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Autore: Elle Douglas    23/08/2015    1 recensioni
We don’t meet people by a c c i d e n t.
They are meant to cross our path for a r e a s o n
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‘Nell’istante stesso in cui ti ho incontrata, in un caso del tutto fortuito e inaspettato, ho sentito che in te c’era qualcosa di cui avevo bisogno. Ma non era un qualcosa. Eri tu. Sin dall’inizio ho capito che tu eri una parte di me, ed e’ per questo che non ho piu’ intenzione di lasciarti andare. Io senza te sono incompleto e non voglio più esserlo.’
La ragazza non poteva credere a simili parole, a un simile sentimento tutto per lei.
Lei a cui era stato tutto negato.
Sorrise con gli occhi lucidi e il cuore che dentro il petto sembrava avere finalmente vita. Sorrise e sprofondo’ il viso nel suo petto e si ritrovo’ a sentirsi completa, dopo lunghi, estenuanti secoli.
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Seconda parte di ‘I thought I’d lost you forever.’ | Gli avvenimenti narrati avvengono dopo la 4x11.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I thought I'd lost you forever'
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CAPITOLO V

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PRIMA PARTE.
 
Belle e Will camminavano sereni tra le strade di Storybrooke, il loro rapporto si era sempre più affermato e consolidato nel corso delle settimane.
Will era stato per Belle una nuova conoscenza entrata nella sua vita per merito di Esmeralda, era stato per merito suo se i due erano entrati sempre più in contatto fino a diventare sempre qualcosa di più. Non era stato uno dei momenti più felici per la bibliotecaria: La dipartita di Tremotino e il suo tradimento erano stati un duro colpo da assimilare per la giovane donna che mai si sarebbe immaginato, perché quando l’aveva sposato e quando lui le aveva giurato amore eterno lei ci aveva creduto.
Aveva creduto che il suo cuore fosse sincero, che lei fosse il suo completamento e ciò che più desiderava al mondo perché quando l’aveva ritrovata, dopo averla creduta morta a causa di Regina gliel’aveva letto dentro quanto la amasse, quanto era stato devastato da quella convinzione.
Aveva sentito la sua mancanza, pensò e forse era così, ma lei da sola per lui non sarebbe mai stata abbastanza.
Tremotino era stato da sempre un uomo a metà tra desiderio di amore e potere, anche quando l’aveva ritrovata si era subito apprestato a ridare alla città di Storybrooke la magia, essenza senza il quale sembrava non poter vivere, e già da allora avrebbe dovuto capire tanto riguardo l’uomo che aveva accanto.
Un uomo che avrebbe sempre scelto il potere piuttosto che lei, solo ora lo comprendeva appieno.
E Will in tutto questo l’aveva ascoltata e le aveva dato una spalla su cui piangere quando ne aveva avuto più bisogno. Will c’era stato per lei nel modo in cui nessuno aveva mai fatto.
In lui aveva trovato un amico, uno dei migliori.
Pian piano aveva permesso al suo cuore di liberarsi dall’immagine nitida e ferma che aveva di Tremotino. Pian piano aveva permesso al suo cuore di alleggerirsi e ritornare alla luce uscendo dalle tenebre. Pian piano l’aveva nuovamente riempito di quell’amore di cui lei aveva bisogno e che aveva sempre agognato.
Con lui ora, la bibliotecaria, sentiva di essere felice nel modo in cui si dovrebbe essere felici accanto ad un uomo, e Tremotino pur restando suo marito era ora un ricordo lontano e indissolubile che non faceva più lo stesso male di prima accanto a lui. Il suo ricordo, il suo volto non raschiavano più come prima sulle pareti del cuore.
Will le aveva permesso di rinascere da quel dolore che l’aveva sommersa: Da ogni lacrima, in quelle sere nella grande villa, aveva fatto nascere un sorriso e una risata e da ogni preoccupazione aveva estrapolato una certezza.
