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Autore: soldierofmymind    19/08/2015    0 recensioni
Sette semidei risponderanno alla chiamata.
Tre dei figli dei Sette sotto un unico sigillo faranno adunata.
La morte dei figli del freddo vendetta troverà per mano del semidio nato nel segno di chi ruggisce.
Il caldo sarà sfidato e una delle pedine in quel luogo perisce.
Il freddo sarà l'arma della vittoria o figlio della neve e del fulmine.
Di sette che partiranno due ritorno non faranno così come mai avrà fine l'eterna lite.
È questa la nuova profezia dei sette, questa è la sua nuova vita.
Simon Grace, un ragazzo che non doveva nascere, una brutta storia alle spalle. E che dire? Un ragazzo normale, almeno lui crede sia così.
No, okay, raccontiamo le cose come stanno: Simon sa di essere diverso, sa di odiare in qualche modo la sua vita, quando si sente incompreso. Ma il fato ha una piega diversa per lui.
Il figlio illegittimo di Jason Grace è arrivato al campo e l'ira degli dei venti si riverserà sui semidei.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Chione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~~Novembre.
Giorno 1, settimana 1

Non andate mai nelle scuole inglesi. Non fatelo... Potreste ritrovarvi vostro zio come professore di biologia, magari con un piacere malsano nel mettervi in difficoltà. Zio Step è (per mia sfortuna) così.

- Signor Grace, sa dirmi la corretta definizione di legame covalente? -

- Uh? - la risposta mi uscì involontaria, anche perchè non stavo ascoltando.

Io non ascolto mai le lezioni, sono piuttosto noiose per un ragazzo iperattivo, anche se sono il più bravo della classe in latino. Ma questa, sfortunatamente per il sottoscritto, è l'ora di biologia. E ,ovviamente, partirono i cori di risate.

- Scusi professore, ma io non sono molto bravo in chimica - buttai lì abbastanza timidamente.

- Sei come tua madre... - bobbortò mio zio, muovendo appena la testa - Allora c'è qualcuno che lo sa?

Da lì in poi non ascoltai la lezione. Mi portai una mano al nodo della cravatta rossa e blu, allentandola. Mi sentivo le dita fredde, intorpide... Non mi capitava molto spesso, ma, a volte, ero sicuro di trovare una leggera lamina di ghiaccio a forma di fulmine, sul palmo. Non l'avevo mai detto a mia madre o allo zio.

- Pssss -

Un leggero sussurrio mi riportò alla realtà e mi voltai, seguendo la direzione del sussurro; sapevo già chi mi stava chiamando. Grace, bella come sempre, i capelli castani lasciati sciolti, i grandi occhi dorati che mi fissavano divertita. La divisa sclastica le stava male rendendola più.. Non riuscivo neanche a trovare le parole giuste. Si allungò sul banco, tendendomi la mano: c'era un bigliettino.Lo presi e me lo misi in tasca, stando attento a non farmi vedere dallo zio. Mi accorsi di una scintilla di elettricità vicino alle prese del computer.

Aprii il bigliettino: la scrittura non era per nulla ordinta e precisa, anzi sembravano una fitta rete di scarabocchi, ma, dopo poco, riuscii a capirci qualcosa; in risposta alla sua domanda, mi voltai e le sorrisi.

- Signorino Grace! -

Il mio sorriso divenne una smorfia.

- Si volti, prego. -

Quanto odio mio zio.

- Simon. -

Mio malgrado mi voltai, con un finta smorfia di dolore dipinta sul volto.

- Signorina Withehead? - continuò il professore rivolto alla mia amica.

- Si professore? -

La sua voce in quel momento era parecchio squillante e di sicuro era arrossita, e in questo aveva preso dalla madre. Teresa Collins era una simpatica donna di trentacinque anni, dai capelli biondi come il miele e gli occhi dorati; mi ricordo che quando ero più piccolo mi dava sempre le caramelle (a forma di sirena, centauro, minotauro, pegaso e fauno ), allora mia madre la guardava malamante e lei arrossiva imbarzzata fio alla punta delle orecchie.Mia mamma non va molto d'accordo con Teresa: spesso litigano quando Tessa parla dei vecchi tempi al Campo, e quando lo fa, mia mamma si alza in piedi, stringe i pugni, e con tono freddo e distaccatto dice che ce ne dobbiamo andare via; Hansel, il marito di Tessa, sopporta poco sia mia madre che mio zio. Io non ho ancora capito perchè. Ma, spesso, Tessa dice, con tono fermo come quello di un avvocato, che i segreti verranno a galla, così come le bugie. Non ho mai saputo cosa volesse dire, con quella frase.

