Storie originali > Giallo
Segui la storia  |       
Autore: BlackHawk    19/08/2015    1 recensioni
-Non è il posto che fa per te- disse una voce alle sue spalle. Si voltò sorpresa verso l’uomo che le aveva servito da bere, il cui nome le sembrava di aver capito fosse Jet.
-E chi lo dice?- chiese Emma, inarcando un sopracciglio.
-Ti do un consiglio Emma. Finisci la tua birra e vattene da qui.- disse Jet, appoggiandosi al ripiano del lavandino alle sue spalle.
Era a braccia conserte e la fissava intensamente, come a volerle leggere dentro.
-Ho bisogno di un lavoro. Non è facile trovarne uno di questi giorni.- disse Emma, sorpresa che lui avesse sentito la sua conversazione con Kian e l’avesse chiamata per nome.
-Chi è Karen?- chiese lui, dopo un po’.
Emma prese un sorso di birra, sperando che scacciasse il nodo in gola che le si era formato. -Era la mia migliore amica. Lavorava qui. È stata assassinata due anni fa, ma non hanno trovato il colpevole.- rispose Emma, incapace di mascherare la rabbia.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Emma aprì gli occhi lentamente. Sentiva le palpebre pesanti e le ciglia incollate tra di loro.
Le sembrò che qualcosa di importante le sfuggisse, ma poi i ricordi della sera prima la travolsero con forza.
Aveva detto a Jet cosa provava per lui, rivelandogli forse anche troppo, però non era pentita. Lo amava con tutta se stessa e sicuramente le si sarebbe spezzato definitivamente il cuore se lui l’avesse allontanata di nuovo, ma credeva che quello fosse un rischio che doveva correre.
Si era esposta in un modo che lei stessa non avrebbe mai immaginato ed ora non sapeva cosa sarebbe successo. Una parte di lei sperava che le sue parole scalfissero il muro che Jet si era costruito intorno, ma temeva allo stesso tempo che non fossero abbastanza forti per abbatterlo.
Il rumore fastidioso della sveglia le ricordò che doveva alzarsi e andare in ufficio.
Mentre preparava il caffè le tornò in mente la conversazione tra John e lo sconosciuto. Chi era quell’uomo? Le sue parole non potevano essere travisate in alcun modo.
John era un avvocato e lo sconosciuto aveva parlato di un possibile testimone. Il nesso era inconfutabile. Però non riusciva a pensare a John come a un avvocato disonesto che corrompeva i testimoni per vincere le cause.
Avrebbe dovuto parlare con lui? Ma cosa gli avrebbe dovuto dire? Le sue erano solo congetture e poi lui avrebbe certamente negato tutto.
Un avvocato rispettabile che agisce illegalmente? Nessuno avrebbe mai creduto ad una cosa del genere, nemmeno lei.
Una cosa era certa  però: all’elenco infinito di misteri che doveva risolvere se ne era aggiunto un altro.
***
Emma stava chiudendo una telefonata con un cliente quando si accorse che non aveva ancora buttato i fogli scritti a mano che John le aveva dato il giorno prima.
Non appena era arrivata in ufficio quella mattina era andata da lui per consegnargli quelli ricopiati al computer e lui le aveva detto di buttare gli originali, ma se ne era completamente dimenticata.
Li ricontrollò rapidamente nel timore che si fosse dimenticata qualcosa e poi li buttò nel cestino.
Ebbe una sensazione di déjà-vu , ma non riuscì a capire di cosa si trattasse.
La voce allegra di Miranda la costrinse ad alzare lo sguardo dal cestino.
-Emma! C’è un tipo che ti sta cercando.- l’avvertì, con un tono strano.
-Chi è?-
-Non mi ha voluto dire il suo nome, ma è un tipo davvero notevole- scherzò la segretaria di John, in tono malizioso.
Emma si chiese chi potesse essere. Sicuramente non un cliente, altrimenti Miranda l’avrebbe condotto alla sua scrivania.
-Ma perché non lo hai fatto venire qui?-
-No lo so Emma, voleva rimanere all’ingresso–
Si alzò dalla sedia e si diresse verso l’ingresso.
Forse era il detective Keller? Però nessuna donna si sognerebbe mai di definirlo un tipo notevole. Le venne da ridere al solo pensiero.
Si bloccò non appena riconobbe la persona che la stava cercando. Il suo cuore non poté fare a meno di battere più forte. Jet.
Si voltò nel momento esatto in cui lei riprese a camminare verso di lui.
Si ritrovarono l’uno di fronte all’altra a guardarsi negli occhi, senza dire però nulla.
Che ci fai qui?, avrebbe voluto chiedere Emma.
-Ciao Emma- la salutò.
-Come….- non riuscì a formulare la domanda ad alta voce.
