Storie originali > Giallo
Segui la storia  |       
Autore: BlackHawk    18/08/2015    2 recensioni
-Non è il posto che fa per te- disse una voce alle sue spalle. Si voltò sorpresa verso l’uomo che le aveva servito da bere, il cui nome le sembrava di aver capito fosse Jet.
-E chi lo dice?- chiese Emma, inarcando un sopracciglio.
-Ti do un consiglio Emma. Finisci la tua birra e vattene da qui.- disse Jet, appoggiandosi al ripiano del lavandino alle sue spalle.
Era a braccia conserte e la fissava intensamente, come a volerle leggere dentro.
-Ho bisogno di un lavoro. Non è facile trovarne uno di questi giorni.- disse Emma, sorpresa che lui avesse sentito la sua conversazione con Kian e l’avesse chiamata per nome.
-Chi è Karen?- chiese lui, dopo un po’.
Emma prese un sorso di birra, sperando che scacciasse il nodo in gola che le si era formato. -Era la mia migliore amica. Lavorava qui. È stata assassinata due anni fa, ma non hanno trovato il colpevole.- rispose Emma, incapace di mascherare la rabbia.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Martedì mattina Emma si ricordò di chiamare il padre, la cui chiamata aveva deliberatamente ignorato mentre era a Mosca.
Suo padre rispose al secondo squillo con il suo solito tono allegro.
-Pronto?-
-Papà! Sono io.-
-Emma! Come stai tesoro? Avevo provato a chiamarti due o tre giorni fa, non ricordo, ma non hai risposto.-
-Scusa papà, ma ero impegnata e poi mi sono completamente dimenticata di richiamarti. Comunque tutto bene tu e la mamma?–
-Figurati! Noi tutto bene… La mamma è impegnata con i preparativi del matrimonio di Nat. Sta dando il tormento a Serena, povera ragazza!-
Emma sospirò. Era riuscita ad accantonare per qualche giorno il pensiero che suo fratello si sposasse, ma adesso suo padre glielo aveva inevitabilmente riportato alla memoria.
-Senti papà… -iniziò a dire Emma, incerta- non credi che Nat sia avventato? Voglio dire la conosce da coì poco…-
Suo padre rise. –Non sempre servono mesi per innamorarsi di una persona.-
Emma non poteva negarlo. Si era innamorata di Jet in un paio di settimane, ma credeva comunque che il matrimonio richiedesse maggiore tempo.
-Sì, lo so papà. Però…-
-Non vedo tuo fratello così felice da moltissimo tempo. Per me è sufficiente questo Emma.- la interruppe suo padre, cercando di rassicurarla.
-Beh, l’ho conosciuta. Non metto in dubbio che sia una brava ragazza, ma spero che entrambi abbiano riflettuto attentamente prima di prendere una decisione così importante.-
-Non ti preoccupare Emma. Andrà tutto bene. Adesso ti devo lasciare perché tua madre richiede la mia presenza per scegliere i tovaglioli. Dovrò spiegarle per l’ennesima volta che non è lei a sposarsi- scherzò suo padre.
Emma scoppiò a ridere. Sua madre tendeva a diventare un po’ invadente in alcune circostanze.
–Tranquillo papà. Allora ci sentiamo presto. Salutami mamma.-
-Certo tesoro. Ti voglio bene.-
-Anche io papà.-
Emma chiuse la telefonata e controllò che ore fossero. Erano le dieci e lei non aveva nulla da fare tutto il giorno.
La sera precedente non se l’era sentita di affrontare Jet. Aveva avvertito Kian dicendo che non si sarebbe presentata perché era stanca, ma quella sera sarebbe andata al Serendipity. Non poteva evitarlo per sempre.
Non aveva idea di quello che sarebbe successo. Jet l’avrebbe ignorata? Oppure le avrebbe detto che l’amava anche lui e che il giorno prima era stato troppo duro con se stesso?
Emma lo amava, ma non poteva combattere anche contro di lui. Karen le avrebbe detto di lottare, ma lei non era come la sua migliore amica.
Credeva che l’amore fosse un sentimento naturale che non poteva essere forzato e quindi avrebbe rispettato la decisione di Jet, giusta o sbagliata che fosse.
Mentre passava davanti alla camera di Karen per raggiungere il salone le tornò in mente la conversazione con James.
Le aveva spiegato il motivo per cui aveva discusso con Karen e le aveva detto che la sua migliore amica si stava vedendo con qualcuno. Con chi?
