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Autore: Lexi Niger    01/02/2009    10 recensioni
Ecco la compagnia adatta al sottoscritto: due puttanelle di basso rango, senza altra attrattiva se non il loro corpo, esposto senza pudore alcuno. Chiusi gli occhi, provando ad immaginare di avere lei al mio fianco. Inutile e doloroso. Cercai velocemente le labbra di una di loro, mentre la delusione cominciava a farsi largo nel mio petto, soffocandomi. Non potevo continuare così, dovevo andare oltre, dovevo tornare quello di sempre. [Chuck/Blair]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oggi è il mio compleanno, così ho pensato di postare questa one shot che ho scritto per un concorso.
Ho scelto di mostrare la sensibilità di Chuck, che nonostante sia un donnaiolo cinico, mostra anche in alcuni momenti della serie le sue debolezze, che a mio parere lo rendono più adorabile XD
Ovviamente è una Chiar, perchè loro due sono la coppia migliore della serie.
Mi piacerebbe avere un commento, non potete farmelo come regalo?!
Un bacio, Ale.


Womanizer



Superstar, where you from, how's it going?
I know you, gotta clue whatcha doing
You can play brand new to all the other chicks out here
But I know what you are, what you are, baby

Look at you, getting more than just a re-up
Baby you, got all the puppets with their strings up
Faking like a good one, but I call 'em like I see 'em
I know what you are, what you are, baby


