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Autore: BabySloth    19/08/2015    0 recensioni
«Fidati di me.»
E per la prima volta Michael si fidò, Nathan non gli avrebbe fatto male.
||Louis Tomlinson nei panni di Nathan; Michael Clifford in quelli di Michael.||
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Michael aveva diciannove anni, diciassette dei quali passati all'interno di una casa famiglia.
Andarsene da quel luogo era stata sia una liberazione che un vero e proprio salto nel vuoto.
Non era mai riuscito a trovare una famiglia che si occupasse di lui, che gli volesse bene realmente per ciò che era.
A sei anni si era presentata una famiglia, accettando il periodo di prova per l'adozione. La donna si chiamava Rachel, una donna in carriera; le sue labbra erano perennemente imbrattate di rossetto rosso e i boccoli biondi le ricadevano elegantemente sulle spalle.
Quando era a casa i suoi tacchi a spillo ticchettavano continuamente sul legno lucido del parquet e Michael adorava osservarla dalla cima delle scale, si incantava di fronte a quei completi eleganti e raffinati che ogni giorno le fasciavano il corpo di un colore diverso.
Al bambino piaceva così tanto quella mamma, si augurava con tutto il cuore di piacerle anche lui.
Le attenzioni di Rachel non erano molte, Michael però era convinto che questo fosse dovuto al doversi abituare alla sua presenza.
Lei e suo marito avevano preparato una stanza piena di giocattoli, Michael in un primo momento ne fu attratto ma, poi, iniziò ad annoiarsi con tutti quei giocattoli da maschietto.
Un giorno, allora, decise di entrare nella camera di quelli che erano i suoi genitori adottivi; si avvicinò alla cassettiera sulla quale vi erano i gioielli della donna ed iniziò a provarsi le collane, insieme poi alle scarpe con i tacchi e i trucchi. Per lui era così naturale, aveva spiato le bambine della casa famiglia giocare con tutte quelle cose e aveva sempre desiderato fare lo stesso.
Se per il bambino tutto quello non avesse nulla di strano, agli occhi della famiglia parve un abominio, uno scandalo. Proprio per questo Michael si ritrovò nuovamente di fronte al cancello arrugginito dell'istituto in cui era cresciuto.
Passò altro tempo e dopo all'incirca due anni, una nuova coppia decise di firmare le carte per il solito “periodo di prova”, prima dell'adozione.
La nuova mamma si chiamava Lucy, completamente diversa da Rachel. Era la semplicità fatta a persona, radicata alla sua casa in campagna.
Michael non era affatto schizzinoso, semplicemente, troppo fragile e piccolo per i lavori che volevano svolgesse. Veniva spesso rimproverato, le frasi erano “Sembri una ragazzina, ti manca la gonnella per essere una perfetta femminuccia."
Nemmeno con quella famiglia andò bene e il piccolo Michael continuava ad interrogarsi sul perché non riuscisse a piacere a nessuno, perché venisse continuamente scartato.
Gli anni passarono e la sua vita continuò all'interno della casa famiglia, preso di mira dai bulli e rifiutato da ogni famiglia.
Compiuti i sedici anni, la direttrice inserì Michael nella lista dei ragazzi utili al lavoro, in qualche modo doveva farlo guadagnare per permettergli di uscire dall'istituto.
Restò all'interno dell'edificio per ancora un altro anno, mentre alternava le mattinate tra gli aiuti interni ed il lavoro in una libreria della cittadina dove era cresciuto.
Dopo essere riuscito a racimolare un piccolo gruzzoletto, prese le proprie cose e si trasferì in un piccolo monolocale.
Finalmente si era liberato di tutti quei bulli, tutti quei continui soprusi. Era giunto il momento di vivere la propria vita senza più nascondersi e reprimersi anche verso se stesso; eppure non era così felice, non per i primi tempi. La solitudine non era una facile coinquilina.


Nathan era un ventiquattrenne solare, dal sorriso sempre stampato sulle labbra. Appassionato di recitazione ed amante dei bambini, il giovane si ritrovava da diversi anni a lavorare nel più grande negozio di giocattoli di Londra, a strappare risate fino alle lacrime con i suoi scherzi e battute divertenti.
Era cresciuto in una famiglia numerosa e al femminile, occupandosi delle proprie sorelle minori insieme alla madre Johanna.
Aveva avuto un brutto rapporto con l'amore, le delusioni che lo avevano accompagnato nella vita lo portarono ad allontanarsi da quel sentimento, sino a credere che non facesse per lui.
Cercava di tenersi occupato con il lavoro, sfamandosi dei sorrisi e delle risate innocenti dei bambini che, almeno in parte, riuscivano a rincuorarlo.
Era un tardo pomeriggio di venerdì sera, di lì a poco il grande magazzino di giocattoli avrebbe chiuso.
Nate era impegnato a salutare gli ultimi bambini quando dei capelli color rosa confetto lo distrassero. Seguì l'esile figura di un ragazzo scomparire dietro uno scaffale e rimase con lo sguardo fermo sul punto in cui lo aveva visto fino a pochi secondi prima.
Guardò l'orologio voltandosi in direzione di uno dei propri colleghi «Ehi Mark, vado a controllare se ci sono ancora clienti.» e detto quello sparì tra i corridoi dettati dagli scaffali, con le mani nascoste nelle tasche.
Mentre si guardava intorno, trovò il ragazzo dai capelli rosa di fronte all'alto scaffale di peluches, immobile.
Inarcò un sopracciglio e si avvicinò, continuando a fissare quello strano colore di capelli. «Mi dispiace, ma tra poco dobbiamo chiudere.» mormorò rompendo il silenzio, facendo sobbalzare la figura esile di fronte ai suoi occhi.
Michael portò il proprio sguardo sul viso del ragazzo ed annuì appena, mordendosi l'interno della guancia. «Oh..oh sì certo, capisco. Vado via subito.» Bisbigliò dando un'ultima occhiata ai peluches sistemati ordinatamente sui ripiani, superando a sguardo basso il ragazzo, lasciando poi Nate fermo sul posto.
Il ragazzo dai capelli rosa stava tornando a casa a piedi, con uno dei propri libri da leggere stretto al petto.
La motivazione per la quale fosse entrato in quel negozio di giocattoli, lo fece arrossire in mezzo al marciapiede: voleva un peluche da tenere con sé la notte, per dormire.
Si sentiva un bambino nel doversi affidare alla protezione di un pupazzo ma era l'unico modo per avere qualcuno -qualcosa- da stringere mentre era prigioniero degli incubi.
Sotto lo sguardo di quel ragazzo del negozio, però, non ci era riuscito a comprarlo.
Dal canto suo, Nathan aveva ancora in mente quel ragazzino dai capelli colorati. In un primo momento gli era sembrato un po' strambo ma, poi, si dovette ricredere alla bellezza immatura di quel viso.
Lasciò perdere, accantonando quel pensiero apparentemente inutile. Era solo un cliente del negozio.


