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Autore: Lovehope_    20/08/2015    1 recensioni
ATTENZIONE:Questa storia è ispirata al romanzo 'Blue lagoon' di Henry De Vere Stacpoole.
Cosa succede quando due ragazzi si ritrovano su un'isola sperduta nel bel mezzo dell'oceano Atlantico?
Sono praticamente l'opposto.
Lei, Jade Mills, diciassette anni, studente modello e obbediente a casa.
Lui, Dorian Anderson, diciotto anni, è tra i ragazzi più popolari e belli della scuola.
Ma un'isola, può cambiare decisamente tutto. Un'isola può far conoscere nel profondo.
E sarà odio o amore?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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                                              Chapter twenty-one







































- Dammi la mano! - Un signore dall'elicottero si sporse, invitandomi a prendere la sua mano per poter salire. L'afferrai subito dopo e andai a sedermi accanto ad un Tom sorridente. C'era aria di felicità e di gioia, tutti noi stavamo ritornando finalmente a casa. Ma, dopotutto, Dorian mi aveva rovinato anche quel momento. Io non ero contenta, o forse sì, ma in quel preciso momento ero soltanto scossa. Scossa fin dentro le ossa. Charlotte era venuta a cercarmi siccome non vedeva ritornare né me né Jessica e Dorian, e una volta arrivata lì, sorpresa anche lei dalla situazione, mi portò semplicemente via prendendomi per le spalle. Informò gli altri due dell'arrivo di un elicottero e poi ci dirigemmo in spiaggia. Non piansi. Non versai nemmeno una lacrima, ormai non ci riuscivo neanche più. Non avvertivo il mio cuore battere e la vista era offuscata da un velo d'acqua di amara delusione. Per tutto il viaggio in elicottero, non sentii nulla e nessuno. Ero ferma, come in un black out. Guardavo fisso innanzi a me, anche se in realtà, non guardavo nulla. E non pensavo a nulla. Dopo un bel po' di tempo, non so di preciso quanto, distolsi gli occhi dal finestrino e attirata non so da cosa, li abbassai. Li puntai proprio di fronte a me e lì, c'era Dorian. Aveva le ginocchia leggermente piegate e le braccia poggiate sopra, mi osservava anzi mi trapassava con uno sguardo serio. In quell'arco di secondo in cui i nostri occhi si incontrarono, iniziai a sentire un bruciore all'altezza dello stomaco. Era doloroso. Deglutii vistosamente distogliendo lo sguardo e una lacrima sfuggì al mio controllo. Ero sicura mi amasse, eppure...mi ero sbagliata. Mi ero profondamente sbagliata. Dovevano essere passate delle ore. Minuti in cui cercavo di far finta di non sentire quei gli occhi grigi puntati costantemente su di me. Nessuno mi rivolgeva la parola, o forse ero io a non accorgermene di nulla. Ero così sopraffatta da tutto che non sapevo nemmeno come avrei fatto ad affrontare la mia famiglia una volta atterrata. Aspettavo quel momento da tantissimo tempo ma mi aveva colta impreparata. Più che impreparata, disinteressata. Sì, perché adesso l’unica cosa che mi veniva bene e che volevo fare era mettermi appartata in un angolino a sfogare le mie lacrime. E poi avrei trovato un modo per digerire il tutto. Ma così non ne avrei avuto il tempo e non volevo essere vista con le lacrime agli occhi da lui. Lui, la causa del mio dolore. Ma lo amavo. Lo amavo così tanto da odiarlo. Non volevo star male per lui eppure non riuscivo a non pensare a ciò che era accaduto. Dorian aveva fatto sesso con Jessica. Aveva fatto sesso con un’altra ragazza e non una qualunque, ma la mia migliore amica. Probabilmente avrei sofferto meno se fossero venuti a raccontarmelo. Ma vederli lì, nudi, uno accanto all’altro mi aveva spezzato letteralmente il cuore in due. Ora ero più che sicura che