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Autore: JessyJoy    23/08/2015    1 recensioni
Shannon, quarantaquattro anni, ha finalmente deciso di mettere la testa a posto chiedendo alla sua compagna di sposarlo. Ma il cammino verso l'altare è ancora lungo e le insidie si celano dietro ogni angolo. Tra ricordi del loro passato, amori dimenticati e vecchie dipendenze, dovranno fare affidamento solo sul loro amore per superare ogni ostacolo e arrivare più uniti che mai al giorno del fatidico Sì.
Ma dopotutto nemmeno le favole finiscono sempre con un lieto fine e loro lo sanno; dovranno mettercela tutta per coronare quello che all'inizio era solo un sogno.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Once upon a dream

 

CAPITOLO 14

22 Dicembre 2014, Los Angeles
 

Osservo la valigia aperta sul letto, ho quasi finito di riempirla. Sto pensando a cosa potrei aggiungere quando Shannon entra in camera.
-Whitney, hai finito? Tra due ore dobbiamo essere in aeroporto-.
-Lo so, scusami. Mi mancano solo le creme per il corpo ed è fatta- dico lanciando un’occhiata al beauty-case lì vicino.
Shannon si avvicina alla valigia osservandola con circospezione. -Cos’è tutta quella roba colorata?- domanda afferrando uno dei miei vestiti e sollevandolo davanti agli occhi.
-Un abito- ribatto prendendoglielo dalle mani.
-Lo vedo- dice lui -Lo sai che stiamo andando a New York e non ai Caraibi, vero?-.
-Certo che lo so- rispondo.
-Allora saprai anche che a dicembre nevica a New York e che non te ne fai nulla di un vestitino- ribatte-.
Lo osservo ripensando ai quattro vestiti corti che ho messo in valigia. -Dici che dovrei toglierli?-.
-Io toglierei anche i costumi da bagno- aggiunge.
-Tu come fai…-.
-Perché ti conosco, Whitney- esclama senza lasciarmi finire la frase.
-Ma l’hotel ad Aspen ha il centro benessere-.
-Un solo costume sarà più che sufficiente, non sette come il tuo solito-.
-Sono solo cinque-.
-Sono fin troppi, te ne concedo due al massimo- dice dirigendosi in bagno.
Sbuffo mentre estraggo dal bagaglio i costumi, i vestiti e tutte le magliette corte per mettere in mostra l’ombelico. -Ho fatto- borbotto.
-Hai tirato fuori anche i sandali?-.
-Hai sbirciato nella mia valigia questa mattina prima di uscire di casa?- chiedo iniziando a provare una certa irritazione.
-No- risponde lui ricomparendo sulla soglia del bagno -Ma dato che immaginavo ti saresti potuta sentire come Carry di Sex and the City, voglio evitare di viaggiare pesante per niente-.
-Viaggiare pesante- sussurro facendogli -Io non viaggio pesante-.
-Devo ricordarti cos’è successo quando siamo andati in vacanza l’ultima volta?- chiede.
-Sono dettagli- replico finendo di scegliere le creme e riponendole con cura nella borsa. -Quando sono venuta in Africa ho viaggiato molto leggero-.
Lo sento ridere ironico -All’andata forse, ma ti ricordo che abbiamo dovuto trovare un bagaglio libero per la roba che hai comprato finché eravamo lì-.
-Non potevi mica pretendere che indossassi gli stessi pantaloncini e la stessa maglia per tutto il tempo che sono stata lì ad assisterti?-.
-Ma ci mancherebbe altro-.
Mi sento lievemente offesa -In ogni caso ho finito, e sono sicura che la valigia sarà anche più leggera del previsto-. L’appoggio sulla bilancia incrociando le dita, mentre Shannon arriva alle mie spalle per sbirciare il risultato e… ben tre chili in più del massimo consentito.
-Non posso crederci- sussurro. -È impossibile, questa bilancia non funziona-.
-La bilancia funziona benissimo- replica lui -Ora apriamo la valigia e vediamo cosa si può lasciare a casa-.
Un quarto d’ora più tardi tutti i nostri bagagli sono stati portati in corridoio, in attesa che Jared arrivi per accompagnarci in aeroporto. Sul letto ora si trovano: un barattolo di crema da mezzo chilo che avrei usato come scorta nel caso l’altro finisse prima del nostro rientro, un paio di stivali al ginocchio color beige, a detta di Shannon molto simili all’altro paio di pelle nera che erano in valigia, tre vestiti da sera neri che sempre a suo avviso erano praticamente identici ad un quarto, il terzo costume che avevo messo in valigia di nascosto ed un caftano rosa che Shannon non riusciva a spiegarsi cosa sarebbe potuto servire per una vacanza sulla neve. Così ora ho guadagnato due chili, che sono certa mi torneranno utili per i souvenir che ho intenzione di comprare.
Suonano il campanello e mentre io vado ad aprire la porta, Shannon controlla che in casa tutto sia stato sistemato per la nostra partenza.
Jared compare sulla soglia dell’ingresso e alle sue spalle ecco sbucare Mary. La guardo stupita, non mi aveva detto che sarebbe venuta anche lei a salutarci.
-Mary- esclamo -Cosa ci fai qui?-.
-Sono venuta a controllare che tu sia pronta a partire- risponde.
-Shannon mi ha fatto lasciare qui metà delle mie cose-.
-Le ho solo fatto mettere giù le cose che non avrebbe mai usato. Come un abito di pizzo nero trasparente-.
Sollevo lo sguardo -D’accordo, allora possiamo andare-.

