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Autore: BlackHawk    19/08/2015    1 recensioni
-Non è il posto che fa per te- disse una voce alle sue spalle. Si voltò sorpresa verso l’uomo che le aveva servito da bere, il cui nome le sembrava di aver capito fosse Jet.
-E chi lo dice?- chiese Emma, inarcando un sopracciglio.
-Ti do un consiglio Emma. Finisci la tua birra e vattene da qui.- disse Jet, appoggiandosi al ripiano del lavandino alle sue spalle.
Era a braccia conserte e la fissava intensamente, come a volerle leggere dentro.
-Ho bisogno di un lavoro. Non è facile trovarne uno di questi giorni.- disse Emma, sorpresa che lui avesse sentito la sua conversazione con Kian e l’avesse chiamata per nome.
-Chi è Karen?- chiese lui, dopo un po’.
Emma prese un sorso di birra, sperando che scacciasse il nodo in gola che le si era formato. -Era la mia migliore amica. Lavorava qui. È stata assassinata due anni fa, ma non hanno trovato il colpevole.- rispose Emma, incapace di mascherare la rabbia.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Due giorni dopo Emma decise di tornare in ufficio.
Avere molto tempo libero si era rivelato deleterio. Non aveva fatto altro che rimuginare in continuazione sulle informazioni a sua disposizione, ma non era riuscita ad arrivare a nessuna conclusione logica.
Le sembrava di aver fatto progressi nel grande puzzle che stava cercando di ultimare, ma credeva anche che le mancasse solo un ultimo tassello per avere il quadro completo. Un tassello che però le sfuggiva.
Perciò quel giovedì mattina aveva tirato fuori dall’armadio uno dei suoi tailleur neri  e poi si era diretta in ufficio con la sua Volvo.
Quando la segretaria di John la vide, le rivolse un sorriso gentile ma sorpreso.
-Ma non ti eri presa due settimane di ferie?- le chiese Miranda, confusa.
-Sì, ma non riesco a stare troppo a lungo lontana d questo posto!- scherzò Emma. –È arrivato già?- chiese poi, riferendosi a John.
-Sì certo, vai pure.-
Emma bussò piano e poi entrò dopo che fu invitata a farlo.
John si stupì di vederla lì. –Emma. Che ci fai qui?-
-Mi sono bastati pochi giorni per riprendermi. Preferisco lavorare piuttosto che…- stare a casa a cercare di capire chi abbia ucciso Karen – stare con le mani in mano.-
John annuì, come se avesse capito cosa lei realmente intendesse.
-Non ti nego che qui c’è molto lavoro da fare. Il mio computer è andato e avrei bisogno che ricopiassi questo documento sul tuo e poi me lo stampassi. –disse John, porgendole due fogli scritti a mano.
-Certo, lo faccio subito.-
-La prossima settimana dobbiamo incontrare il giudice McCarthy, nel tardo pomeriggio. È un problema?-
Emma non esitò, nonostante lavorasse ancora al Serendipity. - Vedrò di liberarmi-
-Bene- annuì John.
Emma uscì dal suo ufficio e poi si diresse alla sua scrivania. Diede un’occhiata ai due fogli e decise di ricopiarli immediatamente.
***
Un paio di ore dopo decise di consegnare a John i fogli battuti al computer. Si alzò e si diresse nuovamente nel suo ufficio.
Notò che Miranda non era al suo posto e si chiese se in quel momento non si stesse magari prendendo un caffè.
Stava per bussare quando sentì John discutere animatamente con qualcuno dall’altro lato della porta.
-Come ti è saltato in mente di venire qui?- stava chiedendo, alzando il tono di voce.
-Non rispondevi al telefono.- disse un uomo, la cui voce Emma non riconobbe.
-Il tuo predecessore non era così stupido, cazzo. Non vuoi finire anche tu a migliaia di chilometri da qui, non è vero?-
Ma con chi sta parlando?, si chiese Emma, perplessa. Predecessore? Migliaia di chilometri da qui?
-No. Comunque lui è disposto a testimoniare.- rispose l’uomo. –Ma è disposto a farlo solo se verrà congruamente ricompensato.-
Emma non riuscì a sentire la risposta di John perché in quel momento arrivò Miranda.
-Ehi Emma. Ti serviva qualcosa?-
-Ehm…sì, sono arrivata due secondi fa, ma non c’eri e stavo per bussare a John.-
-Credo in questo momento sia impegnato-
Ho notato, avrebbe voluto dire Emma. –Ok, passerò più tardi.-
-Va bene Emma.-
Emma tornò alla sua scrivania con mille domande in testa.
Con chi stava discutendo John? Cosa intendeva con la parola predecessore? Perché l’uomo con cui stava parlando aveva menzionato la possibilità che qualcuno testimoniasse solo se ricompensato?
Un pensiero fastidioso si insinuò nella sua mente. John non ha mai perso una causa.
