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Autore: _Akimi    24/08/2015    1 recensioni
"Perché ormai quella non era più vita e non c'era più un vero posto sicuro da chiamare casa. Le strade gremivano di cadaveri irriconoscibili,di macchine distrutte e utilizzate come ripari provvisori. Ciò che più faceva paura, tuttavia, non erano né gli oggetti inanimati né tanto meno i resti delle persone che, un giorno, avevano fatto parte di quella vivace città.
Con l'inizio del contagio, era cominciata anche una nuova esistenza, sempre se così poteva essere considerata. "
Zombie!AU
4° Classificata al contest "Beware the... Warning Contest - Seconda Edizione" indetto da Rota23 sul forum di EFP
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kushina Anna, Misaki Yata
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The Final Frontier
Capitolo III - Il rosso è il colore del sangue

 
133 giorni al contagio.

Era passata all'incirca una settimana da quando due ragazzi, all'apparenza così opposti tra loro, si erano incontrati casualmente in un vicolo nella notte.
Era strano pensare come le loro vite, senza neppure volerlo, si fossero trovate a condividere un obiettivo comune, un viaggio che doveva portare entrambi alla salvezza.
Misaki Yata, il più grande tra i due, aveva spiegato sin dall'inizio che non era sua intenzione rallentare per sciocche motivazioni. Non gli importava apparentemente dei problemi della sua nuova amica, Anna Kushina, ma la verità era che quella bambina, o ragazzina che dir si voglia, aveva mostrato volontà d'animo ed era riuscita ad imparare molto dal suo accompagnatore.
Non voleva essere un peso per nessuno e per quanto all'inizio si fosse dimostrata titubante, ora ringraziava il rigore e la freddezza apparente di Yata. Il ragazzo le aveva insegnato in poco tempo ad impugnare un'arma da fuoco, le aveva mostrato quali fossero i punti più deboli dei non-morti, anche se lui stesso non riusciva sempre a colpire il cranio di questi ultimi.
Al contempo, in alternativa alla sua amata pistola, Misaki aveva cominciato con più naturalezza a brandire la propria mazza per uccidere quelle creature. Non provava risentimento e anche se non voleva ammetterlo, aveva evitato per quell'intera settimana di lasciare Anna in preda a quei mostri.


Infatti, nonostante fossero passati sei giorni da quando si erano incontrati, la bambina non aveva avuto ancora la fortunata occasione di poter sparare mortalmente ad uno di loro. Qualche volta, istintivamente, aveva premuto il grilletto serrando gli occhi per timore di ucciderli.
Sì, perchè nonostante fossero considerati da tutti creature malvagie, qualcosa in lei le diceva che ucciderli non fosse la scelta più appropriata.
Ancora troppo ingenua per quel genere di vita. E non voleva abituarsi ad agire in quel modo, anche se era tutta questione di sopravvivenza.


All'inizio, Misaki l'aveva rimproverata per il suo essere così sbadata e magnanima, ma segretamente, la stimava per la sua purezza di spirito. Non era mai spinta dalla rabbia o dalla vendetta, anche se aveva lasciato intendere che avesse dei validi motivi per odiare quei non-morti. Aveva perso la sua famiglia, ma l'astio non aveva ancora invaso il suo cuore ed era questo uno dei tanti modi in cui le personalità dei due si bilanciavano.
Da una parte, pragmatico e vendicativo, Misaki non riusciva ad intravedere non più nulla di umano negli occhi arrossati di quegli zombie, non combatteva per piacere personale, ma si toglieva in ogni modo un po' di soddisfazione nel vederli perire una volta per tutti davanti ai suoi occhi.
Alle volte, incontrollabile, era capitato che li colpisse violentemente sulla testa. La mazza argentata che si infrangeva contro le loro ossa, il cranio che si sbriciolava sotto la sua forza bruta.
Non gli importava quanto fosse cruento, anche loro lo erano ed era persino peggio il trattamento che riservavano ai vivi in città.

