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Autore: aki_penn    01/02/2009    7 recensioni
Si è sempre parlato di gente "sfigata" che vuole diventare bella ricca e famosa, ma a nessuno è mai interessato se qualcuno sta bene nel suo bozzolo da nerd con una catenella da gabinetto attaccata alla porta? Beh, mio fratello stava bene così. E finchè se ne è stato nel suo piccolo paradiso di 20 metri quadrati nessuno ha mai avuto da ridire (a parte mia madre ovviamente), ma poi è arrivata quella tipa , ed è cambiato tutto, a partire dalla catenella del wc,e a finire col cercare di farlo diventare una specie di latin lover! E io sapevo che avrebbe portato guai, io lo sapevo, ma figurati se qualcuno mi ascolta mai in questa famiglia!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I miei venti metri quadrati' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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I miei venti metri quadrati

Capitolo Nono

Il Furto della Gioconda sul Gabinetto

 

 

Quella domenica non poteva iniziare in modo migliore. Prima di tutto , diversamente dal mio sogno nessun ladro diabolico era venuto a privarci del nostro quadro della Gioconda appeso appena sopra al water, anche perché non avevamo nessuna copia della Gioconda in bagno. Poi la madre di Joyce sarebbe venuta in Italia direttamente da Gallway per far visita ai figli e all’ex marito, e per quel giorno era in programma una gita fuori porta dell’intera famiglia, perciò Joyce sarebbe stato alla larga da casa mia per un po’. Inoltre era appunto domenica , ed essendo domenica né io né Mei saremmo andati a scuola, e quindi mio fratello non avrebbe corso il pericolo di finire tra le grinfie di quell’arpia di Nikka. Insomma, una giornata da segnare sul calendario con l’evidenziatore.

Andai in bagno, e mi compiacqui del fatto che non ci fosse nessuna opera di Leonardo da trafugare, mi lavai di denti guardandomi allo specchio, diedi un’occhiata al vetro della finestra, che inevitabilmente rimaneva sempre aperta, la chiusi dicendomi che era normale che Joyce riuscisse a entrare, se mia madre lasciava tutto spalancato.

Ma non mi feci abbattere da simili sciocchezze e mi accesi beatamente una sigaretta. Mentre me la fumavo con tutta le beatitudine del mondo mi diressi in cucina afferrando il mio solito portacenere scheggiato che portavo in giro per casa .

“Buongiorno!” trillò mia madre mentre mi mettevo a sedere a tavola dove la mia colazione era già pronta. “Ti sei svegliata tardi sta mattina tesoro!” continuò distogliendo per un attimo gli occhi dallo zabaione che stava cucinando. Mister manichino indossava un pomposo vestito da sera commissionato da chissà da chi.

“Tuo fratello si è alzato presto ed è già uscito”. La forchetta intrisa di millefoglie mi si fermò a mezz’aria mentre trafiggevo mia madre con un’occhiata per nulla tranquilla.

“Come sarebbe a dire che Mei è uscito?” chiesi con gli occhi fuori dalle orbite e la millefoglie che cadeva rovinosamente sulla tovaglia senza avvicinarsi nemmeno per sbaglio alla mia bocca. Da quando in qua Mei usciva?

“Oh, sì” fece allegra la mia ingenua genitrice  “è andato da quella sua amica, la figlia di Marianna…com’è che sia chiama? Nicole? Nicoletta? Sai che non lo so…sono davvero felice che si sia trovato un’amica ne aveva proprio bisogno!” continuò a vaneggiare lei mentre io rivolgevo uno sguardo malinconico alla mia colazione, per poi sospirare e cominciando a mangiarla.

Non potevo mica perdere l’appetito per Nikka… e poi infondo che gli poteva fare di tanto grave? Farlo camminare sui carboni ardenti? Frustarlo?  Metterlo in una vasca piena di ghiaccio?

No, sicuramente no, e allora decisi di lasciar perdere. Al massimo avrebbe fatto qualche esercizio di matematica di troppo.

