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Autore: TonyCocchi    01/02/2009    2 recensioni
Cosa sarebbe successo se Tayuya non fosse morta e fosse stata portata a Konoha? Leggete e saprete! (Crack-Pairing)
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shikamaru Nara, Tayuya
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ShikaTayu

Ehilà a voi, lettrici e lettori! Ho imparato a mie spese che non bisognerebbe mai procurarsi via emule il gioco per PC che tanto si desiderava quando hai una fic in atto… Mi sono fatto prendere ed ho trascurato un po’ i miei doveri verso l’arte scrittoria e verso di voi! Ma mi riprenderò: infatti sono qui a sfornare un altro divertente ed appassionante tassello di questa fic di sorprese, amnesie, affetto e gatti scacchisti! Ma non c’è Tayuya senza musica, ed è appunto il momento di dare una nuova sonorità alla storia! Sono in arrivo nuove note che l’orecchio di Shikamaru non pensava di poter sentire. A proposito di musica, sembra che il mio espediente delle note nascoste nei titoli dei capitoli non fosse poi così misterioso, ma d’altronde avendo messo le note tra parentesi… che scemo che sono… Chissà se altrimenti ci sareste arrivati? Oh, beh, buona lettura! COMMENTATE! ^___^

 

PS: NARUTO X HINATA ORA  ESEMPRE!

 

 

Stava ripensando ancora al sogno che aveva fatto quella sera.

 

Era sé stessa. Forse da bambina: guardando verso il basso ricordava più grandi quei morbidi piedini scalzi che spuntavano da sotto una gonnella dal colore imprecisato.

Inoltre aveva l’impressione di essere più bassa, e più piccola, e fragile, e debole.

La sua attenzione passò da lei a tutto il resto. Intorno era tutto scuro, e per giunta fumoso, come avvolto da una densa foschia, e lei era come un puntino un po’ più luminoso nell’oscurità: per quanto si sforzasse di aguzzare la vista, a non più di qualche passo da lei incombeva quel paesaggio tetro, in cui non poteva distinguere che qualche strana forma dai contorni sfumati nel grigio. Ogni tanto qualcosa di muoveva, ma solo per giacere inesorabilmente immobile subito dopo, come si fosse tenuta su fino a un attimo prima e solo ora si decidesse a cadere, a contorcersi, a trovare la quiete definitiva.

Provò a parlare, ma o era sorda, o la sua voce era andata via, e il suo tentativo di farsi compagnia, di vincere il silenzio imperante fallì. Sforzarsi di urlare, gettando fuori quanto più poteva, non serviva a nulla.

Perché era in un nulla così buio? E così silenzioso? si chiese mentre il labbro già le tremava. Ma ecco che si accorse di avere tra le mani la sua salvezza.

Un piccolo flauto.

Speranzosa ci soffio dentro, e stavolta le giunse in risposta un fiacco sibilo.

Vide una pietra un po’ più in là ed andò a sedersi; era scomodissima. Alzò il flauto verso la bocca tremolante e soffiò ancora. All’inizio i suoni erano fievoli e spaventati, ma poi si calmarono. Continuò a soffiare, continuò a suonare, come da questo dipendesse la sua stessa vita. Anche il desiderio di piangere sparì.

Doveva suonare. Il suono era suo amico.

Non vedeva cosa ci fosse intorno a sé, ma non le importava più.

Finché aveva quel flauto, il silenzio non l’avrebbe presa, il buio non l’avrebbe spenta.

Bastava sentisse quelle note arrangiate e confuse, e non sarebbe stata sola.

In mezzo al nulla.

 

-Cosa significa tutto questo?- si domandò Tayuya- “Quella ero io, ma è successo davvero? È  una vera esperienza del mio passato? Un ricordo o solo una fantasia?-

Ogni volta si addormentava, confidava nei sogni: quelli che nascono nelle profondità della nostra anima, dove nessuna amnesia può arrivare a cancellare tutto. Chiudeva gli occhi sperando si dischiudessero su volti, paesaggi, eventi che aveva perduto e che forse il sonno avrebbe potuto restituirle.

Il sogno di quella notte non aveva fatto altro che confonderla.

-Il flauto… è qualcosa di reale o di simbolico?-

Nel sogno l’aveva salvata dal pianto e dalla follia, e nei momenti di quiete dell’ospedale, senza nessuno accanto, le sopraggiungeva la stessa sensazione di nullità che l’aveva afflitta nel sogno.

-Ma se ero io da piccola… Dov’ero? Perché mi trovavo lì?-

 

-Perché ero sola?-

 

Il secco rumore di uno schiocco di dita le fece salire il cuore in gola!

“UH!?!?”

“Tutto a posto?” chiese Shikamaru.

Strinse gli occhi e i suoi sensi tornarono a mostrarle la realtà. Il sole mattutino alto nel cielo terso rendeva i colori della stanza più vivaci anche se la stanza affacciava ad ovest, un venticello piacevole le smuoveva appena i capelli rossi e le rendeva il respiro leggero e piacevole, e non c’era affatto silenzio; gli uccellini cinguettavano, Shogi faceva le fuse mentre si strusciava sulle sue cosce alzate sotto il lenzuolo, e Shikamaru continuava a domandarle se fosse tornata a terra dal suo volo mentale…

“Ehi!”

“Eh? Oh, Shikamaru…”

“Finalmente ti sei decisa a sturarti le orecchie, è un po’ che ti chiamo. Ti senti bene?” chiese apprensivo.

Gli sorrise: “Si, tranquillo, stavo solo fantasticando.”

Ricambiò il sorriso e si sedette piano sul letto, provocando uno sobbalzo di materasso non gradito dal loro amico felino.

“Qualcosa riguardo i tuoi ricordi?”

Lei annuì.

“Hai recuperato qualcos’altro?”

“Non proprio, però ho fatto uno strano sogno stasera e… Oh, lascia stare, non vorrei annoiarti.”

Inarcò un sopracciglio: “Perché dovresti?”

“Beh, già venire qui ogni mattina e restare fino a sera è una bella seccatura per te, non vorrei dovessi farmi anche da psicologo o roba del genere quindi… eh eh eh!”

Shikamaru storse il naso: “Ehi, se vengo qui ogni mattina è proprio per darti una mano, anche con la tua memoria. Se vuoi raccontarmi questo sogno fa pure.”

“Beh… Grazie. Io pensavo che fossi una grossa seccatura per te.”

“Oh, ma lo sei.”