Decise di tornare nella camera della sua migliore amica e di cercare tra le sue cose. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto inscatolare tutto quello che era appartenuto a Karen, ma in quei due anni non aveva mai trovato il coraggio di farlo. Se avesse tolto le sue cose la sua morte sarebbe diventata ancora più reale ed Emma non era ancora pronta ad affrontare la consapevolezza che Karen non sarebbe mai più tornata.
Molte cose erano state sequestrate dalla polizia come mezzi di prova. Telefono, portafogli, computer e tutto ciò che poteva essere analizzato, però Emma sperava di trovare qualcosa comunque.
Aprì l’armadio e frugò tra i vestiti, ma non emerse nulla di rilevante. Aprì il cassetto della scrivania e quelli del comodino accanto al letto, ma anche quella fu una ricerca infruttuosa.
Il senso di delusione fu forte, ma Emma sapeva che la polizia aveva già eseguito numerosi rilievi e che quindi tutto ciò che avesse potuto aiutare a risolvere il caso era già stato portato via.
Con chi ti stavi vedendo Kar?, si chiese Emma guardandosi intorno.
Decise di andare dal detective Keller. La polizia era a conoscenza della relazione tra Karen e l’uomo di cui Emma non sapeva nulla?
Decise di scoprirlo.
***
Il detective Keller era un uomo di cinquanta anni, con vivaci occhi verdi e radi capelli biondi.
Non appena vide Emma le sorrise. Emma lo avrebbe preso a schiaffi invece. In due anni non era stato in grado di identificare l’assassino di Karen. Non era compito della polizia risolvere i casi?
-Emma come posso aiutarti?-le chiese il detective, dopo averla fatta accomodare su una sedia di fronte alla sua scrivania.
-Sapeva che Karen si stava vedendo con qualcuno?- chiese Emma, senza giri di parola.
Vide il detective trasalire. La sua reazione significava che lo sapeva?
-Ecco…- iniziò a dire a disagio- siamo venuti a conoscenza di questo dettaglio troppo tardi. Il comandante aveva già deciso di archiviare il caso e…-
Emma sperò di aver capito male. –Dettaglio? Non è un dettaglio, detective. E se l’avesse uccisa l’uomo con cui si vedeva? Di chi si tratta?-
-Non lo sappiamo Emma. Abbiamo trovato alcuni biglietti nell’armadietto del locale in cui lavorava, ma non siamo riusciti a identificarlo.-
Emma sentì la rabbia emergere con violenza. –Questo è il vostro lavoro, dannazione!-
-Emma so che…-
-Lei non sa un bel niente. Non sa cosa vuol dire ritrovare il corpo senza vita della propria migliore amica e ricevere la notizia che la polizia ha deciso di archiviare il caso dopo due anni di indagini inutili!- esclamò, sentendo le lacrime premere agli angoli dei suoi occhi.
-Emma mi dispiace. Ho fatto tutto il possibile, mi devi credere. Ma non avevamo nessuna pista concreta. Senza l’identità dell’uomo con cui si vedeva non avevamo in mano niente. Non avevamo nulla, nemmeno il movente!-
-Posso vedere i biglietti che avete ritrovato nel suo armadietto?-
Keller sospirò. –Non posso Emma.-
-Me lo deve, detective.-
Vide Keller esitare. Era il minimo che potesse fare per lei.
-E va bene- si arrese Keller –ma sappi che non potrei farlo. Perciò non puoi parlarne con nessuno. Aspettami qui.-
Emma lo vie alzarsi e dirigersi verso una porta chiusa. Probabilmente il magazzino in cui tenevano tutte le prove.
Tornò poco dopo con una bussa trasparente in cui vi erano tre bigliettini. Non puoi toccarli altrimenti li inquini con le tue impronte digitali.-
Emma ebbe un’illuminazione. –Le impronte! Non ne avete trovata nessuna?-
Keller scosse la testa. –Purtroppo no. Solo quelle di Karen e di un certo James Wright. Il figlio del suo datore di lavoro, ma ci ha spiegato come ci sono finite e la sua spiegazione ha retto.-
Emma annuì.  Conosceva già quella storia.
Keller le porse la busta di plastica ed Emma cominciò ad esaminare i biglietti.
Il primo diceva. “Spero che il bracciale ti piaccia. Ti amo da morire.” Non c’era una firma né nient’altro che potesse permettere di risalire a chi aveva scritto il biglietto.
Emma cercò di spostare il biglietto attraverso la busta, in modo da poter leggere gli altri.