Anna,invece, sensibile ed empatica, cercava di comprendere lo sguardo di ognuno di loro. Chiudeva i propri occhi quando scattava la sicura della pistola e premeva il grilletto. Non voleva vederli soffrire davanti a sé, non voleva sentire i loro gemiti sommessi dal dolore.
Eppure, comprendeva in buona parte anche l'atteggiamento di Misaki, per quanto alle volte le facesse paura vederlo immerso nel proprio senso di rabbia e vendetta.
Nonostante questo, il ragazzo sapeva essere gentile come nessun altro. Si era poco a poco abituato all'idea di scherzare con la bambina, la trattava decisamente meglio di quando si erano incontrati la prima volta e le notti passate addormentati l'uno accanto all'altro erano diventate poco a poco più frequenti.
Misaki osservava spesso gli occhi di Anna chiudersi, le sue braccia attorcigliarsi delicatamente attorno al suo collo e il respiro pacato che si infrangeva contro la pelle. Gli mancava quel senso di tepore, quello che lo faceva sentire a casa, anche se non c'era nessun legame di sangue tra i due ragazzi.
Avevano iniziato ad apprezzare i reciproci difetti, anche se spesso Anna non riusciva a nascondere momenti in cui la paura e la tristezza avevano la meglio su di sé. Piangeva, ma Misaki poteva udire solo dei timidi singhiozzi perchè una brutta peculiarità che avevano in comune era quella di essere entrambi troppo orgogliosi.
Non volevano ammettere le proprie debolezze, ma in fin dei conti, non erano mancati anche quegli attimi in cui i loro occhi lucidi si incontravano, segno che entrambi si sarebbe messi a piangere per qualcosa.


Non era proprio un pianto, a dire il vero, quello di Misaki Yata. Il ragazzo perdeva il controllo quando si rendeva conto di quanto le cose diventassero difficili di giorno in giorno. Alle volte, quando riuscivano a raggiungere un punto abbastanza alto di qualche grattacielo, in lontananza potevano intravedere i posti di blocchi e le bandiere che indicavano l'inizio della zona controllata dal governo centrale.
Siamo animali chiusi in gabbia.
Lo pensavano spesso entrambi, ma nessuno dei due aveva intenzione di esclamarlo ad alta voce, segno di resa davanti a quelle ingiustizie. No, volevano combattere per ciò che di diritto spettava a tutti i cittadini di Shizume : volevano ritornare al passato, dovevano ritornare indietro di settimane.
Eppure, per quanto la speranza fosse ancora presente tra gli uomini, non mancavano quei momenti in cui anche la rassegnazione aveva la meglio sui loro animi.

Attraversavano silenziosi le strade, lasciandosi alle spalle cadaveri non solo di non-morti, ma anche di persone che casualmente avevano incontrato in quel viaggio.
Alcune avevano erano padri e madri di famiglia, altri erano ragazzi del liceo proprio come Misaki. Dicevano che la scuola gli mancava, che gli mancava sentirsi annoiati in quelle quattro mura che dovevano insegnare ai giovani come vivere la propria vita.
Altri ancora, erano dei bambini cui occhi non riflettevano altro che dolore e vuoto. Vuoto nel pensare alla mancanza dei propri genitori, dolore nel sapere che, ormai, un futuro per loro non esisteva più.


Chi si sarebbe preso cura di Anna, una volta arrivati al confine?
Misaki se lo chiedeva spesso e la loro destinazione si faceva sempre più vicina. Non poteva dire con certezza che la bambina avesse ancora qualcuno, anche se l'aveva vista spesso stringere tra le dita delle perle scintillanti, un brillante ricordo di qualcuno dal passato.
-Sono della tua famiglia?-
Aveva domandato una volta, mentre la vedeva intenta ad osservare la luce del Sole riflessa in quel piccolo oggetto sferico. A quelle parole, tuttavia, la bambina sembrò turbata ed innervosita. Accennò un semplice "no" con la testa e cominciò a parlare di un uomo, come se si trattasse di un essere surreale, una fantasia di un'Anna che poco a poco si stava dividendo dalla sua infanzia.


-Si chiama Mikoto.Mi aspetta alle porte della città.-
Quell'affermazione aveva infastidito Misaki. Si sentiva scioccamente tradito, come se fino ad ora non fosse stato altro che un mezzo per la bambina. Non si sarebbe più rivisti oltrepassati i blocchi perchè lei aveva qualcun altro ad attenderla, mentre lui avrebbe dovuto continuare il suo viaggio in ricerca della sua famiglia.
Era ingiusto, ma forse era meglio così. La ragazzina meritava di avere qualcuno accanto, qualcuno che fosse capace di prendersi davvero cura di lei.