-SDONG!-

Tayuya mandò giù un boccone amaro…

“Ma ci sono seccature peggiori, e finché sono qui posso scansarle. Senza contare che ho anche una valida avversaria a shogi, quindi…”

Se voleva essere un tentativo di dirle implicitamente che stava cominciando a gradire la loro convivenza giornaliera non riuscì molto bene…

“Valida… come no…” mugugnò pensando che non l’aveva ancora battuto una volta!

“Allora, questo sogno?”

Mai come in quel momento, guardandolo, le era venuta voglia di fidarsi di lui.

Non fu affatto difficile riportare alla mente e riferire tutti i dettagli, di quel posto dove si trovava, come di ciò che aveva avvertito: l’avevano scossa fino ai brividi.

“Wow… ed io che pensavo di avere dei veri incubi certe notti.” commentò alla fine del racconto.

Vedendo che non diceva nulla domandò lui: “Hai qualche idea di dove potessi trovarti?”

“Nessuna… Era tutto così strano… Ma ovunque fosse non mi piaceva quel posto.”

“Hai detto che c’era qualcosa che si muoveva: forse qualche pericolo, qualcosa di cui avevi paura e che nel sogno ti è apparsa nascosta e pronta ad assalirti.”

“Non saprei: c’era del movimento, ma non sembrava ci fosse qualcos’altro di… vivo lì attorno. E poi… era il silenzio l’unica cosa di cui avevo paura.”

“Non capisco. Sarà per il fatto che a me piace rilassarmi, ma a me la calma piace, invece a te fa addirittura paura.”

Si strinse nelle spalle al pensiero: “Ma non era calma quella! Era… un niente…”

“Forse il silenzio è la tua memoria che non è più capace di dirti chi sei, che tace insomma. E il buio d’intorno è appunto ciò che è ora il tuo mondo: nient’altro che qualche riflesso indistinto.”

“Mhmm… Non male come interpretazione.”

“Grazie.”

Poteva davvero essere così: la sua angoscia esistenziale che arrivava a tormentarla anche nel sonno. Ma c’era dell’altro, che per qualche strana coincidenza si era ritrovato lì nei suoi notturni pensieri.

“Però c’è un elemento fondamentale su cui non riesco a smettere di pensare…”

“Il flauto, non è così?”

“Esatto!” –disse con trasporto- “Nel mio sogno ruota tutta intorno al flauto ed io che lo suono. Per me non si tratta di qualche cosa di simbolico: sono sicura che per me fosse molto importante.”

Sospirò stringendo i pugni: “Se solo potessi averne uno.”

Shikamaru si afferrò il colletto della maglia allargandolo…

“Forse potrei ricordare dell’altro…”

“È possibile...” –Il problema è “quanto” altro…-

Incrociò le gambe e vi ci si appoggiò con un gomito, mentre con l’altra mano grattava la testolina paffuta di Shogi, anche se distrattamente.

-Se davvero il buio e il silenzio sono ciò che sento adesso allora non sono andata affatto in profondità nel mio passato. Poi c’è il flauto, che già avevo ricordato: è qualcosa che in un certo senso mi ha salvata. Che si tratti di…-

-Per fare simili sogni è una ragazza più complessa di quanto mi aspettassi. Dunque buio e silenzio è ciò che più la ferisce dentro?-

-Ma perché proprio un flauto? Se poi davvero il mio sogno non centra nulla col mio passato allora perché ero una bambina?-

“Ahi!”

Di nuovo una di quelle fitte alla tempia: fortunatamente erano molto meno frequenti da quando si era risvegliata lì nell’ospedale, ed anche meno forti.

“Tayuya.”

“Si?”

Si trattenne qualche istante. Era davvero il caso di domandarglielo? Non doveva piuttosto tenere a freno la propria curiosità? Quell’interesse nei suoi confronti impensabile fino a qualche giorno prima?

“È davvero così orribile perdere la memoria?”

Come contagiato dalle pieghe di quel discorso, anche il gattino aveva perso vivacità e interesse per le coccole.

“È come… rinascere: tutto ciò che avevi è stato spazzato via ed ora devi ricominciare daccapo, eppure sei cosciente di ciò che hai perso e lo rimpiangi, perché è proprio dietro di te, oltre un muro che ti impedisce di guardare.”

“E la cosa più dolorosa?” chiese come ipnotizzato dalle sue parole tanto schiette.

“Non aver trovato nessuno al mio risveglio che mi dicesse di essere parte della mia vita.”

Vide il suo volto accendersi, e i capelli sollevarsi leggermente come gli angoli della sua bocca, anche solo per via del vento.

“Spero tanto che mi trovino e mi riportino indietro, a ciò che era prima di tutta questa brutta storia: potrei vedere ciò che mi è stato familiare come fosse la prima volta, tornare a considerare ciò qualcosa di speciale ed esserne felice.”

Nella silenziosa pausa che seguì subito dopo immaginò dei genitori, un fratellino più piccolo, e perché no un bel ragazzo bello e atletico!

Ma inevitabilmente dal silenzio lei non poteva uscire se non col petto vuoto da star male.

“Poi mi ritrovo a pensare… che fino ad ora l’unica “cosa” che sento come importante per me che mi sia tornata in mente… è un flauto…”

Solo quello.

 

Abile a non scomporsi fuori più del dovuto domandò:

“Vuoi fare una partita?”

Decisamente fuori luogo come domanda quella del ragazzo: per questo non poteva fare a meno di ringraziarlo.

“S… si, dai!” disse Tayuya fingendo con la voce un umore più roseo mentre si asciugava gli occhi.

Lui rovesciò il sacchetto con le pedine sul centro della scacchiera e lei cominciò subito a disporle.

“Stavolta ti batto, sento che è la volta buona!”

“Eh, eh, chissà!”

Per esperienza non aveva mai sentito di qualcuno scosso dal pianto capace di concentrarsi abbastanza da vincere una partita a quel difficilissimo gioco, ma qualcosa gli diceva comunque di non sottovalutarla: ultimamente gli riservava una sorpresa dopo l’altra.

“Muovi prima tu.”

“Va bene. Però prima c’è una cosa che devo fare.”

“Eh?”

Shikamaru si alzò dal letto ed afferrò il suo gatto per le zampe.

“Dammi un attimo.”

-Ma che intenzioni ha?-

 

“Ma dai! Eh eh!”

“Umpf, già. Se poi pensi che…”

Makoto e Kunio furono distratti dall’aprirsi della porta.

“Salve. Scusate se interrompo la vostra conversazione, ci vorrà un attimo.”

Allungò le braccia verso Makoto che non comprese. Così aprì le mani…

-MEOW!-

Ma l’infermiera ebbe prontezza di riflessi e lo salvò dalla caduta.

“Grazie.”

E senza aggiungere altro torno dentro.

“……” Guardò il micio che sembrò sorriderle.

