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Autore: Andromenoir    23/08/2015    1 recensioni
"Prego?" domandai.
"Ciao"
"No"
"No?"
"Sono lesbica"
"Non capisco"
"Sono tutte risposte che dovrebbero indurti ad alzare i tacchi e provarci al massimo con la tredicenne seduta dietro di te. Con lei forse avresti qualche speranza"
"A me piaci tu"
"A me Megan Fox, come la mettiamo adesso?"
Un incontro casuale. Un incontro che cambierà la vita di Amelia.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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CAPITOLO 3:

Cazzo di lavoro! Dovrebbe essere illegale lavorare, o per lo meno dovrebbe esserlo il fatto che io debba tornare a casa tutte le sante volte alle cinque del mattino ubriaca fradicia incapace di distinguere un portone da un altro e di ricordare anche il fottuto nome che mia madre aveva deciso di assegnarmi il giorno della mia venuta al mondo.

Solo allora ricordai che non avevo più un lavoro e che mi ero semplicemente sbronzata. 

Non mi curai nemmeno di alzarmi dal letto, nè tanto meno di levar via in qualche il modo il trucco che ancora avevo addosso e accesami una sigaretta scesi così com'ero di sotto dove trovai quell’amorevole del mio coinquilino.

“Ehi!” mi salutò questo raggiante.

Cazzo quanto odio le persone eccessivamente felici di prima mattina.

Lo so, erano le due del pomeriggio, ma cazzo mi stavano sulle palle lo stesso.

“Ehi” mugugnai io stravaccandomi sul divano e impossessandomi del telecomando e cominciando a fare così un po’ di zapping alla ricerca di qualche cosa di interessante.

“Ehi guarda che io stavo guardando quello!”

“Senti dovresti smetterla di vederti le stesse serie tv che si guarda una casalinga annoiata e con le emicranie che le sono venute perchè il marito non vuole più sbattersela" affermai sorniona.

“Tu lo sai vero che non capisco mai neanche la metà delle cose che dici?"

“Mich sai che è l’alba per me adesso” gli dissi mostrandogli la faccia da cucciolo bastonato e accoccolandomi il più vicino possibile a lui e poggiando la testa sul suo grembo che subito prese ad accarezzare dolcemente.

“Che ti va di fare oggi?” mi domandò ad un certo punto.

Adesso però stava esagerando. Non sopportavo dover tenere una conversazione con qualche d’uno appena sveglia, figuriamoci da sobria.

“Morire con la testa nel water inseguito a spasmi e vomiti ripetitivi”

“Si, ma prima di suicidarti che cosa ti andrebbe di fare?”

“Scopare?”

“Amelia!"

“Qual è il suo nome?” lo interruppi.

Poteva nascondere qualsiasi cosa al mondo, e perfino a se stesso, ma se reagiva in questo modo di fronte alla parola scopare qualche cosa non andava più.

Era rimasto fregato, di fisso.

“Mary” rispose Mich sorridendo come un ebete e con lo sguardo perso nel nulla come un imbecille.

“Bel nome” affermai tossendo forte e cominciando a fare le peggio smorfie.

Nome da santarellina, già mi stava sul culo.

“Dai andiamo!”

“Ma dove?”

“A fare pranzo, o per te colazione o come cavolo preferisci”

 

Con la voglia pari a quella di dover stare 32 ore chiuse in uno sgabuzzino con il mio capo, che non era più il mio capo, salii in camera mia trascinandomi letteralmente sugli scalini. Afferrai dall’armadio il primo maglione abbastanza lungo da coprire il mio fondoschiena e nonostante non fossi riuscita a trovarne uno adatto mi ne infila il primo che mi capitò a tiro. Indossai i tacchi abbandonati la sera precedente di fronte alla porta del mio bagno e dopo aver tentato di riaggiustare il trucco colatomi interamente sul volto scesi di corsa lungo le scale. Al fondo di queste trovai quel ragazzo che mi attendeva con un bellissimo sorriso e la mano tesa verso di me che afferrai dopo aver saltato gli ultimi due gradini, rischiando così di spezzarmi un gamba e di far morire di convulsioni Mich per il troppo ridere.

Bastardo infame.

Cazzo che fantasia che aveva quel tipo, lui si che sapeva come sorprendere una donna! Marian, Marie, Mary, o come cazzo ti chiami, scappa finchè sei in tempo, perché se ti metti con questo qua fai una brutta fine, te lo dico io.

“Oh tesoro, wow, ristorante cinese, cioè io... proprio non me lo aspettavo” affermai ironica rivolgendogli tuttavia il peggiore degli sguardi del mio repertorio.

Quando ci accomodammo ad un tavolino che emanava un nauseabondo profumo di lavanda ci raggiunse quasi correndo una signora avvolta da quello che probabilmente doveva essere un mantello ninja, o una tovaglia tipica cinese, con un taccuino in mano.

“Plego signoli che cosa posso poltavi?” cominciò quella a squittire come un’ossessa rischiando adesso veramente di farmi piegare in due dalle risate, ma per fortuna il calcio dritto dritto negli stinchi scagliatomi sotto al tavolo da quel angelo con l’anima e i gusti sessuali di un gay, mi zittì immediatamente.