Il giorno seguente, Mich era uscito dalla libreria prima del solito e, ancora una volta, si era recato nel grande magazzino di giocattoli.
Una volta all'interno, le risate dei bambini lo incuriosirono e provò a seguirle, fermandosi dietro un'enorme cesto di palloni, osservando la scena.
Una quindicina di bambini erano seduti tutt'intorno ad un piccolo teatrino dove il commesso della sera precedente era intento a destreggiarsi in uno spettacolo di marionette. I piccoli erano completamente assorti da quella visione e divertiti dalle scene.
Anche Michael finì per ridacchiare, con le labbra ciliegia nascoste dalla mano pallida.
Dopo una decina di minuti quel piccolo spettacolino finì e Nathan salutò i bambini, regalando a tutti sorrisi.
Il diciannovenne tornò sui propri passi e ancora una volta si diresse nel reparto dei peluche. Il giorno prima non si era accorto del vasto rifornimento, la scelta sarebbe stata difficile.
«Sai, quella scimmietta lassù è morbida e carina.» la voce dietro le sue spalle lo spaventò, facendolo sobbalzare e cadere i libri che teneva in mano.
«Oh Dio scusami, non volevo spaventarti.» Nate si inginocchiò accanto a Michael, aiutandolo a raccogliere fogli e libri.
«N-non fa nulla.»
Gli occhi di entrambi si incontrarono, difficile dire se fosse l'oceano delle iridi di Nate ad affondare nel verde di quelle di Michael o viceversa.
Il più piccolo finì per arrossire e, con la scusa di rimettere ordine, abbassò lo sguardo, alzandosi con i libri nuovamente stretti al petto.
«Beh...vuoi vedere da vicino la scimmietta?» Nathan gliela indicò sul ripiano, osservando poi il ragazzo rivolgergli un cenno d'assenso.
Il commesso si allungò ed afferrò una delle scimmiette in peluche, porgendola all'altro. «Tieni.» sorrise.
Inevitabilmente Michael arrossì ed accettò di guardare il peluche; in effetti era davvero morbido e grazioso, avrebbe voluto stringerlo fin da subito ma non si osò di fronte all'altro.
«Beh..grazie..» Mormorò con un filo di imbarazzo, abbassando subito lo sguardo sul peluche.
Gli accarezzò piano la testa, sfiorandogli il pelo morbido, con gli angoli delle labbra a sollevarsi appena. «Allora, ti piace?» il silenzio che si era creato venne rotto dalla voce di Nathan, che fece risvegliare Mich dai propri pensieri.
Sollevò il viso dal pupazzo e fece un piccolo cenno d'assenso alla domanda dell'altro.
«Credo che la prenderò.» ammise mordendosi l'interno della guancia -come suo solito-.
Nathan gli fece un sorriso e si spostò di lato, facendogli un leggero e teatrale inchino per farlo passare. Il ragazzo dai capelli confetto lo osservò e le guance lattee si colorarono di um leggero propora. Inclinò il viso in avanti per evitare che si notasse troppo e, dopo aver ringraziato ancora una volta il commesso, lo superò per andare a pagare il pupazzo. Il sorriso di Nathan faticò a spegnersi, nonostante il giovane si fosse già allontanato da un paio di minuti. Sistemò qualche scaffale e si piegò a raccogliere un peluche che aveva fatto accidentalmente cadere. Sotto al metallo dell'ultima mensola, trovò un segnalibro che raccolse e si rigirò tra le mani. Era semplice, un pezzo di legno dalla parte superiore composta da una curata 'M' in corsivo e sotto un gattino con stampato l'indirizzo di una libreria. Capì che, probabilmente, si trattava dal segnalibro del ragazzo di prima, dato che i suoi libri erano rovinosamente caduti sul pavimento. Sperò di trovarlo ancora nel negozio ma, dalle casse, non vi era traccia di quella testa rosa. Provò allora ad uscire sulla soglia del negozio, si guardò intorno, senza successo. Decise allora di rientrare, facendo scivolate il segnalibro nel taschino della maglia.


Michael era finalmente tornato a casa con il suo nuovo peluche. Più lo guardava più si convinceva che quello era il pupazzo perfetto. Sicuramente gli avrebbe anche trovato un nome poi, non poteva certo tenere quella graziosa scimmietta senza un nominativo adatto!
Aveva lasciato i propri libri sul tavolo della piccola cucina, senza nemmeno accorgersi che all'interno di quelle pagine mancava qualcosa.

Una volta steso sotto il piumone, strinse al petto il nuovo peluche ed affondò la punta del naso nel pelo morbido, socchiudendo gli occhi. Inevitabilmente il pensiero del commesso gli tornò alla mente, quel sorriso così solare e gentile, la sua disponibilità. Certo, era ovvio che dovesse essere così, giornalmente aveva a che fare con così tanti clienti; ma c'era qualcosa di diverso, di bello.
Con le guance rosse, Michael scosse la testa e serrò le palpebre, addormentandosi con un timido sorriso sulle labbra.