All’inizio il fante entrò lentamente nella sua vita, con passi leggeri e inudibili, si fece strada tra appuntamenti e visite ad Esmeralda fino a prolungarsi sempre più al suo fianco decidendo di restare anche quando la zingara non era in casa con Belle. Era tutto nato spontaneamente, senza alcuna forzatura da parte di nessuno dei due, come un seme che accidentalmente cade sull’asfalto e da i suoi frutti. Era tutto nato così e Belle non poteva che sentirsi raggiante e serena in tutto questo.
Per questo quella mattina erano insieme quando vennero presi di soprassalto da Killian che avvicinandosi tuonò: ‘Sono giorni che cerco Esmeralda, e sembra sempre che la storia si ripeta inesorabilmente, solo che a differenza delle altre volte lei c’è, è in città ma sembra non voglia farsi trovare da me. Tutti la vedono, tutti l’hanno vista… persino Emma stamattina quindi so per certo che sta bene ed è viva. Ora qualcuno può spiegarmi cosa succede?’
Gli occhi spalancati e rossi, il viso completamente paonazzo per la rabbia.
Che Killian tenesse ad Esmeralda, e che fosse in qualche modo il suo tesoro, ormai era cosa risaputa da tutti in città quindi nessuno si sarebbe stupito di una reazione simile da parte sua, piuttosto il problema nasceva per altro. Come si spiegava ad un pirata il perché Esmeralda lo evitasse? Non era fattibile e nemmeno discutibile.
Non che Esmeralda lo facesse di sua spontanea volontà, molte volte staccava prima e per pochi secondi non incrociava il corsaro che bramava la sua presenza anche per un rapido saluto, ultimamente molto più di prima.
Era sempre apprensivo nei suoi confronti e quelle continue disavventure lo rendevano sempre irrequieto sul fronte Esmeralda.
Il fatto era che Esmeralda era lì, presente a Storybrooke, ma assente dal resto del mondo intero.
Da settimane infatti anche Belle, che viveva con lei, la vedeva sempre meno spesso e di rado rispetto a prima. I suoi turni in biblioteca e al banco dei pegni venivano sempre mantenuti, mai da parte sua c’era stato uno sgarro per far lamentare Belle a tal punto da eliminarla dalle attività, per lei Esmeralda continuava ad essere un valido aiuto tra un uscita con Will, un po’ di babysitting al piccolo dei Charmings e qualche questione a casa. Esmeralda era stata per lei quella che si potrebbe definire una manna dal cielo, solo che negli ultimi tempi tutto era diventato strano, o per meglio dire… diverso.
Esmeralda per prima era diversa.
Il suo sorriso durante quei giorni si era sempre di più aperto fino a non lasciare mai davvero il suo volto. Ogni cosa la divertiva, ogni cosa sembrava nuova e più brillante ai suoi occhi come se la vedesse per la prima vera volta. I suoi occhi avevano conosciuto la luce e la gioia di una risata al mattino – non che prima non ridesse, ma qualcosa in lei annunciava un cambiamento completo e visibile agli occhi di tutti. Stava mutando.
Esmeralda si era levata di dosso quell’aria cupa e onnipresente del suo passato che incombeva come uno spettro alle sue spalle e si era lasciata andare al sole e alla luminosità del mondo che la circondava con un nuovo atteggiamento, un mondo che per lei aveva assunto un nuovo significato e aspetto.
Divenne ancor più un piacere e una goduria per gli occhi osservare il suo splendore accrescersi e divagarsi in ogni dove: in casa o per strada, in biblioteca o in negozio, lasciava una scia di spontaneità e luce di cui non si poteva più fare a meno. Non più.
Tutti al suo passaggio si voltavano incantati e la bellezza avuta fino ad allora non era nulla comparata a quella che aveva ora.
I suoi occhi risplendevano dando ancora più vita ai suoi smeraldi, e la sua pelle, i suoi capelli e tutto il resto erano più raggianti e luminosi.
Era più radiosa ed esplodeva sola in una magnificenza intrinseca che non era mai stata solita avere.