Raggiungiamo l’aeroporto in quindici minuti, mentre Jared cerca parcheggio noi ci dirigiamo verso il check-in delle valigie. Il nostro volo partirà esattamente tra un’ora, abbiamo poco tempo, dobbiamo muoverci a passare il metal detector e poi trovare il gate per l’imbarco.
Jared ci raggiunge mentre stiamo salendo al piano superiore dell’aeroporto.
-Siete sicuri di aver preso tutto?- domanda.
-No- rispondo io -Ma andiamo a New York, troverò sicuramente un negozio-.
Jared ridacchia -A proposito, Whitney, prima che tu parta, avevo qualche idea riguardo gli inviti-.
-Qualunque cosa tu voglia, Jared- rispondo io mentre controllo in borsa di avere tutti i documenti. -Lo sai che hai carta bianca-.
Dopo aver visitato la villa ci siamo riuniti tutti insieme, coinvolgendo anche Jared, e abbiamo iniziato a parlare di quali sono le cose più importanti e che necessitano di più tempo per essere organizzate; così è stata stilata definitivamente la lista degli invitati, saremo duecentosessantacinque. In queste due settimane ognuno di noi penserà ad alcune location in cui potrebbe svolgersi la cerimonia e la festa, e al nostro rientro effettueremo tutte le prenotazioni.
-D’accordo- risponde Jared -Allora ti manderò qualche bozza. Non potranno essere stampati finché non avrete deciso dove sposarvi-.
Annuisco -Sarà tutto deciso entro metà gennaio, promesso-.
-Il tempo stringe- sussurra Mary.
Io e Shannon ci guardiamo -Sì, è meglio che ci avviamo al nostro gate-.
-Non intendevo questo-.
Sorrido -Sono sicura che New York ci porterà consiglio-.
-Lo spero bene- dice abbracciandomi -Ora andate, fate buon viaggio e divertitevi-.