-Andiamo e come fai ad essere certa che lui sia vivo?-
Pronunciò quelle parole senza neppure rendersene conto quando, una sera, la ragazzina non aveva smesso di lamentarsi dell'aver perso una di quelle maledette perle.
Misaki sapeva che l'avrebbe ferita in quel modo, ma fece finta di non interessarsi a quella storia, di non sentirsi parte integrante della vita di Anna.
Loro non erano più amici o forse non lo erano mai stati.
 
* * *

 
Negli ultimi giorni, senza spiegazioni, i due avevano iniziato a parlarsi di rado. Comunicavano per avvisarsi quando gli zombie si facevano troppo vicini, quando trovavano altri sopravvissuti sul punto di morte, ma mai per altro.
Non raccontavano più delle loro vite, di che cosa li avrebbe aspettati varcato il confine, né di ciò che avrebbero detto le persone che conoscevano quando li avrebbero visti vivi e in perfetta salute.
Misaki, più di Anna, non aveva più voglia di ricercare un qualche contatto con altri essere umani. Pareva stravagante e inusuale per lui, ma la sua pazienza era completamente svanita e trovava solo sfogo nell'attaccare quegli esseri immondi che l'avevano allontanato dalla propria famiglia.


Quando lasciarono il loro ultimo rifugio improvvisato, dimenticandosi delle persone che avevano incontrato in quella casa abbandonata, la luce di un nuovo giorno li aiutò a trovare il legame perduto che li aveva uniti fin dal loro primo incontro.
Anna non lasciava mai il fianco di Yata, anche se era troppo timida per iniziare a conversare con lui. Voleva poterlo ringraziare per ciò che aveva fatto per lei, potergli dire che sperava ancora di poter incontrare Mikoto, ma che la sua compagnia era stata altrettanto importante. Si ricordò delle parole di sua madre quando, spiacevolmente, la faceva arrabbiare per un paio di capricci.
Quando le persone si vogliono bene è normale litigare, significa che la sicurezza di chi si ha vicino è una priorità per entrambi
Solo ora, in un momento come quello, Anna si rese conto di cosa significasse avere accanto un ragazzo come Misaki. Aveva rischiato per una sconosciuta, etichettandola dapprima come bambina, ma non aveva esitato nel condividere un tetto con lei o un paio di stupide barrette.
Si era affezionata a Yata e avrebbe fatto di tutto per non abbandonarlo, proprio come lui aveva fatto in quella notte, in quel vicolo.

Non appena socchiuse le labbra, tuttavia, il ragazzo gli fece cenno di non parlare. Era pericoloso farsi sentire là fuori, circondati da quelle creature alla costante ricerca di carne. Avevano iniziato entrambi ad essere più intraprendenti, ma Anna continuava a temere di rimanere indietro o di perdere Misaki all'improvviso.
Più di una volta Yata le aveva detto di non preoccuparsi, le aveva sorriso dicendo che "Un ragazzo testardo come me non può essere un buon pranzo".
Lo diceva con leggerezza, ma a dire il vero, provava timore al solo pensiero di essere ferito da uno di loro. Aveva ancora tutta una vita da vivere, una famiglia con cui condividere il proprio futuro e anche Anna, se l'avesse desiderato, poteva farne parte.


Si accovacciarono in un angolo di una strada, entrambi con i corpi schiacciati contro la parete fredda di un edificio. Si potevano udire solo i loro respiri e i gemiti sommessi di quei non-morti. Non riuscivano a comprendere da quale parte provenissero, ma erano lì, erano lì vicino a loro. Di questo ne erano entrambi certi.
-Aspettami qui.- Le bisbigliò lui, a pochi centimetri dal suo volto. Le appoggiò affettuosamente una mano sul capo per poi alzarsi e svoltare verso la via principale dove, per quanto avesse immaginato, dovevano esserci i loro nemici.
Anna,tuttavia, non aveva intenzione di dividersi da lui e ricopiò i suoi movimenti, osservando silenziosa il ragazzo muoversi in mezzo ai palazzi davanti a loro. Era cauto, le orecchie tese per poter sentire ogni singolo rumore, ma l'aver raggiunto un incrocio non poté che peggiorare la situazione. Erano circondati e da qualsiasi di quelle vie potevano arrivare gruppi numerosi di non-morti.
Tuttavia, era piuttosto strano non vederne neppure uno lì, per quanto l'aria fosse impregnata da un acre odore di carne rancida ed entrambi potevano sentire il rumore di fauci scontrarsi con la pelle e gli organi ormai deteriorati con il passare del tempo.
Si stavano cibando dei cadaveri abbandonati della città, di quei poveretti che, molto probabilmente, avevano preferito uccidersi o forse erano stati vittime di qualche infezione data da ferite troppo gravi da curare.