Belle, che la conosceva da molto prima di tutto il resto e aveva vissuto con lei in quel periodo parigino, non poteva che essere contenta di quel cambiamento, contenta di vederla finalmente… poteva dirlo? Felice, per la prima vera volta in vita sua.
La sua felicità, per contro, era stata del tutto scaturita da un solo incontro, una sola persona che in un giorno come in un altro aveva deciso di fare il suo ingresso nella sua vita donandole quella luminosità che le mancava: Pierre Gringoire.
Belle aveva assistito al suo rientro quel giorno, il giorno in cui lo conobbe. E qualcosa, inevitabilmente non era più la stessa.
Rientrò con Will, mezza frastornata e totalmente su una nuvola con un sorriso enorme. Belle si prese uno spavento: era la prima volta che la vedeva in quello stato e pensava le fosse accaduto qualcosa. In effetti qualcosa era accaduto, ma nulla di grave.
Appena rientrata aveva guardato nella sua direzione senza nemmeno vederla e sospirante si era appoggiata alla porta, poi non aveva smesso un attimo di parlargliene, dei suoi racconti, del modo in cui era entrato, della collana che aveva smarrito e che lui aveva ritrovato.
Quell’uomo era entrato nella sua vita come una bomba pronta a stravolgerla.
Era stata un tornado di emozioni quel giorno, e quella notte. Sì, perché non dormì nemmeno un attimo in attesa del loro nuovo incontro.
Era da allora che i due avevano iniziato a frequentarsi, prima in giorni sporadici, poi sempre più frequenti ma quel giorno quell’attesa era ancora impressa negli occhi di Belle come fuoco ardente.
 
*
‘Insomma tu pensi che stia bene, vestita così?’ disse per l’ennesima volta rimirandosi all’enorme specchio della camera.
Quel giorno lo specchio sembrava non darle retta, più si guardava più sembrava non ritrovarsi in quel riflesso, e tutte le paranoie del caso ebbero il sopravvento facendola esasperare.
Belle le stava dietro paziente e premurosa.
‘Stai un incanto.’ Sentenziò un ultima volta nell’osservarla. E lo era davvero.
I capelli le cadevano sinuosi sulle spalle e un trucco leggero le adornava il viso facendo risaltare il suo sguardo profondo.
Chiunque l’avesse vista quella sera sarebbe diventato un suo spasimante, scherzò l’amica per rassicurarla.
‘Oh, smettila!’ aveva sbuffato la fanciulla tenendo gli occhi addosso al suo riflesso.
Non indossava niente di troppo impegnativo: una leggera maglia sul bordeaux le adornava il punto vita, e un jeans stretto le fasciava le gambe snelle e lunghe fino a terminare con degli stivali fino alla caviglia un po’ alti, ma non troppo. Ormai poteva dirsi abituata, pensò.
‘Vieni qui!’ le aveva detto l’amica trascinandola per un braccio fino al letto per distoglierla dallo specchio. Sapeva anche lei quanto potesse essere divoratore e distorto in quelle situazioni.
Le due si sedettero l’una accanto all’altra. Esmeralda con le braccia intorno allo stomaco irrequieta.
‘Devi stare calma.’ Le intimò Belle. ‘Non serve agitarsi, non stai andando al patibolo…’ Esmeralda la guardò torva, bloccandosi. ‘Okay. Pessima battuta.’ Si scusò l’amica. ‘Il punto è che stai uscendo con una persona nuova. Una persona che hai conosciuto da poco e con cui hai un appuntamento…’
‘Non definirlo così.’ La interruppe la ragazza ricominciando ad iperventilare.
‘E come vorresti chiamarlo? State per uscire insieme: è un appuntamento.’
La zingara sbuffò roteando gli occhi.
‘Con Killian sono sempre uscita…’ le fece notare.
‘Con lui è diverso.’ Sentenziò secca l’amica.