Quel lunedì mattina il negozio di giocattoli sembrava quasi desolato. I bambini erano ancora a scuola e non erano molti quelli che prima di lavorare passavano di lì.
Nathan era seduto dietro la cassa e si stava rigirando il segnalibro di legno tra le mani. Lo osservava continuamente, ascoltando in modo distratto il collega parlare.
«Vado a comprarmi un libro» affermò dopo poco, alzandosi dallo sgabello sul quale era appollaiato.
Jason strabuzzò gli occhi e scoppiò a ridere, trattenendosi la pancia. «Oh Nate, questa è buona! Da quando ti conosco non ti ho mai visto prendere in mano un libro, è tanto se sfogli i cataloghi dei nuovi giocattoli»
Il castano sbuffò, incrociando le braccia al petto dopo aver nascosto il segnalibro nuovamente nella tasca. «Beh invece mi piace leggere! Ne approfitto ora che non c'è nessuno, d'accordo? Torno tra poco» lo liquidò velocemente con un cenno della mano, uscendo poi dal negozio.
Una volta sul marciapiede, Nate prese a camminare guardandosi intorno, afferrando il segnalibro per controllare l'indirizzo della libreria.
Chiese informazioni ad un passante scoprendo che distava solamente qualche isolato.

A pensarci, non sapeva nemmeno ciò che stesse facendo. Cosa credeva di ottenere? Chissà quanti segnalibri del genere avevano già venduto.
Il ragazzo dai capelli confetto era entrato per due volte nel negozio di giocattoli, sempre con dei libri al seguito; magari era un cliente affezionato, pensò Nate.
Con le mani nascoste nelle tasche, continuò a percorrere il marciapiede, canticchiando sovrappensiero fino a che non trovò la famosa libreria.
Dopo una veloce occhiata all'interno si decise ad entrare, facendo tintinnare le campanelle poste sulla porta. Il profumo di libri e legno gli invase subito le narici, si guardò intorno per poi soffermarsi sui primi scaffali, iniziando ad osservare i libri sistemati ordinatamente su di essi.
Ne afferrò uno dalla categoria fantasy ed iniziò a sfogliarlo, iniziando a leggere qualche frase dalle prime pagine.
«Buongiorno, posso esserle d'aiuto?» La voce provenne da dietro una tenda di perline, dalla quale comparve una famigliare testa rosa.
Michael sollevò lo sguardo e si pietrificò dietro il bancone, con ancora tra le dita i fili di perle colorati. Aveva riconosciuto subito il commesso del negozio di giocattoli e, vederlo lì nella libreria dove lavorava, lo aveva davvero sorpreso.
Nathan sollevò lo sguardo dal libro e piegò velocemente le labbra in un sorriso. «Ehi ciao, lavori qui?» domandò avvicinandosi al bancone, appoggiandosi con i gomiti.
Il minore sgranò per un attimo gli occhi e si morse il labbro inferiore, annuendo appena. «B-beh..sì»

Il maggiore dai capelli castani e lisci sorrise, tenendo lo sguardo celeste negli occhi verdi dell'altro «Io sono Nathan».
Involontariamente il più piccolo arrossì ed accennò un mezzo sorriso, ritrovandosi a dover abbassare lo sguardo, restato già troppo calamitato a quello del commesso. «M-Michael» bisbigliò titubante, sfiorando con le dita il legno del bancone. Si schiarì poi la voce, mordendosi l'interno della guancia «Cercavi un libro?»
Nathan sorrise e del tutto tranquillo scosse la testa «A dire il vero, cercavo te».
Il ragazzo dai capelli rosa spalancò gli occhi e sollevò lo sguardo verso il viso dell'altro, trattenendo il respiro «Come..? Me?»
L'altro annuì, senza perdere quel sorriso che faceva spuntare delle piccole rughette attorno agli occhi chiari. «Quando sei venuto al negozio di giocattoli e per sbaglio ti ho fatto cadere i libri, ti è caduto anche questo» confessò Nate, recuperando dalla tasca il segnalibro in legno. «A dire il vero, ho letto l'indirizzo e credevo di poter chiedere al proprietario se ti conosceva ma, a quanto pare, non servirà» continuò rigirandosi il segnalibro tra le dita, prima di porgerglielo.
Michael restò sorpreso dal breve racconto del commesso, era stato così premuroso a preoccuparsi di riportargli il segnalibro. «E' stato un gesto molto gentile da parte tua...non dovevi disturbarti tanto» lo ringraziò subito dopo, afferrando il legno decorato, facendo sfiorare le loro dita per una frazione di secondo, senza rendersene conto.
Nate sfoggiò un solare sorriso e continuò ad osservare l'altro, quasi fosse la cosa più naturale del mondo. «A che ora finisci di lavorare?» gli domandò poi, appoggiandosi con il mento sui pugni chiusi delle mani.
«Chiudiamo alle sei.» rispose con titubanza, continuando a mordicchiarsi l'interno del labbro.
«Ti passo a prendere allora.»
Michael sgranò gli occhi per l'ennesima volta e schiuse le labbra, senza riuscire a dire qualcosa. Si schiarì appena la voce, guardando il ragazzo negli occhi. «Che..cosa?»
Le labbra di Nathan si arricciarono appena e continuò a tenere i gomiti puntellati sul bancone, osservando il ragazzo. «Stasera usciamo insieme, ti passo prendere alle sei.» ripeté con sicurezza, senza perdere la piega morbida delle labbra.
«M-ma io non...» una strana paura si impadronì del minore, che s'irrigidì sul posto, stringendo appena il segnalibro nella mano piccola e pallida.
Il commesso parve avvertire la reazione dell'altro ed appoggiò la propria mano su quella del minore, guardandolo negli occhi. «Ehi, fidati. Non voglio farti del male, solo uscire con te.» e forse fu proprio quel sorriso rassicurante a far annuire Michael, con le guance completamente rosse per l'imbarazzo.