 

Nella sua testa non era chiarissimo come fosse finito lì dentro, ma la cosa che invece era più che chiara era che stesse morendo di freddo, che avesse le dita di un colorito tendente al blu e i denti che battevano facendo rumore.

Si chiedeva come aveva fatto a farsi convincere così stupidamente da Nikka a spogliarsi fino alle mutande davanti ai suoi occhi, e oltre a quello entrare in una vasca piena di ghiaccio dove probabilmente sarebbe morto assiderato entro un’ora. Si strinse un altro po’ nelle spalle mentre sentiva il calore andarsene dalle mani ormai blu. Alzò lo sguardo per guardare Nikka che seduta sul water col coperchio chiuso si faceva tranquillamente la french alle unghie, senza dargli particolare udienza.

Deglutì e cercò di schiarirsi la gola nel modo più rumoroso possibile per attirare l’attenzione su di sé.

Vano dispendio di voce dato che Nikka lo ignorò finché non ebbe finito di sistemarsi le unghie come esattamente desiderava.

Rimirò soddisfatta il lavoro svolto. “Sai Mei” cominciò senza guardarlo ma continuando a osservare come aderiva lo smalto “non dovresti fare lo zerbino e fare tutto quello che ti dicono le ragazze, cos non conquisterai mai nessuna…” concluse avvicinando il viso pericolosamente a quello del ragazzo decisamente infreddolito. Mei deglutì faticosamente sorprendendosi che la saliva non gli si fosse ghiacciata in bocca, poi annuì lentamente con aria a dir poco terrorizzata.

Nikka lo gratificò con un sorriso per poi rifugiarsi nuovamente sul suo water col coperchio chiuso, e dichiarare “Perfetto”.

Il ragazzo fece per alzarsi ma lei lo fulminò “Beh, cosa fai? Resta lì”, e lui si risedette facendola sorridere.

Poi si alzò  uscendo dal bagno perché Milly urlava qualche cosa dalla cucina. “Sì Milly puoi prenderla una birra; è nello sportello del frigo!” sbottò aprendo la porta del gabinetto dove stava chiusa con Mei da quella che poteva sembrare un’eternità.

“Posso uscire?” pigolò con voce strozzata Mei cercando di essere il meno fastidioso possibile.

“No” rispose tranquillamente Nikka senza pensarci su nemmeno un secondo. E Mei abbassò la testa e decise che forse era meglio starsene lì. Se fosse uscito forse sarebbe stato costretto a fare qualche cosa di peggio.

Sta di fatto che il lunedì seguente Mei rimase a letto. Intontito, senza accennare ad alzarsi, e quando alle due del pomeriggio sua sorella tornò a casa lui era ancora lì immobile come lo aveva visto quella mattina. Per un secondo temé fosse morto. Invece respirava. Piano. Ma respirava.

Mei?” sussurrò incerta sedendosi delicatamente sul letto del fratello. Mei mugugnò qualche cosa ovattato della trapunta.

“Hai la febbre?” chiese lei un po’ più decisa. Dalla coperta affiorò un occhio color nocciola

“La febbre non lo  so, ma mi sento come se mi fosse passata sopra una betoniera…” biascicò faticosamente per poi tornare a rincantucciarsi lasciando intravedere dall’esterno solo i capelli.

“Nikka ti ha fatto qualche cosa?” sbottò d’un tratto come se avesse avuto un’illuminazione, ma sentendosi subito stupida. Cosa poteva aver fatto Nikka per farlo ammalare? Forse era un po’ troppo prevenuta…Si morse il labbro, mentre il fratello riemergeva un altro po’ per farsi sentire.

“No, a parte farmi il bagno in una vasca piena di cubetti di ghiaccio, non ha fatto niente” brontolò sarcastico prima di nascondersi di nuovo per evitare la reazione della sorella.

“Che cosa ha fatto?” sbraitò Rachele con un’espressione degna di un clown.

“Niente!” urlò remissivo Mei da sotto il piumone sgambettando contro di lei e non permettendole di guardalo in faccia.