Si chiese se le due cose fossero collegate, ma si rifiutava di credere che John fosse disonesto. Lavorava per lui da anni e non aveva mai riscontrato irregolarità in quegli anni.
Decise di accantonare quel pensiero, ma si ripromise di trovare in seguito una risposta alle sue domande.
***
Alle nove e mezza di sera nel locale arrivò James. Emma lo vide lanciare un’occhiata a Mia e si chiese se non provasse ancora qualcosa per lei.
Mentre si dirigeva verso alcuni clienti si incrociarono.
-Emma-
-Ehi James- lo salutò con un sorriso.
-Come vanno le cose?-
-Tutto bene?-
-Ho sentito Alec-
Emma pensò di aver capito male. –Alec?-
James annuì. –È in prigione, in attesa del processo, ma sta collaborando con la polizia.-
-Perché ti ha chiamato?-
-Si è voluto scusare. Non credo che riuscirò a perdonarlo nel giro di poco tempo, ma…-
Emma lo vide esitare. Probabilmente era disposto a considerare l’idea di perdonarlo prima o poi.
-Ma le sue scuse…beh, non credevo che le avrei mai sentite ecco.- spiegò James.
-Non deve essere facile per te ed è comprensibile. Però devo dire che il suo tentativo di rimediare a tutto il male che ha fatto è notevole.- osservò Emma.
Non poté fare a meno di lanciare un’occhiata a Jet. Notò che la stava fissando, ma distolse lo sguardo non appena Emma si girò verso di lui.
-In ogni caso mi ha detto che dovrebbe essere processato anche qui.- disse James, attirando l’attenzione di Emma.
-Che intendi?-
-Non è entrato nei dettagli, ma a quanto ho capito stava commettendo azioni illegali anche qui a Chicago. Mi ha confessato che mi ha proposto di partire in Russia per evitare che la polizia lo beccasse.-
-Oh cielo. Questa non me l’aspettavo.-
-Non si trattava di un viaggio fra amici.- commentò amaramente James.
Emma in quel momento provò pena per lui. Era stato tradito dal suo migliore amico in tutti i modi possibili e immaginabili.
-Pagherà per quello che ha fatto.- lo rassicurò Emma. –Chissà.. Forse un giorno troverai la forza per perdonarlo.-
James scrollò le spalle. –Forse.-
Emma notò che guardava insistentemente Mia.
-Non sta con nessuno al momento- disse, con tono indifferente.
-Io non…- iniziò a dire James, a disagio.
-Tra una decina di minuti va in pausa.-
James le sorrise e poi si diresse verso l’area riservata al personale.
Emma proseguì verso i clienti e chiese loro cosa volessero. Annotò distrattamente le loro ordinazioni e si avviò verso il bancone.
Il rapporto con Jet era decisamente tornato quello di una volta. Emma gli riferiva cosa volessero i clienti e lui preparava i drink, senza rivolgerle la parola o guardarla negli occhi.
Anche quella volta non fu diverso.
***
-Stavamo pensando con le ragazze che uno di questi giorni potremmo andare a pranzo tutte insieme- disse Katy, mentre si cambiava.
Emma lanciò un’occhiata alle altre. L’unica con cui lei aveva legato era Katy, ma non le sarebbe dispiaciuto legare anche con loro. Da quanto era morta Karen si era chiusa molto, ma sapeva benissimo che ciò non era una buona cosa. Uscire tutte insieme poteva essere una buona opportunità per conoscersi meglio e lei non si sarebbe tirata indietro.
-Certo, perché no.-
-Domani?- chiese Katy, speranzosa.
Emma considerò il fatto che aveva solo un’ora di pausa pranzo. Era molto stretta con i tempi.
-Domenica?- propose.
Katy annuì. –Per me va bene- Guardò Mia, Rosie e Jess. Annuirono tutte e tre.
-Ok. Perfetto allora.- disse Katy, allegra.
-Noi andiamo. Venite anche voi?- chiese Mia, mentre richiudeva il suo armadietto.
Katy annuì, ma Emma ancora si doveva cambiare. Era stanca e non aveva le energie per fare maratone od altro.
-Andate pure. Me la prendo con calma stasera. Tanto io abito a cinque minuti da qui. Ci vediamo domani.-
-Sicura?- chiese Rosie.
Emma annuì convinta e poi le vide uscire tutte insieme.
Si cambiò con una lentezza che lei stessa trovò esasperante e poi uscì dallo spogliatoio.
Passò nell’ufficio di Kian per avvertirlo che stava andando via e poi si avviò finalmente verso l’uscita.
Si bloccò sulla porta quando si accorse che Jet stava fumando fuori dal locale.
Merda, imprecò.
Si accorse di lei solo in un secondo momento.
-Sei ancora qui?- chiese, dopo aver aspirato dalla sigaretta.