La limousine mi lasciò davanti all'ingresso del Victrola, come avevo chiesto all'autista.
Estrassi un'ultima volta il cellulare dalla tasca dei pantaloni, sperando di trovare una sua chiamata.
Lo schermo era vuoto, un misero wallpaper tentava inutilmente di renderlo più colorato.
Dov'era in quel momento?
Perchè non mi aveva cercato?
Nemmeno un breve messaggio che le avrebbe sottratto solo qualche istante.
Premetti a lungo un tasto finchè non sentii la musichetta fastidiosa che mi annunciava lo spegnimento avvenuto.
Il tempo per cercarmi era scaduto, mi aveva torturato già abbastanza.
Entrai tranquillo, rimettendo la maschera che per un secondo mi era scivolata via, lasciando intravedere il tormento che avevo provato, sentendomi tradito.
Da lei.
Il cameriere al bancone mi salutò e gli risposi con un cenno, spostandomi verso il divano, davanti al palco, dove lo spettacolo stava per avere inizio.
Lascia la costosa sciarpa che indossavo sul bracciolo al mio fianco, allungando i piedi fino ad appoggiarli sul basso tavolino di fronte a me, incurante che il vetro si potesse rovinare.
Dopotutto quel locale era di mio padre, era il minimo che potevo concedermi.
Un paio di ragazze mi si avvicinarono, in abito da scena.
Chiamarlo abito forse non era adatto, dal momento che portavano solamente un paio di graziose mutandine rosse e un corpetto rigido abbinato, con delle calze a rete che fasciavano le loro gambe tornite, terminando con delle giarrettiere di pizzo.
Una delle due teneva in mano un invitante flute colmo di champagne, che mi portò alle labbra, mentre l'altra mi abbracciava, stuzzicandomi sul collo.
< Sei venuto per il nostro spettacolo? > mi chiese la bionda, mentre posava il bicchiere ormai vuoto.
Le scoccai un'occhiata maliziosa, osservandole apertamente la scollatura.
< Sono qui per l'ottima compagnia > precisai.
Scoppiarono entrambe a ridere, con un tono talmente stridulo che trattenni a stento una risata amara.
Ecco la compagnia adatta al sottoscritto: due puttanelle di basso rango, senza altra attrattiva se non il loro corpo, esposto senza pudore alcuno.
Chiusi gli occhi, provando ad immaginare di avere lei al mio fianco.
Inutile e doloroso.
Cercai velocemente le labbra di una di loro, mentre la delusione cominciava a farsi largo nel mio petto, soffocandomi.
Non potevo continuare così, dovevo andare oltre, dovevo tornare quello di sempre.
La lingua della ragazza giocò con la mia, mentre la sua mano mi accarezzava gli addominali, scendendo fino al bordo dei pantaloni, senza vergogna.
Mi staccai da lei, soddisfatto, cercando il pacchetto di sigarette nella tasca.
Ne estrassi una, insieme all'accendino.
< Te l'accendo io > propose la bionda, che era rimasta passiva a guardare la compagna.
Gliela passai, del tutto indifferente, osservandola mentre se la portava alle labbra, ispirando.
Me la ripassò mentre lasciava che il fumo uscisse lentamente dalle sue labbra, in modo sexy.
Un segno rosso contornava il filtro e percepii il sottile sapore di rossetto stuzzicarmi il palato, insieme al tabacco, in un mix che faceva crescere la mia eccitazione.
Niente poteva impedirmi di andare a letto con una delle due, approfittando dei camerini del locale, visto che era con i miei soldi che venivano pagate.
All'improvviso una figura femminile si presentò davanti a me, interrompendo quel momento di ordinaria trasgressione.
Osservai le lunghe gambe, coperte da un leggero collant trasparente, arricchito da piccoli disegni floreali stilizzati, risalendo il busto, fino al suo volto.
L'avrei riconosciuta anche fermandomi alle caviglie, senza commettere un errore.
< Chuck >.
Rimasi immobile, incredulo.
< Blair? > riuscii a dire, ancora sorpreso.
Mi sorrise, portandosi le mani ai fianchi, come era solita fare quando qualcuno la irritava.
< Ti ho chiamato sul cellulare, tre volte. Ce l'hai spento > sottolineò.
Buffo il destino a volte, no?
Avevo controllato per una settimana lo schermo, quasi in modo spasmodico, come mai era successo prima e ora che lo avevo spento lei mi aveva cercato.
< Come mi hai trovato? > domandai curioso.
< Sai, non ci è voluto molto. In albergo mi hanno detto che eri uscito, ho pensato che saresti venuto qui > mi rispose.
La fissai per qualche secondo, chiedendomi come potesse conoscermi così bene.
Ma era una domanda stupida, nessuno mi comprendeva meglio di lei, nemmeno Nate.
Dio se faceva male quel nome, anche solo a pensarlo.
< Ho bisogno di parlarti. Hai tempo? > continuò, riportandomi alla realtà.
Mi si gelò il sangue nelle vene, ma mi costrinsi ad annuire.
Non potevo mostrarle la tensione che mi aveva percorso il corpo alle sue parole, presagendo qualcosa che non mi sarebbe piaciuto ascoltare.
Mi alzai, scrollandomi di dosso le due ragazze che anche durante la nostra conversazione erano rimaste appoggiate a me.
< Dammi un minuto > le dissi, mentre raccoglievo la sciarpa e mi allontanavo.


Daddy-o, you've got the swagger of a champion
Too bad for you, you just can't find the right companion
I guess when you have one too many, makes it hard, it could be easy
Who you are, that's just who you are, baby

Lollipop, you must mistake you're a sucker
To think that I, would be a victim, not another
Say it, play how you want it
But no way I'm never gonna fall for you, never you, baby