Rachele fece un sospiro e uscì dalla stanza. “Come vuoi tu, stupido opossum…”concluse senza cattiveria, ma più che altro con una sorta di muta arrendevolezza.

Rachele si lasciò cadere pesantemente sul divano guardano il soffitto ormai ingrigito dall’azione invernale dei termosifoni. La signora Pavesi canticchiava una vecchia canzone che riempiva l’aria di una sorta di ovattata allegria. Sua figlia si accese stancamente una sigaretta e si disse che non aveva il dovere, o forse il diritto, di interessarsi troppo della vita privata di Mei. Ora che pareva averne acquistata una, per quanto un po’ strana.

Il suo stato d’animo fu facilmente indovinabile, quando suonarono alla porta e dopo poco si trovò Nikka in piedi impettita sullo zerbino che salutava educatamente sua madre. Spalancò gli occhi e allungò la testa per guardare la porta d’entrata.

“Buon giorno Nicoletta… come stai?” . Lei sorrise, ma Rachele la vide irrigidirsi nel sentirsi chiamare col nome completo. “Bene , signora Pavesi, tutto a meraviglia” disse con voce melliflua e controllata.

“Vuoi un po’ di zabaione? L’ho appena preparato!” esclamò gioviale. Rachele vide un bagliore passare negli occhi di Nikka, come se andasse in standby per un secondo. Poi fece un altro sorriso un po’ falso, un po’ tirato “Oh, il suo zabaione è leggendario a casa mia. Mia madre ne parla sempre… ma sono a dieta”.

“Oh, ma che peccato” sussurrò la signora guardandosi il grembiule ricamato , ma si riprese subito dichiarando gioviale come suo solito “Mei è in camera sua, è la prima a sinistra”. Nikka annuì e si avviò con passo leggero vero la camera indicata. Si fermò a guardare la catenella da water di Mei  e l’espressione che le si dipinse in volto non fu delle più entusiaste. Appoggiò la mano sulla maniglia e spinse in basso dolcemente per poi entrare con passo felpato e chiudersi la porta alle spalle con un tonfo sordo.

“Ciao Mei” sussurrò piano appoggiandosi leggermente sul ciglio del letto. Mei si alzò di soprassalto guardandola come se si fosse visto atterrare sul copriletto un folletto irlandese. La fissò stralunato sedendosi sul cuscino e mostrando al mondo il suo pigiama blu notte.

“Che ci fai qui?” domandò come se si aspettasse una nuova tortura. Lei alzò le spalle e gli sorrise amabile. “Non ti ho visto a scuola e pensavo che volessi farti desiderare…sappi che con me queste cose non funzionano…” disse, non suonava minacciosa, ma la frase se non ispirava nulla di buono.

Si mise a sedere a gambe incrociate mentre lei si faceva più indietro per appoggiarsi al muro con la schiena.

“Mi sono ammalato dopo il bagno nel ghiaccio” spiegò con un’espressione bimbesca.

“E ora stai meglio?” tagliò corto lei senza essere troppo brusca ma senza curarsi troppo di quello che Mei le avrebbe voluto dire se lo avesse fatto finire di parlare.

Mei annuì dubbioso come chiedendosi cosa sarebbe successo adesso che aveva ammesso che non stava poi più così tanto male.

Sei venuta solo per controllarmi?” chiese lui preoccupato. Nikka alzò le spalle. “no…direi di no… stavo pensando che non voglio perdere neanche un giorno.. abbiamo ancora molto da fare…”.

Mei aprì bocca per ribattere ma Nikka parve rianimarsi da quella specie di trance in cui parlava più a sé stessa che a lui.

