Accidenti, questa è già la
terza volta che posto "Bloodstain", e chissà se questa sarà la volta buona che
arrivo fino alla fine. xD
A parte gli scherzi, c’è da
precisare che prima l’avevo postata sotto al nick di Kokina, mentre ora mi sono
spostata su quest’altro account. :)
Ah, la storia non tiene
conto degli episodi degli ultimi due libri della Rowling.
^___^
Detto questo…bhè, buona
lettura.
Bloodstain
E ti sei opposto all'onda
ed è li che hai capito
che più ti opponi e più ti tira
giù.
(Metti In Circolo Il Tuo
Amore, Ligabue)
CAPITOLO
1
Under
the well
Hermione Jane Granger era
sempre stata una ragazza fuori dal comune.
A prescindere dall’inaudito
interesse per lo studio, che si riscontrava in pochissime altre studentesse di
Hogwarts, lei era speciale anche per la vita in cui combatteva giorno dopo
giorno.
Non poteva sicuramente
essere messa sullo stesso piano di Harry Potter, ma non andava di certo
dimenticato che lei, all’età di undici anni, aveva mostrato la capacità di non
perdere mai la propria lucidità e di affrontare piante pericolosissime; all’età
di dodici anni, poi, era riuscita ad intuire che la pericolosa bestia della
Camera dei Segreti fosse un Basilisco (e neppure Silente lo aveva mai capito); e
così via, fino ad arrivare all’età di sedici anni, durante il sesto anno di
Hogwarts, ed unirsi alla più grande battaglia magica. Si trattava della sfida
finale: Mangiamorte contro Auror, il Lord Oscuro contro il Ragazzo
Sopravvissuto.
Alla fine, loro, Harry, Ron ed Hermione, avevano
vinto; lei era stata fondamentale per
la vittoria definitiva. Voldemort era morto ed Harry Potter doveva la vittoria
soprattutto all’ingegno che Hermione aveva sempre messo in gioco per
difenderlo.
Eppure, persino una ragazza
dinamica ed intelligente come lei viveva costantemente di paure. Anche le sue
paure erano fuori dal comune.
I suoi timori erano nati
dalla cenere della sua relazione con Ronald Weasley. Il loro era stato un bel
rapporto, molto affettuoso e tenero; ciò di cui Hermione aveva sempre avuto
bisogno, in pratica: una spalla a cui sostenersi sempre, in ogni momento.
Improvvisamente, però, Weasley l’aveva lasciata: nessuno, né Harry né Hermione,
ne avevano capito le ragioni. Lui aveva voltato le spalle alla Granger e si era
imbattuto in una storia con Lavanda Brown. Da non
credersi.
Hermione era uscita
distrutta da una simile separazione. Il suo sostegno più grande si era
allontanato, cosa ne sarebbe stato di lei?
La Grifondoro ormai aveva paura di
guardare al proprio futuro senza sapere cosa l’aspettasse: lei voleva avere
certezze, voleva sapere come sarebbe andato il suo destino e che direzione lei
avrebbe dovuto prendere per assecondarlo senza soffrire
ancora.
Per assecondare simili
capricci, avrebbe potuto rincominciare a frequentare le lezioni di Divinazione:
ma, ovviamente, non confidava né nelle doti della Cooman né nei numerosi libri
che parlavano della lettura delle foglie da tè o della sfera di
cristallo.
Lei voleva essere sicura di
vedere l’esatto: non avrebbe accettato di confidarsi a qualcosa di
errato.
Perciò, verso la fine del
sesto anno di scuola, Hermione cominciò un’assidua ricerca: il suo intento era
quello di scovare una fonte di conoscenze ed immagini future.
Voleva sapere cosa le
sarebbe accaduto prima di doversi imbattere in altre spiacevoli situazioni. Non
voleva più soffrire, non lo avrebbe mai più permesso a se
stessa.
Inizialmente, cominciò a
dedicare molta attenzione ai libri della Biblioteca di Hogwarts; dopo aver
capito, però, che lì non avrebbe trovato nulla di innovativo, iniziò ad
intrufolarsi sempre più spesso nella Sezione Proibita, sfruttando gli speciali
permessi da Caposcuola.