Il secondo diceva: “Mi dispiace per oggi. Sai che per me se l’unica, ma purtroppo non potevo liberarmi.”
Infine il terzo diceva: “Ti prometto che troveremo il modo di stare insieme. Sai quanto ti amo.”
-Si vedeva con un uomo sposato-disse Emma, dopo aver riletto i biglietti una seconda volta. La grafia le sembrava familiare, ma non riusciva a fare mente locale.
-Come dici Emma?-
-Karen si vedeva con un uomo sposato. Nel secondo biglietto lui dice che gli dispiace, ma non si è potuto liberare. Perché scrivere che per lui è l’unica? E poi guardi l’ultimi biglietto. Afferma che troverà un modo per stare con lei. Quale altro impedimento avrebbe potuto ostacolare la loro relazione se non il matrimonio di lui?-
-Sposato o meno non siamo riusciti ad identificarlo.-
-Come è possibile che trovate questo genere di prove e decidete di archiviare comunque il caso?- chiese Emma, incredula.
-Ordini dall’alto Emma.- spiegò Keller, scrollando le spalle.
Emma non riusciva a credere a quello che stava sentendo. –Non credo che sia un atteggiamento molto professionale.- osservò, seccata.
-Emma…-
-Grazie di avermi mostrato i biglietti.- disse Emma, interrompendolo. Non era decisamente dell’umore adatto per ascoltare le stronzate che lui le avrebbe sicuramente rifilato per giustificare il fallimento con cui si erano concluse le indagini su Karen.
Si alzò e gli strinse la mano. –Arrivederci.-
***
Emma arrivò a locale in ritardo.
Aveva rimuginato tutto il pomeriggio su quello che le aveva detto Keller e ancora non riusciva a spiegarsi come fosse possibile che la polizia avesse deciso di archiviare il caso nonostante fossero emersi nuovi indizi.
-Emma!-la salutò Katy, sorridendo. –Ma che fine avevi fatto?-
-Sono stata poco bene.- mentì, sentendosi però in colpa. Katy era una brava ragazza, ma non poteva certo raccontarle la verità.
-Ci sei mancata qui. Tra l’altro anche Jet non è venuto per qualche sera…-
Emma distolse lo sguardo e cominciò a cambiarsi. Non mi chiedere di Jet, ti prego. Ma non fu così fortunata.
-È successo qualcosa tra voi? Ieri gli ho fatto una battuta sul fatto che non vi siete presentati negli stessi giorni e lui sembrava pronto a lanciarmi addosso i boccali di birra che stava preparando.-
-No…ehm…non è successo nulla. Non lo vedo da tanto per la verità.-
Katy mostrò un’espressione perplessa. Era davvero una ragazza intuitiva. Emma decise di sfruttare la cosa.
-Ehi, Katy. Ti ricordi la ragazza di cui mi hai parlato? Karim, Kar.. oddio non ricordo il nome.-
-Karen! Sì certo, perché?-
-Si vedeva per caso con qualcuno?- Non così diretta Emma, si rimproverò.
-Perché?- chiese Katy, sospettosa.
Sì, Emma. Perché fai domande personali su una ragazza che in teoria non conosci?
-Perché…perché una volta….- Oddio, pensa Emma. –una volta Kian mi ha detto che….-Bingo- disapprova le relazioni tra il personale e ha accennato al fatto che una delle ragazze si stava vedendo con il barista che c’era un po’ di tempo fa, ma non è finita bene la cosa e ciò ha avuto ripercussioni sul lavoro. Ho pensato che la cosa fosse accaduta prima che Jet cominciasse a lavorare qui, ecco.-
-Karen era un tipo riservato. Non ti saprei dire con certezza se si stesse vedendo con qualcuno, però a volte si ritrovava nell’armadietto fiori o cose di questo tipo. Diceva che si trattava di un tizio chi le dava il tormento, ma di cui lei non conosceva l’identità. Se devo essere onesta penso che mentisse, perché una volta l’ho vista sorridere mentre tirava fuori i fiori. Probabilmente non si era accorta che ero ancora lì.- spiegò Katy, scuotendo la testa.
Quindi doveva essere qualcuno che frequentava questo posto, dedusse Emma.
-Beh, in ogni caso lei non ha mai detto nulla. Quindi non so se fosse lei la ragazza cui si  riferiva Kian. All’epoca mi pare che al bancone ci fosse Tyson, ma credo che avesse una ragazza.-
-Chissà- mormorò Emma, fingendo indifferenza.