Michael salutò cordialmente una signora con il suo nipotino, dopo averle consegnato la busta con dentro i libri acquistati e sollevò lo sguardo sull'orologio, trattenendo per un momento il respiro.
Le lancette dell'orologio segnavano già le sei meno venti. Deglutì, torturandosi il labbro inferiore pensieroso; la mattina aveva accettato quell'invito di Nate, ritrovandosi con il cuore in gola e l'ansia a divorarlo.
Era il suo primo appuntamento, quello. Non era mai stato invitato ad uscire da nessuno.
Si torturò le mani sovrappensiero, tenendo gli occhi incollati sulle lancette. Il tempo scorreva e pareva farlo fin troppo velocemente.
Non era più sicuro di voler uscire con qualcuno, con Nate.
Si passò una mano tra i capelli e storcé le labbra conscio di essere spettinato.
Tornò sul retro della libreria e si fermò di fronte al piccolo specchio che era nascosto tra i libri, soffermandosi ad osservare il proprio viso pallido, con ciocche color confetto a spuntare qua e la.
Un ciuffo ribelle proprio non voleva sistemarsi e Mich si ritrovò chino sulla propria borsa, alla ricerca di una forcina.
Il tintinnio delle campanelle sulla porta fece raggelare il ragazzo che, accorgendosi dell'ora sul display del cellulare, capì si trattasse di Nathan.
Sentiva il cuore battergli all'impazzata nel petto per via dell'agitazione. Afferrò la piccola borsa a tracolla e uscì dal retro del negozio, mordendosi il labbro inferiore.
«Ciao.»
La voce di Nate lo accolse subito, non appena si liberò dalla tendina di perline.
Involontariamente Michael si ritrovò ad arrossire, mordendosi l'interno della guancia conscio che, il ragazzo, era lì solo per lui.
«Ciao» rispose sollevando finalmente lo sguardo, incontrando il solare sorriso di Nate.
«Allora, sei pronto?» Il viso del maggiore si inclinò verso destra, intanto che teneva le mani nascoste nelle tasche della felpa.
Michael annuì e aggirò il bancone, sistemandosi la tracolla. Afferrò poi le chiavi del negozio che il padrone gli aveva lasciato per via di un periodo di malattia e fece cenno all'altro di seguirlo, così da chiudere l'esercizio.
Una volta lasciata la libreria, Michael prese a camminare a fianco dell'altro ragazzo, cercando di nascondere il disagio che stava avvertendo. Nathan però parve accorgersi di ciò e affiancandolo posò gli occhi sul suo viso, con il suo solito sorriso. «Allora, quanti anni hai?» ruppe il silenzio che era andato a crearsi.
Il ragazzo dai capelli color confetto sollevò lo sguardo dal marciapiede ed incontrò le iridi chiare dell'altro, mordendosi continuamente l'intero della guancia.
«Ne ho diciannove» rispose poi, annuendo al commento di Nate che mormorava sembrasse più piccolo.
«Io ne ho ventiquattro» aggiunse il maggiore, prendendo distrattamente il polso del ragazzo per farlo attraversare.
Quel gesto fece inevitabilmente arrossire Michael che per tutto il tempo tenne gli occhi sul proprio polso avvolto dalle dita lunghe e sottili dell'altro.
«Vieni, siamo quasi arrivati» gli sorrise Nathan, facendo così spuntare delle piccole rughette ai lati degli occhi.
«Dove andiamo?» nonostante quel commesso fosse davvero gentile con lui, Michael non riusciva a fidarsi del tutto di qualcuno, con quel che aveva subito nell'istituto in cui era cresciuto.
Nathan si voltò verso di lui con un sorriso, alzando appena le spalle «Al cinema».
Michael per un secondo trattenne il respiro alla risposta del ragazzo, non era mai stato al cinema con qualcuno.
Il sorriso di Nathan era così solare e contagioso, il più piccolo faceva davvero fatica a non incantarsi tutte le volte.
Arrivati di fronte al cinema, Nate tirò fuori dalla tasca i due biglietti che aveva già acquistato e si voltò verso l'altro, notanto il disagio sul suo viso nello stare in mezzo alla folla.
«Vieni, ci sono io» lo rassicurò con un sorriso, prendendolo nuovamente per mano, guidandolo verso la sala.
«G-grazie» bisbigliò mordendosi il labbro inferiore, lasciando che le loro dita si intrecciassero.
Nathan si guardò intorno e, a passo deciso, portò con sé il minore verso le poltrone sulla destra.
«Qui è perfetto, scelgo sempre questi posti» commentò con un sorriso, facendo sedere Michael accanto a sé.
«Che film proiettano?» domandò curioso quello dai capelli confetto, mentre la sala iniziava a riempirsi. «Oh è l'ultimo horror che è stato prodotto, dev'essere pazzesco!» Nate era visivamente preso dall'enfasi, mentre rispondeva.
Le luci della sala si abbassarono e questo evitò al commesso di accorgersi come il viso di Michael finì per impallidire di colpo; gli horror non erano tra i suoi film preferiti.
Se si osservavano i due, si poteva notare quanto Nathan fosse completamente assorto dal film, intanto che Mich si torturava le labbra per l'ansia.
Un urlo squarciò l'aria all'improvviso e il minore saltò sulla poltrona, stringendosi inconsciamente al fianco dell'altro ragazzo, nascondendo il viso contro il suo petto.
Nate abbassò lo sguardo sul ragazzo e gentilmente gli avvolse l'esile corpo con un braccio, accarezzandogli la schiena. «Scusami, non ti ho nemmeno chiesto se ti piacevano gli horror» gli sussurrò dispiaciuto all'orecchio, facendo vagare la mano lungo la sua schiena coperta dal maglioncino.
Michael scosse appena la testa, mordendosi le labbra con le guance rosse «N-non ti preoccupare» fece per spostarsi ma la presa di Nathan lo tenne fermo, appoggiato al suo petto.
«Resta così, non mi dispiace» il tono del più grande era rassicurante e, inevitabilmente, Michael finì di nuovo per arrossire.
Aspirò piano il profumo del ragazzo, accoccolato al suo petto come mai gli era capitato prima. La sua pelle sapeva di vaniglia e stare stretto a lui era così rassicurante e piacevole.
Con un occhio sbirciò le scene del film e quasi non gli faceva più paura, ad avere Nate accanto.
Il più grande non aveva smesso un attimo di sfiorargli la schiena, iniziando lentamente a fargli i grattini. Le labbra erano piegate in un dolce e morbido sorriso e gli occhi si distoglievano dal film per osservare il ragazzo stretto a sé. Lo vedeva così piccolo e fragile, non somigliava agli altri ragazzi della sua età, più estroversi e per nulla timidi. Ma la cosa non gli interessava, per nulla. Michael aveva qualcosa che lo attirava.
Una volta finito il film le luci tornarono ad illuminare la sala e le persone iniziarono ad abbandonarla.
I capelli color confetto solleticavano il collo di Nate che prese a sfiorarli piano, sorridendo alla morbidezza delle ciocche.
Michael si sollevò dal petto del ragazzo e i loro occhi si incontrarono, facendolo arrossire ancora. Era sicuro che non aveva mai avuto le guance rosse così spesso come in quelle ore.
«Ti va di andare a mangiare qualcosa? Un amico ha il locale qui all'angolo.»
Michael annuì appena, mordendosi l'interno della guancia e lo seguì fuori dal cinema, camminando lungo il marciapiede.
«Prossima volta vedremo un film meno pauroso, ti va?»
«Sì..gli horror non mi ispirano così tanto» ammise Michael, mordendosi il labbro inferiore. Il maggiore stava già pensando ad una prossima uscita.
«I cartoni animati sono sempre la scelta migliore.» ridacchiò Nathan.
L'altro sorrise ed annuì, stringendosi nelle spalle. «Sì, quelli mi piacciono tanto.»
«Io credo di conoscerli quasi a memoria...con quattro sorelle in televisione si guardavano solo quelli» commentò ridacchiando.
«Oh, siete così tanti?» Michael rimase stupito, intanto che si avvicinavano al locale.
Nathan annuì e apri la porta con un teatrale inchino per farlo passare per primo.
Il più piccolo sorrise timidamente ed entrò nella grande sala piena di tavolini e divanetti, con un largo e lungo bancone sulla sinistra.
«Ehi Nate, hai addescato un bel bocconcino, eh? Ti dai sempre da fare.»
A quelle parole Michael si irrigidì e si bloccò sul posto, mordendosi l'interno della guancia.
Nathan fulminò l'amico dietro il bancone con un'occhiataccia e gli amici seduti sugli sgabelli si zittirono. Fece aderire il petto alla schiena del minore e gli prese la mano, avvicinando le labbra al suo orecchio. «Non li ascoltare, amano fare gli idioti.»