Si gettò avidamente su
tutte le letture che trattavano il futuro e le previsioni di felicità o
tristezza e, finalmente, giunse ad una scoperta finale: il Pozzo del Fato.
Secondo molti libri, esso
era solo una leggenda, ma altri fornivano addirittura una mappa che permetteva
di raggiungere il miracoloso pozzo che mostrava il
futuro.
La possibilità che
esistesse un simile gioiello stravolse Hermione. La sua mente fu completamente
presa dalla ricerca del Pozzo del Fato. Per la Grifondoro ormai non c’era più
spazio per nient’altro. Esisteva il pozzo e ad esso bisognava porre tutta
l’attenzione, il resto era inutile.
Tutto ciò era diventato
come una paranoia, la sua paranoia.
Ma la Granger ne era certa:
lei voleva essere salda come una roccia e non rotolare come un sasso qualunque.
Il Pozzo del Fato le avrebbe dato la possibilità di avverare un simile
desiderio.
Now I'm out
Oh out of control
Now I'm out
Oh
out of control
Oh help me now
(Out Of Control, Rolling
Stones)
°°°°
Il primo contatto con il
Pozzo del Fato fece tremare le dita di Hermione. Anche il suo corpo tremò, ma
sicuramente non per il freddo, contando che lei aveva deciso di avventurarsi
alla ricerca del pozzo nel bel mezzo di agosto. La Grifondoro era semplicemente
scossa dall'eccitazione, e quel tocco, il contatto con il pozzo tanto a lungo
cercato, era un’emozione indescrivibile, un successo personale che colmava di
gioia la sua fame di vittoria.
La ragazza lasciò scorrere
le mani sulle pietre che facevano da cornicione alla cavità, muovendo le dita in
maniera tale che quasi sembrava che stesse accarezzando i ciotoli. Erano lisci,
intagliati alla perfezione.
Un'esitazione febbrile le
intorpidì i sensi: e se fosse stato solo uno sbaglio affacciarsi sul proprio
futuro?
Si mordicchiò nervosamente
le labbra, poi scelse.
Inarcò la schiena,
specchiandosi così sulla superficie d'acqua che gorgogliava in fondo al pozzo.
Riconobbe una smorfia di impazienza nel riflesso del proprio volto. Aveva
aspettato a lungo, ora voleva sapere.
L'acqua scura cominciò
improvvisamente a vorticare. Un movimento circolare e lento, che aumentò di
velocità in brevi attimi, a tal punto che gli spruzzi d'acqua investirono il
viso di Hermione e le infradiciarono i capelli.
Poi la superficie liquida
tornò ferma e piatta e divenne un insondabile specchio del viso ansioso di
Hermione.
Ma l'acqua non era più
nera: brillava di un candore quasi inverosimile che fece socchiudere gli occhi
ad Hermione per l'improvviso sbalzo di luce. Quando la ragazza li riapri, ciò
che le apparve allo sguardo non era più il suo
riflesso.
C'era ancora lei, ma era
notevolmente più matura e dai tratti meno infantili: Hermione intuì
immediatamente che quello era il primo scorcio del futuro.
Solo in un secondo momento,
notò che la Granger del futuro indossava un vestito da sposa.
L’adoloscente affacciata al
pozzo arrossì all’istante: dovette constatare che l’abito per lo sposalizio le
stava d’incanto, ma la infastidiva vedersi in simili atteggiamenti senza sapere
chi sarebbe stato l’uomo che avrebbe sposato.
Una giovane donna dai
riccioli neri e dal viso famigliare era china sulla futura sposa e le stava
sistemando con molta bravura l’orlo dell’abito.
L’Hermione diciassettenne
sentì di aver già visto molte volte il viso dell’aiutante, ma non seppe
ricordare alcuna sua conoscente dai tratti simili.
-Sei molto bella.- commentò
improvvisamente colei che faceva da sarta, tirandosi in piedi ed appoggiando con
fare esultante le mani sui fianchi.
-A me quel vestito starebbe
sicuramente meglio.- replicò con sarcasmo una bionda accomodata su un divanetto.