Intanto, il professore aveva appena finito di dire qualcosa.

- Cosa? -

Chiesi, leggermente spaesato e confuso. Le risate sopraggiunsero ancora prima della risposta. Delle risate sguaite, che ti facevano venir voglia di piangere. Una lacrima, fredda come la neve, mi attraversò le guance e mi affrettai a farla scomparire.

- Amnesia, Grace? -

Sapevo che non si rifereva alla mia migliore amica, ma la domanda di qualche povero idiota, mi fece arrabbiare.Mi arrabbiavo poco, e quando lo facevo non lasciavo che le emozioni trapelassero sul mio volto, così mi paragonavano ad una maschera di ghiaccio, fredda e silente, senza emozioni. Ma fu quella parola "amnesia" a far scattare qualcosa nel mio corpo.

Una rabbia sorda.Una scintilla che scatta.La luce che sfrigola.Il nero più totale.

Non so cosa era successo, ma tutte le risate si spensero, come se si spegnesse la luce di un interruttore. Gli occhi dorati di Grace riuscivano a fissarmi famelica, come un gatto che, una volta trovata la sua preda, non aspetta altro per mangiarsela.Si sentì un coro di bisbigli. Grace, con un movimento fluente e veloce si sedette sulle mie gambe, dato che spostare un Balthasard (più comunemente noto come Bart ) addormentato non era nella lista delle cose preferite di Grace, lasciai pure che mi mettesse un braccio attorno alle spalle. Avvicinò le sue labbra al mio orecchio e sentii il suo alito caldo pizzicarmi l'orecchio.

- Hai i capelli pieni di neve. -

Poco dopo, con gli stessi movimenti silenziosi da gatta, ritornò al suo posto.Sentivo lo sguardo di qualcuno puntato sulla mia schiena, così mi voltai, cercando di scacciare quella spiacevole sensazione; incontrai lo sguardo di mio zio che mi fissava, scrutandomi. Mi passai una mano trai capelli e trovai dei piccoli fiocchi di neve; immediatamente, e con molto spavento, indossai il cappuccio della felpa.

- Grace, Withehead - disse mio zio, freddamente - vi voglio fuori dalla stanza tra dieci minuti. Dobbiamo parlare. -

E perentoria, a segnare il nostro destino, suonò la campanella di fine lezione: presto tutta la scuola sarebbe rimasta deserta, mentre io e Grace, saremmo rimasti a parlare con mio zio.Sbuffando, sbattei la testa contro il banco più e più volte, frustrato.

 

                                                                                              * * *

- Simon - lo zio spostò il suo sguardo nei miei occhi - Grace - ora guardò la mia amica -dobbiamo parlare. -

Io deglutii sonoramente.- Lo dirai alla mamma, zio? -

Lui mi guardò con i suoi grandi occhi color acquamarina. Non sembrava facile essere il gemello di Maria, soprattutto per zio Stephen: lui è molto gentile (tranne quando è in classe), riservato e cerca sempre di proteggere la mamma. Solo che, in quel momento, i suoi occhi sembravano sofferenti, quasi come devessi dire un qualcosa di proibito.

- No - disse stancamente - lei non vuole che io ne parli. Ma devo. Lo devo ai tuoi genitori Grace e a tuo padre, Simon. Tua madre la deve smettere con le smanie di protezionismo. -

Questa frase mi lasciò senza parole. Mia madre quindi... mi stava proteggendo da qualcosa. Eperchè lo doveva a mio padre?

Lo zio si passò una mano trai capelli biondi, trovando poi tra le mani quelli che semravano granuli di neve, per poi passarla sul volto: sembrava stanco, come se portasse un peso sulle spalle.

- Voi ci credete ai miti? -

- Miti? - chiesi io, piuttosto sorpreso.

- Certo, idiota, quelli che ci racconta mia madre - disse con una punta di acidità la mia amica.

- Non sono così scemo, Miss Antipatica - commentai io con lo stesso tono, vedendo mio zio ridacchiare sommessamente. Zio Step si avvcinava alla quarantina, ma sembrava più vecchio e io non riuscivo a mia a capirne il perché.

- Cosa vuoi dire, zio? - il mio tono di voce era salito di un ottava - E COSA C'ENTRA MIO PADRE?