Michael annuì appena, facendosi piccolo contro il suo petto, mentre teneva stretta la sua mano.
Tenne lo sguardo basso e, dolcilmente, lo seguì fino a un tavolo più appartato.
«Scusali, sul serio. Si divertono sempre così.»
«No, non fa nulla...tranquillo.» abbozzò un sorriso, mordendosi appena il labbro.
«Ti vanno cheeseburger e patatine?»
«Oh sì, volentieri.»
Nate sorrise e alzò lo sguardo sull'amico dietro il bancone, mostrandogli indice e medio per richiedere due porzioni del solito piatto che prendeva.
«Allora, tu vivi solo?»
Michael annuì, senza alzare lo sguardo sul ragazzo che portò loro i piatti ordinati «Da due anni» aggiunse. «Cavolo, i tuoi ti hanno permesso di andare a vivere da solo già a diciassette anni?» domandò Nate, poco prima di avvicinarsi alle labbra un paio di patatine.
Michael si schiarì la voce e scosse la testa, osservando il proprio panino nel piatto «Oh beh...non è proprio andata così. Sono orfano e appena ho potuto lasciare l'istituto in cui sono cresciuto, con un po' di soldi, sono andato a vivere da solo.»
Nate rimase a bocca schiusa, paralizzato da quelle parole. «Oh Mich, scusami...mi dispiace di essere stato troppo invadente io n-» il minore scosse la testa «Tranquillo, non potevi saperlo» lo interruppe, sollevando lo sguardo per far incontrare i loro occhi.
«Non..non hai mai avuto una famiglia adottiva?» Domandò Nathan, guardandolo in viso. Non voleva essere troppo invadente con il ragazzo ma, gli sarebbe piaciuto conoscerlo.
Michael si portò una delle patatine fritte alle labbra e annuì, spostando lo sguardo sulla strada fuori dal locale. «Beh, in realtà ne ho avute due» iniziò a raccontare, fissando le poche macchine passare «ma in entrambe non sono durato nemmeno una settimana.»
«Non ti trovavi bene?» azzardò il maggiore.
Il ragazzo scosse la testa, riportando poi l'attenzione del proprio sguardo al ragazzo. «A dire il vero, io non piacevo a loro. Sai, non ero il figlio perfetto. Loro..loro cercavano un vero bambino ed io ero solo uno stupido che adorava le cose da femmina» ammise abbassando lo sguardo, sospirando appena.
Nathan si morse il labbro inferiore ed allungò una mano verso quella dell'altro, stringendogliela dolcemente.
«Invece sei un ragazzo adorabile...stupendo» si fece scappare con un po' troppa sincerità, mentre Michael finì per arrossire.
I due continuarono poi a mangiare tranquilli e l'atmosfera si fece meno pesante, chiacchierando di libri, musica e passioni.
«Ehi Mich se non sei troppo stanco...ti va di fare ancora un giro con me?»
Avevano da poco lasciato il locale e il più piccolo si guardò intorno, un po' incerto.
«Tranquillo, ci sono io» sussurrò il più grande, prendendogli la mano.
Michael arrossì ma, a quel contatto, si sentì più sicuro, accettando l'idea della passeggiata lungo il viale pieno di negozi. Nathan gli teneva la mano e quel gesto per lui era così gentile e nuovo. Non aveva paura, lui non gli avrebbe fatto del male.
Camminarono fianco a fianco fino a raggiungere il parco della città, ritrovandosi a passeggiare lungo il sentiero, con il leggero vento autunnale a scompigliare i loro capelli.
Il minore continuava a camminare con il naso all'insù e per poco non finì a terra, inciampando in un ramo. Nathan però, prontamente, si allungò ad afferrarlo, stringendolo al petto per evitargli la caduta.
«Ehi, è tutto okay piccolo?» domandò premurosamente, accarezzandogli le braccia.
Le guance di Mich si fecero rosse, nascoste però dalla poca luce e si limitò ad annuire, ancora stretto al petto del ragazzo. «S-sì..scusami.»
«Dove guardavi?» sorrise il maggiore, lasciandogli una leggera carezza sulla sua guancia calda.
Timidamente Mich abbassò lo sguardo, mordendosi l'interno della guancia «Contavo le stelle» si ritrovò ad ammettere, con le guance ancora più rosse del solito.
Nathan sorrise intenerito a quella rivelazione e gli prese la mano per portarlo con sè vicino al piccolo laghetto artificiale.
«Le contiamo insieme, ti va?»
Michael rimase sorpreso da quelle parole e seduto accanto a lui sulla riva del lago, schiuse le labbra stupito.
«Dici davvero?»
Il maggiore tra i due annuì, tenendogli la mano, mentre sollevava lo sguardo all'insù, verso il cielo puntinato di stelle.
«Non mi sono mai messo a contare le stelle.»
«E' rilassante» si strinse nelle spalle Mich, osservando anche lui quei brillanti luminosi sopra le loro teste.
Entrambi rimasero con i nasi all'insù, osservando silenziosamente il manto stellato che la sera gli stava donando. Michael non si era mai sentito così bene con qualcuno, non aveva mai nemmeno passato una serata del genere.
Nathan portò il proprio braccio attorno alle sue spalle, stringendolo a sè mentre il minore posava la testa contro la sua spalla.
Il silenzio non creava nulla di imbarazzante, anzi. Dava all'atmosfera un leve tocco romantico e dolce.
«Piccolo, hai sonno?» chiese poi Nate ad un tratto, abbassando lo sguardo sul viso dell'altro, osservando le palpebre calare sugli occhi sempre più assonnati.
Michael annuì, con un leggero sbadigliò che coprì con la propria mano pallida. «Un po'» dovette ammettere.
«Vieni, ti accompagno a casa» Nate si alzò per primo, porgendogli la mano, facendo poi passare lo stesso braccio attorno ai suoi fianchi, per camminare con lui stretto a sè.
Una volta usciti dal parco continuarono a camminare lungo il viale, intanto che Michael spiegava all'altro dove si trovasse il proprio monolocale.
Un tuono ruppe il silenzio dei loro passi e Michael rabbrividì all'istante, facendosi istintivamente più vicino all'altro ragazzo.
«Speriamo di non prendere la pioggia» commentò il più grande, alzando gli occhi sul cielo che iniziava ad annuvolarsi ed incupirsi ancora di più.
«G-già» strinse gli occhi l'altro, facendosi piccolo ad un nuovo tuono che squarciò l'aria, seguito da un lampo.
«Hai paura dei temporali?»
Michael si schiarì la gola, d'un tratto secca; non voleva apparire un bambino davanti ai suoi occhi.
«Cosa? Oh no, no.» mentì, scuotendo appena la testa, stringendo le palpebre ad un nuovo tuono che, questa volta, portò con sè piccole e scostanti gocce di pioggia.
Nathan si bloccò sul posto e gli sollevò il viso, così da poterlo guardare negli occhi «Non devi vergognarti di nulla con me» lo rassicurò, sorridendogli dolcemente. Ancora una volta, quei gesti così dolci e premurosi fecero arrossire il minore.
«Meglio che ci sbrighiamo o ci bagneremo tutti» aggiunse Nate, con le gocce di pioggia a farsi più fitte.
Fortunatamente non distavano ancora molto dal monolocale ma, quasi a farlo apposta, il temporale s'infittì, rendendo zuppi i vestiti di entrambi.
Il più piccolo estrasse velocemente le chiavi di casa dalla borsa e, non appena la porta fu aperta, entrambi si fiondarono dentro.
Michael si appoggiò alla porta d'ingresso, riprendendo fiato dalla corsa che avevano fatto sotto la pioggia.
«Non ho più l'età per queste cose» commentò ridacchiando Nate, piegato in avanti con i palmi delle mani sulle ginocchia, prendendo lunghi respiri.
«Esagerato» rise l'altro, prendendogli poi la mano per portarlo in bagno, porgendogli poi degli asciugamani, così che potesse asciugarsi.
«Mi dispiace di averti fatto bagnare» mormorò il padrone di casa, mordendosi il labbro inferiore, mentre frugava nell'armadio alla ricerca di qualche vestito adatto al maggiore.
«Ehi, non è stata colpa tua. E poi, ti sei bagnato anche tu.»
«Questi dovrebbero andare, preparo un tea mentre ti fai una doccia calda, va bene?»
Nathan sorrise ed annuì, accettando quei vestiti e lasciandogli un bacio sulla guancia «Grazie» sussurrò prima di sparire nuovamente in bagno.
Michael si portò una mano sulla guancia, sfiorando la stessa pelle che poco prima aveva avvertito le labbra del ragazzo posarsi con un tocco morbido e dolce.
Si riscosse non appena avvertì la voce di Nate provenire ovattata dal bagno, ascoltandolo canticchiare con il suono dell'acqua corrente.
Prima di dirigersi in cucina, anche lui si liberò dei vestiti umidi, mettendoli ad asciugare accaccanto a quelli del maggiore.
Indossò poi una comoda tuta grigia per scaldarsi, tamponandosi i capelli che sistemò con un semplice e sottile cerchietto nero.