L’ANBU sghignazzò: “Così sei quel famoso gatto, eh? Piacere di conoscerti.”

Gli diede una carezza, ma avvicinò troppo il naso e Shogi cercò di colpirlo con la zampetta!

“Ehi!” protestò toccando il suo profilo aquilino. Fece un sorriso rassegnato: anche lui, come il padrone, ce l’aveva col suo povero naso.

“Ih ih ih!”

“Umpf!”

Intanto, liberatosi di possibili “disturbatori”, Shikamaru tornò pronto a cominciare.

“Eccomi qui!”

“Ih ih!”

 

Superata la difficile fase iniziale, entrambi cominciavano ad adattarsi a quel quotidiano sistema di visite. Tayuya però molto più di lui. Da quanto si era ripresa non aveva fatto altro che migliorare, e sebbene continuasse a cercare stimoli che potessero provocarle dei lampi di memorie sopite, ottenendo il più delle volte lampi di dolore alla zucca, si lasciava volentieri distrarre da quella disperata ricerca dal ragazzo col codino. Migliore era anche la sua opinione di quel posto; inizialmente sbandata, anche grazie alla gentilezza del personale (medico e non) che si prendeva cura di lei, a quel poco che dal suo letto riusciva a scorgere dalla finestra della sua stanza e alle varie cose che le aveva raccontato Shikamaru, non solo quell’ospedale, ma in generale quello “sconosciuto” Villaggio della Foglia non sembrava affatto un brutto posto dove risvegliarsi dopo un amnesia totale.

Ovviamente sorse presto in lei il desiderio di vedere altro, anziché fantasticare soltanto. Così, la mattina successiva…

 

“Wow! Alberi, case, tanta gente, e…” -respirò profondamente- “Un clima bellissimo! Questa Konoha è davvero bella!”

La porta dietro di lei si aprì: “Eccomi… EH?!?!?”

Gli prese un colpo a vederla affacciata al davanzale della finestra: si era alzata dal letto!

Si voltò sorridendo: “Hai visto? Sono arrivata fin qui da sola!”

“Umpf!” –ficcò le mani in tasca- “Non ci stai più con la testa ma ora almeno ti reggi di nuovo in piedi.”

“Già!” –gongolò lei- “Casa tua sembra un posto pacifico per essere un villaggio ninja.”

“Relativamente lo è.”

Tornò a guardare fuori, indecisa su quale punto del panorama soffermarsi: “Mi domando se anche io vengo da un villaggio tanto grande. Forse anche la mia casa è grande: magari la mia famiglia è ricca, ih ih ih!”

“Ci risiamo, ecco che spicchi di nuovo il volo…”

Si grattò dietro la nuca, abitudine che pareva aver preso proprio da Shikamaru: “Beh, se non posso sapere quasi nulla della mia vita almeno voglio provare a fantasticarci su un po’ se permetti.”

Ridacchiò: “Umpf, fai pure: ma nel caso immaginassi di essere la figlia di un daimyo poi non cominciare a dare ordini di qua e di là.”

“Eh eh eh, no tranquillo” –cominciò a dire facendo un passo nella sua direzione, ma avvertì una fitta ad un piede e poi l’intera gambe parve perdere forze.

Urlò un attimo, ma Shikamaru le prese le spalle (anche se non con molta reattività, era quasi al suolo!).

“Sarai anche in grado di alzarti ma non è ancora tempo di passeggiate sembra.”

“Mi sa che hai ragione. Mi aiuti a tornare al letto?”

“Sono qui apposta, no?”

 

In ogni caso fu il primo forte segnale visibile della sua rapida ripresa. Quella convivenza forzata portava ovviamente il Nara ad un osservazione più diretta, che da fuori pareva non sfiorarlo più di tanto ma che riusciva a sorprenderlo parecchio. L’aveva seguita giorno per giorno in un processo come di trasformazione: ora aveva decisamente un aria meno impaurita, esprimeva meno timore nei gesti e nel rivolgersi a lui o a Makoto, e sebbene ora la timidezza non la condizionasse più come prima nell’esprimere quel suo animo schietto non era comunque eccessiva, chiassosa o esuberante, né complicava in alcun modo la vita dei suoi “badanti”.

 

“Niente inappetenza, le lesioni sono guarite, i parametri sono normali: non ha nulla che non và.” disse Shizune dopo essere uscita dalla stanza insieme a lui un pomeriggio. A parte lui e Makoto era una delle poche persone che erano venute trovarla (c’era anche Ton Ton ma lei rientrava nel novero degli animali), anche se era passata una sola volta per tenere aggiornata l’Hokage. Tsunade non si era certo dimenticata dell’affare Tayuya, ma nessuno, nemmeno Shizune, poteva dire con certezza come stesse prendendo le poche e poco interessanti notizie che le giungevano da lì attraverso la sua assistente e gli ANBU: non aveva commentato affatto, sorbendosele in pensieroso silenzio. Le cose non le andavano giù oppure cominciava a perdere interesse?

“Con un po’ di esercizio in più potrà anche tornare a camminare normalmente.”

-Oink!-

“Tutto tranquillo insomma.” asserì il Nara.

Shizune poggiò una mano sulla fronte: “Si… Il che è un sollievo. Ti confesso che avevo un po’ paura di venire qui: me l’ero immaginata più difficile come paziente.”

“Umpf, anche io. Però, come ti avevo detto, la terribile Tayuya del Villaggio del Suono  ora è ridotta proprio male.” disse scherzandoci.

“È davvero una ragazza socievole ho notato. Solo… Non mi piaceva il modo in cui guardava Ton Ton, giusto?”

La maialina in risposta si nascose dietro le sue caviglie.

Shikamaru sollevò un sopracciglio -“Uh? Che intendi?”- chiese mentre con una mano apriva di nuovo la sua porta…

“Ehi!” –urlò entusiasta la ragazza vedendolo rientrare- “Forse ho ricordato qualcos altro! Sono quasi certa che il mio piatto preferito fosse il maiale arrosto!”

“……”

“……”

-O… oi… oink!-

Shizune e Ton Ton corsero via sorridendole forzatamente…

 

Era una ragazza intelligente, che spesso vedeva persa in chissà che fantasticherie. Le piaceva: diceva che almeno così poteva costruirsi l’identità che più le piaceva, anche se avrebbe dato chissà cosa pur di riavere quella che era veramente sua.

Shikamaru in certi momenti avrebbe voluto accontentarla: aveva un certo impulso a gettare un amo a cui farla abboccare, perché risalisse la lenza fino al mulinello dei suoi ricordi perduti. Poi subito dopo si dava del pazzo o anche di peggio.