La diciassettenne,
dall’alto della propria visuale, trasalì quando riconobbe Daphne Greengrass
nella bionda che aveva appena parlato con la sposa e la
sarta.
Solo allora l’Hermione
adolescente riconobbe un’altra figura: si trattava di un’altra donna, più matura
di quelle già notate, che le assomigliava in maniera inspiegabile. Guardando
prima la donna misteriosa e poi il proprio aspetto futuro, Hermione si disse che
non aveva mai visto due simili gocce d’acqua.
-Dovresti sposarti, allora,
e permetterci di fare un giusto confronto tra te ed Hermione.- sogghignò
improvvisamente la sconosciuta.
-Oh, Dalia, sta zitta e
pensa a te e al tuo principe! Il mio, al massimo, mi porta a vivere alla Tana.-
Daphne fece un’aria schifata -Che disgusto!-
La diciassettenne sussultò
ancora: non era possibile. A sentir
parlare la Daphne Greengrass del futuro, sembrava che ella frequentasse uno dei
ragazzi della famiglia Weasley. Hermione si chiese se si fosse sbagliata nel
sentir nominare la Tana.
In quel momento, nella
scena rappresentata sull’acqua fece ingresso un personaggio a lei fin troppo
caro: era Harry Potter. Il Ragazzo Sopravvissuto, anzi l’ormai uomo, abbracciò
prima la sposa e poi baciò sulle labbra la sarta.
-Ciao Crudelia.- aggiunse
Potter in direzione di Daphne -Ciao Dalia.-
La Greengrass mugugnò un
ostentato saluto, l’altra replicò chiedendo se un tale dal nome Akira stesse
sopravvivendo nell’attesa fuori dalla sartoria.
-Bhè, non l’ho mai visto
fumare così tanto, ma c’è Heaven a tenerlo
d’occhio.-
-Ah sì?- sibilò Dalia
seccamente -Che fai, lo lasci in mano ad una fumatrice accanita? E non dirmi che
il tabacco gliel’ha rifilato Hayden!-
Harry si strinse nelle
spalle e tornò a rivolgersi ad Hermione.
-Blaise e Ron sono con
Draco. Si stanno assicurando che il maritino arrivi
puntuale.-
-Conoscendolo, per
l’agitazione si impiccherà con la cravatta.-
-O piuttosto impiccherà
Kleos. Il piccoletto ha fatto un incubo questa notte e gli ha messo l’ansia di
crepare prima del matrimonio.-
Hermione rise, mentre la
sarta le si avvicinava e le calava il velo sul
viso.
-Allora, sei pronta signora
Malfoy?-
La Granger arrossì
dolcemente -Non sono ancora una Malfoy.-
-Ma lo stai per
diventare.-
-Sì, e ne sono
felice.-
La scena sfumò e il viso
gaio della sposa sparì dalla visuale della sconvolta diciassettenne.
Hermione, dopo aver scorto
finalmente il proprio futuro, non si poteva definire altro che disorientata. Si
lasciò scivolare a terra e si sedette con le spalle contro al
pozzo.
Sentì le gambe tremare e
per un attimo ebbe paura che, al ricordo di ciò che aveva visto, le morisse il
fiato in gola. Non poteva
crederci.
Lei avrebbe sposato Draco
Malfoy? No, impossibile.
Lei odiava Malfoy e lui
ripagava appieno il sentimento.
Hermione scosse la testa e
per un attimo sperò che il Pozzo del Fato si fosse sbagliato. Capì presto, però,
che non poteva sempre illudersi degli errori altrui: di sbagli doveva
sicuramente averne commessi lei, nel futuro, se era arrivata al punto di
maritarsi con Draco.
La Grifondoro si portò le
ginocchia al petto e le strinse con le braccia. Le veniva voglia di piangere, di
urlare. Era giunta fino a quel posto per spiare un futuro possibilmente roseo e,
invece, aveva assistito a ciò che, per il momento, riusciva a definire solo come
una disfatta personale.
Non poteva sposare Draco
Malfoy, non voleva imbattersi in un simile destino.