“Allora vuoi diventare emozionante, stupendo, perfetto, vuoi essere un’opera d’arte?” disse guardandolo negli occhi con eccessivo entusiasmo. Mei avrebbe voluto rispondere di no, che non ci teneva a diventare un’opera d’arte , e non vedeva come lui potesse essere considerato emozionante… e forse Nikka cominciava a fargli un po’ paura, con quella follia dell’essere belli e perfetti ad ogni costo. E ammaliare così tanto da avere potere su chiunque. Inutile dire che su di lui Nikka riusciva al meglio a esercitare il suo particolare fascino.

Nikka non gli diede il tempo di rispondere, dato che la considerava una domanda retorica e proseguì tranquillamente senza guardarlo, con aria da maestrina.

“Allora Mei, sei mai stato a una festa oltre a quella al Luxury dove ti ho portato io?” chiese con voce stentorea. Mei era convinto di averle già accennato alla sua vita piuttosto riservata e circoscritta nei suoi venti metri quadrati.

Deglutì arrendendosi a dover accettare quella conversazione scomoda. “No” rispose serio.

Nikka annuì come prendendo nota della cosa.

“Hai mai baciato una ragazza?” chiese ancora per poi aggiungere “A parte tua sorella intendo”. Mei arrossì in modo impressionante, un po’ perché lei si era avvicinata in maniera allarmante, un po’ perché la risposta che doveva dare lo imbarazzava.

“…no” sussurrò il più piano possibile sperando che lei non sentisse.

Nikka sbuffò, se lo aspettava e si appoggiò di nuovo stancamente al muro con il capo.

“Questo potrebbe risultare un problema…” fece fissando il lampadario. Poi tornò a guardarlo. Sembrava che lo facesse apposta per fargli prendere un colpo tutte le volte che si rigirava per osservarlo.

“Insomma parliamone, fare la figura dell’impacciato con una ragazza, non andrebbe molto a tua favore” decretò increspando le labbra a cuore. Si passò una mano sul mento pensierosa “Va beh… a questo possiamo rimediare” bofonchiò prima di sporgerglisi addosso più di quanto non avesse già fatto e dargli un bacio sulle labbra. Mei colto alla sprovvista rimase rigido come un cubo di marmo, si sentì arrossire , o ancora meglio andare a fuoco per l’imbarazzo mentre Nikka lo baciava a occhi chiusi come se fosse la cosa più normale del mondo.

Non riusciva a capacitarsi di quello che stava succedendo, non amava il contatto fisico, ma il suo ginocchio, sul quale lei aveva appoggiavo la mano per non perdere l’equilibrio stava letteralmente bruciando. E il tutto gli sembrava troppo viscido. Cosa c’era di bello nel baciare qualcuno?…forse era una cosa sentimentale, forse doveva chiudere gli occhi, eppure continuava a stare lì con gli occhi sbarrati a contemplare inerme l’ombretto color ocra sulle palpebre morbide di Nikka.

Poi Nikka si staccò e lo guardò. “Credo che dovremo lavorarci Mei” disse come se stesse parlando di un compito di scuola.

“Un po’ di brio su! Se baci così una ragazza le sembrerà di amoreggiare con una statua!” . poi ghignò.

“Credo proprio che tu abbia bisogno di una flebo di sicurezza in te stesso… se no non potrò fare molto…” gli passò la mano tra i capelli e glieli scompigliò.

“Forse è meglio che vada… ci vediamo domani” si alzò leggiadra come era arrivata e si avviò verso la porta seguita dallo sguardo in trance del ragazzo. Prima di aprire ebbe un sussulto e si mise a lambiccare nella borsa beige in cerca di qualche cosa. “Dimenticavo… questi sono i miei compiti di matematica, non è che me li faresti tu?” fece appoggiandoli sul suo comodino e schioccandogli un bacio sulla guancia.  E poi sparì senza che Mei avesse il tempo di dire nulla. La sentì borbottare mentre chiudeva la porta “E comunque questa catenella è orrenda”.

 Rimase a guardare la porta da dove lei era sparita e poi si toccò le labbra. Non sapeva davvero più cosa pensare.

Nikka e Joyce si incrociarono sulla porta di casa dei Pavesi, lui che entrava lei che usciva.

