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Autore: BlueParadise    18/08/2015    1 recensioni
"We can beat them, for ever and ever
Oh we can be Heroes,
just for one day"
Genere: Guerra, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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CAPITOLO 5


    

“5 morti, 11 feriti, 13 scomparsi.”
“Quartiere babbano distrutto nella periferia Londinese, Mangiamorte scatenano il panico.”
“Attacco sventato al Ministero della Magia, il Ministro Wilson non rilascia dichiarazioni.”
“Tempesta violenta distrugge parte di Diangon Alley, si sospetta magia oscura.”

La prima pagina della Gazzetta del Profeta riportava questi quattro titoli e più li rileggevo più non riuscivo a comprendere.
Com’era possibile continuare ad accettare questa situazione? Ad Hogwarts si erano già ritirati tantissimi studenti e molte famiglie di maghi si erano trasferite dall’altra parte dell’emisfero pur di evitare tutto questo. Perché nessuno voleva combattere? Mi sembrava di essere l’unico a pensarlo e ancora non capivo come potessero le persone preferire rinchiudersi in casa piuttosto che affrontare la situazione.
«È scandaloso» fece notare Alice.
Eravamo tutti seduti in Sala Grande a fare colazione, in attesa di iniziare questa seconda settimana di scuola.
«Gli Auror stanno facendo il possibile.»
«Ma dovrebbero fare l’impossibile» mi interruppe Mary sorseggiando il suo tè.
I bisbigli preoccupati in Sala Grande ci accompagnarono per il resto della colazione e anche al tavolo dei professori alleggiava un’atmosfera afflitta. La poltrona riservata a Silente era ancora vuota e ormai lo si vedeva di rado.
«Silente è di nuovo via» notò Padfoot seguendo la direzione del mio sguardo.
Avevamo fatto congetture per tutta la settimana su dove Silente potesse essere andato, ma ovviamente nessuno di noi sapeva nulla.
Gli altri professori sembravano abituati a queste sue assenze, ma alcuni studenti avevano fatto notare che per la scuola non era prudente che Silente lasciasse l’istituto. Si era visto il primo giorno e poi sembrava essere svanito nel nulla.
«Beh, di certo non è in vacanza» si inserì Moony.
La sala stava iniziando a svuotarsi e anche le ragazze si alzarono prendendo le loro borse. Lily come al solito mi ignorò, ma questo non mi impedì di osservarla.
Oggi aveva raccolto i suoi lunghi capelli rossi in una treccia laterale e il suo viso lentigginoso era pallido e teso. Non aveva mangiato nulla e da due giorni si comportava in modo strano. Era molto più silenziosa del solito, raramente l’avevo vista ridere o chiacchierare.
«Ehi Evans, cosa sono questi musi lunghi?»
Al suono dalla mia voce provocatoria alzò il capo lanciandomi uno sguardo irritato. «Non deve interessarti, Potter.»
Le sue non erano state parole dolci e carine, ma ero comunque riuscito ad attirare la sua attenzione.
«Oh, insomma. Sei sempre così scorbutica» borbottai fintamente offeso.
«E tu sei sempre così arrogante da credere che io debba perdere il mio tempo con te.»
Ed eccola lì, la scintilla nei suoi occhi, la scintilla che cercavo.
«Non è per fare il pignolo, Evans, ma tu stai perdendo il tuo tempo con me» sghignazzai.
I suoi occhi si ridussero a due fessure infuriate e mi preparai all’urlo che tra poco sarebbe arrivato, ma non accadde.
Lily fece un lungo sospiro e si alzò dal tavolo, seguendo Mary, Alice e Lene fuori dalla Sala Grande. I Malandrini osservarono la scena confusi tanto quanto lo ero io. Avevo previsto una sfuriata, una minaccia decisamente poco velata su quanto fosse abile negli schiantesimi, o peggio, sull’innata bravura di picchiare alla babbana, e invece era rimasta impassibile. Lily Evans aveva appena perso l’occasione di gridarmi contro epiteti poco carini.
«Questo è strano, molto strano» fece notare Sirius.
Peter annuì scioccato, ma l’unico che non sembrava sorpreso era Remus.
«Volevi che ti parlasse, non è così?» domandò infatti.
Non risposi, ma mi limitai a caricarmi in spalla lo zaino e aspettare che loro facessero lo stesso. Uscimmo dalla Sala Grande in silenzio, con Peter che smangiucchiava ancora il suo muffin e Remus che ripassava per la lezione di Trasfigurazione.
Non era stato esattamente un bel risveglio, con tutte quelle terribili notizie e il tempo nuvoloso di fuori, ma da un po’ di tempo a questa parte, quasi tutte le giornate non erano mai completamente allegre.
«Secondo voi le cose cambieranno?» chiesi ad un tratto.  
Peter smise di smangiucchiare quel povero muffin, Moony alzò il naso dalla sua attenta lettura e Sir mi guardò con una faccia depressa a tal punto da fare invidia al Professor Rüf in persona.
«Ma dobbiamo proprio parlarne?»
«Perché non dovremmo?»
«Perché ci mette ancora più di malumore» rispose Wormtail facendo un piccolo sospiro.
«James, stai diventando sempre più deprimente, sappilo» scherzò Padfoot per alleggerire la tensione.
«Taci, cane.»