Perché allora non prenderle semplicemente quel regalo che tanto avrebbe desiderato ricevere?

No, le cose così come stavano andavano più che bene a lui, ed anche a lei; non avrebbe scombussolato le cose proprio ora che quella ragazza cominciava a star bene.

 

 

Un altro mattino spuntò, e come al solito poco prima le nove Shikamaru lasciò casa sua per incamminarsi nella solita direzione. Solitamente a ciò seguiva lo spuntare di un paio di occhietti scuri da uno spiraglio della porta di casa, ma stavolta di paia di occhi ce ne erano due! Yoshino, stufa della solita imperturbabilità (o strafottenza?) del marito, lo aveva portato con sé a rivolgere occhiatacce sospettose al figlio in allontanamento: quel debosciato degenerato doveva decidersi prima o poi ad interessarsi a quello che stava succedendo al figlio e a cui, come lei, era tenuto all’oscuro!

“Mhmmm…”

“Forse và ad allenarsi in segreto per migliorare come shinobi.”

“Bella battuta.”

La donna chiuse la porta ed incrociò stizzita le braccia.

“Io ci spererei. Alla sua età io… perdevo un mucchio di tempo come fa lui, ma poi ho smesso.”

“Si, ma come lo perde il suo tempo? È questo che vorrei sapere!”

“Io ho visto l’Hokage ieri e mi ha confermato che mio figlio svolge del lavoro extra per conto suo.”

“Ma nemmeno lei ti ha detto di che si tratta: o sono affari del villaggio top-secret o lei è in combutta con quello scapestrato di nostro figlio!”

“L’Hokage in combutta con un tredicenne? E poi scusa, da quando il nostro tranquillissimo e aproblematico figliolo sarebbe uno “scapestrato”?”

“Da quando osa tenerci nascosto cosa fa tutto il giorno!”

“Pensa semplicemente che sono fatti suoi e li tiene per sé.”

“Shikaku, non dirmi che non pensi che nostro figlio non si stia comportando in modo troppo sospetto perché non ci sia sotto nulla.”

L’uomo strinse il pizzetto scuro tra le dita: “No, in effetti non lo penso neanche io arrivati a questo punto.”

“Ma io scoprirò quello che mi nasconde!”

-Sei una ficcanaso, come tutte le donne!-

“Shikamaru ha commesso un passo falso negli ultimi giorni: ha portato con sé un testimone!”

“Un testimone? Intendi…”

“Non hai trovato strano che quando Shikamaru non c’era e quando tornava riappariva?”

 

Si mise dunque il “testimone” sul tavolo dell’interrogatorio, e Shikaku e Yoshino si sedettero scrutandolo intensamente.

Lui, seduto sulle zampe posteriori li tenne sulle spine qualche minuto col sinuoso muoversi della codina e poi…

-Miao-

“……”

“……”

Yoshino scattò in avanti e sbatté le mani sul tavolo: “È tutto quello che hai da dire, accidenti!?”

Shikaku si passò una mano sulla faccia: “Sigh…”

-Miao-

“Ehm, cara…” –in quell’istante udì un leggero “toc-toc” alla porta di casa- “Vado io.” disse lasciandola sola al suo miagolante informatore.

Mugugnando andò ad aprire: -Tsk, che tempi: mio figlio in piena crescita, mia moglie che interroga i gatti…-

“Buongiorno, signor Nara!” lo salutò una Ino Yamanaka raggiante, al contrario di lui!

“Buongiorno, Ino.”

“Cercavo Shikamaru.”

“Arrivi tardi: è già uscito. Non si sa dove.”

Ino restò allibita: “Come?! Ma… Ieri sono arrivati alle dieci e mezza per essere sicura di trovarlo sveglio e non c’era, ora torno alle nove ed è già in piedi?”

“Che devo dirti, ultimamente ha avuto difficoltà a dormire, forse gli si è alterato il ritmo biologico, non lo so… Ad ogni modo, serve qualcosa?”

La biondina scosse il capo: “No, stia tranquillo, volevo soltanto invitarlo a fare visita a Choji insieme a me.”

La guardò pensieroso.

-Mhmm, a quanto sembra qualunque cosa faccia persino i suoi amici Ino e Choji ne sono fuori: anche lei sembra esserne del tutto all’oscuro.- Erano quelli in più stretti rapporti con lui. Ed anche il capo Nara cominciò ad avvertire maggiore interesse per la cosa.

-Ma cosa combina Shikamaru? Ieri Choji mi ha detto che l’ultima volta che gli ha fatto visita è stata qualche giorno fa, e si era pure portato dietro il gatto.-

“Non sa dirmi nulla su dove possa essere?” chiese poi la ragazzi dagli occhi azzurri.

“No, mi spiace…”

“SE NON TI DECIDI A PARLARE TI FARÒ INTERROGARE DAGLI INUZUKA, E LO SAI CHE METODI USANO CON QUELLI COME TE!”

-MIAAAAAUUUWWW!!!-

-???- Non era la prima volta che sentiva urlare la signora Nara, ma era la prima che litigava col suo beneamato gattino. Nascondeva forse qualcosa come il suo padroncino?

“Sigh!” –fece Shikaku- “Come puoi vedere la cosa turba molto la quiete della nostra famiglia.”

Ino allora si fece indicare la strada che di solito prendeva: “Non si preoccupi, signor Nara. Vedrò di capirci qualcosa io. Buongiorno.”

A malincuore Shikaku salutò e chiuse la porta: ora doveva tornare in casa a calmare sua moglie!

La Yamanaka cominciò ad arrovellarsi il cervello: -Chiederò un po’ in giro. Da casa Nara questa è la via più facile per l’ospedale, ma io e gli altri siamo andati lì spesso ultimamente e non lo abbiamo mai incrociato.-

 

Questo perché il Nara era bravo a depistarli. O meglio, ad evitarli…

“Ce la fai a muovere il braccio, Neji-nii san?” chiese Hinata che passeggiava con calma insieme al cugino nei corridoi animati dell’ospedale.

Provò a muovere la spalla sinistra, quella che Kidomaru gli aveva trapassato da parte a parte: “Si. Và sempre meglio… Sono solo un po’ anchilosato.”

“Presto recupererai, tranquillo.”

Annuì al sorriso rassicurante della cugina e si sgranchì il collo: “E quando sarò dimesso voglio ricominciare ad allenarmi al più presto.”

“Ehm, a questo proposito nii-san, volevo chiederti se potevi…”
“Si?”

Non appena furono passati, Shikamaru, che si era nascosto dietro un grosso e basso vaso fece sbucare fuori la testa per assicurarsi il via libera.