volevo una vita senza Dorian. Avevo chiuso con lui e con l’amore. Sarei stata una ragazza più forte, lo stavo promettendo a me stessa. Io, Jade Mills, avrei dato una svolta alla mia vita. L’elicottero si posò a terra. Un mormorio di voci proveniva dall’esterno. I signori che stavano con noi all’interno dell’elicottero ci diedero ad ognuno di noi delle coperte di lana. All’inizio non capii, ma subito mi ricordai che ormai era Dicembre. Sentivo i ragazzi emozionarsi guardando fuori dai finestrini e indicando probabilmente le loro rispettive famiglie. Io restavo comunque seduta. Una volta aperta la porta, sentii l’adrenalina salire man mano. Mi alzai prontamente di scatto e puntai il mio sguardo fuori. Il paesaggio era tutto innevato e un gelo mi arrivò dritto nelle ossa. Non ebbi la prontezza di scendere subito, visto il vento freddo che proveniva da fuori. Tom e Charlotte furono i primi a scendere, dopodiché sorpassandomi uscii anche David seguito da Jessica. Mi decisi a scendere anch’io dall’elicottero, iniziando ad avviarmi per le scale e sentendo degli urletti eccitati. Una volta a terra, alzai lo sguardo e vidi mia madre con enormi lacrime agli occhi corrermi incontro. Aprii d’istinto le braccia e mi tuffai nell’abbraccio di mia madre. Al primo impatto, sentii quel calore così familiare. Quel calore che mi era mancato per troppo tempo. Aspirai il suo odore…quello di casa. Iniziai a piangere a dirotto, mentre sentivo altre persone unirsi all’abbraccio. Erano mio padre e il mio piccolo fratellino John. Non ci furono parole, ma soltanto gesti che dimostrarono quanto fossi mancata a loro e quanto loro fossero mancati a me. La mia famiglia…amavo la mia famiglia. – Jade devi vedere cosa ho costruito a casa. – La voce squillante di mio fratello sovrastava quella dei miei genitori, che probabilmente cercavano di farmi domande. – Sembra una nave ma in realtà è una gigantesca casa! Devi assolutamente vederla! – Gesticolava emozionato mentre io gli sorridevo. Mi era mancato così tanto. Di slancio lo abbracciai, gesto che sorprese anche lui ma che ricambiò l’attimo dopo. Era cresciuto abbastanza, forse di qualche centimetro. Mia madre continuava ad osservarmi dal retrovisore della macchina. Sembrava dimagrita e meno curata. Probabilmente quei mesi della mia assenza erano stati terribili per lei. Un po’ iniziavo a sentirmi in colpa… Aver accettato quell’invito ad andare al party sullo yatch si era rivelato una tragedia. I miei genitori non sembravano arrabbiati con me, o almeno, per ora. Adesso c’era ancora la furia del momento. La loro figlia quasi diciottenne era viva e vegeta, di ritorno finalmente a casa. E mi sentii in colpa anche di non essere al massimo della contentezza. Ma ero distrutta dentro. L’amore mi aveva consumata fino a lasciarmi un vuoto incolmabile. E non un amore semplice, ma quello insano…quello che Dorian si era permesso di donarmi. Che poi, di quale amore stavamo parlando? Non si era posto nessun problema ad andare a letto con Jessica e dubitavo che quella fosse la prima volta. Forse mi aveva presa sempre in giro. Magari non ero mai stata niente di più serio per lui, al massimo un fottuto trofeo. ‘Jade Mills, la ragazza complicata da domare è caduta ai miei piedi come una pera cotta.’ Lo sentivo già beffarsi di me con gli altri suoi amici popolari e puttanieri della scuola. La cosa che più mi doleva dentro era il fatto che gli avessi donato la mia verginità. L’avevo custodita, riservandola alla persona che mi avrebbe poi amata, o anche solo tenuto a me. Ed io, da perfetta idiota, avevo avuto la prima volta con lui. Sentii che quello era stato lo sbaglio più grosso della mia vita. Anche se, io avevo dato tutta me stessa in quel rapporto. Per me era stato amore, puro e semplice amore. E forse di questo non dovevo pentirmene. – Jade siamo arrivati! – John esultò scendendo dall’auto e invitandomi a fare lo stesso. Mi era persino mancato l’asfalto sotto i piedi, pensai sorridendo. Alzai lo sguardo verso la mia casa, il mio dolce nido dalla nascita. Quasi non me la ricordavo… Era completamente bianca, un colore soffice e tenue, emanava ospitalità e quiete. Mio padre appoggiò un braccio sulle mie spalle e mi depositò un bacio sui capelli, mentre ci dirigevamo all’interno dell’edificio. C’era un silenzio carico di emozioni. Ognuno aveva paura di parlare, di dire troppo. Una volta entrata in casa, involontariamente aspirai sentendo quel profumo che tanto amavo, entrare nelle narici. Immediatamente un clima di tranquillità mi avvolse portandomi finalmente a sorridere felice. Gli occhi contenti dei miei genitori erano puntati su di me. Mi guardavano mentre io osservavo a mia volta tutto ciò che mi circondava. Fui avvolta in un abbraccio da entrambi. Cominciai a piangere, esternando quel dolore che mi aveva tenuta lontano dalla mia famiglia. E anche loro iniziarono a commuoversi. Vedere papà in lacrime, credetemi, era davvero raro. – Mamma ma perché piangete? – John cercò la nostra attenzione mentre si aggrappava alla sua maglia. – Niente, tesoro. Siamo contenti. – Riuscì a rispondere mamma con una voce rotta dal pianto. Quando salii nella mia camera mi sorpresi di trovarla intatta, così come l’avevo lasciata. C’erano ancora alcuni vestiti che avevo scelto in alternativa per quel maledetto party, buttati alla rinfusa sul mio letto ad una piazza e mezzo. La scrivania di legno scuro, era ovviamente, disordinata. Ricoperta da fogli e penne, e qualche libro scolastico. Anche le pareti della mia camera non erano per niente colorate, anzi anch’esse completamente bianche. Soltanto ricoperte da posters dei miei attori preferiti e delle mie band musicali preferite. Avevo una vecchia tv, posta su un mobile e un enorme armadio dove tenevo i miei vestiti. Accanto al mio letto dalle lenzuola grigie, c’era un piccolo comodino dove all’interno dei cassetti avevo la mia biancheria intima. All’improvviso mi ricordai del mio odore abbastanza puzzolente e del fatto che non mi lavassi da tre mesi. Mi diressi al bagno della mia camera e senza esitare, mi buttai sotto la doccia insaponandomi e beandomi di quei profumi che non sentivo da troppo tempo. Uscii dopo mezz’ora buona dalla doccia, passata a strofinarmi almeno due tre volte la pelle e il capo. Profumata e vestita, mi avvicinai al grande finestrone della mia camera, la parte che adoravo di più. Mi affacciai, notando il giardino sotto di me abbastanza trascurato. Emanava un’aria così nostalgica… D’un tratto, sentii la porta dietro di me venir aperta. Istintivamente mi girai di scatto e vidi mia madre entrare. – Non abbiamo avuto il coraggio di spostar nemmeno una virgola. – Commentò guardandosi intorno per poi sedersi sul letto. Con un gesto della mano mi invitò a prender posto accanto a lei. – Come stai? – Domandò poi, una volta che mi sedetti sul materasso morbido. – Bene. – Risposi immediatamente, accennando un sorriso. Non stavo poi così bene. – Non ne sarei così sicura… - Affermò guardandomi negli occhi ormai lucidi. – Jade, sai benissimo che mi accorgo subito di tutto. Non mentire, non a me almeno. – Una sua mano andò ad accarezzare la mia guancia umida, a causa delle lacrime che stavano scendendo. – So quando sei al massimo della felicità e quando invece, c’è qualcosa che non va. – Continuò a parlare, con quel tono comprensivo che solo lei riusciva ad avere. Non sapevo se parlarle o meno della