«Ma sentitelo! Si sente superiore soltanto perché al posto di un pelo nero come la pece, una coda strafiga e un olfatto niente male, ha un maledetto palco di corna e una sottospecie di pelliccia tutta spelacchiata … bleah!»
«Punto primo, la “pelliccia” come la definisci tu è in realtà un manto lucente. Punto secondo, le mie corna ti hanno salvato quella dannata coda più di una volta. Punto terzo, e questo ricordatelo bene perché è il più importante, io sono molto più figo di te» risposi offeso da tutte quelle calunnie dette sul mio bellissimo Animagus.
«Beh, veramente James tutti amano i cani, di solito i cervi non se li fila nessuno» rise Moony e Sirius si gustò il mio disappunto.
«Non è vero, noi cervi siamo molto più particolari, unici nel nostro genere. Puah, cani!»
Padfoot mi squadrò con aria superiore e io lo imitai.
Quando arrivammo all’aula di Trasfigurazione la McGranitt non c’era ancora, così ci limitammo a sedere ai nostri posti.
Lily e le ragazze erano sedute in prima fila e chiacchieravano tra loro, mentre il resto della classe parlava dei recenti avvenimenti o finiva il tema che avevamo per compito.
I Serpeverde sembravano gioire delle disgrazie altrui e questo non face altro che irritarmi maggiormente. In una giornata come oggi riuscivo a malapena a guardarli, figuriamoci a tollerarli.
La McGranitt entrò finalmente in classe, ma fu la sua espressione a confondermi. Si fermò esattamente davanti a me e mi guardò con un misto di preoccupazione e rassegnazione.
«Potter, il Professor Silente la attende nel suo ufficio. E anche lei Signorina Evans» disse con voce controllata, dopodiché aggiunse in un bisbiglio «La parola d’ordine è Scarafaggi al Grappolo.»
Lily ci raggiunse e nella classe si estese un silenzio carico di tensione, lasciammo l’aula di Trasfigurazione sentendo gli sguardi dei presenti puntati sulla nostra schiena.
«Cosa pensi che voglia Silente?» chiesi, ma gli occhi di Lily erano lontani e pensierosi. Era distratta in modo fin troppo evidente, quasi non da lei.
«Ehm … Evans?» domandai di nuovo.
«Cosa?»
«Ti ho chiesto cosa pensi che voglia Silente.»
«Avrai combinato qualcosa.»
«E allora perché avrebbe convocato anche te?»
A questo non trovò risposta, ma si limitò a fare una smorfia di disapprovazione.
I suoi occhi si muovevano a scatti rapidi e mi sembrava quasi di udire il vorticoso mare di pensieri che si rincorrevano dentro la sua testa.
Io, d’altro canto, non riuscivo a capire quale fosse il motivo di tanta urgenza. Insomma, eravamo Caposcuola, e fin lì nessun problema, ma l’espressione della McGranitt e l’essere convocati da Silente nel bel mezzo di una lezione. C’era qualcosa che non mi tornava e poi era una settimana che Silente non si faceva vedere, ma evidentemente era nel castello se aveva chiesto di vederci.
Senza rendercene nemmeno conto arrivammo davanti ai due Gargoyles e Lily pronunciò la parola d’ordine con estrema tensione.
Avrei voluto rendermi utile e tranquillizzarla, ma mi resi conto che io e lei non avevamo tutta questa confidenza e sarei risultato invadente se avessi provato a confortarla.
Io per Lily Evans ero soltanto uno stupido ragazzino prepotente e viziato, amara verità che non potevo cambiare.
Davanti a noi comparve la scala a chiocciola che portava all’ufficio di Silente. Saltai i gradini due a due, muovendomi con famigliarità tra la mura della torre. Bussai alla porta dell’ufficio e una voce squillante ci esortò ad entrare.
Albus Silente, seduto composto sulla grande poltrona della sua scrivania, ci osservò invitandoci silenziosamente a sederci sulle due grosse poltrone di fronte a lui.
Aveva il viso stanco, teso e solcato da profonde occhiaie che sembravano quasi inadeguate sul volto sempre gioviale.
«Miei cari ragazzi, come vi siete trovati  in queste prime settimane di scuola?»
La domanda mi colse di sorpresa, non mi ero aspettato di iniziare questa conversazione in modo personale.
«Molto bene, Professore. Le lezioni sono molto interessanti» rispose Lily con la sua immancabile gentilezza.
«E tu, James? Ho saputo che tu e i tuoi compagni di avventure avete già dato filo da torcere a quasi tutto il corpo docenti.»
Una scintilla di divertimento guizzò sul volto di Silente, rallegrandolo visibilmente. Mi limitai a rispondere con un ghigno divertito.
Quante volte mi ero ritrovato seduto su questa poltrona, con Sirius accanto a me a spalleggiarmi, quante volte i professori ci avevano spedito qui come se fosse la più cattiva delle punizioni e quante volte io e Padfoot ci eravamo divertiti nell’ascoltare Silente ammettere di essere impressionato dalla nostra grande abilità nel farla sempre franca.
«Sicuramente vi starete chiedendo perché vi ho convocato qui, e, ahimè, avrei di gran lunga preferito non doverlo fare» esordì lasciando che la tristezza conquistasse i suoi lineamenti.
«Abbiamo fatto qualcosa di male?» domandò Lily con voce tremante.