Rialzandosi, Hermione si
disse che avrebbe fatto tutto il possibile per stare alla larga al dannato
Seperverde. Di errori, certamente, non ne voleva commettere, e Draco Malfoy
poteva essere considerato soltanto come un grande sbaglio.
°°°
Con la mente altrove e lo
sguardo perso in immagini future viste da meno di un mese, Hermione spinse il
baule con forza. Il ricordo di quello scorcio di destino la tormentava,
bruciandole in petto e facendole venir voglia di urlare. Non era possibile che
lei fosse in grado di definirsi felice per essere sul punto di sposare
Draco Malfoy. Era impossibile.
Hermione era da sola sulla
banchina della stazione.
Da come aveva sentito
civettare alcune bambine del terzo anno, aveva dedotto che Harry e Ron erano già
saliti sul treno e lei non era riuscita ad
incontrarli.
Non sapeva ancora se voleva
rivederli così presto. Il problema non riguardava tanto Harry: con lui si era
sentita sporadicamente via lettera per tutta l’estate. Più che altro, non voleva
vedere Ron: immaginarlo mano nella mano con Lavanda era già stato straziante per
l’intero periodo delle vacanze, assistere ad una simile scena sarebbe stato come
una pugnalata in pieno petto.
Il treno cominciò a
sbuffare, l'aria si riempì di vapore, il tempo stringeva ed Hermione faticava
ancora a far salire il proprio baule sul treno. I genitori erano troppo occupati
a salutare i propri figli dai finestrini e i ragazzi raccontavano le notizie
delle vacanze senza prestare attenzione alla
Granger.
Fu per questo che, quando
una mano le si appoggiò sulla spalla e la trascinò leggermente indietro,
Hermione sussultò, con il viso tirato per lo spavento causato dall’improvviso
distacco dai propri pensieri.
Si voltò, tenendo le mani
ancora strette sui bordi del baule.
-Ce la fai,
Granger?-
Un sorriso astioso,
altezzoso. Bei lineamenti, quasi da sembrare scolpiti da un’artista.
Etereo, quasi impalpabile nella propria bellezza.
Hermione arrossì
infantilmente quando si accorse che, involontariamente e guidata dalle proprie
percezioni femminili, stava trattenendo il respiro nella paura che il suo alito
potesse sfiorare il viso di Blaise Zabini e scalfirglielo in qualche
modo.
-Allora, ti sbrighi? Ho di
meglio da fare che starti dietro.-
-Vogliamo salire, Caposcuola Granger.- aggiunse un esserino rosa e
cicciotello appoggiato sulla spalla di Blaise.
Era Cecilia, la puffola
pigmea che Zabini, da ormai un anno, si portava costantemente sulla spalla.
Il Serpeverde liberò la
spalla di Hermione dalla propria stretta e cominciò ad arrotolarsi le maniche
della camicia immacolata, in silenzio e con un certo cipiglio di superiorità.
Zabini spostò da parte la Grifondoro e, con un semplice colpo, sollevò il baule
dai gradini e lo spinse verso il corridoio.
-Ma guarda cosa mi tocca
fare per poter prendere questo treno.- si lamentò Zabini dopo aver spinto anche
Hermione sul treno -Aiutare una Mezzosangue!-
Cecilia schioccò la lingua
con fare annoiato -Una Mezzosangue così fuori moda, per di più.-
Hermione non prestò
attenzione alle offese della puffola: tutta la scuola sapeva quanto essa fosse
fissata con la moda, anzi, addirittura si diceva che, prima di capitare tra le
belle mani di Blaise, fosse stata l’animaletto di uno stilista francese.
-Insegnale l’educazione,
Zabini.- si limitò a mugugnare Hermione, mentre Blaise la seguiva a ruota con il
proprio baule.
-Non sarebbe nel mio stile
non torturarti.- proclamò Cecilia,
indignata.
-Spero che ti si annodi
presto la lingua.- tagliò corto la Grifondoro.
I due ragazzi cominciarono
ad avanzare per gli stretti corridoi del treno, spingendo in avanti i bauli. Di
tanto in tanto gettavano qualche occhiata negli scompartimenti, ma erano tutti
pieni di bambini allegri che si abbracciavano dopo i tre mesi di
vacanza.
