Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: sophie97    20/08/2015    5 recensioni
“È che... io non ce la faccio senza di lei. Mi sembra di impazzire, non riesco a dormire perché la sogno in fin di vita in quell’aeroporto, ma non posso stare sveglio perché qualsiasi cosa mi ricorda lei. [...] Dovevo morire io, Ben, quel proiettile era per me... per me!”.
Trovarsi da soli, di punto in bianco. Non sapere come muoversi, sentire solo dolore. Essere schiacciati dal senso di colpa.
Storia di morte, di vita, di rinascita, storia di amicizia e di amore, di rabbia e di vendetta.
Questo racconto è il seguito di “E poi tutto finì”, nonché nona e penultima storia della serie “Dieci ritagli di Cobra 11”.
È consigliabile ma non necessario aver letto la prima parte.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Ben Jager, Kim Kruger, Nuovo personaggio, Semir Gerkan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dieci ritagli di Cobra 11'
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“Il pensiero dell’ispettore volò quindi verso la sua piccola Bianca. Era diventato papà da quindici giorni e con tutto ciò che era successo non aveva avuto nemmeno il tempo di accorgersene.
Temeva di non dedicare alla piccola abbastanza tempo ma in quei giorni era essenziale che lui stesse vicino anche all’amico.
Si era comunque innamorato subito di quel minuscolo esserino che era sua figlia e non vedeva l’ora che la bambina uscisse dall’incubatrice per passare intere giornate accanto a lei.”.

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«Gerkhan, mi ascolti per favore.» ripeté per l’ennesima volta la Kruger.
Parlava con lui da poco più di cinque minuti ma Semir era già riuscito a contraddirla almeno una decina di volte, senza mai lasciarla finire di parlare.
Era stato lui a voler andare al comando dopo la funzione invece che a casa e non aveva voluto sentir ragioni da parte del collega, anche se aveva i nervi a fior di pelle e non era assolutamente in grado di portare avanti una discussione con la sua superiore.
«Lei ha bisogno di un po’ di stacco, mi creda. A parte che lei non è più un poliziotto dato che si è dimesso e ha partecipato all’operazione in Turchia in modo del tutto non ufficiale e se non sbaglio non ha ancora deciso se ripensarci oppure no. In caso ci avesse ripensato la procedura non sarebbe nemmeno così semplice, lo sa.» riprese la donna con voce ferma «E comunque non potrebbe lo stesso ricominciare subito a lavorare dopo quello che è successo, non potrebbe assolutamente. Si prenda del tempo! Stia con le sue figlie, ne avranno bisogno anche loro.».
Semir scosse il capo «Non posso starmene a casa con le mani in mano. Non servirebbe a nulla se non a farmi stare peggio.».
«Gerkhan, la prego, sia ragionevole per una volta. Mi dia retta...».
«Commissario, non voglio fermarmi! Anche perché non starò tranquillo fino a quando la polizia turca non le dirà che hanno arrestato quel bastardo.».
Il poliziotto non lo nominò. Odiava quel nome più di qualsiasi altra cosa.
«Ecco, a questo proposito devo riferirle una cosa...».
Semir la guardò con espressione interrogativa.
«Carl Schwarzer non è più ad El Fahim, Gerkhan. Ha preso un volo per Colonia questa mattina all’alba e tanto per cambiare è riuscito ad eludere i controlli dell’aeroporto e a fuggire indisturbato, non si sa come. Schwarzer è qua...» disse Kim temendo una qualche reazione da parte del sottoposto.
«Bene.» fece invece lui, incredibilmente calmo «Bene, almeno potrò sistemarlo con le mie mani.».
Quindi uscì dalla stanza senza aggiungere altro.