Evidentemente doveva essere stata convocata poche volte dal Preside, visto il visibile terrore che stava provando.
«Oh no, mia cara. Al contrario, sono io a dovervi chiedere un grande sacrificio. Vedete, non è un segreto che la situazione fuori da queste mura stia peggiorando, la Gazzetta del Profeta di questa mattina ne è un chiaro esempio, e purtroppo sono stato così sciocco da lasciare che anche all’interno della nostra scuola si insidiassero rammarico e sfiducia.»
Era l’incarnazione della sofferenza e mi sentii come un bambino di fronte a qualcosa molto più grande di lui, forse non ero pronto.
«Per un Preside è davvero scoraggiante percepire che i propri allievi non si sentono più al sicuro tra queste mura, comprendere che i genitori non lo ritengono più affidabile.»
«Ma Signore, lei è esattamente il motivo per cui questo castello continua ad essere il solo posto più sicuro per tutti noi» rispose Lily con ovvietà.
«La ringrazio molto, Signorina Evans, ed è veramente un onore sapere che lei rimponga così tanta fiducia in me, ma con mio grande dispiacere la maggior parte delle persone è di un altro avviso. Credono che ormai io sia un vecchio, incapace di fronteggiare nel modo adeguato Voldemort e i suoi seguaci e forse hanno ragione, perciò sto chiedendo il vostro aiuto» disse con voce spezzata.
Ormai sentire il nome di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato dalla bocca di Silente non mi faceva più nessun effetto.
«Che cosa dobbiamo fare?» domandai con fermezza.
Volevo essere di aiuto, volevo fare qualcosa di significativo, non rimanere a guardare mentre crollavamo tutti in pezzi. Anche Lily sembrò animarsi e munirsi di quella determinazione che tanto la caratterizzava e con la coda dell’occhio notai i suoi occhi, splendenti di un verde più intenso.
«Vi devo chiedere molto e mi dispiace per questo. Siete Caposcuola, siete leader intelligenti e intraprendenti, possedete una buona dose di popolarità e anche di astuzia. In primo luogo, vorrei che d’ora in poi usaste la vostra carica per assicurare una certa tranquillità tra gli studenti. Aiutate chiunque abbia bisogno di un aiuto e punite chiunque meriti di essere punito, nessuna eccezione.»
Il tono con cui lo disse era fermo, una linea netta e decisa in contrasto con i lineamenti bonari del volto.
«Come seconda cosa, ho preso la decisione di aumentare le ronde all’interno del castello per garantire maggiore protezione. Vedete, mi sento in colpa ragazzi. Ho troppe cose a cui badare e riconosco che accettare un po’ di aiuto non è sinonimo di debolezza» affermò indugiando a lungo sui nostri visi.
«Saranno ronde segrete, non potrete rivelare a nessuno, nemmeno a vostri più cari amici, ciò che state facendo. Le svolgerete dalle undici di sera, appena dopo la ronda dei Prefetti e farete attenzione a non farvi vedere nemmeno da loro. Controllerete tutto il castello e se vedrete o sentirete qualcosa di sospetto, sarete autorizzati ad intervenire.»
«Ma Professore, tutta la settimana?» chiese Lily un po’ preoccupata.
Capivo la sua preoccupazione, significava che in pratica avremmo dovuto mentire ai nostri amici, trovare una scusa plausibile per giustificare le nostre assenze e per tutta la settimana andare a dormire a chissà quale ora. Tutto questo sommato all’enorme quantità di studio e impegni che entrambi avevamo. Era praticamente un suicidio.
«Oh no, Signorina Evans. Capisco che per voi diventerebbe ingestibile. Vi impegnerò solamente due giorni: il martedì e il giovedì. Mi sono preso la libertà di controllare i vostri orari e ho notato che entrambi il mercoledì e il venerdì mattina avete un’ora libera, il che significa un’ora in più per riposare » ci spiegò con pazienza.
«E il resto dei giorni?» domandai confuso.
«Ci penseranno gli insegnanti e in più una squadra di esperti Auror sorveglia costantemente la scuola.»
Rimaneva ancora un problema, un enorme problema. Come Merlino avrei fatto a mentire a Sir, Remus e Peter?
«Signore, è praticamente impossibile trovare una scusa che regga le nostre assenze, alle undici di notte poi» provai a dire, cercando di nascondere lo scetticismo dalle mie parole.
«Lo so e ho già provveduto a risolvere anche questo particolare. Potrete dire che dovete farmi rapporto, dato che siete Caposcuola non credo che nessuno si insospettirà più di tanto, e se dovessero insistere sull’ora insolita risponderete che ultimamente ho troppe cose da fare e posso ricevervi solo a quel determinato orario. La cosa vitale è che l’informazione di queste ronde non cada nelle mani sbagliate, potrebbe diventare pericoloso» terminò lasciandoci intendere un sacco di cose.
In quell’esatto istante capii che Silente sapeva di certe tendenze all’interno del castello, sapeva dei Serpeverde, capii che sapeva tutto.
Mi chiesi se fosse a conoscenza anche degli enormi problemi tra me e Piton o tra Padfoot e suo fratello, ma non aveva importanza, non in questo momento perlomeno.
«Faremo attenzione, non si preoccupi» rispose Lily con tono cordiale e gentile.