faccenda. Perché se dovevo raccontarle di Dorian, non riuscivo a non dirle tutto. E lui era il ragazzo che mi aveva sverginato. Lui era la mia prima volta. Guardando mia madre negli occhi, mi accorsi che forse era lei la mia vera migliore amica. E se non mi fossi sfogata con lei, con chi l’avrei fatto? Ed io non ero per niente una persona che amava tenersi tutto dentro. Io dovevo esternare il mio dolore. Mamma doveva sapere e sicuramente con un suo consiglio, avrebbe saputo aiutarmi. Perché io avevo bisogno di aiuto, necessitavo di una soluzione per stare di nuovo bene. Mi sorpresi solo del fatto che mia madre non mi fece altre mille domande come mi aspettavo. Cose che riguardavano il party su uno yatch illegale, sulla mia sopravvivenza su un’isola e quant’altro. Mia madre voleva solo sapere cosa mi stesse turbando. Ed era solo quello che stavo aspettando. Così, iniziai a raccontarle della storia tra me e Dorian dall’inizio. Da quando svenni sullo yatch al tradimento con Jessica. Mi ascoltò fino alla fine, senza interrompermi e lasciandomi parlare. Non ci fu nessuna morale, non mi riprese su nessun errore. – Ascoltami figlia mia – iniziò accarezzandomi le mani – amare non è mai un errore. Non pentirtene mai. Hai provato delle emozioni fortissime e dovresti ritenerti fortunata. – Mi morsi il labbro per evitare di iniziare di nuovo a piangere. – La tua prima volta è stata letteralmente da film, queste sono parole tue. Ma sappi che nessuna storia d’amore è tutta rose e fiori. Perché quelle, mia cara, non sono vere. – Le parole di mia madre mi fecero riflettere molto, come sempre naturalmente. – Capisco che adesso hai il cuore spezzato in due. Il ragazzo che ami è andato a letto con la tua migliore amica, cavolo! Anche se, sono convinta, che lui sia innamorato di te. Ma devo conoscerlo di persona per poter capire com’è fatto… - Si portò un dito al labbro nella sua solita espressione pensierosa. Mi sfuggii una risatina. Una cosa certa era che io con Dorian non volevo più avere a che fare. Neanche le parole di mia madre mi avrebbero fatto cambiare idea. – E poi quella Jessica non mi è mai stata simpatica. – Commentò alla fine, con un cipiglio alzato. In effetti, mamma mi aveva sempre detto che non si fidava molto di Jessica. Ma non mi vietava niente, non voleva influenzarmi con ‘le sue stupide insinuazioni’ aveva detto. Una volta che mia madre uscì dalla mia camera, non persi tempo a buttarmi a perso morto sul materasso. Sentire quella magnifica morbidezza dopo mesi era una sensazione al quanto sublime. Così, di colpo, mi addormentai. Quando, ancora in dormi veglia, scesi in cucina, trovai entrambi i miei genitori seduti a tavola. Ci fu un attimo di silenzio finché mia madre non fu la prima a prender parola. – Jade, è vero che prima abbiamo parlato di tutt’altro ma è arrivato il momento di darci spiegazioni. – Anche se il suo tono risultava sempre comprensivo, in realtà era molto seria. Così come l’espressione di mio padre. In risposta, presi posto anche io su una sedia. – Da cosa volete che cominci? – Domandai guardandoli entrambi e pronta al loro interrogatorio. – Perché eri su uno yatch illegale? – Mio padre non perse tempo ad arrivare dritto al punto. – Perché non lo sapevo. – Risposi prontamente. Mio padre aggrottò le sopracciglia, per nulla convinto. – Jade, noi vogliamo solo sapere la verità…- Intervenne mia madre abbassando lo sguardo. – Mamma…- ero più che incredula, perché non mi credevano? – Ti posso giurare che è così! – Continuai, iniziando ad innervosirmi. Non potevano accusarmi in quel modo, quando davvero di tutta quella storia non ne sapevo niente! – Io non volevo nemmeno andarci a quella festa perché odio le