Rimasi sola, in quel locale che non mi piaceva molto, soprattutto per gli sguardi degli uomini, che non lasciavano nulla all'interpretazione.
Le due ragazze che stavano con lui mi squadrarono stizzite, prima di alzarsi e andarsene.
Dovevo immaginare che si sarebbe consolato velocemente.
Non era cambiato, nemmeno dopo quello che era successo tra noi, mentre io avevo capito quanto lui fosse importante per me.
Gli occhi mi si inumidirono e mi voltai, avviandomi all'uscita, convinta che forse avevo commesso uno stupidissimo errore a cercarlo.
< Non ti avevo detto di aspettarmi? > mi chiese Chuck, afferrandomi una mano, mentre si portava al mio fianco.
Intrecciai le dita con le sue, come se potessi riceverne la forza necessaria per portare a termine quello che avevo deciso.
Per un po' camminammo in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri, imbarazzati.
< Ti dispiace se ci sediamo? > proposi, indicandogli una scalinata di un palazzo poco più avanti.
I gradini erano scomodi e il freddo della notte si faceva sentire parecchio, nemmeno il cappotto riusciva ad evitarmi i brividi.
O forse, quei brividi erano dovuti alla sua vicinanza.
< Ho parlato con Nat e> cominciai incerta.
Sentii la sua mano tremare leggermente nella mia, ma non lo diedi a vedere.
Conoscevo il suo orgoglio e non volevo sottolineare una sua debolezza, se davvero così era stato e non era tutto frutto della mia immaginazione.
O meglio, dei miei desideri.
Non disse nulla e lo interpretai come un invito a proseguire.
< Ho capito che è finita, definitivamente >.
Mi arrischiai a sollevare lo sguardo fino ad incontrare i suoi occhi.
Splendevano, luminosi come mai li avevo visti.
Era la luna a renderli così belli? O io non avevo mai fatto caso a quelle pagliuzze dorate che si perdevano nel nero delle sue iridi?
Gli sorrisi insicura, sperando che avesse capito ciò che volevi dirgli, senza usare parole esplicite.
Mi si avvicinò, lentamente, fino a che non sentii le sue labbra sulle mie, delicate.
Come se si fosse spinto troppo oltre, si staccò, lasciandomi preoccupata di aver commesso uno sbaglio.
< Sei sicura? > mi chiese, fissandomi con un'espressione talmente dolce che per un istante dubitai di avere di fronte proprio lui.
Annuii, lasciandomi cullare dalla sua stretta protettiva mentre mi baciava, senza fretta.
Quando ci separammo sentii il lieve sapore del rossetto impastarmi le labbra.
< Sai disgustosamente di rossetto scadente > commentai.

Womanizer, woman-womanizer, you're a womanizer,
Oh womanizer, oh you're a womanizer, baby
You you you are, you you you are
Womanizer, womanizer, womanizer

Il mio cuore smise di battere dopo la sua affermazione.
Pregai che stesse scherzando, perchè non avrei sopportato di perderla, ora che finalmente era mia.
Mia.
Il paradiso doveva essere qualcosa di molto simile, ma essere al suo fianco superava di gran lunga anche la beatitudine divina, ai miei occhi.
< Io. .> cominciai, non sapendo come giustificare ancora una volta il mio comportamento da perfetto idiota.
Avevo cercato di dimenticarla gettandomi tra le braccia di donne frivole, come mia abitudine.
Ma lei non lo sapeva, non poteva comprendere la sofferenza di quella settimana senza sua notizie.
Scoppiò a ridere, inaspettatamente, sciogliendo il peso che avevo sentito gravarmi sul petto.
< Ti conosco Chuck, non mi importa > precisò, vedendomi confuso.
La abbracciai, temendo che quegli attimi fossero solo illusioni e che mi sarei risvegliato, dopo una sbornia, aspettando ancora una sua chiamata.
< Trovami un taxi > mi disse, indugiando ancora sulle mie labbra.
L'idea di affidarla ad un mezzo pubblico non mi piaceva, ma d'altronde la mia limousine sarebbe arrivata più tardi al locale e non avevo alternative.
Mi salutò, restituendomi la giaccia che le avevo poggiato sulle spalle, vedendola intorpidita.
< Buona notte > le augurai, seguendo il veicolo fino a che non scomparve oltre l'angolo della via.
Mi voltai per ritornare al Victrola, rimettendomi la giacca.
C'era il suo profumo, lo sentivo benissimo e lo avrei riconosciuto tra mille.
Ebbi l'istinto di sfilarmela di nuovo per immergervi il viso, per averla di nuovo accanto.
Scossi la testa.
C'era chi mi definiva un donnaiolo.
Bugie.
Ero solo un bravissimo attore.
La realtà è che Chuck Bass non si mostrava realmente a nessuno.
O almeno, così era stato prima di incontrare lei.
Blair.
  
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