-Bene, posso proseguire… Una vera fortuna che il profilo di questa pianta grassa somigli a quello del mio codino.-

Si alzò e provò a percorrere il resto del tragitto come non avesse nulla da nascondere: in fondo non erano solo i suoi conoscenti a non dover sospettare dell’ospite al secondo piano. Però...

“TORNA QUI!”

“QUANTE VOLTE DEVO RIPETERVI CHE SONO GUARITO?”

-Ecco che ci risiamo: Naruto tenta di nuovo la grande fuga.-

Si nascose nell’ombra sottoscala e da lì vide il ragazzo coi baffetti precipitarsi giù per i gradini a grandi passi, seguito a breve distanza da tre infermiere e un inserviente armato di ramazza. Tuttavia nessuno di loro fu colui che l’avrebbe riportato indietro in lacrime.

“Fila.” disse trascinandolo per il colletto del camice un uomo longilineo dall’occhio coperto dal coprifronte

“SIGH! La prego maestro Kakashi! Ho poco tempo prima che torni l’Eremita Porcello! Devo allenarmi! Sia buono! Sigh!”

-Che idiota.-

Passato il trambusto, uscì e cominciò a salire le scale, venendo subito abbagliato dal sole che entrava dalla finestra sopra di lui.

 

 

“Potrei provare a cercare su una cartina: vedendo i nomi dei paesi potrebbe venirmi in mente qualcosa. Cosa c’è qui intorno?” Gli chiese quello stesso pomeriggio, dopo un’altra piacevole mattinata.

“Beh, noi siamo nel Paese del Fuoco, poi c’è quello delle Onde, del Fulmine, del Tè, delle Risaie…”

“Mhmm, forse sono proprio del Paese del Fuoco: ho i capelli rossi, no?”

“Non credo centri alcunché.”

Tornò su uno dei luoghi che aveva nominato prima: “Risaie… Mhmm…”

Shikamaru smise di stiracchiarsi: “Ehm, ti è venuto in mente qualcosa?”

“Forse… o forse ho solo fame, sai, il riso, eh eh eh!”

“E abbiamo pure mangiato da poco: mi ricordi il mio amico Choji in questo momento.”

“Uffa… Poi dovrai farmelo conoscere questo tuo amico, ne parli spesso.”

“Beh… certo.” Ora come ora non poteva essere sicuro di come si sarebbero sviluppate le cose, né dire che mai qualcun altro oltre a lei e chi di dovere avrebbe potuto vederla. Non sembrava comunque desiderare dell’altra compagnia, per il momento.

D’improvviso lei batté pugno su pugno, come quando viene a mente qualcosa: “A proposito di spuntini! Ti sei dimenticato di quella cosa.”

Shikamaru, che si stava grattando i capelli scuri: “Cosa?”

Lei lo guardò imbronciata.

-Non capisco…-

Gli occhi castani di Tayuya si alzarono verso l’alto e tornarono giù con il modo giusto per fargli ricordare e per svergognarlo:

“Oink, oink.”

“Ops…”

“IL MAIALE ARROSTO! Ti avevo chiesto se potevi portarmene un po’ oggi ed avevi detto di si.” si lagnò lei facendolo sciogliere col suo sguardo deluso.

“Beh, cosa vuoi? Me ne sono dimenticato sembra.”

“Mhmm, troppa fatica ad andare a comprarlo e portarlo?” disse per punzecchiarlo.

Ed imbronciato anche lui scostò bruscamente la testa: “Bah, figurati.”

“Smemorato: ci tenevo tanto.”

Lui sbuffò un: “Mi spiace.”

Sospirò: “Perché non mi porti mai quello che…”
Si interruppe mettendo tre dita davanti le labbra.

“Ehm, scusa, sto diventando petulante.”

Come ogni ragazza (almeno nella sua ottica) un po’ doveva pur esserlo: almeno non era troppo insistente.

“Se me ne ricordo te ne porto un po’ domani.”

In tal caso avrebbe dovuto ricordarsi di chiudere per bene il contenitore: passare con del maiale arrosto in un ospedale in cui c’è Choji tenuto a stecchetto dai medici è impresa ardua se non impossibile!

-Spera che il tuo maialino arrosto riesca ad arrivare fin qui, eh eh eh!-

Mentre lui si faceva questi filmini nella sua testa, Tayuya si era di nuovo momentaneamente isolata dalla realtà.

“Ancora?”

“Uh?” esclamò, cadendo dalle nuvole.

“Perché gesticoli in quel modo?”
”Qua… quale modo?”

Nel modo in cui Shikamaru la vedeva inconsapevolmente esprimere una sua parecchio sentita esigenza. Ognuno ha dei propri gesti particolari, abitudinari, dei propri tic: c’è chi si gratta la nuca, chi mette le mani in tasca, chi si tocca il mento, chi incrocia le braccia. Tayuya invece muoveva le dita davanti le labbra, appena un po’ dischiuse; e non a caso, ma con un criterio, uno schema, con l’attenzione e la metodicità di chi fa qualcosa che sa fare veramente bene. Qualcosa che ama veramente fare.

Appena gli aveva chiesto il perché, che sapeva di sapere, aveva smesso, ma come a malincuore.

“Oh, nulla, non badarci, sai… le mie solite… cricche mentali, eh eh eh!”

Ridacchiò, meno rumorosamente, insieme a lei, tanto per farle compagnia, non certo perché dell’animo giusto. Come lei d’altronde.

 -Mi manca tanto… quella voce… Sigh…-

Tayuya era davvero una ragazza forte, pensò Shikamaru. Prima che succedesse tutto ciò lo avrebbe detto unicamente per via delle sue mostruose abilità in combattimento o per la durezza dei modi: quella sua sfrontatezza che non le dava a temere nulla, presente in ogni aspetto della sua persona e che sembrava gridare a tutti che era pronta a prendere a calci nel sedere chiunque, uomo o donna che fossa.

L’avrebbe detto, in pratica, perché era una “tipa tosta”, come Temari. In realtà, da buon maschilista, non avrebbe mai creduto che una donna, un essere noioso, capriccioso ed raggiratore, potesse essere “veramente” forte.

-Nonostante le sue disgrazie riesce a non farsi scoraggiare, a sopportare tutto e persino a scherzarci su non appena può. È riuscita presto a fidarsi di persone che non conosceva facendole diventare la sua mano in aiuto-

Visti chi erano in realtà, era stata decisamente ingenua.