-Già-
-Non dovresti tornare da sola a quest’ora.-
-Credo che tu me lo abbia già fatto notare. Comunque non credo che la cosa ti riguardi. Non più almeno- disse Emma, seccata.
Jet le lanciò un’occhiata penetrante, ma non disse nulla. In fondo Emma aveva detto la verità.
Emma decise perciò di incamminarsi verso casa. Non le andava di farsi insultare di nuovo da lui come era successo due giorni prima.
Prima che potesse però muovere anche solo un passo Jet le afferrò un polso, attirandola verso di sé.
Erano talmente vicini che i loro nasi si sfioravano.
-Lasciami andare Jet.- disse Emma, cercando di spingerlo via.
-Non dovresti tornare da sola.- ripeté lui.
Emma lo fissò per alcuni secondi, senza dire nulla. Perché si comportava in quel modo? Un giorno le diceva che per lui si era trattato solo di sesso e quello dopo si preoccupava per la sua incolumità.
Emma sapeva che non si era trattato solo di sesso. Le aveva detto che si meritava di meglio. Questo non significava che avrebbe avuto una relazione con lei se si fosse sentito all’altezza?
-Jet- mormorò- devi lasciarmi andare.-
Lui non sembrava della stessa opinione. Le teneva con una mano entrambi i polsi, ma non accennava a liberarla dalla sua stretta.
Poi si chinò lentamente verso di lei. Emma sapeva cosa stava per succedere, ma non riusciva a muoversi. Avrebbe voluto protestare e respingerlo, ma non lo fece.
Quando le loro labbra si incontrarono fu come se tutto tornasse al proprio posto.
Non importava quello che lui avesse detto o fatto. Non importava che l’avesse ferita profondamente.
C’erano solo loro due. Le labbra che si sfioravano e loro lingue che si cercavano.
Ma la realtà tornò a farsi spazio con prepotenza.
Lui l’avrebbe baciata fino a farle perdere la testa e poi le avrebbe detto che non sarebbero potuti stare insieme. Emma lo amava però. Non avrebbe avuto la forza di affrontare un altro rifiuto.
Lo allontanò da sé con forza. Jet la scrutò a lungo. Cercava chiaramente di capire cosa stesse pensando ed Emma decise di aiutarlo.
-Non puoi fare così Jet. Solo due giorni fa mi hai detto che per te non contavo niente. Mi hai detto che non vai bene per me. Io…-
Emma esitò. Lo avrebbe detto davvero ad alta voce? Era la cosa giusta da fare?
–Io ti amo- disse tutto d’un fiato, guardandolo negli occhi.
-Ho capito di amarti il giorno che mi hai rinchiuso in quella dannata camera. Buffo vero? Ero arrabbiata con te perché mi avevi tagliata fuori un’altra volta, ma poi hai notato che mi ero portata la maglietta che indossavo la prima volta che ci siamo incontrati. Assurdo! Nemmeno io ricordavo di aver indossato quella cavolo di maglietta! Ma tu sì. E lì ho capito. Ho capito che mi ero innamorato di te. Per la prima volta in vita mia ho capito cosa volesse dire amare qualcuno.– iniziò a dire Emma.
Le parole uscirono da lei come un fiume in piena, in modo violento e inarrestabile.
-Se Karen mi facesse le sue stupide tre domande risponderei di no. Non credo che potrei fare a meno del tuo tocco o del tuo sorriso e di certo non riuscirei a stare lontana da te troppo lungo. Ma la cosa più assurda è che ti conosco da due settimane o poco più e già riuscirei a… a immaginare una vita con te. Voglio dire… ho dubitato dell’intelligenza di mio fratello perché si è innamorato di una tizia che conosce da quanto? Un secondo? E io ho fatto la stessa identica cosa.-
-Probabilmente hai ragione, sai? Anche io vivo nel passato. Non credo che mi darò pace fino a quando non saprò chi l’ha uccisa. Però so anche che questo mi impedisce di vivere davvero. Non posso, ma soprattutto non voglio smettere di amarti solo perché non so chi me l’ha portata via. Tu vuoi escludermi dalla tua vita perché non riesci a superare il senso di colpa. Ti nascondi dietro a tutto quello che è successo in questi ultimi giorni perché pensi che in questo modo sia più facile allontanarmi. Preferisci credere che non sei la persona giusta per me piuttosto che concederti la possibilità di amare. Nessuno si aspetta che tu passi la tua vita intera rimediare agli errori di Alec. I tuoi non lo vorrebbero, come Karen non vorrebbe che io trascorressi il resto della mia vita a scoprire la verità perdendomi i momenti belli. E tu, Jet, sei uno di quei momenti.- concluse Emma, consapevole delle lacrime che le bagnavano il viso.
Emma non avrebbe mai immaginato di aprirsi con lui in quel modo. Non aspettò che lui dicesse qualcosa, però. 
Si avviò verso casa correndo. 
   
 
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