22 Dicembre 2014, New York
 

Atterriamo a New York alle nove di sera. Il cielo é scuro e l’aria frizzante. Devo fermarmi per indossare il golf che ho tenuto in borsa per tutto il viaggio, non credevo ci sarebbe stata una tale differenza di temperatura.
-Freddo?- domanda Shannon afferrandomi per la vita mentre attraversiamo la pista di decollo per raggiungere l’ingresso dell’aeroporto.
-Un po’- rispondo.
Aspettiamo i nostri bagagli e ci dirigiamo verso l’uscita. Deve aver smesso di nevicare da poco, intorno a noi tutto è bianco.
-Dobbiamo prendere un taxi- dice -Preferisci che ci fermiamo da qualche parte a mangiare prima di andare a casa? In cucina il frigo è spento-.
-Non potremmo ordinare qualcosa a domicilio?- chiedo trascinandomi dietro un trolley pesante.
-Vedo che ti sei già ambientata alla città- risponde sorridendo mentre fa cenno ad un taxi di fermarsi.
Adoro New York, con Shannon ci sarò venuta si e no tre volte, eppure ogni volta è magico. I maestosi grattacieli, le luminarie delle vie che questo mese sono ancora più scintillanti per l’avvento del Natale, i cartelloni pubblicitari ovunque, sono solo alcune tra le tante cose che apprezzo di questa città.
Raggiungiamo un grande palazzo in vetro ed acciaio, il taxi si ferma e noi scendiamo. Guardo verso l’alto, mi sento così piccola in confronto. Shannon mi fa segno di seguirlo, salgo i cinque gradini che portano nell’ingresso dai colori e l’arredamento minimale. Chiama l’ascensore e attendiamo. Mi guardo intorno, adoro il palazzo dove Shannon ha acquistato il suo attico prima che ci conoscessimo.
L’ascensore si ferma con un bip soffocato e noi saliamo. Schiaccia il numero trenta e sfrecciamo a tutta velocità verso l’altro.
-Sei contenta?- mi domanda osservando il mio riflesso allo specchio.
Sorrido appoggiandomi alla parete nera accanto a lui -Tu sai che amo New York, come potrei noi esserlo. E tu, lo sei?-.
-È il più bel regalo di Natale che potessi farmi-.
Gli sorrido voltandomi verso di lui -Decidere che ti sposerò è stato il tuo più bel regalo-.
Shannon sorride e in quel momento l’ascensore si ferma.
-Siamo arrivati- annuncia prendendo anche la mia valigia e dirigendosi lungo il corridoio bianco e grigio, fino ad una porta di legno bianco con sopra una targhetta in ottone che indica il numero 127, la apre e mi lascia passare per prima.
Come ogni volta che entro qui, mi sembra di addentrarmi in un mondo extraterrestre. Ci troviamo in un ampio salone rettangolare, arredato da mobili ultra moderni. Anche qui tutto è bianco, nero e grigio. A passo svelto mi dirigo al lato opposto della stanza, verso le tende che celano dietro ad esse ampie vetrate a tutta parete, le scosto ed eccomi davanti l’intero profilo di New York, come al solito resto senza fiato.
-Benvenuta a casa- sussurra Shannon raggiungendomi alle spalle. Mi volto sorridendogli. -Cosa ti va che ordini?- chiede.
-Thailandese, ti va?-.
-D’accordo, vuoi farti una doccia intanto?-.
-Pensavo avremmo potuto farla insieme-.
Shannon mi sorride malizioso -Allora inizia ad andare in bagno, ti raggiungo subito-.