Zabini fissò con
scetticismo una nanetta che saltellava verso il carello dei dolci –Sono sempre
più piccoli questi bambini.-
-Solo tu, tesoro, all’età
di undici anni eri già un metro e sessanta di avvenenza e fascino.- gorgogliò
con adorazione la puffola pigmea.
Hermione scosse la testa
con fare esasperato.
Una volta arrivati di
fronte allo scompartimento da cui proveniva più rumore, Blaise trattene una
risata e la Grifondoro prese un suo veloce gesto della mano come una sorta di
saluto, un "arrivederci Mezzosangue" non detto, ma sentito
ugualmente.
Zabini aprì la porta e
spinse il baule all'interno dello scompartimento. Si voltò un’ultima volta a
guardare Hermione, mentre Tiger, da dietro, gli chiedeva se avesse comprato una
brioche o, ancor meglio, due.
Al bel Zabini, comunque,
non sfuggì l’espressione momentanea della Granger. Vide la bocca della ragazza
schiudersi in un’espressione di inquietudine, per poi serrarsi nuovamente nel
massimo contegno. Riconobbe il suo sguardo farsi arrabbiato e notò con quanta
forza stesse stringendo le mani sul baule. Hermione Granger aveva un problema ed
esso stava lì, in quello scompartimento.
Con le gambe appoggiate
addosso ad un più che contrariato Gregory Goyle e il capo in grembo a Daphne
Greengrass, Draco Lucius Malfoy sembrava
addormentato.
Hermione si voltò
bruscamente e con aria iraconda, tornando ad arrancare dietro al baule che
spingeva faticosamente davanti. Da sola, avanzava in cerca di un posto dove
stare.
Gettò un’occhiata
nell’ennesimo scompartimento: un ragazzo alto, dalle spalle larghe e la zazzera
rossa, stava in piedi oltre alla porta, intento a frugare nel retino che reggeva
i bagagli sopra al suo sedile. Hermione si fermò un attimo. Lo vide scherzare e
le parve di riconoscere la risata di Lavanda Brown.
Era troppo
presto per entrare ed accomodarsi
accanto a Ron e ad Harry facendo finta di nulla, magari persino sorridendo alla
Brown. Avrebbe visto lei e Weasley insieme quella sera e già ciò, per la prima
giornata ad Hogwarts, le sarebbe sicuramente
bastato.
Superò lo scompartimento
degli amici senza altri indugi.
Hermione aprì la porticina
dell'ennesimo scompartimento, infilandoci la testa dentro e tossendo
istintivamente per l’acre odore di fumo che alleggiava nell’aria. A fumare era
una ragazza, seduta a gambe incrociate sul proprio sedile ed intenta ad
accarezzare con la mano sinistra un cane piccolo e peloso che le giaceva sulle
gambe.
Di fronte a lei, era seduta
una sua coetanea. Con gli occhi scuri sgranati verso la figura di Hermione e con
i capelli ricci sparati ovunque, la seconda giovane aveva un aspetto molto
scialbo e stava seduta composta, come se avesse paura di farsi rimproverare da
Hermione.
-Vuoi sederti?- chiese la
fumatrice.
Il suo nome era Heaven
Hewett. Era una Corvonero del settimo anno, ma Hermione, pur essendo sua
coetanea, non ci aveva mai parlato molto; la Hewett era una ragazza stravagante:
prima di tutto, ad Hogwarts era rinomata per il suo umore sempre nero, poi, si
faceva chiamare Jackie per alcun apparente motivo e, infine, andava in giro
sempre con una tela da pittrice sotto braccio. I suoi disegni erano
segretissimi, nessuno li aveva mai visti.
Hermione sbuffò –Non voglio
passare il viaggio in una camera tossica.-
L’altra ragazza, molto
preoccupata di fare una brutta figura, si alzò all’istante ed aprì il
finestrino.
-Io ormai ci sono abituata
al suo fumo, ma se a te dà fastidio…- borbottò, arrossendo vistosamente –Va
meglio così?-
Hermione la guardò bene in
viso: era Charlize McNeevel, anche lei Corvonero del settimo anno.