-Ed anche se continua ad avere disagi e desideri che loro forse potrebbero risolvere non vuole dare a vedere quanto ci soffra, anche per quelli che sono stati tanto gentili con lei. Sopporta. Non chiede mai più di tanto. E continua a sorridere.-

Considerato tutto ciò, se la vecchia Tayuya era tosta, la nuova, anche senza forza, potere e parolacce, lo era ancora di più.-

“……”

“Gnnn… Voglio alzarmi.” –Non ebbe bisogno di aiuto- “Ho un po’ di sete.”

Ora eccola che stufa di farsi servire voleva cercare di fare da sola. Shikamaru ne restò parecchio impressionato! Tra l’altro cascava a fagiolo, anche lui voleva bere.

“Shikamaru, dove posso trovare un po’ d’acqua?” chiese messasi in piedi.

“C’è un distributore: è nel corridoio di là, in fondo.”

“In fondo? Quanto in fondo?”

Shikamaru, accompagnando il tutto con un gesto plateale del braccio: “In fondo, in fondo, in fondo.”

“……” –Tayuya cascò a sedere…- “Eeeehhmmm……”

Si alzò dalla sedia: “Sigh… Ho capito…”

“Eh eh eh, l’hai detto tu che è meglio andarci piano con le passeggiatine, no? Grazie.”

Col senno di poi, tornando ai suoi pensieri di prima si sarebbe presto a schiaffi!

-Donne… BAH!-

Almeno aveva detto grazie. Incamminatosi continuando a fare pensieri su di lei, venne fermato da un “Ehilà” inaspettato dietro di lui.

“Prendi una pausa?”

“Non proprio; ti invidio, sempre fermo a fare la guardia, praticamente a far nulla.”

L’ANBU rise in maniera antipatica: “Come se tu stessi facendo qualcosa.”

Gli si avvicinò, incombendo su di lui come un rapace sul cocuzzolo di un monte.

“Serve qualcosa? Vuoi che ti prenda da bere?”

“A dire il vero volevo parlare un po’ con te. Sono passati già sei giorni da quando abbiamo iniziato a perdere le nostre giornate tra questi corridoi e di passi in avanti se ne sono fatti ben pochi.” disse con voce calma, ma con la fronte corrugata.

“Passi in avanti?”

Quello diede un sospiro: “Sei terribilmente inconcludente.” –appariva già meno posato- “Vedi, secondo me ti stai lasciando prendere un po’ troppo dalla tua… “missione”.” –calcò per bene l’ultima parola, lanciando contemporaneamente uno sguardo ammiccante verso la porta della 153- “Credi forse che il tuo obiettivo sia venire qui a fare salotto?”

Il ragazzo iniziò ad inquietarsi: “Beh, che altro dovrei fare? Sono il suo supporto morale dopotutto, no?”

L’altro esibì un ghigno: “Secondo me non solo hai dimenticato cosa ci stai a fare qui, hai dimenticato anche chi è quella. Quella è una nostra prigioniera. Una prigioniera a cui dobbiamo far tornare la memoria perché ci riveli informazioni utili sul nostro nemico Orochimaru.”

Lo guardò storto, ma il falco guardiano proseguì: “Così com’è non ci serve a nulla.” –cominciò a stringere i denti- “Finora però, risultati zero: non ti sembra sia il caso di riflettere un po’ sui tuoi metodi?”

“Bah!” –la voce gli tremava leggermente- “Ogni tanto qualcosa le torna in mente, e comunque io che ci posso fare io se quella continua a non ricordare? Mi hai preso per uno che ci capisce di cervello? Non posso farle tornare la memoria schioccando le dita.”

Per tutta risposta gli rise in faccia: “Non è che tu ti sia sforzato più di tanto per aiutarla a ricordare.”

In effetti a parte qualcosa che gli era scappata in qualche discorso, il suo apporto era stato pochissimo, per non dire che lasciava praticamente che facesse da sé.

Kunio continuava ad adocchiare la porta della stanza, come rimpiangesse che la ragazza non fosse stata messa nelle sue mani: era come osservasse un invitante scrigno che nessuno voleva decidersi ad aprire, un enorme spreco.

“Perché non ti decidi ad agire con più decisione? Ora che la sciocca si fida di te dovresti impegnarti per strapparle le informazioni che ci servono.”

“E come dovrei fare se non sa neppure di averle!?”

“Proprio per questo te le rivelerà senza neanche accorgersene. Ma tu sei troppo incapace per riuscirci, oltre che codardo.”

Rimuginò in silenzio, senza rispondergli.

Si fece più gentile, leggermente, ansioso di convincerlo: “Pensa solo che può rivelarsi utilissima per il villaggio.”

La cosa più sgradevole era il fatto che avesse ragione; nonostante fosse tanto meschino, tecnicamente l’ANBU era nel giusto e lui nell’errore.

“Questo dettaglio del flauto è parecchio interessante: forse potresti insistere su di esso e vedere cosa ne viene fuori.”
-!!!-

“Cosa?” –si fece indietro- “Che ne sai tu del flauto?” –trovò da solo la risposta, così ovvia che si meravigliava non ci avesse pensato dall’inizio- “Origli le nostre conversazioni?”

“Solo ogni tanto: dopotutto è il mio dovere quello di sorvegliarla, ed io il mio dovere lo svolgo.”

Quindi, mentre lui cercava di limitare le sofferenze di Tayuya, di distrarla dai suoi guai (pur senza aiutarla a risolverli…) lui era lì fuori a spiare e a farsi quattro risate alle loro spalle? Magari pensando a quanto lei fosse un’allocca e quanto ridicolo fosse lui a lasciarsi trattare con tanta confidenza da una “nemica”?

Stringeva già i pugni: “Umpf, dovevo immaginarlo: con un naso come il tuo è normale tu non sappia fare a meno di ficcarlo ovunque.”

“……”

Stavolta non ci fu alcuna risata beffarda in risposta. L’ANBU si irrigidì, diventando inespressivo.

 

-SBAM!-

“URGH!”

Provò per qualche istante l’ebbrezza del distacco dal suolo e poi un forte dolore alla schiena al momento dello schianto contro la parete. Per essere un grosso gallinaceo quell’uomo era abbastanza forte da sollevarlo per il giubbetto con una sola mano!

“Ora comincio a stufarmi sul serio…” disse con una gelida voce apatica.

“Urgh… Lasciami!” fece a denti stretti mentre veniva schiacciato con forza al muro. “Sarà che sono seccato per via di questi sei stupidi ed inconcludenti giorni?”

Il Nara afferrò il suo braccio con entrambe le mani, stringendolo per fargli mollare una presa; ma i suoi muscoli, non evidenti ma ben allenati, non facevano una grinza.

Che doveva fare? Dargli un calcio? Dopo se la sarebbe vista ancora peggio: che speranze aveva contro un ANBU incavolato nero? Non poteva fare altro se non stringere i denti e subire purtroppo.