23 Dicembre 2014, New York
 

La mattina seguente quando mi sveglio, sento il letto vuoto al mio fianco. Prima di aprire gli occhi sposto una mano sulle morbide coperte di lino, ma niente, è freddo.
Apro gli occhi, le tende che danno sullo skyline sono tirate, e lasciano trapelare una debole luce arancione. Guardo verso il comodino, sono quasi le nove. Mi domando dove possa essere finito Shannon, non era proprio così che immaginavo il nostro primo risveglio a New York. Dopo essermi stiracchiata mi alzo per dirigermi in cucina.
Shannon mi da le spalle, troppo occupato a sistemare qualcosa dentro tutti gli stipi color piombo. Mi siedo su uno sgabello dell’isola che occupa il centro della stanza e lo osservo.
-Cosa fai?- domando poco dopo.
Shannon sussulta e si volta verso di me. -Pensavo stessi dormendo-.
Sorrido sollevando le spalle -Il letto era vuoto e così mi sono alzata per cercarti-.
Allunga verso di me un piatto con due brioche ai cereali e un bicchiere di succo d’arancia.
-Ho pensato di alzarmi presto per controllare che in casa fosse tutto a posto e fare la lista di quello che potrebbe servirci queste due settimane- dice allungando uno sguardo verso il blocco degli appunti posato sul bancone. -Poi sono sceso a prenderti la colazione-.
-Potevi chiamarmi, ti avrei aiutato-.
-Dormivi così bene, non volevo disturbarti-. Inizio a mangiare e Shannon aggiunge -Ora che sei sveglia, però, puoi dirmi cosa ti va di fare oggi-.
-Dopo aver sistemato casa potremmo fare un giro per le vie di New York-.
Shannon solleva un sopracciglio -A proposito di giri per la città, ieri sera non abbiamo finito il discorso iniziato in ascensore. Cosa vuoi per Natale?-.
-Shannon, non voglio nulla. Tutto questo mi basta-.
-Stai per diventare mia moglie e questo è il nostro ultimo Natale da fidanzati, voglio che tu lo ricordi per sempre-.
Sorrido -Lo ricorderei comunque anche se tu non mi regalassi niente-.
-Non importa, voglio almeno il gesto di aprire un regalo sotto l’albero-.
-Ma non abbiamo neanche un albero- rispondo ridendo.
-Vorrà dire che questa mattina compreremo un albero, e anche palline, festoni, lucine e tutte le cose che possono renderti felice-.
-Tu mi rendi felice, Shannon, il fatto che esisti e che fai parte della mia vita-.

A mezzogiorno stiamo rientrando carichi di pacchetti, abbiamo fatto la spesa e siamo andati a comprare un po’ di oggetti che porteranno atmosfera natalizia in casa. Mentre io mi dirigo in cucina a preparare il pranzo Shannon inizia a montare l’albero in soggiorno. Lo osservo dalla porta ad arco che collega le due stanze, è inginocchiato sul pavimento e legge attentamente le istruzioni, non posso fare a meno di pensare al nostro primo Natale insieme e provare una stretta allo stomaco. Non eravamo ancora fidanzati, in realtà non ci eravamo nemmeno dati un bacio prima della sua partenza per il tour, anche se sapevo che lui lo desiderava, e il mio continuo rifiuto lo faceva star più male di quanto volesse dare a vedere. Probabilmente iniziava a pensare di non piacermi davvero. Ma io ero troppo spaventata all’idea di potermi innamorare di lui e scoprire che ogni cosa era solo un’illusione. Il nostro saluto prima della sua partenza non era stato altro che un lungo abbraccio dopo una serata passata a chiacchierare, continuando a fingere di non sapere chi fosse; saluto concluso con la promessa che non sarebbe cambiato nulla, e che la sua assenza fisica non si sarebbe fatta sentire come io immaginavo. E infatti così era stato, la sera prima di ogni concerto mi telefonava, raccontandomi la sua giornata, domandandomi come fosse andata la mia e assicurandomi che mancava sempre meno al suo ritorno; e la notte, dopo ogni concerto mi scriveva per dirmi quanto fosse andata bene la serata, e che desiderava fossi lì ad ascoltarlo, perché la mia assenza era la cosa che più gli pesava. Credo sia stato in quelle notti passate insonni ad aspettare un suo messaggio, che ho iniziato a capire che non potevo far nulla per evitare che tra noi accadesse qualcosa. Iniziavo a desiderarlo più di quanto avessi mai fatto con chiunque altro, e alla fine, quando non attendevo altro che la sua voce a fine giornata, sapevo che non avrei potuto mettere un freno ai miei sentimenti, perché provare a stare con lui era la cosa giusta da fare. Avevo solo paura che una volta tornato tutta la magia di questo ultimo mese svanisse. E che proprio ora che anche io sapevo cosa volevo, lui si rendesse conto che quello che sarebbe potuto nascere tra noi fosse tutto un errore.
E invece…