«Mhm, che buon profumo.» Nate si avvicinò alle spalle di Michael, appoggiandosi così con il mento ad una di esse, osservandolo riempire due tazze colorate.
«Tea alla vaniglia. Spero ti piaccia.»
«Adoro la vaniglia» ammise il maggiore, seguendolo sul divano, afferrando poi la tazza fumante tra le mani.
Sistemati l'uno vicino all'altro sul divano color panna a sorseggiare tea, Nathan e Michael passarono il tempo a chiacchierare. Il minore si sentiva così bene che nemmeno faceva caso ai continui tuoni.
«Credo sia meglio che vada» commentò il più grande guardando l'ora.
«M-ma fuori sta ancora tuonando e il temporale non si è calmato. Non posso farti andare a casa così!»
Nathan non ebbe tempo a ribattere che «Puoi dormire qui, se vuoi» propose il più piccolo, mordendosi il labbro inferiore.
«Sei sicuro?»
Michael annuì, stringendosi nelle spalle «Non mi darebbe nessun fastidio.»
Un sorriso leggero si fece strada sul viso del maggiore che accettò quella proposta, ringraziando mentalmente per non dover affontare quel temporale a tarda notte.
Insieme prepararono il divano letto, scambiandosi occhiate di sfuggita. Dopo avergli lasciato un comodo cuscino ed una coperta, Michael mosse timidamente i piedi sul pavimento, mordendosi l'interno della guancia.
«Beh..buonanotte» mormorò guardandolo, abbassando poi subito lo sguardo.
Nathan era intenerito da quella timidezza e si inginocchiò sul divano, allungandosi a baciargli la guancia che subito divenne rossa. «Buonanotte» sorrise dolcemente, guardandolo entrare in camera.
Non ci volle molto per il maggiore di addormentarsi, nonostante i continui tuoni che rompevano il silenzio della piccola casetta. Lo stesso non si poteva dire per Michael che, rannicchiato sotto la coperta, tremava come una foglia. Al petto stringeva la sua scimmietta di peluche e si dondolava appena avanti e indietro, provando a calmarsi.
Il vento forte e quei continui tuoni accompagnati dai lampi lo spaventavano tremendamente. Provò ad addormentarsi ma nemmeno nel sonno riuscì a trovare tranquillità.
Dei lamenti soffocati svegliarono Nathan che, tutto assonnato, si guardò intorno, restando in silenzio per cercare di capire da dove provenissero. Avvertì poi dei singhiozzi e si voltò verso la camera del più piccolo, alzandosi di scatto senza pensarci due volte, preoccupato.
Avvicinandsi al letto di Michael lo trovò completamente nascosto dalle coperte, con la testa sicuramente sotto il cuscino dato il rigonfiamento di quest'ultimo.
Lo vide stringersi di più su se stesso ad un tuono e si morse il labbro, decidendo di stendersi accanto al ragazzo che, in risposta, sussultò.
«Sono io piccolo, sta tranquillo. Non voglio farti nulla.» lo rassicurò con tono gentile, nonostante il tono fosse arrochito dal sonno.
Michael sollevò la testa dal proprio nascondiglio e puntò i proprio occhi liquidi in quelli dell'altro, tirando su con il naso.
Il maggiore lo avvolse con le braccia, lasciandolo così nascondere contro il proprio petto. «E' tutto a posto piccolo, ci sono io con te.»
La voce di Nate era così rassicurante e premurosa, così come le sue braccia. Michael si sentiva un bambino e si vergognava di mostrarsi così debole ai suoi occhi.
«Fidati di me» aggiunse poi il maggiore, continuando a coccolare l'altro ragazzo, tenendolo rannicchiato al petto affettuosamente. Quel contatto gli riportò alla mente le volte che aveva fatto lo stesso con le proprie sorelle.
«Grazie» riuscì a sussurrare piano, stretto al petto del più grande, con ancora il peluche incollato al proprio.
«Dormi piccolo, ci sono io a proteggerti» e quelle parole fecero perdere un battito al cuore di Michael che, rasserenato dalla presenza dell'altro, riuscì finalmente ad addormentarsi, dimenticandosi del temporale.