Un dubbio cominciò a
tormentare Hermione: aveva visto molto recentemente quei lineamenti, ma non
sapeva ricordare dove.
Il flashback le venne
all’improvviso, quando si stava già per sedere: Charlize era identica alla sarta vista nel Pozzo del
Fato. Hermione sbiancò: oh mio Dio,
pensò con disperazione.
“-Bhè, non
l’ho mai visto fumare così tanto, ma c’è Heaven a tenerlo d’occhio.-“
aveva detto Harry nello scorcio di
futuro che Hermione aveva visto.
Heaven Hewett…
Dalia, la sconosciuta,
l’aveva definita una fumatrice accanita, e anche la ragazza di Corvonero
sembrava vivere di sigarette.
La Granger si alzò di
scatto. Con uno spintone, spostò il baule fuori dallo scompartimento e, bianca
in volto, chiuse con foga la porticina.
Charlize guardò preoccupata
Heaven –Hai visto che nessuno vuole stare con me?-
La Hewett fissò in silenzio
la porticina chiusa –E’ carino da parte tua paragonarmi a nessuno.- sibilò
freddamente, tornando ad occuparsi di François, il cagnolotto che le stava sulle
gambe.
Hermione, intanto, si era
lasciata andare e si era seduta sul proprio baule. Si teneva una mano sulla
fronte e, a dirla tutta, sembrava spiritata.
Aveva appena riconosciuto
due delle ragazze che poi sarebbero state, in un certo senso, fondamentali per
il suo futuro. Hermione si disse che, per averle invitate al proprio matrimonio,
avrebbe dovuto essere molto amica di entrambe le Corvonero, ma in quei sette
anni lei non aveva mai parlato molto né con l’una né con l’altra: trovava
impossibile l’idea che sarebbe diventata loro grande amica, ma d’altronde
trovava impossibile persino l’idea di sposarsi con Malfoy, nonostante il futuro
sembrasse pensarla diversamente.
Hermione respirò a fondo:
era sciocco evitare due ragazze che le offrivavano un posto a sedere, ma le
sembrava l’unica via d’uscita. Tuttavia, si disse che non avrebbe potuto evitare
anche Harry solo perché lo aveva visto nel Pozzo del
Fato.
Si rialzò e tornò indietro.
Si sentiva confusa: voleva evitare sia Heaven che Charlize, eppure era curiosa
di sedersi accanto a loro e magari scambiare due chiacchiere con entrambe.
Quando entrò per la seconda
volta nello scompartimento, ebbe subito a che fare con lo sguardo truce della
Hewett e quello malinconico della McNeevel.
-Scusate, mi ero
ricordata…di una questione da risolvere con gli altri Caposcuola.- mentì
Hermione, accomodandosi a testa bassa accanto ad Heaven.
-Non ti preoccupare.-
abbozzò Charlize.
Il viaggio, a discapito di
ciò che si aspettava Hermione, fu silenzioso. Heaven ascoltava la musica dal
proprio i-pod e Charlize studiava le proprie ballerine con attenzione
snervante.
Hermione si sentì più volte
a disagio, poi si abituò al silenzio delle due e cominciò a fissare
ininterrottamente fuori dal finestrino.
Passò il tempo, lento ed
inesorabile. Mezz'ora, un'ora, due ore. Arrivò il momento di mettersi le divise
e, quando Charlize aprì il suo bagaglio, dei fogli di giornale scivolarono oltre
il laccio spalancato, finendo tutti a terra. Le altre due ragazze si chinarono
per raccoglierli, anticipate però dall'altra che si piegò come un fulmine e
raccattò tutto il materiale in fretta e furia, stringendo i fogli al petto per
non permettere a nessuno di leggere.
Ma Hermione era una ragazza
sveglia e le bastavano pochi attimi per capire tutto. Anche aver letto poche
parole qua e là le bastava per ricomporre un
puzzle.
Quelli scivolati a terra
erano fogli di giornali risalenti a vari periodi di tempo: alcuni recavano la
data di mesi prima, altri di pochi giorni prima.
Scritte cubitali facevano
da titolo e frequentemente citavano le evasioni da Azkaban di un numeroso gruppo
di Mangiamorte.