feste sugli yatch, ma Jessica aveva insistito e così io ho accettato! Ma vi giuro che sull’illegalità di quell’aggeggio non ne sapevo niente… - Cercavo di guardarli entrambi negli occhi, per trasmettere quanta più sincerità possibile. – Sono addirittura svenuta e mi sono ritrovata su un gommone galleggiante… Sono stata davvero male. – Ammisi mordendomi il labbro inferiore. – Jade, tu non sai che inferno abbiamo passato qui… - La voce di mia madre si arrestò all’improvviso, interrotta dal suo pianto. Nonostante tutto, i sensi di colpa mi attanagliavano lo stomaco. I miei genitori avevano sofferto a causa mia. – Scusatemi. – Mi alzai con le lacrime agli occhi, pronta a ritornarmene in camera. Ma la voce di mio padre mi arrestò sul colpo. – Ci sei mancata, Jade. Credevamo fossi morta ma adesso che sei ritornata, ci scoppia il cuore di gioia. Siamo pronti ad andare avanti e a non pensare più a questa faccenda. – Mi girai verso di lui e d’istinto gli sorrisi. – Va bene, papà. – Quando la mattina dopo mi svegliai, quasi mi ero dimenticata di non ritrovarmi più su un letto di paglia mezza nuda ma nel mio bel lettone con tanto di piumone e pigiamone di flanella. – La colazione è pronta! – La voce di mia madre e il profumino di cornetto caldo mi invitarono a scendere giù in cucina. Sembrava strano, ma quello erano una delle cose che mi erano mancate di più. Mi sedetti al mio posto, non prima di aver baciato tutti sulla guancia e aver augurato loro un buongiorno. Mi sentivo di buon umore. – Mamma ma quante cose hai cucinato! – Esclamai incredula e divertita dalla quantità di cibo posta proprio innanzi al mio posto. – Jade ma ti sei vista? – Chiese mentre poggiava dell’omelette nel piatto di papà – sei pelle e ossa, dobbiamo rimediare! – Affermò convinta. Risi di gusto e cercai di non mangiare troppo velocemente tutta quella delizia. Quel gusto dolce quasi non lo riconoscevo più. Quando mio fratello John accese la televisione, proprio su quel canale andò in onda il telegiornale. La prima notizia che apparse fu ‘ritrovati i sette ragazzi dispersi tre mesi fa, a seguito di una festa su uno yatch illegale’. Il servizio mostrava varie foto e testimonianze dell’accaduto, menzionando ovviamente anche il mio nome. Si parlava soprattutto di Kelsey e del suo povero braccio ustionato. Mi bloccai sul posto. Non avevo per niente valutato che ora la notizia avesse fatto il giro dell’intera America se non del mondo, e che quindi avevamo creato un certo scalpore. Mi alzai di scatto dirigendomi alla finestra, scostando la tenda e subito mi paralizzai a quella vista. La casa era completamente circondata da giornalisti. – Oh mio Dio! – Mi portai d’istinto una mano davanti la bocca. – Vieni Jade, non ci pensare. – Mia madre mi tirò letteralmente via di lì, invitandomi di nuovo a finire la colazione. Notai subito che tutte le finestre di casa erano coperte da tende, proprio per non disturbare la nostra privacy. Cosa sicuramente impossibile, anche perché prima o poi sarei dovuta uscire da qui. Ero una studentessa e dovevo andare a scuola. A proposito, quando sarei dovuta ritornare? – Ma la scuola? – Domandai di getto, mandando giù l’ultimo boccone di quel gustoso cornetto con la cioccolata. – Avete una settimana a disposizione per riprendervi, dopodiché, verrete inseriti di nuovo. – Rispose mia madre. Avremmo sicuramente dovuto recuperare tutte le materie… La vedevo difficile. Quando mi guardai per la prima volta dopo tre mesi allo specchio, fu quasi agghiacciante la cosa. Ero diventata scura, molto scura di pelle. I miei occhi smeraldo risaltavano ancora di più e i miei capelli sembravano esser diventati ancora più rossicci. Avevo la pelle secca, forse