Lei aveva sempre la risposta pronta, non doveva combattere contro se stessa per cercare di migliorare.
«Quindi mi aiuterete?»
«Ma certo.»
Silente sorrise, non un vero sorriso, ma qualcosa che ci si avvicinava. Si capiva che era demoralizzato, ma si stava sforzando di non lasciare trapelare troppo.
«Bene, grazie ragazzi. Incomincerete domani sera, vi farò sapere per il prossimo incontro» ci congedò alzandosi dalla scrivania e accompagnandoci alla porta.
Mi ritrovai davanti ai gargoyles senza neanche rendermi conto di essere sceso dalla torre e, alzato gli occhi, mi accorsi che Lily mi fissava pensierosa.
«Questo complica le cose» disse radiografandomi da capo a piedi.
«Quali cose?»
«Andiamo, Potter … noi due costretti a passare del tempo insieme, non sono neanche sicura che sia legale.»
«Già, sarai obbligata a sopportarmi Evans» risposi alla sua provocazione.
«Dovremo mentire, la cosa non mi piace più di tanto, ma voglio essere d’aiuto.»
Non piaceva neppure a me dover mentire, ma l’avrei fatto dato che si trattava di poter fare la differenza.
«Lo so, neanche a me fa piacere» dissi cercando di apparire sicuro, molto più di quello che ero in realtà. «Ma lo farò, se questo significa poter fare qualcosa di utile.»
«Mi sembra veramente strano sentirti parlare come una persona …»
«Responsabile? Matura? Degna di fiducia?» la interruppi, forse con troppa enfasi.
«No, stavo per dire normale. Come una persona normale, Potter.»
Ah.
«Quindi per domani sera io direi di incontrarci nel corridoio a destra accanto alla Signora Grassa» continuò.
«Sì, di solito alle undici di sera c’è ancora qualcuno in Sala Comune, dovremo fare attenzione a non farci notare» assentii, ma appena finii la vidi trasalire.
Sbatté più volte gli occhi, come risvegliandosi da un sogno e a giudicare dalla sua espressione, un brutto sogno.
«Se ci vedono … noi saremo insieme e penseranno che … Insomma, a tarda sera … Saremo insieme» balbettò lasciando queste pochi frasi sconnesse a galleggiare nell’aria attorno a noi.
E poi lo capii, capii la sua preoccupazione.
Aveva paura di quello che avrebbero potuto pensare le persone se ci avessero visto insieme.
Giusto, per lei io ero una vergogna e farsi vedere con me sarebbe stato un peso.
Fu come un giramento, una cascata di vertigini mi esplose in testa e dovetti appoggiarmi con una mano al muro per sostenermi.
«Ehm … Va tutto bene?» mi chiese riprendendosi dalla momentanea paralisi. «Davvero, Potter. Sei leggermente pallido.»
Mi schiarii la gola. «Sì, va tutto bene. Non ti preoccupare, nessuno crederà mai a una possibile … Insomma, nessuno penserà mai che noi due …»
Pronunciare anche solo quelle dannate parole comportava un sacco di sensazioni che in una situazione normale non avrei dovuto provare.
«Sì, lo credo anche io, nessuno penserà mai che tra di noi possa esserci di più di una semplice collaborazione tra … colleghi» asserì lentamente.
Quindi era questo che eravamo: colleghi. Non amici, non persone che si conoscevano da sette anni. No, eravamo niente di più di due estranei che si erano ritrovati a dover collaborare.
«Sai per caso che ore sono? Giusto per sapere se andare direttamente a Erbologia o ritornare dalla McGranitt» chiesi per cambiare argomento.
Volevo andarmene, sembrava stupido, ma avevo bisogno di allontanarmi un po’ dalle parole che avevamo appena detto.
«Sì, sono le dieci meno cinque. Andiamo direttamente alle serre?»
«Io faccio una deviazione, ci vediamo là?» risposi disinvolto.
«Fa’ quello che ti pare, Potter. Ci vediamo dopo.»
Scomparve subito dopo, con lo zaino in spalla e il passo sicuro.
Era bella, Godric se lo era, così bella che nemmeno se ne rendeva conto.
Lily Evans era una persona meravigliosa, una ragazza dalle mille sfumature, vera e autentica. Brillante, intelligente, sensibile, forse una delle streghe migliori della sua età. Lily Evans era il viso sempre impresso nella mia mente, le iridi verdi che cercavo nei corridoi, i capelli scarlatti che inseguivo instancabilmente dal mattino alla sera, la voce che speravo di poter ascoltare. Lily Evans era una persona estremamente complicata, ma era anche per questo che mi piaceva tanto. Era testarda, orgogliosa, irascibile e irritabile, specialmente quando si trattava di me, ma amava e comprendeva cose che per la maggior parte delle persone erano inafferrabili, amava e comprendeva il mondo attorno a sé come solo lei sapeva fare, immancabilmente gentile e appassionata. Lily Evans era stata in grado di farmi capire di voler essere me stesso, semplicemente e solamente James, nulla di più e nulla di meno, per lei. Lily Evans era la ragazza che speravo potesse rendersi conto che James Potter, il James Potter che lei aveva cambiato, desiderava solamente starle accanto.
Sentii la campanella squillare in lontananza, avevo continuato a camminare fino a ritrovarmi all’esterno del castello, vicino alle serre.