Lo zio mi guardò fisso negli occhi, studiandomi come un artista studia un pezzo di legno prima di ricavarne un' opera. - Sei la sua capia. Ma di questo devi parlarne con tua madre, io non posso dirtelo. -Era la stessa risposta. Sempre la stessa. Ma io volevo sapere davvero qualcosa di mio padre, non mi bastava più sentire "sei la sua copia", perchè io volevo altro, volevo un volto, un corpo ed era inutile guardarmi allo specchio e provare ad immaginarlo. A volte lo sognavo e, quando lo facevo, lo immaginavo abbracciare mai madre, stringerla forte a sè, baciarla e poi scompigliarmi i capelli.Ma ormai vivo da sedici anni senza di lui. Così incassai il colpo, l'ennesima attesa, abbassando lo sguardo.

- Simon, Grace - continuò imperterrito lo zio, - sarò breve e conciso. non voglio domande fino alla fine del mio racconto. - prese un respiro profondo ed incominciò a parlare. -Gli dei dell'Olimpo esistono davvero e hanno molti figli con i mortali. Io, mia sorella, il padre di Simon e i genitori di Grace lo siamo. Ovviamente io e mia sorella siamo figli di Chione, freddi e silenziosi, ma coraggiosi se ci pensi. Solo che io non mi posso definere coraggioso. - sorrise, come a ricordare un vecchio episodio - ma non ero così debole, sapete? Perchè per morre ci vuole fegato. Si, bambini. Io sono morto. - lo guardai con gli occhi spalancati dall'orrore - Io e mia sorella siamo nati nel 1940, il diciotto di novembre, in Canada; quel giorno nevicava fortissimo. Lei era quella sana, io quello malaticcio.Poi crescemmo, scoprimmo di avere stri poteri: lei controllava il ghiaccio e la neve, poteva prevedere quando ci sarebbe stata una valanga, o una frana; io sapevo solo parlare con gli spiriti die venti. Quelli, ragazzi miei, sì che erano bei tempi. Ma, pochi giorni dopo il nostro sedicesimo compleanno, comparve una strana ragazzina. Il suo nome? Zoe Nightshade. Nella mitologia greca, viene citato un gruppo d ragazze vergini, immortali che combattono al fianco di una dea chiamata Artemide. Esse rinunciano all'amore. Ma vedete, Zoe era La cacciatrice per eccellenza: figlia di Atlante ( il tipo che soregge la volta celeste, tanto per capirci) era divenuta il... come si può dire... Comandante in seconda? Luogotenente? Capitano? Insomma, qualcosa del genere, dell'ordine della cacciatrici. Il suo compito era quello di Portarci al campo mezzosangue - sorseggiò del tè freddo - Grace, tua madre parla spesso di un campo, vero? - lo zio alzò un sopracciglio, guardandola da sopra la tazza.

- Si... - sussurrò lei, più spaventata che altro.-

- Bene - continuò imperterrito lo zio. - Quel campo, esiste davvero. Il Campo allena i semidei a prepararsi per combattere i mostri, a sopravvivere nalla maggior parte dei casi. - arriciò il naso - Beh. Gli dei dell'olimpo sono dodici: Zeus, Era; Poseidone, Ade, Demtra, Estia, Ares; Afrodite, Dioniso, Atena, Ermes e un altro di cui ora non ricordo il nome. Ma ragazzi miei... Gli dei sono tantissimi, specialmente gli dei minori. Ad esempio, cara Grace, tua madre è figlia di Dike, la dea della giustizia, tuo padre è invece figlio di Afrodite. Secondo me, è meglio non mischuiae giustizia, sincerità con amore e bellezza. - Grace lo guardò indignata. - Ma non esistono solo i semidei greci, ma anche quelli romani - il suo sguardo si spostò sul mio. - E ovviamente, i semidei, i figli degli dei hanno dei figli - ci indicò con la tazza di tè, ancora in mano - ovvero voi.Ci sono domande?

No, non c'erano domande. Nè ci sarebbero state. Mia madre che era nata nei 'quaranta? I miei genitori semidei? Gli dei dell'olimpo?Tutte cazzate, secondo il sottoscritto. Mi alzai in piedi, più arrabbiato di prima. Corsi, corsi il più lontano e il più possibilmente veloce dalla scuola.

Andai a sbattere contro qualcosa.

Quel qualcosa non doveva esistere.

   
 
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