anche troppo. Le labbra screpolate e le punte dei capelli erano tutte bruciate. Dovevo assolutamente tagliarli. Mi passai una mano tra i capelli accorgendomi che non erano più morbidi come una volta. Sospirai e mi vennero in mente ricordi che non volevo assolutamente rimembrare. – Le tue mani sono continuamente nei miei capelli, te ne rendi conto? – Sbottai, facendo il finto tono esausto. Dorian era girato su un fianco e disteso accanto a me. Mi sorrise e il cuore mi balzò in gola, come mi capitava ogni volta che incurvava le labbra mostrando la fila di denti perfetta. – Mi piace toccarli, sono morbidi. – Constatò, massaggiandomi la cute. – E poi sono miei. – Mormorò con voce suadente prima di schioccarmi un sonoro bacio sulle labbra. – No. – Dissi con aria di sfida. Gli occhi grigi di Dorian mi penetrarono l’anima. – Sì, invece – ribatté – sei tutta mia, Jade. – Quella settimana di “vacanza” dalla scuola fu disastrosa. Oltre al fatto che non riuscivo a mettere nemmeno un piede fuori casa, dato che sgorgavano giornalisti da ogni dove con le solite domande sulla sopravvivenza e su quel cavolo di yatch, la mia casa era infestata, ripeto, letteralmente infestata dai parenti. E le loro domande non erano tanto meglio di quelle dei giornalisti. Avrei preferito cento mille volte fare ritorno a scuola ma sicuramente nemmeno lì mi aspettava una vita facile. Adesso avevamo sicuramente raggiunto il culmine della popolarità. Ed era la cosa che temevo di più al mondo. Forse, Dorian e Charlotte erano già abituati così come Jessica e Kelsey. Ma per persone come me, David e Tom era sicuramente qualcosa di nuovo e non positivo, almeno parlavo per me. Dopo ben sette giorni di tortura, finalmente potevo ritornare a scuola. Quella mattina persi un po’ di tempo per decidere cosa mettere il primo giorno di scuola. Optai per un look abbastanza semplice, non volevo dare troppo nell’occhio di quanto già lo fossi. – Non prendere l’autobus, tesoro. Ti accompagnerà tuo padre. – Mia madre mi salutò con un bacio sulla guancia. – Non sarà sempre così. – Mi avvisò papa con un finto tono burbero. Sorrisi contenta ma anche un po’ in ansia. All’entrata della scuola, rimasi sbigottita dalla quantità di festoni ed enormi cartelloni che ci davano il benvenuto. Gli studenti erano tutti ammucchiati giusto all’entrata e il preside sugli scalini ci annunciava un buon ritorno al microfono. Pronunciò ognuno dei nostri nomi, attirando ancor di più l’attenzione su di noi. – E ora, un grande applauso per gli studenti sopravvissuti di questa scuola! – Disse, incitando tutti a voce alta. D’un tratto, mi sentii stritolare e poi abbracciare. Persone sconosciute mi stringevano e mi davano parole di conforto, con tanto di sorriso. Volevo scappare. L’idea di ritornare a scuola non mi sembrava più così entusiasmante. Spinsi l’ennesima ragazzina che mi era venuta vicino e iniziai a correre verso l’interno della scuola. Arrivai accanto al mio armadietto e proprio di fronte, c’era la porta dello sgabuzzino. Senza esitare, l’aprii e mi chiusi dentro. Mi appoggiai con il capo e i palmi contro di essa, iniziando ad ispirare ed espirare. – Davvero ottimo nascondiglio. – Una voce maschile a me sconosciuta mi fece sobbalzare. Mi girai di scatto, trovandomi di fronte un ragazzo. Aveva i capelli castani leggermente ondulati e corti, gli occhi di altrettanto colore. Era abbastanza alto e un fisico asciutto, doveva essere di poco più grande di me. – Ti ho spaventata? – Domandò sorridendo divertito dalla mia espressione sconvolta. Aggrottai la fronte innervosita. – Che dici? – Domandai retorica, con voce stizzita. – Sei tu che sei entrata improvvisamente. – Ribatté continuando a tenere