“Allora io prendo il menù del giorno e tu Amelia?”

“Allola io vollei tanto tanto un caffè nelo” cominciai ad ordinare ma nuovamente mi interruppero i calci di quel rincoglionito “ehm cioè io vorrei una tazza fumante di caffè nero, sottolineo nero, quindi niente zucchero, dolcificante, latte o qualsiasi altra schifezza che voi e tutti gli altri negozianti di ‘sto mondo tentate continuamente di commercializzare e purtroppo anche riuscendoci” ripresi a dire ma questa volta Mich decise di cambiare tattica e mi pestò il piede tanto forte e tanto a lungo che mi costrinse a sorridere come un’ idiota e a concludere velocemente “guardi faccia lei, mi sorprenda!”

Una volta bevuto ciò che quell'idiota di cameriera asiatica, ormai quasi in estinzione tanto era vecchia e decrepita, riteneva essere un caffè, o semplicemente una fottuta bevanda, Mich si stava ancora trangugiando mezzo ristorante cinese insieme a carne di cane o gatto o umana.

Davvero Kate sei ancora in tempo, sarà pure fantastico a letto ma giuro se lo vedi mangiare poi ti passa tutta la poca considerazione sessuale che si possa avere per lui.

“Senti Amelia adesso devo andare” se ne uscì ad un certo punto Mich dopo aver emesso un rutto e dopo che io gli ebbi tirato un paio di pugni sulla schiena per tentare di rianimarlo durante un possibile soffocamento dovuto dal suo strafogarsi come un bambino obeso americano che ingurgita patatine fritte come tritacarne impallato.

“E dove?”

“Da Mary”

“Oh mio cincillà, che dolce” lo sfottei continuando a bere la seconda, e ripeto... la seconda, tazza di caffè della casa.

“Ti dispiace?”

“No, a me dispiace per quella povera ragazza”

 

“Cameliela! Cameliela!” cominciai ad urlare liberamente dato che il paparino se ne era andato fuori dalle palle “mi polti subito un’alto po' di questa loba! Non ho ancola ben capito che cosa sia, ma sta già facendo effetto!” esclamai lanciandole un occhiolino e quella come una schiava corse ad esaudire le mie richieste.

“Ehi, ci si rivede” esclamò qualche d’uno posto dietro di me.

Ti prego dio so che sono stata un po’ stronza in questo periodo, so anche che non vengo più in chiesa dal mio battesimo, ma in fondo nemmeno tu mi caghi più di tanto, quindi facciamo un patto: se il ragazzo qui con la voce da stupro è Matt Damon io giuro su quella stronza di mia madre che tornerò a farti visita più spesso, ci stai?

Sta minchia che c’è stato. 

“Ancora tu?” sbottai non appena mi si sedette di fronte un Matt che sinceramente non volevo vedere.

“Sempre così gentile?”

“Sempre così... ?"

Non ci riuscii. Non riuscii ad insultarlo in alcun modo. Non riuscii a formulare un pensiero sensato... aveva appena mandato a puttane i miei freni inibitori.

“Senti un po’ coso” mi ripresi qualche istante più tardi.

“Matt”

“Senti un po’ coso” ripetei nuovamente e fottendomene delle sue precisazioni del cazzo “che vuoi da me?”

“Uscire”

“Ma quanti avrai 12? 13? Ti sono già usciti i baffetti anti-sesso adolescenziali?” chiesi e quello cominciò a guardarmi male, credo “no è?”

“Ma sai chi sono io?” domandò.

“Si, un cazzone”

“Davvero non mi riconosci?”

“Non sarai mica quello che ha tentato di mettermi una pastiglia nel bicchiere un paio di sabato sere fa vero?”

“Cosa? Nono, io sono, bhè lascia perdere!”

“Ok coso come preferisci, allora che dire? Non è stato un piacere, spero di non vederti mai più, addio!” dissi alzandomi dal tavolo e infilatami i miei occhiali da sole me ne andai alla cassa.

Quel bastardo di Mich se ne era andato via con il mio portafoglio, o in ogni caso, con i soldi.

“Ehm tutto ok?” mi domandò Matt una volta dopo avermi raggiunta alla cassa e inseguito avermi probabilmente sentita imprecare in un paio di lingue diverse.

“Ma ancora tu?”

“Non hai dietro il portafogli?”

“Ma che fai depravato mi spii?”

“Senti, prima che tu abbia una crisi isterica totale... pago tutto quanto io”

“Ma non ci pensare proprio io non mi faccio dare niente da un uomo, e soprattutto se quell’uomo in realtà è un bambino di appena 12 anni con gli ormoni pari a quelli di un riccio in calore!”

“Non è quello che intendevo, io pagherò tutto quanto, ma tu per pegno dovrai trascorrere l’intera giornata insieme a me” affermò quello mostrandomi un sorriso davvero grande.

“Scordatelo!”

“E come pensi di fare?”

“Gliela dò al cuoco piuttosto!"

Quello mi rivolse uno sguardo strano, come a voler confermare il fatto che mi fossi resa conto da sola della cazzata appena sparata. Soprattutto perchè dalla cucina si vedevano le sembianze dell'orso bruno che si destra in mezzo ai fornelli.

“Va bene, paga” mi arresi poco dopo.

  
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