Yata abbassò per un attimo la guardia, lasciando cadere il braccio che impugnava la mazza al fianco. Poco cibo era rimasto e la fatica iniziava a sentirsi anche per lui, non per questo,però, si era risparmiato dal dare gli ultimi viveri alla ragazzina. Lei, per quanto lo negasse, aveva una fisionomia più debole e incerta di Misaki. Necessità di zuccheri, di proteine e di acqua. Tutti elementi che ormai scarseggiavano in tutta la città.
Misaki si ripeteva che non doveva ormai mancare molto, forse un paio di quartieri, ma erano ormai giunti alla fine del loro viaggio. Non potevano correre, avrebbero attirato troppa attenzione, ma potevano proseguire a passo veloce verso il sud-est della città.
Così, con il pensiero di poter raggiungere finalmente un mondo sicuro, Yata si voltò verso la parte di Anna, suggerendole di raggiungerlo.
Pochi metri distanziavano l'uno dall'altro, ma nonostante la breve distanza, Misaki si ritrovò all'improvviso in una scomoda posizione.
Per la prima volta da settimane, aveva bisogno dell'aiuto di qualcuno, aveva bisogno di liberarsi di uno di quei non-morti che, senza preavviso, si era messo a correre verso la sua parte sbucando da un vicolo oscurato da un grande palazzo.

La creatura, gridando e sbattendo i piedi a terra a grande velocità, afferrò prima la mazza del ragazzo e proprio grazie a quella presa, tentava di avvicinarsi a lui con l'intenzione di divorarne le carni. I suoi movimenti, agli occhi di Misaki, parevano troppo veloci a confronto di tutti gli zombie che avevano incontrato nel viaggio, eppure non c'era nulla di umano o di vivo in lui.
I suoi occhi, arrossati e vuoti, riflettevano lo sguardo colmo di terrore di Yata, ma non solo quello.
Dietro di lui, Anna si avvicinò abbastanza da poter intervenire. Era la prima volta che si ritrovava a gestire una situazione di quel calibro ed era presa dal panico proprio come il ragazzo che era stato poco prima attaccato.

Le mani della bambina tremarono quando l'indice sfiorò il grilletto della pistola. Iniziò ad ispirare ed espirare lentamente, ricordandosi tutto ciò che Misaki le aveva insegnato a proposito dello sparare ad una di quelle creature.


Alza la canna della pistola.
Pensò inizialmente, allungando le braccia sottili davanti a sé, in modo che la traiettoria del suo sguardo potesse essere in perfetta linea con lo zombie che minacciava il ragazzo.
Non voleva sbagliare, non poteva sbagliare. Un solo errore l'avrebbe portata a pentirsi per sempre delle sue azioni, mostrandosi la solita bambina incapace che tutti ignoravano a scuola, che tutti additavano come stramba e fin troppo silenziosa.
Con Yata era stato completamente diverso : lui era più grande, aveva ormai diciannove anni ed era normale che i suoi occhi percepissero Anna come un'infantile ragazzina. Eppure, aveva imparato ad apprezzare la sua ingenuità, capendo che era il punto di forza di quest'ultima. Era ciò che la rendeva diversa da tutti gli altri e il mondo non poteva meritare una creatura come lei.

Concentrati e mira verso il tuo obiettivo.
Si ripeté ancora, vedendo tuttavia i due soggetti completamente sfuocati davanti a sé. Yata si muoveva, cercava di allontanare lo zombie da sé, ma quest'ultimo, lentamente, aveva allungato la mano libera verso di lui, afferrandolo per la maglia chiara. Voleva ucciderlo, voleva farlo diventare come uno di loro, ma per quanto Anna continuasse a ripeterselo e per quanto fosse decisa su ciò che doveva fare per salvarlo, le sue dita rimanevano ferme, i suoi ochi non le permettevano di distinguere al meglio ciò che aveva di fronte.