-Mi avevi detto che lavoravi in uno studio legale, ricordi? Diciamo che non ci è voluto molto a capire quale fosse. In zona non ce ne sono molti.-
Emma annuì. Non doveva essere stato difficile, ma in quel momento non era interessata a sapere come lui l’avesse trovata. Voleva sapere invece perché fosse là, perché l’avesse cercata.
-Puoi venire un momento fuori?- le chiese poi.
Emma si guardò istintivamente alle spalle. In teoria non poteva, ma…
-Certo-
Uscirono dal palazzo e cominciarono a camminare sul marciapiede, fianco a fianco.
-Avevi ragione- disse Jet, sorprendendo Emma. Era la prima volta che le dava ragione su qualcosa.
-Sono un vigliacco. La verità è che dopo tutto quello che è successo mi sembra di aver tradito i miei genitori. Sono morti quando anche io ero molto piccolo, ma dovevo prendermi cura di Alec. Era compito mio fare in modo che non si cacciasse nei guai. E invece non l’ho fatto. Ho permesso che partisse e guarda che diavolo è successo. È diventato un fottuto spacciatore per dei fottuti poliziotti corrotti. Si è fatto arrestare e ha trascinato anche James nel fondo. Credi che loro potrebbero mai essere contenti di me? No, dannazione!-
Emma non pensò alle implicazioni di quel gesto, ma gli prese una mano. Probabilmente era venuto per dirle che non l’amava e che non sarebbe mai riuscito a liberarsi dal senso di colpa, ma in quel momento le sembrò la cosa giusta da fare.
Jet guardò le loro mani intrecciate e poi la guardò negli occhi.
-Quello che voglio dire è che li ho delusi e probabilmente non posso fare nulla per sistemare le cose.- spiegò, afflitto.
-Hai fatto tutto il possibile Jet. Tu stesso hai detto che lo hai tirato fuori dai guai un’infinità di volte. Eri un ragazzino anche tu. Nessuno si aspettava che potessi sostituire i vostri genitori. E quando siete diventati adulti Alec ha deciso di percorrere un certo tipo di strada, non puoi sentirti in colpa per questo. È stata una sua scelta.- replicò Emma, decisa.
-Avrei potuto fare di più.-
-Forse. O forse no. Non puoi trascorrere il resto della tua vita a chiedertelo.-
-Quello che hai detto ieri…-
Emma trattenne il respiro. Le avrebbe ridotto il cuore in mille pezzi?
-Come fai ad amare uno come me?- chiese Jet, come se la cosa fosse assurda.
-Uno come te?- ripeté Emma, incredula – Intendi dire uno che ha cercato di mettermi in guardia un’infinità di volte? Uno che si preoccupa della mia sicurezza? Oppure intendi uno che mi ha fatto provare emozioni che non credevo fosse possibile provare?-
-Non puoi…-
Emma lo interruppe. –Io ti amo, Jet. Non mi importa se credi di non essere la persona giusta per me, perché io so che lo sei.-
Emma vide Jet sussultare. E sapeva anche perché. Lo aveva costretto ad affrontare la realtà. Lo avrebbe amato a prescindere da qualunque cosa lui avesse potuto dire o fare per cercare di allontanarla.
-E se….-
Emma gli prese il viso fra le mani. Si sollevò sulle punte e lo baciò.
Le parole non sarebbero servite a nulla.
Sentì Jet cedere progressivamente. Prima posò le mani sui suoi fianchi, attirandola versò il suo corpo caldo e forte. E poi cominciò a rispondere al bacio di Emma.
All’inizio fu un bacio lento, giocoso, in cui ognuno esplorava l’altro. Poi però divenne più profondo, come se nessuno dei sue potesse fare a meno dell’altro. Come se una guerra li avesse tenuti separati per anni e solo adesso si fossero ricongiunti.
Emma si strinse al corpo di Jet e continuò a baciarlo fino a ritrovarsi senza fiato. Solo a quel punto si staccò da lui.
Adesso hai capito?, gli stava chiedendo senza aprire bocca.
Jet le scostò una ciocca di capelli dalla fronte e poi le accarezzò dolcemente una guancia.
-Credevo fosse facile…- mormorò, continuando a guardarla negli occhi.
-Cosa?- chiese Emma, con voce rotta.
-Lasciarti andare.-
Emma cominciò a sentire un nodo in gola.
-Ma non è così. – proseguì Jet, scuotendo la testa. –Nell’istante esatto in cui hai messo piede al locale ho pensato che saresti stata la mia rovina. Quello che dovevo capire però è che non saresti stata affatto la mia rovina. Anzi.-
Emma sentì nascere un barlume di speranza dentro di sé.
-Forse potremmo…-
Cosa?,  si chiese Emma.
-Potremmo vedere se la cosa funziona.- disse Jet, sorridendo.
Emma sperò di non aver capito male. Le stava dicendo che sarebbero stati insieme?
-Non mi aspettavo tutto questo silenzio- scherzò Jet, a disagio.
