.
Era
il campione, aveva ai suoi piedi una folla adorante e il rispetto di
centinaia di guerrieri. Ma non era felice.
Note dal torneo (ultime):
Raphael ha vinto il torneo, ma deve salutare Isabel, “requisita” a viva forza dal ninja tribunal. Fin dall'inizio erano loro a tenerla d'occhio.
Il
ninja tribunal è un gruppo di quattro maestri del ninjitsu,
riunitisi in tempi antichi per sconfiggere lo Shredder Tengu, un
demone che è poi l'originale Shredder. All'inizio insieme a
loro
c'era anche l'originale Oroku Saki, il più valoroso del loro
gruppo
di cinque, ma poiché fu corrotto dal potere del demone e ne
divenne
la nuova incarnazione, gli altri quattro dovettero combatterlo e ne
smembrarono il corpo per impedire la sua risurrezione.
Dato
che però un suo risveglio era predetto, presero come
discepoli le
quattro tartarughe e Joi, Adam, Faraji e Tora per allenarli per quel
compito.
Sono chiamati Shisho, un'antica parola giapponese per “maestro” o “insegnante”, che denota rispetto. Sono esseri umani diventati immortali e posseggono poteri inimmaginabili, imparati con secoli di studi e sacrifici. Possono tutti trasformarsi nei loro avatar spirituali, dei draghi.
Chikara
Shisho è l'unica donna del gruppo. Ha i capelli bianchi e
gli occhi
verdi, splendenti. È la maestra ninja della forza,
può volare,
lanciare raggi, ha poteri di telecinesi e controllo sulla natura.
Ha
un carattere un po' rude e diretto e sembra essere il leader del
gruppo. La sua arma è il Kanabo, una enorme mazza ferrata
che lei
muove con facilità.
Hisomi
Shisho è gigantesco e non parla mai. È calvo, con
gli occhi
arancioni, luminosi.
È
il maestro ninja della furtività, proprio perciò
non parla mai,
segue le tre S del ninjitsu della furtività: speed, secrecy
and
silence (velocità, segretezza e silenzio).
Ha
un carattere paziente, ma la sua presenza silenziosa sa anche essere
minacciosa. Le sue armi sono due Tessen.
Kon
Shisho è alto e sottile. Ha i capelli argentati e gli occhi
bianchi,
splendenti.
È
il maestro ninja dello spirito, ha poteri di precognizione e
può
controllare il vento.
Il
suo carattere è tagliente, le poche volte che interviene sa
essere
incisivo. Le sue armi sono due Katana.
Juto
Shisho è alto quanto Kon, ma di corporatura normale. Ha
capelli neri
e gli occhi luminosi blu. Il suo Kimono ha le maniche lunghissime e
svolazzanti.
È
il maestro ninja delle armi. Il
suo carattere non è definito, interviene troppo poco per
delinearlo.
Di certo è coraggioso e risoluto. Le sue armi sono
tantissime, tutte
nascoste nelle maniche del suo Kimono e padroneggia praticamente
qualsiasi arma.
L'Antico (Ancient one) viene accolto nel ninja tribunal alla fine della quinta stagione, quando Shredder Tengu viene di nuovo sconfitto. I membri del tribunal però lo chiamano Il Giovane (Young one).
L'Antico
ha trovato Hamato Yoshi quando quello era un bambino e chiedeva
l'elemosina per le strade, poco dopo la fine della seconda guerra
mondiale. Capita la potenzialità di Yoshi, l'Antico decide
di
prenderlo con sé e insegnargli l'arte del ninjitsu (anche
Yukio
Mashimi, un amico di Yoshi, viene preso, ma solo per l'insistenza di
quest'ultimo).
Tang
Shen era un'altra bambina che lui accolse nella sua casa e della
quale sia Yoshi che Yukio si innamorarono.
Poi,
Tang Shen venne uccisa da Yukio per gelosia e Yukio morì per
mano di
Yoshi in cerca di vendetta; alla fine, perse anche l'ultimo dei suoi
figli adottivi, quando Shredder uccise Yoshi perché sapeva
che era
un guardiano degli Utrom.
Reputa
Splinter e le turtles come la sua famiglia, come un bizzarro nipote e
quattro assurdi pronipoti.
È
un piccolo cinese, coi capelli bianchi e gli occhi castani,
rotondissimo e saggio. A dispetto del suo aspetto è veloce e
molto
forte. Sa essere punzecchiante quando vuole e ha un discutibile senso
dell'umorismo. Adora mangiare.
Ha
più o meno gli stessi poteri degli Shisho, ma è
molto più giovane
di loro, che hanno almeno settecento anni, perciò
avrà tutto il
tempo di eguagliarli. Non si sa il suo avatar spirituale, né
se
possa prenderne la forma.
(Anche Leo, Don, Raph e Mikey possono diventare i loro avatar spirituali, che sono dei draghi; mentre gli altri quattro accoliti possono solo manifestarli in spirito, -un orso, un lupo, un falco e un leone,- ma non ne prendono la forma.)
Ecco
la svolta, un momento decisivo della storia: Isabel deve andare via,
deve imparare a controllare i suoi poteri prima che esplodano e
cancellino tutto. Ce la farà?
La
separazione non è semplice per nessuno, ma Raph si dimostra
più
maturo di come ce lo aspettiamo.
Eh,
di cose da raccontare ce ne sono ancora. Perciò salutate
Isabel e
andiamo avanti, que serà, serà.
Fiu,
vi giuro non vedevo l'ora che il torneo terminasse. Adesso altre
avventure ci attendono e altri misteri.
Mi
inchino di gratitudine, grazie per leggere, seguire, commentare,
preferire.
Un enormissimo abbraccione per tutti. Ma non troppo, c'è caldo!