-Forza, sbrigati che abbiamo una sacco di cose da fare-la sollecitò Katy con un colpetto al braccio.
Emma annuì e la seguì in sala. Cominciò a sistemare alcuni tavoli, ma era distratta.
Cercò di fare il punto della situazione.
Karen si stava vedendo con qualcuno. Probabilmente un uomo sposato di cui però nessuno conosceva l’identità. Un uomo che inevitabilmente frequentava l’ambiente del Serendipity e che quindi poteva facilmente farle trovare fiori e cose simili nell’armadietto. Chi?
Quale poteva essere però il movente?
Se era davvero sposato il movente poteva essere un’eventuale gravidanza indesiderata, ma l’autopsia non aveva rivelato nulla del genere dal corpo di Karen.
La moglie aveva forse scoperto la relazione e presa da un raptus ha deciso di fare fuori l’amante di suo marito? Le sembrava un’ipotesi remota, ma non la poteva accantonare.
Ripensò ai biglietti. Perché quella grafia le sembrava familiare? Dove l’aveva già vista?
Cercò di concentrarsi, ma non ci riuscì. Dannazione, pensò.
Credeva che la sua migliore amica fosse rimasta coinvolta nella vicenda dei russi e invece James le aveva spiegato che Karen era stata uccisa ben prima. Questo aveva ribaltato completamente la situazione.
-Arriva Mr tenebroso- l’avvertì Katy, distogliendola dai suoi pensieri.
Emma alzò gli occhi e vide Jet attraversare la sala per dirigersi al bancone.
I loro sguardi si incrociarono per un attimo, ma Jet interruppe subito quel contatto.
Emma era riuscita a non pensare a lui per un po’, troppo concentrata sulla sua indagine, ma adesso vederlo di nuovo così vicino e allo stesso tempo  lontano la fece star male.
Quando Karen le aveva detto che avrebbe trovato la persona giusta non credeva che ciò l’avrebbe fatta soffrire in quel modo.
Non poteva certo dire di essere una persona esperta in fatto di amore, ma credeva che fosse una fonte di felicità non di dolore.
Si trovò a camminare verso il bancone prima ancora di capire cosa stesse facendo.
Jet le lanciò un’occhiata, ma poi tornò subito a occuparsi del bancone.
-Ciao- lo salutò Emma.
Non era stata lei a pensare che avrebbe rispettato la decisione di Jet? E allora cosa stava facendo lì?
-Ciao- il tono di Jet trasudava fredda indifferenza.
-Katy mi ha chiesto se fosse successo qualcosa tra di noi perché trovava strano che ci fossimo assentati nello stesso momento.- disse Emma, dopo essersi schiarita la voce.
Jet alzò lo sguardo verso di lei, ma la sua espressione impassibile ferì Emma.
-È una dannata ficcanaso.- commentò, irritato.
-È una brava ragazza.- replicò Emma cominciando a irritarsi a sua volta.
–Molto curiosa, tutto qui. Comunque le ho spiegato che tra noi non è successo proprio un bel niente- aggiunse in tono duro.
-Bene- disse Jet, tornando a pulire alcuni bicchieri.
-Tutto qui?- chiese Emma, incredula.
-Che cosa vuoi da me Emma?-
Emma non riconosceva più Jet. –Vorrei che mi guardassi negli occhi mentre mi parli, tanto per cominciare. –
Jet incatenò i suoi occhi azzurri a quelli verdi di Emma, ma continuò a rimanere in silenzio.
-Vorrei che… vorrei capire perché adesso ti comporti così. Quando eravamo a Mosca…-
-Stavamo rischiando la nostra vita, giusto? Non hai pensato che volessi solamente scopare prima che qualcuno mi piantasse una pallottola in testa?- chiese Jet, minimizzando quello che era successo tra di loro.
Emma si costrinse a non piangere davanti a lui, ma sentiva un peso al petto che le impediva di respirare.
–Sei uno stronzo- disse, odiando il tono rude che lui aveva usato.
Si allontanò dal bancone e riprese a sistemare i tavoli, ricacciando le lacrime.
Credeva che Jet avrebbe superato il senso di colpa o qualunque altra cosa gli impedisse di stare con lei, ma si era sbagliata. Doveva immaginarlo dopo tutto. Ormai lo conosceva.
Non sarebbe tornato sui suoi passi.  
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Giallo / Vai alla pagina dell'autore: BlackHawk