“Stammi bene a sentire, qualunque opinione tu abbia di quella lì devi comportarti da ninja e fare il tuo lavoro. Altrimenti…” Le iridi sembravano rimpicciolite nelle orbite: uno sguardo aguzzo e penetrante che lo fece sudare freddo.

“MA CHE SUCCEDE!?”

All’urlo di Makoto si voltarono all’unisono, interrompendo quell’insopportabile contatto visivo. La donna tremava, ma seppe fingersi autoritaria.

“Shikamaru-san che cosa hai fatto adesso? Kunio-san, lascialo! Ti prego!”

Il Nara non se l’aspettava, ma quello obbedì e poté cadere liberamente al suolo.

“Tutto bene? Ti avevo detto di finirla di attaccare briga con Kunio! E… e anche tu, non è modo di fare questo.” disse, ancora scossa dallo spavento.

Shikamaru menò due colpi di tosse: “Tranquilla…” –si poggiò pesantemente sul ginocchio e si rialzò- “Mi stava soltanto ricordando i miei doveri.” –senza più i suoi occhi da falco davanti la faccia, Shikamaru era nuovamente abbastanza spavaldo da rivolgergli un sarcastico “Grazie” pieno di rabbia.

L’ANBU ignorò Makoto che silenziosamente lo pregava di spiegarle e continuò  a tartassare quel piccolo codardo: “Umpf! Hai paura di cosa ti succederà se ricorda?” –si fermò un attimo e ghignò- “Oppure di cosa LE succederà?”

-!!!-

Per sfregio nei suoi confronti, aveva cercato di sembrare combattivo e sprezzante anche quando lo teneva coi piedi per aria, ma a quelle parole il giovane, davanti l’odiato guardiano, assunse un’espressione del tutto smarrita.

Makoto lanciò un sibilo: “Shhhh! Abbassate la voce! Potrebbe sentirci!” I metri da lì alla stanza non erano mica molti.

“Anche tu Makoto. Anche tu non sei riuscita a restare lucida, come lui: pensate troppo a lei e troppo poco allo scopo che si è preposto il villaggio nel tenerla in vita.”

“E… e perché non dovremmo farlo?”

“Perché quella lì non è una delle tue pazienti, renditene conto!”

Anche lei dovette subire il supplizio di venir fissata con rabbia da quegli occhi piccoli e infossati. Shikamaru credette che Makoto sarebbe stata messa definitivamente a tacere. Eppure, dimostrando un coraggio inaspettato, si ribellò ancora.

“I… I… Invece lo è!” –disse, lasciando che l’altro si chiedesse come si poteva essere tanto stupidi- “Per quello che mi riguarda è una ragazza in difficoltà, che non si regge in piedi e che ha un disperato bisogno di non sentirsi sola!”

“Makoto…”

Che piacere vedere un ANBU bacchettato da un’infermiera dall’aspetto tanto sempliciotto: -Accidenti, la nostra infermiera ha tirato fuori gli aghi da puntura, umpf!-

“Dì… dì pure… dì pure ciò che vuoi, ma non la considererò mai solo… un qualcosa di utile per il villaggio!”

Sobbalzò: Shikamaru, avvicinatosi le aveva dato una pacca sulla spalla e si era spaventata un secondo. Era tutta sudata per lo sforzo, ma ce l’aveva fatta.

Kunio guardò il Nara e l’infermiera, fianco a fianco a guardarlo, come un fronte compatto contro di lui. Cominciò a scuotere la testa e a mettersi le mani tra i capelli.

“Umpf… Eh eh… Eh eh eh…”

-Ecco che siamo alle risatine isteriche-

“Ah ah ah ah!” -li guardò ancora: per la tensione i capelli sembravano sul punto di cadergli in massa- “No… Due contro uno? Umpf!... Adesso… Adesso voi vorreste farmi passare per il cattivo della situazione, giusto? Il classico militare rigido e insensibile all’aspetto umano della smemorata e del suo dramma, dico bene?”

Makoto arrossì e sembrava timorosa di rispondergli.

-Si, decisamente lo sei- Shikamaru invece gli rispose solo nella sua mente: infuriato com’era non voleva venir malmenato un’altra volta.

“Benissimo! Ora diventiamo tutti buoni amici della disgraziata coi capelli rossi! Umpf! Che idiozia!”

Diede loro le spalle: “Siete due sciocchi: in questo modo prima o poi quella vi farà finire nei guai, soprattutto tu, smidollato.”

“Tsk!”

Si girò ancora: “O ti decidi ad impegnarti perché le torni la memoria, oppure ci penserò io, ti ho avvertito!”

“Kunio-san…”

“Lascialo perdere.”

Decisamente troppo problematico restare in quel corridoio: meglio tornare da Tayuya, lì la compagnia era decisamente migliore.

-Ma pensa un po’… Tayuya una buona compagnia!- Così strano eppure era così.

“Eccomi.”

“Ehm…”
“Uh?”

“E L’ACQUA!?!?!?”

“………………………”

“Ma allora è vero che sei smemorato!”

“Stavolta non è stata colpa mia, mi hanno distratto!”

“Già di ritorno?” chiese Makoto vedendolo tornare indietro.

Shikamaru, braccia penzoloni, non le rispose e filò dritto filato, ma con passo e sguardo da morto vivente, al distributore di bibite.

-Mendokuse…-

 

Certo che avrebbe potuto essere meno impulsivo nel suo a tu per tu con l’ANBU-falco, pensò mentre tornava con un paio di bottigline, anche se quel tipo quella volta era davvero riuscito a farlo uscire dai gangheri, e ce ne voleva per riuscirci con lui.

“Quella è una nostra prigioniera.”

-E tu sei un militare idiota.-

“Una prigioniera a cui dobbiamo far tornare la memoria perché ci riveli informazioni utili sul nostro nemico Orochimaru.”

-Non le ha rivolto la parola una sola volta e pensa di saperla lunga su cosa bisogna fare, come bisogna trattarla.-

“Così com’è non ci serve a nulla.”

-Tsk!-

Ma a pensarci bene il motivo di fondo di quell’avversione non era nella connaturata antipatia che trasmetteva l’ANBU.

“Origli le nostre conversazioni?” –gli aveva detto serrando forte le mani, cosa che non faceva mai-

“Solo ogni tanto: dopotutto è il mio dovere quello di sorvegliarla, ed io il mio dovere lo svolgo.”

Lui era di natura indifferente agli estranei, non si faceva mai opinioni preventive sul loro conto; insomma, se quell’ANBU non si fosse rivelato sin dall’inizio un imbecille capace di sfoderare una spada contro una ragazza atterrita solo perché “nemica”, l’avrebbe ignorato completamente ogni volta l’avesse incrociato.