Mi acquattai per non farmi notare dagli studenti che incominciavano a dirigersi verso il castello. Questa giornata aveva portato almeno una nota positiva, d’ora in poi avrei passato due sere a settimana con Lily, solo io e lei, e se riuscivo a giocarmelo bene, questo era un bel vantaggio nella partita nella quale stavo impegnando tutto me stesso. Lily avrebbe finalmente visto il mio cambiamento. Sì, forse qualche speranza potevo ancora avercela, dovevo solamente dimostrarle chi fossi veramente.

****

Il Professor Rüf  era, se possibile, l’uomo più noioso sulla faccia della terra, ma per quei pochi di noi che dopo il quinto anno avevano voluto continuare le sue lezioni era una sofferenza necessaria.
Dovevo ammetterlo, Storia della Magia mi piaceva. O meglio, quando la campanella suonava ti sentivi la persona più infelice a questo mondo, dopo Rüf ovviamente, ma sapere come finì la terza guerra dei Folletti o quante vittime fece la commercializzazione di unicorni nel diciassettesimo secolo ti faceva sentire decisamente più colta.
Franky, accanto a me, prendeva appunti con una mano pigramente appoggiata alla guancia e un banco più avanti, Lily e Remus bisbigliavano tra loro.
Lily da due giorni si comportava in modo strano, era silenziosa e sempre sulle nuvole. Mary aveva provato a parlarle, ma a quanto pare, secondo Lily, non c’era nulla di cui parlare. Avevo cercato anche io di capire cosa non andasse, ma le sue risposte erano state vaghe e appena avevo tentato di scendere nel dettaglio lei si era chiusa in se stessa.
Era ovvio, però, che qualcosa fosse successo.
La conoscevo bene e sapevo che l’atteggiamento sulla difensiva era soltanto l’anticamera dell’esplosione. Quando Lily Evans esplodeva non era un piccola bomba a mano, era più l’eruzione di un potente vulcano. C’era prima il grande scoppio e poi la lava che lentamente colava e ricopriva ogni cosa, vivente o non vivente, che incrociasse il suo cammino.
L’esplosione, secondo i miei calcoli, non sarebbe arrivata subito, ma era ovvio che prima o poi sarebbe arrivata. Non sapevo cosa fosse successo sabato, perché era da sabato che Lily si comportava in modo inusuale, ma sapevo che aveva la cattiva abitudine di tenersi tutto dentro senza sfogarsi mai.
Eravamo in guerra, mio malgrado, e Lily era una NataBabbana; questo comportava un bel po’ di problemi, primo fra tutti e il fatto che i suoi genitori avrebbero potuto essere coinvolti in qualcosa che aveva cercato di evitare a tutti i costi, sacrificando il suo affetto pur di tenerli al sicuro. La carica da Caposcuola era un peso recente, un peso sicuramente non facile da reggere, e in più ovviamente tutti gli impegni che questa comportava.
Lily era così drastica certe volte che proprio non riuscivo a capirla. Per lei c’era il problema e la soluzione al problema, o tutto bianco o tutto nero, quando poi, in verità, si immergeva totalmente in tutte le sfumature esistenti, solamente che questo non amava estraniarlo.
Delle volte mi arrabbiavo persino con lei, ma soltanto perché le volevo talmente tanto bene da non sopportare quando non fosse felice. E Lily, per uno stupido scherzo cosmico, era portata all’infelicità. Quindi era ovvio che io, Alice Uragano Prewett, volessi aiutarla.
«Alice?» mi chiamò Frank.
Era in piedi davanti al mio banco e notai che in classe erano rimasti solo lui, Remus e Lils.
«Andiamo Prewett, ti sei annoiata così tanto?» continuò Frank sorridendomi, così gli feci la linguaccia e uscii dalla classe senza aspettarlo.
Ovviamente mi raggiunse subito, e dopo avermi dato un veloce bacio sulla guancia, mi prese la mano.
Lily mi affiancò e guardò Frank con un sopracciglio alzato. «Spero per il tuo bene, Paciock, che ci passerai i tuoi dettagliati appunti.»
«Giusto, non vorremmo che per caso succedesse qualcosa di spiacevole alla tua ragazza, sai …» le diede man forte Remus facendomi l’occhiolino.
«Eh va bene, per la sicurezza della luce dei miei occhi» e a questo commento Lily alzò gli occhi al cielo, «vi farò avere i miei preziosissimi appunti.»
«Bravo Frank, hai fatto la scelto giusta» disse Rem annuendo con aria superiore.
«Siete due ignobili! Solo per degli stupidi appunti, mi sento personalmente offesa» dichiarai esibendo la faccia più arrabbiata che potessi fare.
«Oh, andiamo! Devo ricordarti che tu stessa settimana scorsa mi hai minacciato di scogliere la nostra amicizia per sempre se non ti avessi passato gli appunti di Aritmanzia?» mi prese in giro Lily ridendo della mia espressione. Oh, giusto.
«Bene, Franky amore mio, passerai gli appunti a tutti» affermai facendo gli occhioni dolci e Remus scoppiò a ridere.
I corridoi erano gremiti di studenti che si apprestavano a raggiungere la Sala Grande per il pranzo. Come al solito vedemmo i Serpeverde viaggiare a gruppetti e mi venne voglia di prenderli tutti a schiaffi, dopo averli immersi nell’acido muriatico, ovviamente, e magari prima averli fatti investire più volte dal Nottetempo.