quel ghigno derisorio stampato in viso. - Non avevo altra scelta. – Commentai sbuffando e incrociando le braccia al petto. – Piacere, Jason. – Mi porse la mano, con un sorriso spacciato in viso. – Jade. – Risposi riluttante, porgendogli a stento la mano. – Jade? – Domandò con una nota di disappunto. – Non sarai mica quella dispersa? – Continuò. – Sì, sono io. – Risposi subito accennando ad un’espressione sarcastica. – Ben tornata – affermò divertito – come mai qui dentro? – Mi appoggiai alla porta dietro di me. – Ho tutta la scuola dietro. – Risposi scocciata. – Ah, già…adesso sarai una delle ragazze più popolari! – Disse in tono sarcastico alludendo anche lui alla scocciatura che comporta l’essere popolari. Le persone stupide e fighe sono popolari. Non quelle come me. – Assolutamente. – Commentai, ridendo divertita per la situazione. – E tu che ci fai qui? – Domandai dubbiosa. Un ragazzo nascosto in uno sgabuzzino mentre tutti erano fuori. – Stalkerato. – Rispose solamente, spostando lo sguardo verso l’alto mentre si appoggiava al tavolo dietro di lui. – Da chi? – Domandai curiosa mentre continuavo a ridere. – Una psicopatica. – Disse accennando anche lui ad un sorriso. – Bene, Jade… - iniziò dopo un attimo di silenzio – saprai sicuramente che hanno organizzato un ballo per darvi il benvenuto. – Disse scrutandomi attentamente mentre si avvicinava. – Un ballo? – Domandai sgranando gli occhi. Questo dannatissimo benvenuto stava iniziando a farmi girare le scatole. Ero esausta. – Già. – Annuì. – Non lo sapevi? – Domandò ancora. Scossi la testa con aria amareggiata. – Quindi non avrai ancora un accompagnatore? – Mi osservava insistentemente. Scossi la testa, aggrottando le sopracciglia e non capendo dove volesse arrivare. – E se ti chiedessi di venire con me, al ballo? – Non era imbarazzato, né intimidito. Per lo più, molto sfacciato. – Non so se verrò. – Risposi soltanto. Io non volevo andarci per niente. – Ma è stata organizzata proprio per voi, come puoi non venire? – Ok, la cosa mi stava per lo più urtando. – Potrei sempre inventare una scusa. – Risposi sorridendo in modo maligno mentre Jason si avvicinava pericolosamente a me. – Prendi in considerazione la proposta. – Mormorò prima di ritrovarmelo completamente di fronte. Appoggiò la mano accanto al mio busto appoggiato alla porta e con un gesto secco, aprii la porta. Per poco non caddi all’indietro, ma fui presa prontamente da lui che con un occhiolino si dileguò tra la folla. La scuola si era riempita di studenti ed io non mi ero accorta di nulla chiusa in quello sgabuzzino. Le ore passarono velocemente tra una lezione e l’altra, anche se, ogni professore passava mezz’ora buona a farmi domande e a darmi il benvenuto. La vera tortura non era stata vivere su quell’isola, ma bensì il ritorno. Mi avviai in più fretta possibile verso l’uscita, scontrando accidentalmente studenti che si fermavano a parlare nei corridoi. Camminavo per lo più a testa bassa, non avevo voglia di salutare nessuno. Ma quando alzai il capo, la sfortuna mi piombò addosso. Notai subito Dorian appoggiato ad un armadietto. Capelli neri scompigliati, maglione grigio in tinta con i suoi occhi e jeans stretto che gli fasciava perfettamente le gambe. Era impossibile non guardarlo e non desiderare di baciarlo, soprattutto quando ti accorgevi che anche lui ti stesse guardando. Uno di quegli sguardi limpidi e penetranti, quelli che ti spogliavano di ogni tua sicurezza. Una scossa di brividi mi pervase. Oh diamine! Non poteva farmi sempre quell’effetto. Io dovevo andare avanti e dimenticarlo. Distolsi lo sguardo e raggiunsi l’uscita, dove mi aspettava mio padre con la sua auto. – Allora, Jade? Sai già cosa