‘Ma perché?’ disse Esmeralda non venendone a capo. ‘Insomma perché con lui è diverso. Mi sento diversa… ho questo mal di stomaco che mi attanaglia il respiro e mi rende debole. Sento le gambe che tremano. E se non mi reggessi in piedi? E se cadessi? Forse è meglio indossare qualcosa di più basso.’ Concluse decisa catapultandosi all’armadio. Belle si alzò di scatto, pronta a fermarla.
‘Non ne hai bisogno.’ Fece tranquilla mettendole due mani sulle spalle.
‘Sei innamorata di questo ragazzo?’ domandò senza mezzi termini l’amica. Schietta.
Esmeralda si senti spiazzata da quella domanda così diretta e restò per vari attimi interdetta in cerca di una risposta sensata alle sue orecchie. Innamorata? E come poteva saperlo? Non lo conosceva mica, quanto sapeva di quel ragazzo per dirsi innamorata? Era una parola grossa, a suo dire.
Era troppo.
‘Lo trovo molto affascinante, in qualche modo ciò che sa e il modo che ha di parlarmi mi attrae, ma innamorata mi sembra troppo. Sento di voler approfondire la mia conoscenza con lui.’ Chiarii la fanciulla mentre Belle la rimirava con un sorriso sornione, che ella non comprendeva.
‘Perché mi guardi così?’
‘Niente.’ Si era defilata la bibliotecaria distogliendo lo sguardo.
Esmeralda restò perplessa, poi continuò: ‘Il punto è: che si fa in questi casi? Come ci si comporta? Cosa si dice?’ una serie di domande a raffica cadde mentre la fanciulla attendeva risposta.
‘Esm, non c’è un protocollo prestabilito. Ci si incontra, si chiacchiera e tutto il resto vien da sé.’ Sorrise l’amica bonaria.
‘E se io non ne fossi capace? Non mi sono mai trovata in questa situazione. Se mi trovasse noiosa o pedante… lui è così colto, così magnifico, così….’ E si perse a guardare il vuoto mentre la sua mente si prodigò di immaginarlo nell’immagine che aveva conservato.
Belle celò un piccolo risolino nel vederla così presa, poi quella scosse la testa per riprendersi.
Puntò più volte il suo sguardo al pavimento con la fronte corrucciata, persa in una qualsivoglia preoccupazione in cui si stava affliggendo.
‘Allora dove vi incontrate?’ fece Belle per farla tornare alla realtà.
‘A casa, in realtà. Le ho dato il nostro indirizzo. Non mi andava di rincontrarci in biblioteca, spero non ti dispiaccia.’ Fece spalancando gli occhi spaventata da una reazione negativa di colei che le era accanto e che, in effetti, era la padrona di casa.
‘Ma no. Assolutamente no, Esm. Tranquilla.’ Le prese le mani per infonderle il suo coraggio. ‘Sai che questa è anche un po’ casa tua ormai!’
Esm annuì, ora più convinta.
‘Passeggeremo per la città, o per il lago e poi prenderemo un thè.’ Disse più come un promemoria personale che per informare Belle.
‘Andrà tutto bene. Gli piacerai.’ Un guizzo attraversò i suoi occhi. ‘Insomma hai conquistato metà Storybrooke perché lui no?’ sentenziò quasi come l’amore per lei fosse ovvio. Facile. Sicuro.
E se così non fosse stato? E se lui fosse stato l’eccezione? E se quell’incontro si fosse rivelato un fiasco? Insomma non poteva andare sempre bene con tutti, ponderò la fanciulla. Ma perché cos’era andato mai bene nella sua vita? E poi perché riponeva in quell’uomo così tante speranze e così tanta paura di fallire?
Quando ci pensava seriamente non riusciva a capirlo.
Esm, è un uomo come un altro! Si convinse decisa. Se va bene, avrai passato una bella serata, altrimenti arrivederci e grazie. E perché al sol pensiero di quell’esito il cuore decelerava di qualche battito?
‘Speriamo.’ Se ne uscì la fanciulla facendo un lungo sospiro.