Quando arrivammo in Sala Grande scorsi subito Marlene e Mary sedute accanto ai tre Malandrini. Presi posto di fianco a Frank e Lily si sedette di fronte a noi, accanto a Mary.
Mi servii subito una porzione di roast beef e insalata. Notai, però, che il piatto di Lily era ancora vuoto. Non andava per niente bene, così lanciai un’occhiata eloquente a Mary che subito dopo toccò il braccio di Marlene.
Fu così che vidi Remus prendere velocemente il piatto di Lily, senza darle il tempo di protestare, e servirle un’abbondante porzione di insalata.
Quando lei fece per ribattere, Rem fu più veloce. «Ne abbiamo appena parlato, qualcosa devi mangiare, quindi smettila di fare versi e mangia.»
Lei lo fulminò con lo sguardo, ma lui fece spallucce e sorrise di fronte alle nostre espressioni di pura gratitudine.
Lily era testarda, ma sapevo che ascoltava sempre i consigli di Remus, per cui non mi sorpresi quando iniziò a mangiare in assoluto silenzio.
Intravidi poi la McGranitt avvicinarsi al nostro tavolo con in mano una lunga pergamena.
«Potter, spero che tu abbia chiesto l’argomentazione della lazione di oggi, perché per mercoledì esigo che tu sappia esattamente tutto quello che ho spiegato.»
«Sì, Professoressa» rispose James con un sorriso impeccabile.
«Bene, Potter. Questo è l’elenco degli iscritti per la selezione di Quidditch di sabato, ti avviso che voglio vedere anche quest’anno quella meravigliosa coppa appoggiata alla mensola nel mio ufficio, per cui sarò chiara: metti su una bella squadra perché il Professor Lumacorno ha scommesso che sarà Serpeverde a vincere. Cosa che non dovrà succedere o mi accerterò personalmente che tu abbia un’adeguata punizione, qualcosa di lento e doloroso, possibilmente.»
James deglutì e balbettò qualcosa che non si capì molto bene, mentre la McGranitt lasciò la pergamena sul tavolo e poi si diresse a passo spedito verso il tavolo dei professori.
«Merlino, quella donna mi ucciderà se dovessimo perdere.»
«Non perderemo James … beh, sempre che tu mi rivoglia nella squadra» lo consolò Mary.
«Ma ovvio che ti rivoglio nella squadra! L’anno scorso sei stata eccezionale!» rispose con enfasi. «Dobbiamo soltanto cercare un battitore e il terzo cacciatore. E non sarà facile.»
Continuammo a mangiare ascoltando tutti i discorsi di James sulle strategie che lui e Sirius avevano pensato durante l’estate, ma in tutto il pranzo non udii una sola, singola parola pronunciata da Lily, niente di niente. Aveva finito la sua insalata e giocava svogliatamente con la forchetta.
Lils non era una grande tifosa di Quidditch, pensai che fosse perché l’aveva collegato inconsciamente a James Potter, ma di solito si interessava più che altro perché era molto competitiva e adorava vincere, di qualunque cosa si trattasse.
Dovevamo fare qualcosa, non si poteva continuare così.
Franky mi prese la mano e giocherellò con le mie dita mentre parlava con Remus della traduzione di Antiche Rune che avevamo per domani.
Fu solo per puro caso che vidi quel cretino di Piton passare accanto al nostro tavolo.
Non guardò minimamente nessuno di noi, ma lasciò cadere un bigliettino minuscolo che atterrò sulla gonna di Lily. La osservai attentamente, notai come si accorse del biglietto e di come guardò Piton, fu tutto molto veloce.
Feci finta di niente quando lei si guardò intorno per controllare se qualcuno avesse visto e poi adocchiai mentre lentamente apriva il biglietto sotto il tavolo.
La sua espressione fu come una doccia gelata. Strinse i denti e chiuse gli occhi facendo un lungo respiro, poi, sempre senza farsi notare, incenerì il bigliettino che divenne un mucchietto di cenere sotto al tavolo. Lo fece sparire come una macchia indesiderata su una maglietta bianca. Tutto mi divenne più chiaro.
Mi accorsi che i suoi occhi erano lucidi e si era fatta completamente pallida. Nessuno degli altri aveva notato nulla, o almeno così sperai, così lasciai la mano di Frank e la seguii quando la vidi alzarsi dal tavolo e uscire dalla Sala Grande.
Probabilmente non si accorse di essere seguita perché continuò imperterrita lungo i corridoi deserti del pian terreno.
Mi acquattai al muro quando si fermò e senza farmi vedere guardai cosa diavolo stesse succedendo; volevo delle risposte e le volevo ora.
Piton era accanto a lei, ma a debita distanza e Lily si contorceva nervosamente le mani.
«Ti avevo detto chiaramente di lasciarmi stare.»
«Ma sei venuta» sottolineò lui facendo qualche passo verso di lei.
La vidi irrigidirsi e d’istinto la imitai. Ero pronta ad intervenire nel caso le cose si fossero messe male.
«Non ti avvicinare. Sono venuta soltanto per dirti che non mi interessa quello che hai da dirmi» disse con voce incredibilmente ferma.