mettere per il ballo? – Quello che mi sorprese non fu tanto il fatto che quella persona stesse dando per scontato che andassi a quel maledetto festino di benvenuto, ma che a chiamarmi fosse stata Jessica. Per i primi secondi non seppi cosa dire, completamente scioccata da ciò che stava accadendo. – Jade? – Chiese non sentendo nessuna risposta da parte mia. La sua voce tremò per un attimo. – Con quale coraggio… - Sussurrai prima di attaccare. – Sì, mamma. Ha chiamato proprio lei! – Mia madre era diventata la mia nuova migliore amica. Si accorgeva di qualunque cosa e quel pomeriggio mi vide abbastanza scossa da capire che qualcosa non quadrasse. – Bene, allora vacci a quel ballo! – La sua voce era carica di emozione. – Mamma sei seria? – Domandai, guardandola stranita. Eravamo sedute sul mio letto, una di fronte all’altra. – Certo che lo sono! – Affermò – se non vai a quel ballo, darai solo soddisfazione ad entrambi. – Per entrambi intendeva Jessica e Dorian. Non aveva tutti i torti ma a me non fregava minimamente. Io non ne avevo voglia, come sempre per tutti gli anni scolastici. – E poi? Non avevi detto che volevi dimenticare Dorian? Quale occasione migliore per non andare al ballo con quel tizio e conoscerlo meglio? – Mia madre sembrava sempre più una ragazzina. Il giorno dopo quotava ancora per Dorian e adesso mi incitava a conoscere altri ragazzi. – Lui? – la fissai incredula – mamma è uno sbruffone! – Commentai, portandomi le braccia al petto. – Ma se nemmeno lo conosci. – Ribatté guardandomi severa. Sì, sicuro. Adesso stava per dirmi che non si doveva giudicar un libro dalla copertina. Solita sua frase. – Sei proprio stupida, cara. – Quella mattina svegliarsi fu traumatico. La notte prima non avevo per niente chiuso occhio, probabilmente ero troppo scossa dai continui avvenimenti dei giorni precedenti. – Non dimenticarti lo zaino. – Mi riprese mio padre. Mi diedi mentalmente della stupida e corsi a prendermi la cartella, per poi dirigermi in auto. – Sarete i protagonisti della serata! – Affermò emozionata, la mia nuova compagnia di mensa. – Melanie, questo lo so – dissi addentando il bacon – ma non so se sono pronta ad andarci. – Quella ragazza ormai sapeva tutto di quella storia. Aveva sentiti voci e quindi quando mi venne a chiedere ‘Com’è David Mc Cord a scopare?’ , mi resi conto che dovevo spiegarle meglio la situazione. – Oh mio dio, Jason in arrivo! – Urlò stridula. Ok, non era per niente il mio tipo Melanie ma forse era simpatica… - Buongiorno, signorina. – Mi salutò con un inchino ironico, prendendomi la mano e baciandole il dorso. – Idiota. – Sbottai, continuando a mangiare. – Cosa vuoi? – Gli chiesi acidamente quando notai che mi fissava insistentemente. – Uscire con te al ballo. – Rispose con voce calda, penetrandomi con gli occhi. Sentivo i cori di Melanie che urlavano a squarciagola un grosso ‘Sì’ . Un rumore metallico attirò la mia attenzione, portandomi a girare il capo verso la sua provenienza. Un vassoio ricolmo di cibo giaceva a terra e due ragazzi erano chini a raccogliere i pezzi. Si guardavano e sorridevano. Erano Dorian e Jessica. Un conato di vomito mi assalì totalmente. – Certo che vengo al ballo con te. – Risposi con le lacrime agli occhi.













_________________________________________AUTRICE_________________________________________

Mi rendo conto che è solo un piccolo capitolo di passaggio ma dovevo mettere distanza tra i due personaggi. Ho fatto più in fretta che potevo, quindi mi scuso in anticipo di eventuali errori. Ringrazio chi ha recensito recentemente, risponderò appena posso. Al prossimo capitolo, baci!
-Marta







 
  
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