Il tempo per quest’ultimo e un campanello cominciò a suonare, risuonando in tutta casa.
Esmeralda saltò sul posto come una molla, gli occhi spalancati e disorientati.
Belle la osservò in ogni minima azione ed espressione, divertita.
‘E’ qui.’ bisbigliò la zingara in un sussurro strozzato.
‘Già.’ L’espressione del suo viso era un incanto. ‘Vado io?’ chiese l’amica vedendola immobile con espressione sovraeccitata.
‘NO!’ tuonò quella con un certo timore. ‘Vado io.’ Disse con gli occhi fissi alla porta della camera oltre la quale l’attendeva un lungo corridoio e poi un imponente scalinata che conduceva alla porta d’ingresso. Si mosse come un automa con la bocca completamente riarsa e secca.
Per un ultima volta si voltò verso l’amica che le mimò un ‘Vai!’ convinta e incoraggiante.
Esmeralda corse quasi verso la porta poi, per non dare troppa enfasi alla cosa, rallentò in prossimità della scalinata da varcare, da cui lui l’avrebbe vista perché era una porta a vetri.
Scese lentamente fissando ogni gradino, ad attenderla un gran sorriso che intravedeva distorto attraverso i vetri colorati.
Il cuore in gola. Perché?
Un ultimo passo e spalancò la porta che li divideva.
‘Ciao…’ lo salutò lei, avvicinandosi di qualche passo verso di lui.
‘Ciao… ‘ ripeté Pierre, sporgendosi in avanti per poggiare le sue labbra sulle gote morbide della fanciulla.
Rimasero alcuni istanti con gli occhi fissi in quello dell’altra, nel più totale imbarazzo che svelto si ripresentò dinanzi a loro. Incapaci, entrambi, di dar voce ai pensieri che stavano fluendo rapidi e limpidi nelle loro menti.
‘Mi scuso immensamente per il ritardo, ma ho avuto un imprevisto e non vorrei avessi pensato al peggio…’
‘Oh, no assolutamente!’ charii la ragazza interrompendolo. In realtà, troppo presa dalla sua ansia ed eccitazione non se n’era nemmeno accorta ma trovò impossibile riferirglielo.
Restarono un attimo lì sulla soglia di quella porta a guardarsi.
“Andiamo?” la sollecitò Pierre.
Esmeralda annui e velocemente afferrò la sua giacca nera dall’appendiabiti nel caso avesse iniziato a far freddo.
‘Dove preferisci andare prima?’ le chiese con garbo l’uomo al suo fianco.
‘Perché non passeggiamo un po’?’
Quello sorrise.‘Per me va bene.’
Esmeralda se ne stava lì, accanto a lui, del tutto impacciata e incapace di proferir parola e rompere il ghiaccio. Ecco, cosa avrebbe pensato adesso? Magari già ora si stava pentendo di essere uscito con lei, magari era per quello che non faceva altro che fissarla con un sorriso da ebete mentre teneva le mani in tasca.
Avrebbe dovuto scusarsi. Scusarsi e fare dietro front verso casa e…
‘Posso dirti che sei davvero incantevole?’ azzardò con un sorriso più accentuato rompendo il silenzio che li dominava.
Esmeralda avvertì il complimento e sorrise timida sussurrando un ‘Grazie’ appena udibile.
Insomma perché reagiva così? Da quando era diventata così? Si maledì mentalmente per ciò che non riusciva più a fare.
‘Da quanto sei qui, Pierre?’ gli domandò per rompere il ghiaccio. ‘Qui a Storybrooke, intendo.’
‘Scommetto che non mi hai mai visto.’ Notò il ragazzo continuando a camminare. ‘In realtà sono qui da sempre. Sono sempre stato a Storybrooke sin dalla prima maledizione che ci spedì in questo posto. Ma sono sempre stato più il tipo che se ne sta in disparte, per i fatti suoi, con pochi amici e poche uscite. Non perché non volessi, ma il più delle volte amavo starmene a casa a scrivere piuttosto che uscire. Sono sempre stato abituato così. Non fraintendermi e non prendermi come un pazzo solitario, anche io ho i miei amici, certo non sono famosi come i tuoi…’ scherzò affabile.