Diede un’occhiata decisamente poco entusiasta ai pantaloni fucsia del ragazzo prima di uscire sospirando qualche cosa che suonava tanto come stai uccidendo il buon gusto.

 

Vidi con la coda dell’occhio Nikka andarsene lasciando il posto a un coloratissimo Joyce. Quel ragazzo non riusciva a vestirsi secondo dei canoni estetici terrestri. Decisi si non toccare il tasto del vestiario aspettando che si lasciasse cadere pesantemente sul divano accanto a me. Sotto il braccio aveva un foglio di carta arrotolato, mi chiesi cosa fosse, e mi chiesi cosa ci facesse lì. Non aveva detto di voler approfittare di tutti i momenti in cui sua madre sarebbe rimasta in Italia con lui e le sue sorelle?

“Ciao Stronza”

“Ciao Idiota” risposi io seria, mentre mia madre allungava una pentola verso il mio ospite chiedendo allegra se non volesse favorire del suo zabaione.

“Volentieri signora Pavesi, tra un attimo sarò ben felice di fare indigestione di dolci”disse con un sorriso dolce. Mia madre sorrise a sua volta gratificata.

“Che ci fai qui?” sbottai camuffando la mia perplessità con una decisa indisponenza. Lui non badò granché al mio tono, era abituato al mio essere bruca.

“Mia madre ha litigato con Papà…ed è tornata in Irlanda oggi pomeriggio di corsa…mi sa che la rivedrò solo la prossima estate…” spiegò con una punta d’amarezza. Avrei voluto dire che mi dispiaceva, ma non lo feci, rimasi una maschera impassibile come solito. E Joyce mi sorrise furbo, perché sapeva che cosa stavo pensando.

“E poi ho una cosa per te” dichiarò tornando allegro e allungandomi il tubo.

“Cos’è?” sbottai.

“Il tuo regalo di compleanno” rispose semplicemente lui tutto contento. Arricciai il naso.

“Ma non è il mio compleanno oggi!” esclamai irritata. Lui si aprì in un altro dei suoi soliti sorrisi sibillini “Lo so, ma è tra poco, e mia sorella si lamentava perché il tubo occupava spazio in camera!”spiegò.

Guardai il mio regalo. “allora non lo srotoli?” chiese Joyce impaziente, e io decisi di accontentarlo di buon grado.

Il foglio srotolato si rivelò una copia lucida della Monna Lisa. Guardai il poster sbattendo le palpebre.

“Allora ti piace?”

“No” mentii “Ma so dove lo appenderò!”conclusi puntando al bagno. 

 

Salve a tutti. Fine del nono capitolo. Spero che sia più carino di quanto mi è sembrato rileggendolo. La parte dove Mei è nella vasca e chiacchiera con Nikka mi è stata un po’ difficile…

Ma passiamo ai ringraziamenti!

Shami cham: grazie per il bellissimo… scusa se ci ho messo un po’ ad aggiornare, ma con Il Potere delle Pesche e tutto, faccio fatica ad aggiornare in tempi brevi!! Spero che il capitolo ti sia piaciuto!!

Niggle: sì, anche io sono convinta che se Mei esistesse mi odierebbe un sacco… e avrebbe anche ragione…ma infondo non odia neanche Nikka che è il suo carnefice!!! E Joyce.. il suo personaggio si è delineato un po’ meglio?^_^

LisettaH: si ,si Mei è proprio in balia dei capricci di Nikka… alle spossanti spese non ci siamo ancora arrivati, ma per ora mi limito a qualche cosa di più fisico che psicologico!!! E sì… Joyce sì, che sa cos’è il buon gusto!

The Corpse Bride: esattamente non lo so neanche io che l’ho scritto cos’è la prova del frac... e l’impellicciato beh… la sua famiglia è così… un po’ sfasata… e lui preferisce passare il suo tempo con un’imbronciata Rachele…^_^

 

Grazie a tutti quelli che hanno letto la mia storia, al prossimo capitolo, Aki_Penn

 

   
 
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