“Vedi, secondo me ti stai lasciando prendere un po’ troppo dalla tua… “missione”.”

E se avesse avuto ragione?

“Umpf! Hai paura di cosa ti succederà se ricorda?” –si fermò un attimo e ghignò- “Oppure di cosa LE succederà?”

Dopo quella frase si era sentito come colpito da una mattonata. In effetti in certi casi si era comportato in modo stranissimo, come se i loro “precedenti” non contassero più nulla; cosa gli stava accadendo?

 

“Stavolta ti batto, sento che è la volta buona!”

“Eh, eh, chissà!”

Non ci riuscì, ma giocare con lei fu divertente, come fu divertente vedere la sua buffa espressione dopo la sconfitta, come lo fu discutere con lei sulle grandi mosse e le grandi cretinate di quella partita.

 

Possibile che fosse Tayuya la causa di tutto?

 

“…… Perché il tuo codino è così strano?”
“……” –si risedette- “Che intendi per strano?”
“Perché se ne sta su in quel modo? Come fa?”
Shikamaru strabuzzò gli occhi!
Guardò ad entrambi i lati e poi disse sottovoce: “Ti rivelerò un segreto.”
Tayuya trascinandosi si fece verso il bordo del letto ed avvicinò il capo.
“In realtà non è un codino, è uno di quei cosi per togliere la polvere mimetizzato.”
“……” -sbatté due volte le palpebre- “Mi stai prendendo in giro.”
“Si.”
“…… Umpf!”

 

Lui era sempre riflessivo e controllato, calmo fino alla nauseanti pigrizia e apatia che tanti, Ino in primis, detestavano.

Era Tayuya a rendere lui, Shikamaru Nara, impulsivo ed irrazionale?

“O ti decidi ad impegnarti perché le torni la memoria, oppure ci penserò io, ti ho avvertito!”

 

Strinse i denti: “Tsk! In tal caso ti accontento!”

 

Si.

 

 

La notte era calata abbastanza da far regnare la quiete più totale. L’ala ovest dell’ospedale, alla luce nivea dei tanti lampioni della strada vicina risplendeva come fosse stata d’argento, intervallata dai tanti quadratini scuri delle finestre.

Tayuya ha lasciato aperta la sua prima di coricarsi ed ora dormiva ignara. Ignara che nei folti cespugli appena sotto la sua camera, qualcosa si muove per lei.

Lì sotto, in piedi nell’erba, c’è anche uno dei ANBU in incognito della sorveglianza, ma benché vigile, non può accorgersi dell’intrusione in atto.

Perché ciò che sta cercando di raggiungerla non sguscia nascosto nell’ombra.

Perché È un ombra!

Così mentre il guardiano guarda fisso davanti a sé (neanche fosse addormentato all’in piedi), una lunga e sottile scia nera comincia salire senza il minimo suono lungo tutta la parete verticale, fin su in alto, al secondo piano: ma di quella inconsueta striatura sullo sfondo brillante della parete neanche sospetta.

L’ombra scivola leggera e veloce, superando ogni ostacolo per poi giungere al davanzale, da lì sgusciare sul pavimento, salire sul letto e anche sul corpo dormiente di lei.

“Mmhh…”

Quella impercettibile pressione la fa muovere nel sonno, ma ormai l’ombra ha raggiunto il comodino e completata la sua missione. Non le restava che sgusciare a ritroso e nel modo più rapido possibile!

 

“Uh?”

Tayuya, intontita dal brusco risveglio si guardò intorno e poi addosso: aveva solo sognato che qualcosa le strisciasse addosso?

-Uffa, detesto alzarmi la notte…-

Ne approfittò per andare in bagno. Quando uscì, la bianca luce proveniente dalla finestra le mostrò il suo letto attendere ansioso il suo ritorno, ma anche una forma nella penombra sul comodino che prima di andare a dormire non c’era.

“EH!?!?”

 

Balzò sul letto e come fosse un morbido trampolino si tuffò su quello che sembrava essere nientemeno che un flauto!

Sulle prime non poté crederci: era solo un sogno forse?

Lo strumento le tremava tra le mani, e sulle prime non vide neppure il bigliettino legato con un pezzo di spago. Era stato scritto a mano su un foglio di carta qualsiasi:

 

“Scusa se non è maiale arrosto.”

 

Non ebbe il minimo dubbio sull’autore del gesto! Passò poi a leggere il PS:

 

“PS: se puoi, aspetta domani per provarlo; non vorrai che qualche dormiglione nelle stanza vicine si risenta”

 

“Ah ah ah ah!” ridendo gettò il foglietto sul comodino e strinse al cuore il suo nuovo flauto.

Era tutto vero.

“Grazie! Grazie! Grazie!”

Resistere alla tentazione di inaugurarlo fu difficilissimo! Come fu difficilissimo riaddormentarsi dopo quella fantastica sorpresa.

“Grazie!”

 

 

Mentre accadeva ciò, Shikamaru tornava sui suoi passi, verso casa sua e il suo letto: sarebbe dovuto entrare dalla finestra per non svegliare i suoi, che faticaccia!

-Incredibile: se penso che sono sveglio a quest’ora.-

Se l’avessero saputo in giro! Subito si sarebbe detto che Shikamaru non era più lo stesso, e dopo quella bravata cominciava lui stesso a mettere in dubbio la sua sanità mentale.

“Sigh! Come ho potuto farlo davvero? E se il flauto le ha fatto ricordare tutto? Cosa mi aspetterà domani?”

Mentre diceva queste parole, che si perdevano nel silenzio delle strade deserte, i suoi occhi erano pieni di timore e pentimento.

Ma dagli occhi in giù il morale del suo viso era completamente diverso.

“Umpf!”

 

 

 

Ma che carino il nostro Shikamaru! Un gesto terribilmente sconsiderato, indegno di uno che come lui usa il cervello U__U Però non sempre è il cervello a dirci cosa fare, e sta giusto iniziando a capirlo! Ah, il potere delle donne di traviare gli uomini! XD Quanto gli costerà questa sua follia? Lo scoprirete nel prossimo capitolo!

Come avete visto ho sopperito al mio terribile ritardo di pubblicazione con la lunghezza del capitolo. Spero l’abbiate letto piacevolmente ^__^

Vedrò di aggiornare più velocemente d’ora in poi, se potrò, nel frattempo… commentate! Voglio sentire dei pareri sulla storia, e perché no anche sui personaggi da me inventati. Che ne pensate? Lettrici e lettori, vi auguro un buon proseguimento: alla prossima!

 

PS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

  
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