‘I miei amici sono famosi?’ chiese divertita la fanciulla.
‘Vorresti negarlo? Chi qui a Storybrooke non conosce la salvatrice Emma Swan e il suo pirata compagno di cui mi sfugge il nome?’
‘Killian Jones.’ Gli suggerì.
‘Esatto, lui.’ Concordò ridendo.
‘Gli amici non si scelgono.’
‘Ed è qui che ti sbagli: gli amici sono la famiglia che ti scegli, Esmeralda.’ Le fece notare.
‘Il più delle volte potevi trovarmi al molo, o in giro per la città verso il tramonto. Adoro anche il bosco che percorre la città.’ Continuò. ‘Per questo è sempre stato raro per te e per gli altri vedermi.’
Esmeralda lo osservava, continuamente presa da qualsiasi cosa lo riguardasse come una calamita. La attraeva per qualche motivo non apparente. Per qualche ragione ignota si sentiva attratta da lui e da ogni sua storia, come poche volte in vita sua.
‘E tu? Perché non mi racconti un po’ di te?’ la incitò Pierre non togliendole gli occhi di dosso.
‘Di me? Beh non saprei cosa dirti su di me…’
‘Avrai una storia, tutti l’abbiamo. Ho sentito che in molti qui ti chiamano zingara, e sarei curioso di sapere come è nato tutto ciò…’
Fantastico! L’unica cosa che quello sapeva di lei è che era una zingara.
‘Beh… non lo sono sempre stata. Lo sono diventata dopo… nel tempo. Prima ero una comunissima ragazza di villaggio che viveva in una famiglia piccola e modesta.’ Raccontò poi però si bloccò incerta se rivelargli o meno i dettagli. ‘… ma non è una storia del tutto interessante. Io non sono poi così importante, dopotutto.’ Fece spallucce decisa ad abbandonare l’argomento.
‘Tu sei importante…’ gli occhi dentro ai suoi, ora più intensi e profondi. ‘… come ogni persona su questo mondo, e io ti ho raccontato le mie storie perciò sei in debito con me…’ le fece notare, furbo.
Quella restò spiazzata dal suo rigirare le cose e un sorriso sincero e improbabile le nacque sul volto.
‘Ma sei stato tu ieri a volermele raccontare, non io!’ dibatté la ragazza parandosi di fronte a lui.
‘Ad ogni modo, te le ho raccontate!’ enunciò sentendosi preso con le spalle al muro.
La ragazza rimase a fissarla incredula dalla sua tenacia e dal suo ricatto, scosse la testa divertita da ciò che stava facendo per invogliarla. Poi prese fiato e riordinò le idee nella sua mente prima di iniziare.
‘Come sei arrivata qui, Esmeralda?’ domandò, stavolta mostrandosi serio e inchiodandola con gli occhi.
Esmeralda lo fissò per qualche attimo, gli occhi sinceri che non la perdevano di vista.
‘In realtà non lo so… la mia vita è stata un continuo rapimento.’ Sorrise pensando a quanto fosse vera quell’affermazione.’Il primo rapimento di tutti fu quello di Killian Jones…’ e da lì iniziò a raccontargli tutto da quel suo rapimento poi rivelatosi un imbroglio e un inganno della madre per allontanarla e farle vivere una vita migliore, al reciproco affetto che iniziò a legare il pirata e lei in un legame indissolubile ed eterno. Killian era stato l’unico appiglio, l’unica luce in quella vita disastrosa che aveva continuato a dargli speranza.
Poi l’inganno ordito di Milah per allontanarla, perché gelosa del loro rapporto e la sua vendita a quei soldati.