«Ma Lily …»
«Evans! Devi chiamarmi Evans! Io per te non sono più Lily!» esplose stringendo le mani a pugno.
«Mi rifiuto di chiamarti Evans, io non sono quell’idiota di Potter!»
«E adesso lui cosa c’entra? Devi sempre tirarlo in mezzo, vero?»
«Questa mattina siete usciti insieme da Trasfigurazione, dove siete andati? È uno sciocco Lily, non devi farti ingannare» la aggredì lui afferrandole il polso.
Vidi Lils scattare indietro e allontanarsi velocemente di qualche passo.
«Devi starmi lontano! E lascia in pace Potter, lui non c’entra niente. Sabato mi sembrava di essere stata chiara, tu non hai più nessun diritto di parlarmi.»
Sabato! Quindi era Piton il motivo per cui Lily stava così male, era colpa sua. Avrei voluto andare là e riempirlo di schiaffi, ma mi trattenni e rimasi dov’ero.
«Ho fatto un errore, non avrei voluto farti del male. Questa mattina ho visto che ti è rimasto il segno della mia stretta, mi dispiace moltissimo» sussurrò lui.
Quindi era stato lui a lasciare quel segno viola sul polso di Lily, quando gliel’avevamo chiesto lei aveva risposto che aveva battuto il braccio da qualche parte. Aveva anche mentito per coprire quel bastardo!
«Non mi interessano le tue scuse, Piton. Non cercarmi più.»
«Ma io …»
«Basta, non voglio sentirti.»
«Ti prego, ho bisogno di parlarti» ribadì guardandola.
«Vattene! Va’ via!» urlò Lily munita di una nuova forza.
«Lily non urlare, ci sentiranno!»
«Vattene! Non voglio più vederti!» gridò con tutte le sue forze, scoppiando in lacrime e spingendolo lontano da lei.
Vidi Piton guardarla stupito e poi allontanarsi lentamente, spaventato da quell’ira del tutto giustificata.
Lily crollò sul pavimento stremata e con il viso completamente bagnato di lacrime. Decisi così di uscire dal mio nascondiglio e mi avvicinai pronta alla sua sfuriata, ma non accadde.
Lasciò che mi sedessi accanto a lei, appoggiando la testa sulla mia spalla. L’avvolsi accarezzandole i capelli e cercando di tranquillizzarla.
«Lils, va tutto bene. Ci sono io, tranquilla» sussurrai stringendola maggiormente.
Si lasciò stringere e fu uno di quei pochi momenti in cui la vidi davvero vulnerabile.
Quello che Piton le aveva fatto in tutti questi anni, quello era il suo punto debole.
Si riprese dopo qualche attimo, appoggiando la testa sul muro dietro di noi.
«Sono una stupida» sussurrò con voce spezzata.
«No che non lo sei. Lo so perché continui a seguirlo nonostante tutto quello che lui ti ha fatto» dissi con estrema lentezza, monitorando la sua espressione.
Stavo cercando di essere il più delicata possibile, Lily in questo momento era sull’orlo del precipizio e una mia parola sbagliata avrebbe potuto rovinare tutto.
«Tu speri di poterlo cambiare, speri che nel nome della vostra amicizia, di quello che avete condiviso insieme, lui possa essere come vorresti che fosse» continuai e lei mi guardò sorpresa.
«Pensavi che non me ne fossi accorta? Anche se non mi dici nulla, io le cose le vedo lo stesso.»
«Io pensavo … non volevo caricarti con i miei problemi» balbettò.
«È per questo che in questi due giorni ti sei chiusa in te stessa? Credevi che noi non volessimo fare parte della tua vita? Lils, questi problemi fanno parte di te ed escludendoci ci neghi la possibilità di aiutarti» spiegai sperando che capisse.
«Sì, lo so. È solo che continuo a rimandare, continuo a rimandare il momento in cui ci diremo apertamente di essere su due fronti opposti … e ho paura per quando succederà.»
«Perché?» domandai soltanto.
Ci stavamo arrivando, stavamo arrivando al nocciolo della questione.
«Ci abbiamo sempre girato intorno, con mezze frasi e verità dettate dalla rabbia, ma lui non mi ha mai detto chiaramente di essere dalla parte opposta alla mia, non ha mai detto di essere un suo seguace, anche se lo so benissimo. Ho paura perché quando arriverà quel momento, non potrò più fare niente. Lo perderò per sempre» sospirò come facendo fuoriuscire tutto quello che si era trattenuta dentro.
E stava meglio, molto meglio.
«È a questo che pensavi, quindi. Tu non vuoi perderlo …»
«Io non voglio perdere il Severus che mi ha fatto scoprire chi sono, il mio migliore amico. Il viscido Serpeverde che è ora è niente di più di un estraneo. Non voglio perdere il Severus che rimaneva con me per ore sotto la pioggia a parlare e a ridere, però lo so Alice, che i miei sono più solo ricordi. So bene che entrambi siamo cresciuti e lui è cambiato» disse con un’eco di rammarico nella voce.
Mi dispiaceva troppo vederla soffrire, era la mia migliore amica, non volevo vederla stare male.
«Lily, purtroppo non si può cambiare il passato. Ma capisco, capisco perché tu stia così male. Vedere una persona che per te è stata molto importante diventare giorno dopo giorno un nemico, immagino sia devastante» bisbigliai nel silenzio generale.