Assorto com’era nei suoi pensieri, seduto alla sua scrivania nel suo ufficio, da solo, Semir non sentì nemmeno la porta aprirsi alle sue spalle e si accorse dell’entrata di Max solo quando egli si fece notare con un colpo di tosse.
«Ehi...» disse il nuovo collega avvicinandosi lentamente.
Semir si voltò e accolse l’altro ispettore con un mezzo sorriso.
«Io... volevo parlarti un attimo.» fece questo sedendosi alla scrivania di Ben, di fronte al collega.
«Riguardo a quello che è successo in aeroporto quindici giorni fa. Io... non sono ancora riuscito a chiederti scusa.».
Semir alzò un sopracciglio.
«Sì, insomma... mi dispiace per quello che ha fatto mio padre. Non pensavo davvero che arrivasse a tanto.».
«Max, quello che è successo non è certo colpa tua.» lo bloccò il turco.
Ma si accorse di non riuscire a guardarlo negli occhi. Perché quegli occhi erano troppo uguali a quelli di suo padre, erano identici a quelli dell’uomo che aveva ucciso sua moglie.
«E invece sì, avrei dovuto fermarlo, in qualche modo. E soprattutto avrei dovuto capire che genere di persona fosse già anni prima, ma la verità è che forse non mi sono mai voluto accorgere di nulla perché avevo paura di poter essere il figlio di un criminale del genere. Quello non è mio padre, non lo è più, e ti assicuro che lo prenderemo e marcirà in galera per il resto dei suoi giorni.».
«So benissimo che tu sei diverso Max, non ti devi scusare, davvero. Pensiamo a cercarlo più che altro.».
«Va bene.» rispose Max alzandosi e dirigendosi verso la porta «E se hai bisogno di qualsiasi cosa, io ci sono.».

 

Schwarzer sorrise soddisfatto sedendosi sulla poltrona nella cantina in cui era appena entrato, tornato dallo spettacolo a cui aveva assistito così volentieri.
«Carina la scena del funerale... commovente, non trovi Igor?».
«Meravigliosa, Signore. Quel turco sembra totalmente distrutto.» costatò Kallman con una risata divertita «Ma posso sapere cos’altro ha in mente, Signore?».
«Guarda Igor, avevo in mente di assistere alla funzione, sistemare i conti con mio figlio e tornare a casa... ma poi ho pensato che forse ci sarebbero altre persone con cui chiudere adeguatamente i rapporti qui in Germania.» spiegò il capo dell’organizzazione, con un’espressione a metà tra il divertito e il compiaciuto «Rebecca è stata portata al carcere di Düsseldorf e la bambina sarà finita in un qualche orfanotrofio per casi difficili... sciocche, pensavano di poterla fare franca, ma si sono sbagliate.».
Le note di una risata fredda e malvagia si diffusero nell’aria.

 

Ben non smise di guardare quel fagottino chiaro nemmeno per un istante, anche dopo essere uscito da quella stanza silenziosa.
Staccarsi da lei ogni volta era una tortura, e ogni volta che il ragazzo doveva farlo, poi rimaneva ancora per minuti lunghissimi davanti alla vetrata a fare segni al suo scricciolo, sicuro che lei avrebbe saputo come interpretarli.
Dall’esatto istante in cui ne era venuto a conoscenza, Bianca era diventata a tutti gli effetti la sua ragione di vita e Ben si chiedeva come avesse potuto fare a meno di lei fino a quel momento.
Clara e Bianca, i suoi gioielli, le due cose a cui ufficialmente teneva di più al mondo.
Sorrise teneramente rivolgendo un ultimo saluto alla sua bambina e avviandosi verso l’uscita dell’ospedale: avrebbe fatto un salto al comando anche se non era in servizio a vedere come stava Semir dopo la funzione, poi sarebbe andato a casa dalla sua Clara.

 

Quando Semir sentì aprire la porta dell’ufficio per la seconda volta, non seppe se dare di matto oppure ringraziare il Cielo che qualcuno interrompesse di tanto in tanto il flusso scuro dei suoi pensieri.
Alla fine non fece nessuna delle due cose, si limitò a voltarsi con aria stanca e a riportare lo sguardo su un punto imprecisato della sua scrivania dopo aver appurato che si trattasse di Ben.
«Ehi socio.» fece il più giovane poggiandogli una mano sulla spalla e poi sedendosi di fronte a lui, al suo posto di lavoro «Non sarebbe meglio che tornassi a casa? È l’ora di pranzo, se proprio non vuoi prenderti qualche giorno almeno comincia domani, anche se non ufficialmente dato che non sei in servizio... Passa a prenderti le bambine dai nonni e poi va’ a  casa, dammi retta.».
Con grande sorpresa di Ben, il collega si limitò ad annuire.
«Va bene, allora io vado.» aggiunse quindi, alzandosi e avviandosi verso la porta.
«Semir?».
«Sì?».
«Forza.» fece il più giovane con un sorriso.

I piani di Schwarzer non sono affatto rassicuranti e la situazione anche al comando non è delle migliori.
In compenso cominciamo a vedere per un brevissimo tratto Ben “papà”...
Grazie davvero a chi continua a seguirmi e a recensire, un bacione!
Sophie :D

  
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