Nathan aprì gli occhi solleticato da una massa morbida e profumata proprio sotto al naso. Abbassò lo sguardo e si morse il labbro intenerito, trovando il più piccolo rannicchiato contro il petto, con ancora il peluche abbracciato.
Per fortuna il temporale sembrava essere scemato del tutto, lasciandosi solo qualche nuvola al seguito.
Dolcemente scostò i capelli confetto dalla fronte dell'altro e tornò a stringerlo, concedendosi ancora qualche minuto di sonno in quella tranquillità.
Nemmeno un paio d'ore dopo fu il turno di Michael di aprire gli occhi e si ritrovò a trattenere il fiato mentre si trovava circondato dalle braccia dell'altro. Rammentò cosa fosse successo durante la notte ed arrossì imbarazzato, sollevando piano lo sguardo sul viso di Nate addormentato.
Silenziosamente studiò i suoi tratti, portando timidamente una mano sulla sua guancia, sfiorandola con le dita.
Provò a muoversi ma, quel gesto, non fece che aumentare la presa del maggiore attorno al suo corpicino. Michael non si era mai sentito così protetto prima di allora.
Come gesto di riconoscenza aveva pensato di preparare la colazione, portandola a letto al più grande.
Nuovamente provò a muoversi e Nathan mugolò nel sonno, accarezzando la schiena al più piccolo.
«Dove vai?» domandò con il tono impastato dal sonno, tenendo gli occhi chiusi.
Le labbra di Michael si allongarono il un dolce sorriso ed appoggiò una mano sul suo petto, delicatamente «A preparare la colazione, aspetta qui, ci metto poco» .
In risposta ricevette un mugolio e il corpo del più grande stringersi al proprio «Dopo torna» sussurrò piano Nathan, appoggiando alla cieca la fronte contro quella del ragazzo.
«Faccio veloce» annuì Michael, arrossendo ancora una volta prima di sgusciare lentamente fuori dal letto, attraversato da un leggero brivido freddo per via della mancanza del corpo caldo dell'altro.
A piedi scalzi entrò nella piccola cucina, tirando fuori due tazze ed appoggiandole in un piccolo vassoio, insieme a dei biscotti.
Riempì il bollitore con dell'acqua e lasciò poi due bustine di tea in infusione, sbirciando di tanto in tanto il ragazzo steso sul proprio letto. Era una situazione così strana, eppure bella allo stesso tempo.
Tornò poi a prestare attenzione al tea sul fuoco e versò la tisana profumata nelle due tazze, sistemandole sul vassoio dopo aver zuccherato entrambe.
Senza far cadere nulla tornò nella propria camera, sedendosi sul letto ed appoggiando il vassoio sulle lenzuola, voltandosi verso Nathan che ancora dormiva, con un'espressione serena e tranquilla.
«Nate» sussurrò piano, accarezzandogli un braccio, ricevendo un semplice mugolo assonnao in risposa.
Un sorriso gli allungò le labbra e timidamente si avvicinò al suo viso, baciandolo sulla guancia «Natty c'è la colazione»
Il maggiore sollevò piano le palpebre e puntò lo sguardo sul viso estremamente vicino di Michael che inevitabilmente arrossì. «Che bel buongiorno» bisbigliò rocamente, stiracchiandosi prima di mettersi seduto sul letto, guardando le due tazze fumanti con i biscotti vicini.
«Sei stato dolcissimo» commentò Nate, passandosi una mano tra i capelli, piegandosi poi a baciare la guancia del minore.
Insieme fecero colazione, intingendo i biscotti nel tea, l'uno accanto all'altro, perdendosi intanto nelle chiacchiere.
Mich si alzò dal letto, sistemandosi sui fianchi la maglia grigia della tuta «Beh..io vado a fare una doccia» mormorò all'altro ragazzo, prendendo poi un cambio di vestiti e dirigendosi in bagno.
«Ti aspetto» gli sorrise Nathan, ancora intrecciato tra le lenzuola, sbadigliando appena. Finì per socchiudere gli occhi, piegando gl angoli delle labbra in un morbido sorriso al profumo del ragazzo sul cuscino.
Michael sotto la doccia stava canticchiando sottovoce, passandosi la spugna intrisa di bagnoschiuma al lampone sul corpo. Mentre si sciacquava, poi, afferrò il flacone dello shampoo e versò un'abbondante dose al profumo di frutti di bosco nella mano, iniziando poi a frizionare le dita tra i capelli rosa confetto, chiudendo gli occhi.
Strinse le palpebre, cercando di inclinare la testa più indietro possibile, con la solita paura che lo shampoo gli finisse negli occhi.
Una spuma colorata di rosa sostituì i capelli del ragazzo che, provando a stare il più attento possibile, si sistemò sotto il getto dell'acqua per sciacquarsi.
Credendo di aver eliminato ogni residuo di sapone tornò con la testa dritta ed aprì gli occhi, pentendosene dopo pochi secondi.
Gli occhi presero a bruciare e lacrimare e Michael dovette serrare con forza le palpebre, piagnucolando.
Alla cieca cerco il rubinetto dell'acqua ma non fece altro che far cadere il flacone del bagnoschiuma dalla piccola mensola, proprio sul suo piede.
Un urletto ben poco virile gli abbandonò le labbra mentre cercava di aprire gli occhi che non facevano che bruciargli.
Nathan si stava rilassando sul letto ma, avvertendo l'altro lamentarsi, si alzò di scatto dal letto, entrando senza pensarci troppo nel bagno, per vedere cosa stesse accadendo.
Il tempo di voltarsi verso la doccia che il corpicino esile di Michael gli cadde tra le braccia, con il minore a piagnucolare con le mani sugli occhi.
«Ehi piccolo è tutto okay, sta tranquillo» cercò di rassicurarlo il maggiore, stringendolo tra le braccia.
Michael tremò appena e subito l'altro gli circondò il corpo con l'asciugamano lì vicino, coprendolo.