Mi sento in imbarazzo ferma in disparte nell’atrio di questo grande aeroporto. Fisso convulsamente la porta degli sbarchi, il suo volo dev’essere già atterrato da un po’, probabilmente starà aspettando la sua valigia prima di raggiungermi, eppure non posso fare a meno di domandarmi se in mezzo a tutta la folla che tra poco sciamerà dalla porta riuscirò a vederlo. O forse sarà lui a non vedermi e mi passerà accanto. È dalla sera prima, quando mi ha telefonato per domandarmi se avessi voglia di andare a prenderlo in aeroporto, che non riesco a mettermi calma.
All’improvviso mi colpisce un nuovo pensiero, forse non si ricorderà come sono fatta, lo sapevo che avrei dovuto preparare un cartello con la scritta
“Sono qui per Shannon”. Che idea stupida, certo che si ricorda come sono, è passato solo un mese dalla sua partenza e prima che partisse abbiamo passato quasi tutte le sere insieme e ci siamo fatti delle foto.
Ecco che iniziano ad uscire le prime persone trascinandosi dietro grosse valige, il mio cuore inizia a battere se possibile ancora più forte mentre mi stringo nel cardigan grigio che indosso; ancora pochi istanti e finalmente saremo di nuovo insieme e questa volta non sarò io ad evitare che gli eventi prendano il loro corso.
Trattengo il respiro quando finalmente lo vedo comparire oltre le altre teste. È bello come lo ricordavo, indossa i suoi occhiali da sole scuri e mi sta sorridendo, mi ha vista, il mio cuore esulta e non posso fare a meno di sentire freddi brividi percorrermi. Non riesco a muovere un passo verso di lui, sono come ancorata al pavimento, gli sorrido timidamente e lo vedo allungare il passo nella mia direzione, superando le altre persone. È a pochi metri da me, vorrei ridere per la felicità, corrergli incontro e saltargli addosso, eppure non faccio altro che osservarlo tenendomi stretta alla mia maglia, mentre toglie gli occhiali, molla la sua valigia sul pavimento, apre le braccia e senza che io possa fermarlo mi stringe a se come nessuno ha mai fatto prima. Riempio i polmoni del suo profumo, sa di caffè, sa di buono, sa di Shannon, e mentre lascio scivolare le mie braccia sulla sua schiena per stringerlo più che posso sento gli occhi bruciare e le lacrime che iniziano a sgorgare. Mi appoggio nell’incavo della sua spalla, lasciando uscire tutte le emozioni che sentivo premere dentro da quando se n’è andato, e lui mi stringe a se, come se avesse paura di perdermi ancora.
-Ciao- sussurra poco dopo appoggiando le sue labbra sui miei capelli.
Sorrido e sollevo lo sguardo incontrando i suoi occhi profondi, il mio cuore inizia batte come non ha mai fatto in tutta la mia vita. -Non immagini quanto mi sei mancato- sussurro, rendendomi conto di quanto la sua bocca ora si trovi così pericolosamente vicina alla mia.
Lui non dice nulla, sorride e basta, continuando a tenermi stretta a se. Mi sento come se fossimo soli al mondo, in una bolla che nessuno può violare. Continuo a respirare il suo odore e sento che tutte le emozioni che io sto provando le sente anche lui. Lo guardo negli occhi ancora per un istante, quel tanto che basta per darmi la sicurezza di ciò che sto per fare. Ci avviciniamo lentamente, come se i nostri corpi sapessero che questo è il momento giusto per tutto ciò che fino ad ora ci siamo negati e finalmente le nostre labbra si incontrano. Shannon è dolce, delicato, romantico. Non avrei mai pensato che baciarlo sarebbe stato così, sta assaporando ogni istante in cui non siamo stati insieme. Non ha nulla del titolo di
“Animale” che gli è stato affibbiato.
Dopo un lungo istante sento la sua bocca scivolare via dalla mia e torniamo a guardarci negli occhi. -È il miglior ritorno a casa che potessi sperare- sussurra sulle mie labbra.

***

Ho appena finito di montare l’ultimo ramo dell’albero, entro in cucina e trovo Whitney darmi le spalle mentre mescola distrattamente una padella di sugo al pomodoro.
-Vieni a vedere il nostro albero?- domando portandomi dietro di lei ed afferrandola per la vita.
Lei sussulta e si volta verso di me -Shannon, mi hai spaventata-.
Le sorrido -A cosa stavi pensando?-.
Un leggero rossore si diffonde sul suo viso -Ti ricordi cos’è successo poco prima del nostro primo Natale insieme?-.
La guardo per un lungo istante poi le sorrido, come potrei mai dimenticare quando tutto ha avuto inizio.