Trattieni il respiro e premi in grilletto.
Anna riempì il petto di aria, alzando di poco le spalle per rimanere del tutto concentrata sul tiro. Quando premette sul grilletto, rimanendo in parte stordita dal rumore dello sparo, spontaneamente si ritrovò a chiudere gli occhi, trattenendo delle lacrime per via dello spavento e della paura di aver fatto del male al ragazzo.
No, non aveva abbastanza forza per vedere che cosa gli fosse successo, per vedere Misaki ferito per un suo errore. Odiava far del male agli altri ed era per questo che preferiva starsene sempre da sola e in disparte.


I suoi occhi si gonfiarono di lacrime e quando riaprì le palpebre, non prestando più attenzione a ciò che era accaduto, si ritrovò solamente a pensare a quello che aveva appena fatto.
Aveva ucciso un uomo.
Uno di loro, ma pur sempre un essere che aveva abitato la città proprio come lei. Il senso di colpa sopraggiunse nel suo cuore e lasciò cadere a terra la pistola, infastidita dal tonfo provocato da essa quando sfiorò il tiepido asfalto.
Era divenuta un'assassina, ma sapeva di non aver avuto altre scelte. Il solo pensiero di perdere Misaki l'aveva spinta a tanto e non per altro, quando vide il ragazzo alzarsi, allontanando da sé il corpo ormai esanime dello zombie, la sua mente ritornò ad un iniziale lucidità.
-Merda, Anna...pensavo che sarei morto qui.-
La voce di Misaki riecheggiò nella sua testa; era ancora confusa, le mani le tremavano e non davano segno di fermarsi. Eppure, l'avvicinarsi di Yata a sé l'aiuto a tranquillizzarsi e passarono un paio di minuti in silenzio, senza doversi dire nulla per rendere quella situazione più piacevole.
Dovevano farcela entrambi, era questo ciò che continuò a pensare Misaki, anche quando si chinò verso di lei, accennandole un sorriso tremante.

-Anna,sei stata bravissima.Hai seguito tutto ciò che ti ho detto e ti ringrazio.-
La voce di Misaki mostrava il senso di paura che l'aveva percosso poco prima, ma ora stava meglio ed era contento di sapere che la bambina, nonostante il nervosismo, fosse riuscita a salvarlo dalla morte. Non si pentiva di averla allontanata da quel vicolo molti giorni prima ed ora era ancora più sicuro di voler proseguire con lei, aiutandola, se fossero riusciti, a trovare quell'uomo che aveva detto di conoscere.


-Ora però dobbiamo andare, altrimenti ne arriveranno altri.-
Il ragazzo ritornò alla sua abituale determinazione, anche se, stringendo la mazza con la mano, Anna notò come le sue dita stessero ancora tremando, segno che entrambi fossero scossi da ciò che era appena accaduto.
Era felice di aver potuto aiutare il suo compagno e quando quest'ultimo le riconsegnò la pistola tra le mani, fu spontaneo avvicinarsi di nuovo al suo fianco, tenendosi stretta alla felpa di Yata per non rischiare più di trovarsi in una situazione simile.

 
* * *
Durante il loro proseguire, non ebbero occasione di discutere su ciò che era successo. Entrambi temevano che sarebbe accaduto di nuovo un episodio simile ed era stata sola la fortuna, quella volta, a salvare la pelle al ragazzo più grande.
Ora, era solo la speranza che li spingeva sempre più vicini ai confini e quando riuscirono a ripercorrere il decumano della città, i blocchi alla fine di esso apparirono finalmente davanti ai loro occhi.
Ancora tre quartieri li dividevano dalla salvezza. Pareva così vicino, ma mancavano ancora molti edifici da superare e il pericolo non sembrava essere scemato da quando si erano lasciati alle spalle più di un cadavere.
Anna si era ritrovata a sparare ai non-morti ancora una, o forse due volte. Aveva mancato il primo bersaglio perchè presa di nuovo dal nervosismo ed ora le rimaneva solo un proiettile, una sola occasione per uccidere un altro di quei mostri.
Misaki aveva distolto l'attenzione dalla ragazzina già da molto, impegnato anche lui a colpire un paio di uomini striscianti che si erano avvicinati alle sue spalle. Parevano entrambi indipendenti ora, ma fu questo che si mostrò come condanna dei due compagni.
La loro disattenzione, ahimè, era ciò che portò ad un finale diverso da ciò che avevano sperato e desiderato.