«Che succede Mich?»
Il minore si morse il labbro e cercò di aprire gli occhi, richiudendoli subito dopo al bruciore.
«L-lo shampoo...mi è finito negli occhi» ammise imbarazzato, stringendosi al petto del più grande che, con un sorriso intenerito, lo avvicinò al lavandino e, dopo aver aperto l'acqua fredda, iniziò a sciacquare con attenzione gli occhi del ragazzo, tamponandoli appena con un altro asciugamano.
«Apri gli occhi Michael» gli chiese dolcemente accarezzandogli le guance, ricevendo in risposta uno scossone della testa.
Nathan sorrise e gli passò una mano tra i capelli umidi, scostandoglieli dalla fronte «Sta tranquillo piccolo, fammi controllare gli occhi.»
«No...» bisbigliò timidamente il ragazzo, mordendosi il labbro inferiore, continuando a stringere le proprie palpebre.
Il maggiore osservò le labbra dell'altro e schiuse appena le proprie, quasi con titubanza. Senza pensarci, poi, fece aderire la propria bocca alla sua, in un timido e morbido bacio, tenendogli il viso tra le mani, socchiudendo gli occhi.
Michael si irrigidì in un primo momento ma a quel tocco gentile e per nulla indelicato si sciolse, lasciando le che loro bocche aderissero senza alcuno ostacolo.
Passarono secondi che parvero infiniti e, con un leggero schiocco, Nathan separò lo loro bocche sorridendo.
«Ora mi fai vedere i tuoi meravigliosi occhietti, piccolo?»
Il ragazzo dai capelli rosa confetto sollevò le palpebre e fece scontrare i loro sguardi, con il proprio ancora un po' arrossato dal sapone.
Nathan sorrise, accarezzandogli la guancia, incantato da quel viso così dolce «Sei bellissimo» sussurrò piano, sfiorandogli la pelle morbida con il pollice, per poi far incontrare nuovamente le loro labbra.


#Spazio autrice

So che è molto che non pubblico e sono tornata con dei nuovi personaggi.
Michael è ovviamente ispirato a Michael Clifford mente Nathan è ispirato a Louis Tomlinson.
Perché questa scelta? Bella domanda.
Diciamo che tutto è nato dal fake ed io ho semplicemente voluto dedicare questa piccola storia.
Spero vi sia piaciuta e che abbiate voglia di lasciarmi qualche commento.
Un bacio,

Chiara.
  
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