Sono quasi le dieci di sera quando raggiungiamo la mia casa a Los Angeles, un piccolo appartamento al sesto piano di un palazzo che si affaccia sul mare. Apro la porta lasciando che Whitney passi per prima; credo che questa sia una delle poche volte che invito una ragazza a casa mia, ho sempre preferito la comodità e l’anonimato degli alberghi.
Whitney entra, si guarda intorno con fare circospetto, mi domando a cosa stia pensando. Non abbiamo fatto cenno su ciò che è accaduto poco fa in aeroporto e non è neanche più successo, siamo semplicemente arrivati qui dopo che l’ho invitata a mangiare qualcosa insieme a me, e il fatto che abbia accettato mi fa ben sperare che finalmente anche le sue intenzioni siano serie.
Durante questo mese di tour ho pensato a lungo al nostro rapporto, cercando di capire cosa io provassi per lei. In fin dei conti siamo poco più che due sconosciuti che si sono piombati addosso a vicenda. Eppure le due settimane passate con lei a parlare quasi ogni sera mi hanno fatto capire che voglio conoscerla ancora più a fondo. Provare ad averla accanto. Mi è sembrata una ragazza a cui le basta guardarti negli occhi per capire cos’hai dentro, cosa pensi e di cos’hai bisogno, in poche parole la persona giusta per me, per il mio carattere a volte chiuso, introverso e scontroso con il mondo intero. Ma lei cosa penserà? È stato questo che mi ha tormentato di più in questo mese passato lontano. Non mi ha mai baciato prima che partissi e credevo che questo non fosse un buon segno, anche perché ho cercato di farle capire quanto avrei voluto sentirla più intima e vicina. L’unica risposta che sono stato in grado di darmi è che forse era la distanza a renderla timorosa, e ora che sono tornato potrò dimostrarle che non è una cosa che fa veramente così paura.
Eppure oggi si è presentata in aeroporto, si è stretta contro di me come se cercasse rassicurazioni, ha addirittura pianto per me, perché le sono mancato. E poi quel bacio, così cercato e desiderato, arrivato inaspettatamente, so di essere sulla strada giusta.
Devo smettere di pensare, devo lasciare che ogni cosa faccia il suo corso; se questo mese di distanza
è servito ad entrambi per pensare al nostro futuro questo è il momento migliore per dimostrarlo.
Dopo aver posato le borse in camera la raggiungo in cucina dove mi sta aspettando.
-In realtà non ho molto in casa. L’unica cosa che posso proporti è una pasta al pomodoro. Oppure possiamo ordinare qualcosa, o andare a cena fuori-.
Whitney scuote la testa -Per me va bene, possiamo fare la pasta. Se mi fai vedere dove tieni le cose ti aiuto a prepararla-.
Mezz’ora più tardi sono seduto davanti ad un piatto di pasta all’arrabbiata che può far concorrenza al miglior chef italiano. Trovo che Whitney sia davvero una brava cuoca, questo è un altro punto a suo favore.
-Era tutto buonissimo- dico non appena finiamo di mangiare. Whitney arrossisce, mi piace quando questa è la reazione ai miei complimenti. La osservo, voglio baciarla ancora. Mi alzo e mi siedo vicino a lei, guardandola negli occhi, sono due profonde pozze blu. -Cosa posso fare per ringraziarti?- le domando sentendola fremere al mio fianco.
-Ringraziarmi per cosa?-.
-Per aver cucinato per me e per essere venuta in aeroporto a prendermi-.
-Mi ha fatto piacere, l’ho fatto per stare insieme a te, perché mi mancavi-. Questa sua affermazione mi stupisce.
-Davvero ti mancavo?- chiedo accarezzandole una guancia.
Whitney si piega contro il mio palmo -Te l’ho già detto- risponde abbassando lo sguardo un istante. Si torce le dita un momento, poi aggiunge -In realtà però una cosa che puoi fare ci sarebbe-.
-Dimmi, farò ogni cosa possa renderti contenta-.
-Volevo chiedertelo ancora prima che partissi, ma non ne avevo il coraggio. Mi piacerebbe sentirti suonare-.
La osservo, preso in contropiede -D’accordo- rispondo poco dopo -Seguimi-.