Gringoire la guardava come rapito, del tutto concentrato sulle espressioni del suo viso che variavano dall’allegria al puro terrore e disgusto. In tutto questo l’uomo si chiese come avesse fatto, una fanciulla dalla fragilità apparente a sopportare tutto ciò, tutto quel dolore e tutte quelle pene. Ai suoi occhi quella donna, assunse un nuovo aspetto, un nuovo volto di cui non potè fare a meno di invaghirsi ancor di più. Poi d’un tratto lo sguardo gli cadde sui pugni chiusi della ragazza. Era tesa mentre guardava in modo vitreo qualcosa davanti a sé, del tutto assente.
‘Qualcosa non va?’ chiese lui apprensivo fermandosi a constatare il suo stato.
La ragazza, chiuse gli occhi giusto il momento di riprendersi, allentò la stretta delle sue mani chiuse in un pugno e respirò a pieni polmoni. Scosse la testa e sorrise.
‘No, va tutto bene. Solo… siamo vicini a questa locanda, ti va di prendere quel thè?’
E i due che camminavano da ore interminabili raccontandosi, decisero di fermarsi un po’ lontano dal frastuono di Storybrooke. Entrarono perciò in una piccola locanda. Era accogliente e piccolina, niente a che vedere con la locanda della nonna, lo stile decisamente provenzale dominava ogni angolo della sala.
Esmeralda lo trovò accogliente e delizioso quando si sedette mentre continuava a guardarsi intorno.
‘Non sono mai stata qui.’ Osservò. ‘E’ carino.’
E Pierre la osservò in quella bellezza naturale che emanava quando lo stupore le invadeva l’animo. Era la cosa più bella che avesse mai visto.
Entrambi ordinarono un thè alla vaniglia, ed entrambi per gustarlo al meglio aspettarono un paio di minuti prima di gustarlo.
Pierre, seduto dinanzi a lei, incrociò le braccia appoggiandole su quel tavolino di metallo protraendosi verso di lei con fare impaziente.
‘E poi?’
‘E poi cosa?’ chiese disorientata, mentre con entrambe le mani teneva sotto il mento la tazza fumante, intenta farla raffreddare e nel contempo riscaldarsi le mani.
‘Cosa è successo dopo i soldati?’
Quella parte della storia era sempre la più difficile e ardua, graffiava ancora forte sulle pareti dell’anima per poterla raccontare in maniera serena e calma. Non si sentiva ancora pronta a raccontarla per bene all’uomo che aveva di fronte e che la guardava con sguardo perso.
Esmeralda poggiò la tazza a pochi centimetri dalla sua e avanzò a pochi millimetri dal suo viso.
‘Perché non mi racconti di te?’ chiese per sviare il discorso.
‘Sai già tutto ciò che c’è da sapere.’
‘Lo pensi tu.’
Il tipo capì l’antifona.
‘Ohh non rigirerai la frittata. Hai chiesto di conoscerci, beh voglio conoscerti.’ Puntò i piedi, deciso.
Esmeralda capì che era un osso duro e che non l’avrebbe sviato facilmente. Si guardò un po’ intorno, pensando o meno al da farsi poi optò per la verità.
‘Te ne parlerò, lo prometto. Magari più avanti.’ Promise, incapace in quel momento di andare oltre. Sarebbe stato troppo e non voleva appesantire l’aria con la sua storia. Non ora che lo stava conoscendo.
Pierre la vide incupirsi e decise di accettare le sue condizioni. Non voleva spingerla e costringerla a parlare di cose appartenenti al suo passato se non voleva.
Annui mesto.
Per tutto il resto della serata il tempo sembrò aver messo le ali. Il tempo si ritrovò a correre veloce tra scherzi, frecciatine e risate di ogni genere, fino al momento di salutarsi.
Erano ormai le dieci quando i due si ritrovarono sotto il portico dell’enorme casa di Belle.
Esmeralda tornò al visibile impaccio iniziale.
‘Sono stata davvero bene, stasera.’ proferì la fanciulla con una certa emozione. ‘Ti ringrazio.’
‘Grazie per cosa?’