Quando finalmente decisero di riposarsi, rifugiandosi in un edificio che pareva più sicuro di altri, Misaki si rese tristemente conto di aver fatto un errore che sarebbe costata la salvezza ad uno dei due.
I suoi occhi scorrevano leggermente verso il basso, una linea di sangue caldo gli aveva sporcato la mano quando, accidentalmente, Anna si era scontrata contro di lui per entrare nella costruzione in cemento.
Sangue.
Una ferita invisibile agli occhi del più grande aveva attirato la sua attenzione troppo tardi, dannandosi per aver sopravvalutato le abilità di entrambi. Erano ragazzini alle prese con un mondo complicato ed era diventato troppo ostico per loro sopravvivere. Non avevano la forza necessaria per proseguire, non più, non assieme.


-Anna.- Lo sguardo vermiglio di Misaki si concentrò sulla figura minuta della ragazzina.Tremava, stringendo tra le mani la pistola che poco prima, sfortunatamente, le era scivolata a terra nel momento del bisogno.
I suoi occhi non incontrarono quelli del più grande, si limitò ad abbassare il capo e ad accennare un "no" con la testa. Una volta e poi ancora, lasciando che i capelli le coprissero il volto pallido e le labbra tremolanti.
Non poteva essere successo in quel poco lasso di tempo, non davanti allo sguardo vigile di Misaki. Eppure, per quanto avesse sorvegliato sulla vita di entrambi, Yata sapeva di aver fatto un grandissimo errore.
Aveva lasciato Anna indietro per pochi attimi, pochi attimi nel momento in cui aveva aperto velocemente la porta per entrare e la ragazza era rimasta indietro, cercando di uccidere uno di quei mostri.

-Anna, fammi vedere la gamba.- Parlò con tono pacato, anche se quell'innaturale freddezza lo tradiva. Era preoccupato, il cuore gli batteva all'impazzata nel petto e per quanto continuasse a ripetersi che non poteva essere davvero successo, dentro di sé la rassegnazione stava già prendendo parte nel suo animo.
-Yata, dobbiamo andare avanti...non...non abbiamo tempo.-
La bambina finalmente lo guardò, ma i suoi occhi arrossati non bastarono per fermarlo dall'avvicinarsi a lei, scostandole di poco la gonna per poter vedere il sangue che le ricopriva buona parte del polpaccio sinistro.
A prima vista, poteva essere una ferita qualunque, Yata non voleva arrivare a pensare al peggio, per quanto tutti quei segnali non portassero ad altro che ad una fine incerta e negativa.
Anna,no, non poteva essere stata attaccata da uno di quei mostri, non davanti ai suoi occhi, non quando lei stessa aveva occasione di ucciderli con l'arma da fuoco che le aveva consegnato.

-M-mi dispiace...io.La pistola era troppo lontana e...- Le parole vennero interrotte da un pianto, delle lacrime incontrollate che le rendevano le guance umide, il volto segnato dalla paura improvvisa di non potercela più fare.
La sua vita le passò velocemente davanti, non riusciva neppure a riconoscere i momenti in cui era stata felice assieme ai suoi familiari e quelli in cui, intimorita, aveva preferito allontanarsi dai suoi coetanei, da quel mondo che l'aveva sempre discriminata.
Ora il colorito pallido della sua carnagione sembrava del tutto naturale pensando che, purtroppo, era proprio il grigiore della pelle ad essere diffuso tra tutte le persone che stavano poco a poco abbandonando la vita da semplici esseri umani.
Non sarebbe stata più una ragazzina stramba agli occhi degli altri, non più una bambina curiosa agli occhi di Yata.
Sarebbe diventata una di loro e non avrebbe più avuto occasione di iniziare una nuova vita con Misaki, né rincontrare Mikoto.
Nel rendersi conto di tutto questo in poco tempo, le sue ginocchia minacciarono di non poterla più reggere e la ragazza si lasciò scivolare lentamente a terra, interrompendo il silenzio che si era creato con i suoi singhiozzi.
Voleva che Misaki non si arrabbiasse con lei, che non la giudicasse per essere stata una bambina imprudente, ma i gesti che susseguirono quei pensieri lasciarono intendere l'ormai mal celata preoccupazione del più grande.