***

Entriamo in una spaziosa stanza bianca dalle luci abbaglianti. La prima cosa che noto è la grossa batteria che troneggia al centro. Per il resto non c’è molto altro; solo un divano di pelle nera contro una parete, alcune chitarre e due scaffali pieni di libri, riviste e vinili.
Shannon si avvicina alla batteria, ci gira intorno e si siede sullo sgabello. Lo osservo, è tremendamente sexy in quella posizione. Mi fa segno di avvicinarmi a lui.
-Ti presento Christine- sussurra quando sono ad un passo da loro.
Sorrido incapace di dire nulla, è davvero bella, molto più di quanto rende in foto o in video. Si vede che Shannon è fatto per starci dietro. Afferra le sue bacchette di legno e colpisce uno dei piatti, il suono che produce mi riverbera dentro, fin nello stomaco. Non lascia passare un secondo in più che le sue braccia iniziano a muoversi freneticamente alla ricerca di piatti e tamburi, sta suonando l’introduzione di
Kings and Queens.
Mi siedo sul divano e lo osservo mentre dedica tutta la sua energia a fare quello che gli viene dannatamente bene, è bellissimo mentre suona e mi fa sentire energica e piena di vita. Ci credo che tutte le ragazze lo adorino, è impossibile resistere al suo fascino. E quando suona è divino.
Ha gli occhi chiusi, è concentrato in quello che fa, sembra un uomo che vive da solo nel suo mondo. Quando alla fine del brano riapre gli occhi noto che sono animati da una nuova luce, qualcosa che ho potuto osservare raramente, una luce che ho sempre desiderato vedergli addosso fin da quando l’ho incontrato la prima volta. Credo che sia proprio questo che mi ha sempre fatto preferire Shannon a suo fratello Jared. Per quanto Jared sia bello e abbia una voce che fa venire i brividi, Shannon è diverso, lui è tenebroso, forte, silenzioso.
-Sei meraviglioso quando suoni- sussurro alzandomi -La tua musica lo è. Mi piace tantissimo-.
Shannon si alza a sua volta -Grazie, Whitney. Sono contento che la pensi così-.
-Puoi suonare qualcosa alla chitarra? E cantare per me?-.
Mi osserva un momento -Non sono io quello che canta nella band-.
Sollevo le spalle -Sono certa che tu lo sappia fare ugualmente-.
-Di solito cerco di non cantare mai in pubblico, sono rare le volte in cui mio fratello mi coinvolge nel farlo, ma oggi farò un’eccezione-.
Afferra una chitarra ed uno sgabello e dopo essersi sistemato inizia ad accordarla. Mi siedo sul tappeto, appoggiando la schiena al divano e lo guardo mentre compie quei gesti con mani sicure, poi attacca con la prima nota e so già che sta per cantare
Closer to the Edge.
A differenza di ciò che lui pensa di se stesso ha una bella voce. Chiudo gli occhi abbandonandomi completamente contro il divano e senza rendermi conto inizio ad accompagnare la canzone anche con la mia voce.
Non sento il movimento al mio fianco, non sento che gli accordi che a poco a poco si smorzano fino a fermarsi completamente, l’unica cosa che sento sono le labbra di Shannon che improvvisamente si appoggiano contro le mie.
Sussultò, la sua bocca mi impedisce qualunque parola, mi lascio andare abbandonandomi al suo bacio e al suo sapore.
Poco dopo Shannon si allontana e io riapro gli occhi. Lo vedo ad un soffio dal mio viso, le sue mani ancora intrecciate tra i miei capelli. Avrei voglia di baciarlo ancora e ancora, per tutta la notte.
Mi sto per riavvicinare alle sue labbra quando lui mi blocca. -Conoscevi tutte le parole- dice e nella sua voce posso percepire un fremito. -Ci hai messo una passione incredibile nel cantare. Tu conoscevi già questa canzone, dimmi la verità- sussurra sulla mia bocca, continuando a tenermi stretta.