«La verità è che fa schifo, Alice. Fa schifo perché io ho dovuto lasciare i miei genitori per quello che lui chiama “Signore”, perché persone muoiono tutti i giorni e lui ha preferito appoggiare il male anziché combatterlo. Siamo troppo diversi e sono stata una stupida a non accorgermene prima.»
Gli occhi le si fecero di nuovo lucidi, ma si asciugò immediatamente le lacrime. Erano spenti e aveva uno sguardo vuoto, completamente distrutto. Ma sarebbe stata meglio, ne ero sicura.
«Vedi Lily, ti ricordi quel giorno al secondo anno quando ti chiesi perché eri amica di un Serpeverde?»
«Sì, tu eri stata molto più intelligente di me, avevi già capito come sarebbe andata a finire la nostra malsana amicizia» rispose con un sospiro.
«Sì, è vero, ma mi sorprese molto la tua risposta. Mi dicesti che lui era molto importante per te e che non te ne importava niente se era un Serpeverde. Non avresti permesso a stupidi pregiudizi di rovinare quello che per te era un bel rapporto» cercai di spiegare. «Sì, sapevo che lui ti avrebbe fatto del male, ma tu eri decisamente migliore di me. Io già allora non riuscivo a fidarmi di lui, non lo sopportavo soltanto perché era un Serpeverde. Tu invece non ti sei mai lasciata corrompere dai nostri pregiudizi.»
«Se lo avessi fatto, forse sarebbe stato meglio» si lamentò e provai un po’ compassione per lei. Lily cercava sempre di dare il meglio di sé ed era stata in grado di vedere del buono anche in Piton, anche nella casa avversaria per eccellenza alla sua.
«Non saresti riuscita, tu sei buona per natura, Lils. Ricordo bene la battaglia che hai portato avanti per anni, ripetevi a chiunque che i Serpeverde dovevano essere rispettati come qualunque altra casa e ti arrabbiavi tantissimo quando questo non accadeva. Non ti capivo, ma ora sono crescita e ho capito. Non tutti i buoni sono buoni e non tutti i cattivi sono cattivi, ognuno merita di essere trattato in base alle sue scelte e al suo comportamento.»
«Sì, ma ora mi rendo conto di aver sbagliato tutto. Li difendevo tanto, ma guarda quello che Piton ha fatto a me, guarda quello che Mulciber ha fatto a Mary. Sono stata stupida a credere che le cose potessero essere diverse» tentò di spiegare passandosi una mano sugli occhi per asciugare le lacrime.
«Secondo me, Lils, non hai nulla di cui rimproverarti. Il Severus che era il tuo migliore amico, così come l’hai descritto tu, era tra le persone da difendere dai vari pregiudizi. Il Piton che conosci adesso è soltanto uno di quelli da incolpare se esistono questi pregiudizi» dissi. «Per cui tu non hai fatto nulla di male. Hai saputo vedere del bene in lui quando effettivamente del bene c’era e ora vedi del male per lo stesso motivo per cui prima vedevi del bene.»
Mi guardò con un piccolo sorriso che lentamente prese forma sul viso distrutto dal pianto e si alzò trascinandomi con lei. Mi abbracciò di slancio, stringendomi forte.
Sapevo che era il suo modo per dirmi grazie e finalmente mi sentii utile a qualcosa. Lily era una persona forte ma allo stesso tempo fragile, la “questione Piton”, come la definiva sempre Mary, era una parte troppo dolorosa in lei e probabilmente non sarebbe mai passata del tutto.
«Grazie, Alice. Avevi ragione, avevo bisogno di sfogarmi un po’. Solo … non dire nulla a Lene e Mary, voglio dirglielo io, voglio spiegare perché mi sono comportata in modo strano questi due giorni.»
«Tranquilla, quando vorrai dirglielo io sarò lì con te» promisi stringendo una sua mano tra le mie. «E ora fatti dare una sistemata che in questo modo sembri appena tornata dalla seconda guerra dei Troll!»
Presi in mano la bacchetta e con il solito incantesimo che usavo sempre feci sparire il rossore agli occhi e il viso bagnato. Aveva comunque un pessimo aspetto, ma era sempre meglio di niente.
Si rifece poi velocemente la treccia, che tra il pianto e gli abbracci era diventata una sorta di ingarbuglio indefinito di capelli, e poi si lisciò la divisa per avere un aspetto più ordinato.
«Pronta?» domandai sorridendole con incoraggiamento.
«Sì, andiamo» rispose soltanto, ma il suo tono era fermo e sul suo viso non vi era più neanche l’ombra dello smarrimento precedente.
Era caduta e si era rialzata senza problemi. E mentre camminavamo verso l’aula di Pozioni, mi resi conto di come le spalle di Lily rimanessero fieramente dritte nonostante l’enorme peso che era costretta a portare ogni giorno, esibendo la sua fierezza con spontaneità.
Sì, ognuno di noi viveva con una parte ancora aggrappata al passato, ma l’avremmo aiutata a rialzarsi sempre, ogni volta dopo una caduta.

Abbiamo tutti un pezzettino di passato che va in rovina o che viene venduto pezzo per pezzo. Solo che per la maggior parte delle persone non è un giardino; è il modo in cui pensavamo a qualcosa o qualcuno.
Amor Towles
  
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