‘Per avermi fatto dimenticare per un attimo tutto il resto. Per avermi fatto ridere, divertire da quando… come davvero mai prima d’ora.’
‘Grazie a te per avermi permesso di conoscerti.’
‘Oh, in realtà è stato tutto merito suo.’ Disse alzandosi il ciondolo che aveva al collo e indicandolo. ‘Se non fosse caduto, tu non me lo avresti riportato…’
‘E non ci saremmo mai incontrati.’ la interruppe finendo la frase, e incrociando i suoi occhi quando li rialzò su di lui.
Entrambi sorrisero di un sorriso vero e sincero che arrivava fino al cuore.
Esmeralda incrociò le mani lungo la vita e ritornò al sguardo basso.
‘Anche io sono stato bene, oggi. E vorrei continuare a stare bene se per te va bene…’ disse dando luogo ad un gioco di parole che divertì entrambi.
‘Con questo vuoi dire che ci sarà una prossima volta?’
‘Tu non vuoi?’
Esmeralda annuì. La timidezza continuava a far capolino sul suo animo.
‘Allora ci vediamo domani. A colazione. Da Granny.’ Annunciò mentre si allontanava.
Esmeralda avrebbe contato le ore, i minuti e i secondi che li separavano come una ragazzina alla prima cotta e Belle sarebbe stata lì a sorbirsi ogni suo racconto sognante sul loro primo… incontro.
 
Si incontrarono poi il giorno dopo, come stabilito e poi il giorno dopo ancora, e il giorno dopo ancora fino a diventare dei frequentatori assidui che trovavano ogni escamotage per passare del tempo insieme. Sembrava che entrambi non potessero fare a meno l’una dell’altra, e quell’uomo entrato per caso nella sua vita iniziò a divenire giorno dopo giorno, qualcosa in più nella sua vita.
Esmeralda non faceva altro che parlarle dei suoi occhi, dei suoi magnifici occhi blu in cui si perdeva e di cui non riusciva mai a stancarsi, e ogni volta che ne parlava Belle non poteva non notare quell’espressione da ebete che sottolineava i suoi tratti quando quel sentimento ti prende e ti travolge. Quando l’amore ti entra nella pelle e nelle vene e comincia a parlare da solo.
E in lei non poteva che essere evidente, perché quando ti innamori è così e tutti, inevitabilmente se ne accorgono perché sei tu a emanare bellezza in ogni dove, ed Esmeralda era bella. Più bella di ogni astro esistente in cielo, ora ancora di più.

 
CONTINUA…

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Note Autrice:

E rieccomi con un nuovo capitolo!
Ultimamente sto scrivendo davvero tanto, saranno anche le giornate estive immense in cui io prediligo restare a casa piuttosto che uscire? – Amo l’autunno/inverno se non si è capito. Lol – Btw ho cercato in tutti i modi di rendere al meglio il tutto parlando anche di Belle e Will  e di come – nella mia fantasia – si sia sviluppata la loro relazione nella 4B e usando Esm come cavillo per tutto questo.
Mi è piaciuto un casino immaginare questa possibilità, che sia stata lei a farli conoscere e tutto il resto, vi dirò la verità. :3
Intanto vi ho un po’ accennato il rapporto che sta nascendo tra Esm e Pierre. Spero davvero che lo gradiate e che vi piaccia, e spero tanto di avere pareri a riguardo.
E ovviamente ringrazio chi assiduamente segue la storia e mi fa avere suoi pareri, ringrazio anche tutti quelli che entrano e lasciano un piccolo - ma, per me, significativo - like al capitolo. Non so chi siate, ma vi ringrazio tanto, e anche chi ovviamente anche senza lasciarmi pareri legge silenziosamente. 
Insomma grazie davvero a tutti, perché è anche grazie a voi se questa storia ha preso e sta prendendo vita ogni giorno che passa. ♡
Ovviamente aspetto pareri - qui o sul sito - per sapere cosa ne pensate, lo sapete che mi fa sempre piacere.
 
Alla prossima.
 
-Elle.
   
 
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