Hermione cominciò a
mordicchiarsi le labbra, eccitata nel gettarsi con la memoria in ricordi che
aveva preferito chiudere nel cassetto e non spolverare più dopo la
separazione con Ron.
Era dicembre, il dicembre
del loro sesto anno, quando Voldemort era stato ucciso e i suoi Mangiamorte
sopravissuti erano stati rinchiusi ad Azkaban.
La Grifondoro scosse
impercettibilmente la testa, un semplice gesto per cercare di scostarsi da
quelle memorie e per tornare alla realtà.
Charlize era ancora piegata
a terra e un foglio le scivolò nuovamente dalle mani, finendo ai piedi di
Hermione.
Una scritta nera e
gigantesca le balzò subito allo sguardo: "Lucius Malfoy evaso da Azkaban". La
mora lanciò una rapida occhiata all'intestazione del giornale prima che l'altra
se lo riprendesse tra le mani e ne dedusse che risaliva a tre giorni
prima.
Dopo il pomeriggio passato
al Pozzo del Fato, ad Hermione non era affatto passato per la testa di dare
un'occhiata ai giornali dei maghi e per una volta si era disinteressata
totalmente del mondo, ponendo la visione del futuro al centro delle sue
attenzioni ed emozioni. Perciò rimase più che spiazzata quando scoprì che anche
il signor Malfoy era evaso, unendosi ai già troppi Mangiamorte scappati dalla
prigione dei Maghi.
Hermione si sedette al
proprio posto e voltò lo sguardo verso Charlize, ancora più imbarazzata di
prima.
Cosa aveva a che fare
quella ragazzina pallida, dall'espressione sempre tesa, con un gruppo di
Mangiamorte evasi da Azkaban?
°°°°
Quando Hermione Granger si
era imposta che non si sarebbe mai innamorata di Malfoy, non aveva prestato
attenzione al fatto che molti destini erano legati al suo da futura signora
Malfoy. Lei non poteva pretendere di cambiare il corso degli eventi, anche se
sperava con assurdo accanimento in una simile
possibilità.
Il punto era che lei non
era ancora a conoscenza delle creature che sarebbero state presenti in maniera
indelebile nel suo cammino verso il futuro: lei non sapeva neanche chi fossero
gli Omuncoli, figurarsi se poteva immaginare che avrebbero lasciato un chiaro
segno nella sua vita!
Dalia, ad esempio, era
un’Omuncola: sì, quella donna che le assomigliava a tal punto da poter essere
confusa per sua gemella, non era né una strega né una
Babbana.
Gli Omuncoli erano esseri
magici dai poteri staordinari. La loro specie era stata generata dagli
esperimenti di una setta di Alchimisti chiamata la “Lega Nera” e poi si era
evoluta per i primi tempi a stretto contatto con i maghi. Ciò era avvenuto in
un’epoca molta antica, quando ancora la Lega Nera lavorava a stretto contatto
con il Ministero della Magia e non era perseguitata dagli Auror.
Gli Omuncoli, però, si
erano rivelati troppo potenti per vivere al fianco dei maghi: in un momento di
rabbia, ad esempio, potevano arrivare anche al punto di uccidere un mago senza
accorgersene. Erano stati, perciò, designati come pericolosi.
La paura era cominciata a
crescere nella comunità magica e il Ministero della Magia aveva imposto alla
Lega Nera di creare per gli Omuncoli un’apposita dimensione in cui farli vivere:
era stata così concepita Omidia, il mondo degli
Omuncoli.
Il Ministero, però, aveva
agito in modo che agli Omuncoli venisse per sempre vietata l’uscita da Omidia e
che la Lega Nera cominciasse ad essere perseguitata dagli Auror.
Così ad Omidia era
cominciata ad aumentare la voglia di vendetta nei confronti dei maghi che li
avevano sigillati in un mondo troppo stretto per loro. La loro rabbia era
capitanata dal principe di Omidia, il combattivo Akira Rocherford, ed Hermione
non poteva neanche immaginare quanto Akira e gli altri Omuncoli sarebbero stati
fondamentali nel suo futuro.