Yata si inginocchiò davanti a lei, sfiorando con le dita la gamba deturpata dal morso brutale di una di quelle creature. Il sangue di Anna gli sporcava di nuovo la mano, ma non gli importava della vista di quella ferita, del rischio a cui era esposto toccandola senza nessuna protezione.
Il suo viaggio iniziò a perdere lentamente valore, i momenti passati assieme a lei sembravano scomparire dalla sua mente, sostituiti dall'immagine del corpo esanime della bambina.


L'avrebbe vista diventare poco a poco una di loro? O forse c'era possibilità che quella ferita, quella dannata ferita fosse solamente uno scherzo?


Istintivamente, Yata si ritrovò a sospirare e socchiudere per poco gli occhi, scacciando qualsiasi pensiero irrealistico che gli aveva riempito la testa.
Era la prima volta che provava sentimenti così contrastanti : delusione in sé stesso, ma anche rabbia, rabbia verso una qualsiasi entità che aveva deciso di punire una creatura come Anna.
Non lui, non lui che era sempre stato un ragazzo complicato e testardo. Era più semplice attaccare l'ingenuità e la bontà di una bambina come lei.

-Mi dispiace,Anna.- Non aveva il coraggio di prometterle nulla. Le sfiorò i capelli chiari, spostandoli delicatamente dietro al suo orecchio. Singhiozzava ancora, ma i suoi occhi ora incontravano quelli di Yata e le labbra si sforzarono di abbozzare un sorriso timido.
-No...sei stato gentile con me.- Bisbigliò lei, sentendo il corpo perdere poco a poco la forza per proseguire. Le sue palpebre minacciavano di chiudersi lentamente, ma le dita strinsero il polso di Misaki con determinazione e con un tono d'affettuosità che avevano sempre caratterizzato la bambina.
Voleva che il ragazzo rimanesse ancora un po' con lei, che non l'abbandonasse fino all'ultimo, ma una parte di sé sapeva quanto fosse egoistica tale richiesta.
Significava che Misaki l'avrebbe vista divenire una di quei non-morti e l'immagine di Anna priva della propria volontà era troppo anche per un ragazzo orgoglioso e testardo come Yata. Non avrebbe potuto resistere nel vederla soffrire e la sola vista del sangue sulle proprie mani sembrava spaventare anche la stessa Anna.


-Stupida, non dire così. Avrei potuto fare molto di più...- Anche le parole di Misaki vennero spezzate da un singhiozzio inusuale per lui, ma che fece sorridere di nuovo Anna.
Forse Yata non era solamente un ragazzo sicuro di sé, aveva solamente bisogno di un buon motivo per piangere e mostrare il lato più debole del proprio io. Anna non voleva conoscere questa parte del ragazzo in un momento del genere, ma sorrideva e continuava a farlo, sapendo quanto non avrebbe mai smesso di ringraziarlo per tutto ciò che aveva fatto per lei.


-Ma io non ho chiesto di più.- Sorrise ingenuamente, osservando le pupille di Yata ristringersi lentamente, mentre i denti sfioravano nervosamente il labbro inferiore. Non l'aveva mai visto così nervoso ed era chiaro che stesse pensando a ciò che fosse più giusto da fare per entrambi.
Sì, era vero, non le aveva promesso nulla, ma non era sua intenzione dimenticarla con facilità, proseguendo per la sua strada come se le loro vite non si fossero mai intrecciate.
Si erano incontrati nella loro città ormai a pezzi, presa dalla sconforto dei suoi stessi abitanti, ma nonostante la tragicità della situazione, Misaki non poteva negare a sé stesso che Anna avesse conquistato una parte di lui, mostrandosi una cara amica nonostante provenissero da quartieri opposti.
Non importavano gli anni che li dividevano, non importava se Anna avesse sempre preferito chiudersi nel suo mondo, mentre Misaki era sempre stato abbastanza sfacciato da affrontare tutti gli altri.
Erano diversi, ma si erano affezionati l'uno all'altro e questo bastò per aiutare Yata a fare la scelta giusta.