Emma scoppiò a ridere. –Mi stai dicendo che…-
Jet le prese il viso fra le mani e sorrise di nuovo.
-Ti sto dicendo che voglio stare con te.-
Emma avrebbe voluto chiedergli se lui l’amasse, ma non credeva fosse il momento giusto. Le aveva appena detto che voleva stare con lei.
-Perché ci hai messo così tanto a capirlo?- chiese Emma, prendendolo in giro.
-Mi dispiace per come ti ho trattato martedì. Non volevo ferirti.- si scusò Jet, serio.
-Ti rendi conto che da quando ci siamo conosciuti non hai fatto altro che allontanarmi e poi scusarti?- chiese Emma, ridendo.
Vide Jet sorridere. –Hai ragione. Mi dis…-
Emma lo baciò prima che potesse scusarsi un’altra volta.
-Piantala di scusarti- gli ordinò poi. –Cerca di non fare cazzate così poi non devi scusarti.-
Jet scoppiò a ridere. –Sarà difficile, Emma. Quando sto con te la mia razionalità svanisce nel nulla.-
-Intendi dire che è colpa mia se ti metti ad abbaiare ordini e a…-
Jet la zittì con un cenno della mano. –Intendo dire che quello che provo per te mi fa andare fuori di testa. Non sono un tipo protettivo o geloso, ma con te…- lo vide scuotere la testa.
-Possiamo trovare un compromesso.- propose Emma, fingendosi pensierosa.
Jet inarcò un sopracciglio e poi sorrise. –Che intendi?-
-Cerchiamo di comportarci entrambi in modo normale così nessuno dei due sarà costretto a dare di matto con l’altro.-
-Vorresti dire che se io ti dicessi di smettere di indagare su Keren tu lo faresti?-
Emma non si aspettava una richiesta del genere. –Aspetta un attimo. Non intendevo…-
-Dico sul serio Emma. Potrebbe…-
-Non sono stati i russi, Jet.-
-Come fai a saperlo?-
-James mi ha detto che è stata uccisa prima che loro partissero.-
-A maggior ragione, Emma. Forse sarebbe stato meglio se… insomma se fossero stati lor almeno saresti al sicuro. Perché sono lontani e finiranno presto in prigione.-
-Non mi metterò in situazioni pericolose.-
-Certo, come no- disse Jet, sarcastico.
Emma lanciò un’occhiata all’orologio. –Porca miseria! Devo tornare in ufficio.-
-Ti accompagno.-
Emma annuì e poi si incamminarono verso l’ufficio.
Jet l’accompagnò fino all’ingresso, dove la baciò a lungo.
-Devo proprio andare adesso.- disse Emma, staccandosi da lui nonostante l’istinto le dicesse di fare il contrario.
Notò che Jet stava guardando qualcosa alle sue spalle, perciò si girò anche lei.
Incrociò lo sguardo sorpreso di John. Non sembrava arrabbiato con lei, ma guardava Jet come se avesse avvistato un fantasma.
-Vai adesso- lo sollecitò Emma.
Jet la baciò un’ultima volta e poi se ne andò.
-Mi dispiace, John. Non accadrà più- si scusò Emma, dopo aver raggiunto il suo capo.
-Non era il barista del Serendipity quello?-
-Oh, beh… non…è complicato.- disse Emma, non sapendo quale fosse la parola giusta per definire Jet.
-Torna a lavoro.- 
Emma non aveva mai sentito John usare quel tono. Pensò che lui fosse arrabbiato per il suo atteggiamento poco professionale e quindi decise di non pensarci più.
***
-Come mai così pensierosa?- le chiese Jet, mentre rientravano a casa dopo il turno.
Emma stava pensando al fatto che quella sera John non si fosse presentato al locale. Katy le aveva detto che veniva ogni venerdì, ma quella sera non era stato così.
-Niente di importante.-
-Vieni da me?- le chiese Jet.
-Sì- rispose Emma, senza esitare.
Camminarono in silenzio, godendosi l’aria estiva di quei giorni.
Emma non si rese di conto di essere arrivata a casa di Jet fino a quando non si ritrovò nella sua camera da letto.
-Che hai Emma?-
Bella domanda, avrebbe voluto rispondere Emma. Nemmeno lei sapeva quale fosse il problema.
Aveva la sensazione di essere vicina alla verità, ma non riusciva ad impadronirsene.
-Sono solo stanca- mentì, scrollando le spalle.
-Andiamo a dormire allora- disse Jet, sorridendo.
***
Emma si svegliò nel cuore della notte. Jet la teneva stretta a sé, ma lei sapeva che stava dormendo.
Conversazioni, immagini e ricordi si combinarono nella sua mente dando vita alla conclusione che Emma aveva cercato a lungo.
Aveva sofferto e lottato per conoscere la verità e adesso era chiara come la luce del sole.
Sapeva chi aveva ucciso Karen.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Giallo / Vai alla pagina dell'autore: BlackHawk