Arrossisco violentemente e abbasso lo sguardo sul suo mento, non ce la faccio a mentirgli ancora -Io… ad essere sincera… sì-.
-Mi hai mentito fino ad oggi?-. Il tono con cui pronuncia questa frase mi obbliga ad alzare lo sguardo allarmata.
Scuoto la testa -No, Shannon. Non pensarla così, non ho voluto mentirti. Io volevo solo proteggermi-.
-Proteggerti? Da cosa?- chiede stringendo la presa sul mio corpo.
-Da te- dico mentre la mia voce inizia a tremare.
-Da me? Ti facevo paura?-.
-Sapevo chi eri. E so il modo in cui le ragazze ti giudicano. Avevo paura potessi usarmi- abbasso lo sguardo mentre sento le lacrime arrivare pungenti.
-Mi credi davvero quel tipo di persona?- domanda alzando la voce -Whitney, guardami negli occhi. Mi credi davvero quel tipo di persona?- ripete.
-No- sussurro tornando a sollevare lo sguardo -No, ora so che non sei così. Ma non potevo saperlo prima. Come facevo ad essere sicura di non sbagliarmi? Sono stata coinvolta nella pazzia di venire ad un vostro concerto sei anni fa, da mia sorella. È stato il mio primo concerto in assoluto. Non avevo ancora quindici anni, e tu sei sempre stato il mio sogno, come facevo a non credere a ciò che dicevano le altre ragazze? Avevo bisogno di conoscerti davvero per farmi un’opinione diversa-.
-Conoscermi davvero? Mi conoscevi già-.
Scuoto la testa -Conoscevo quello che i giornali volevano farci credere. Se ti fossi saltata al collo da fan forse non ti sarei mai interessata, e tu non mi avresti raccontato nulla della tua vita e della tua passione ed era ciò che più desideravo. Shannon, non essere arrabbiato-.
-Non sono arrabbiato. Sto solo cercando di capire il tuo punto di vista. E non nego che mi sarebbe piaciuto tu fossi stata sincera fin dall’inizio-.
-Lo sono stata, Shannon. Non ho mai finto di essere qualcun’altra. Mi sei piaciuto dal primo momento, da quando mi hai guardato negli occhi mentre mi porgevi i miei libri. Ma volevo che fossi tu a piacermi, non il sex symbol che sei-.
-È per questo che hai fatto finta non ti interessassi?-.
-Non ho mai fatto finta non mi piacessi. Ti ricordo che fin dalla prima sera sapevi che ero d’accordo a conoscerci meglio, ma non ad affrettare i tempi-.
-Eppure non mi hai mai baciato. Sapevi quanto lo desideravo-.
-Credi che io non lo volessi? Pensi per me sia stato facile non saltarti addosso ogni volta che eravamo insieme? Ho cercato di difendere i miei sentimenti fino al tuo ritorno. Ed è stata la cosa migliore, perché in questo mese passato lontano da te ho capito che sei la persona giusta e che tante cose che raccontano di te sono solo fesserie-.
-Lo pensi davvero?-.
-Certo che lo penso-.
-Vuoi stare con me?-.
-Ci stiamo conoscendo-.
Scuote la testa -Perdono la tua bugia solo se ti metti con me-.
Mi scappa da ridere -Shannon, queste sono cose da quinta elementare, vuoi davvero sentirtelo dire?- chiedo mentre il respiro mi si blocca in gola, sta accadendo davvero, quello che ho sempre pensato sarebbe stato solo un sogno si sta avverando ed è così strano. -Certo che voglio stare con te- sussurro guardando le sue labbra che lentamente si avvicinano alle mie.
La sua mano posata sulla mia nuca mi tira verso di sé, sento il suo respiro sul mio viso e il calore della sua bocca sulle labbra. Chiudo gli occhi piegandomi verso di lui, finalmente è mio. Dopo due mesi che ci conosciamo è ufficiale: sto con Shannon Leto, non posso crederci.

  
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