Anna allungò le braccia verso di lui, cercando un po' di affetto che non aveva ricevuto da molto,troppo tempo. Sapeva che Misaki non amava manifestazioni di quel tipo e per questo si stupì nel vederlo avvicinarsi a lei senza esitazione.
Le mani piccole della bambina trovarono appoggio sulle spalle di Yata, mentre quest'ultimo le cinse la schiena, lasciandole una lieve carezza sulla nuca.
Non potevano vedersi, ma il singhiozzare di entrambi era ciò che più li assimilava in quel momento. Non c'erano altre parole che potevano dirsi, ma bastavano quei gesti, quel semplice abbraccio che fece capire ad Anna che le cose sarebbero andate per meglio, che non doveva preoccuparsi di soffrire.

-Le puoi tenere tu per me?-
Gli bisbigliò vicino all'orecchio, mentre la mano sinistra scese lentamente verso la tasca dove nascondeva le tre perle rimaste.
Una smarrita poco dopo essersi conosciuti ed un'altra, quasi per certezza, le era caduta proprio quando era stata attaccata da quel non-morto. Forse qualcuno le avrebbe trovate durante il suo viaggio, forse Mikoto avrebbe avuto modo di raccoglierle nel raggiungere il confine, ma ora non le importava più.
Voleva solamente che Misaki le tenesse come dono, che si ricordasse di lei e che gli portassero fortuna una volta varcato il posto di blocco.
-Le puoi regalare ai tuoi fratelli.- Una piccola risata le scappò dalle labbra secche e Yata, a quelle parole, sorrise di rimando. Aveva intenzione di ricambiare quel gesto, di farle rincontrare la sua famiglia perchè, anche se non era certo di una vita successiva, era invece sicuro che Anna la meritasse completamente.
-Lo farò e racconterò loro di quello che abbiamo passato assieme.-
Quelle furono le ultime parole che pronunciò, concludendo baciandole affettuosamente la fronte.


La sua pelle era divenuta poco a poco più fredda e passarono pochi attimi prima che, debolmente, le sue braccia si allontanarono dal ragazzo, cadendo delicatamente verso il pavimento divenuto rosso per via del sangue.
Yata si sistemò le perle nella tasca, per poi fermarsi ad osservare il viso riposato della piccola.
Ora, con l'abito ordinato e la carnagione sempre più chiara, pareva anche ai suoi occhi una graziosa bambola. Una bambola che non era più capace di parlare, ma che non avrebbe mai perso l'ingenuità e la curiosità che caratterizzava Anna.
Una bambina, come le aveva detto al loro primo incontro, ma si sbagliava. Era più di questo, dimostrandosi abbastanza matura per resistere alle crudeltà di un mondo come quello.

Decise di appoggiare le cuffie bianche sulle sue orecchie,lasciando che le ultime energie del suo mp3 finissero lì,assieme alla vita di quella bambina.
Così, mentre risuonava un Requiem Rosso* nell'aria, Misaki afferrò la pistola, appoggiandola delicatamente sulle tempie della ragazzina.
Non sarebbe mai diventata una di loro, non l'avrebbe mai permesso.
-Buona notte,Anna.-
Lo sparo disturbò per poco quel silenzio, sostituito infine dal rumore di quattro ruote muoversi sul pavimento freddo dell'edificio.
 





ANGOLO DELL'AUTRICE
*Nota: Red Requiem é la theme song di Anna e dei Rossi.
C'è troppo da dire a riguardo di questa storia. Forse che l'ho fatta più lunga del dovuto, forse che, alla fine, ho affrettato gli ultimi momenti, rovinandoli un po'.
Nonostante questo, mi piace il risultato finale ed ho iniziato ad apprezzare sempre di più Anna, personaggio che mi è sempre piaciuto, ma non è mai stato tra i miei preferiti.
Yata,invece, è quello che preferisco di più in tutta la serie ed ha un carattere volubile, proprio per questo adoro il rapporto che ha con la più piccola. Credo che nel film i due abbiano più spazio per la loro amicizia e non mi pento di aver scelto questo fandom con questo AU.
Sono certa di scrivere altro su K-Project e non vedo l'ora di vedere la seconda serie.
Alla prossima!
P.S. No Blood!No bone! No ash!
  
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