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Autore: ina6882    24/08/2015    3 recensioni
Dolce flirt è una rubrica per cuori solitari all'interno del giornale Dolce Amoris; ogni giorno vi arrivano tantissime lettere di persone che raccontano, col cuore in mano, le loro vicende amorose.
Ognuno ha il coraggio di spedire la sua lettera, alla quale prontamente viene data una risposta.
Lexie Marshall cura questa rubrica e anche lei, dopo un matrimonio fallito è un cuore solitario.
Gli amici la sostengono ad andare avanti e grazie al loro aiuto, dopo sei mesi dalla rottura con suo marito Dake, Lexie si è buttata a capofitto nel lavoro, non volendo più avere relazioni serie e accontentandosi piuttosto di occasionali incontri col suo "partner di letto".. ma non sempre tutto va come viene pianificato; dolorosi ricordi del passato riaffiorano, nuovi amori sono dietro l'angolo.. e se poi ci si mette anche una lettera a sconvolgere le carte in tavola?
"Una lettera a Dolce Flirt" è una storia romantica e vivace e se amate gli intrecci amorosi e le vicende caratterizzata da un velo di ironia, entrate pure! Lascio a voi l'incarico di trovare la pazienza di arrivare fino alla fine, spero non ve ne pentirete.. ^-^
In ogni caso vi auguro BUONA LETTURA!
Ina
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3.

 
 
“ Oggi, il modo con cui guadagniamo i mezzi per vivere,
i valori della professionalità, la valutazione
che la società dà alle virtù e ai successi,i legami
intimi e i diritti acquisiti, tutto questo è fragile,
provvisorio e soggetto alla revoca.
E nessuno sa quando e da dove arriverà il colpo fatale.
Mentre i nostri antenati sapevano bene che
occorreva avere paura di lupi affamati
o dei banditi sui cigli delle strade,
oggi non è l'estrazione a rendere i pericoli
in apparenza più gravi, ma la difficoltà di collocarli,
e quindi di evitarli e di controbatterli. ”
 
Zygmunt Bauman
 
 
 

Entrando nell'ufficio della direttrice sembra di essere catapultati in un santuario agghindato con piante e fiori di ogni specie. 
Al centro della stanza troneggia la sua scrivania, una sorta di torre di comando, un posto che la fa sentire quasi onnipotente. 
La signora Nicolas è una donnina di mezza età bassa e corpulenta, coi capelli bianchi raccolti sempre in una specie di cipolla sulla sommità della testa. 
Veste sempre di colori sgargianti, soprattutto rosa, il suo colore preferito e ha sempre in volto un'espressione bonaria che, in un primo momento, può trarre in inganno chi fa la sua conoscenza, ma man mano ci si accorge che questo finto buonismo nasconde invece una persona molto dura di carattere. 
Sinceramente mi ha sempre fatto una certa suggestione, proprio per questa sua particolarità con il quale riesce a tenere a bada noi giornalisti, e questo, per fortuna, mi ha tenuta sempre in guardia, così che non mi sono poi tanto impressionata di fronte alle prime sfuriate alle quali ho assistito e che invece sono riuscite quasi a traumatizzare e a far licenziare molti miei colleghi; senza contare le numerose segretarie che dopo i primi due giorni di lavoro sono scappate a gambe levate senza guardarsi dietro. 
Infatti come dimenticarsi della famosa settimana delle segretarie? Qui al giornale è rimasta impressa nella mente di tutti ed è stata soprannominata in questo modo perché nel giro di appena sette giorni la direttrice ha raggiunto il suo record di licenziamenti, riuscendo ad arrivare a quota diciotto. In quella settimana le segretarie entravano e uscivano dalla porta d'ingresso ad una velocità sorprendente quasi come fossero dei semplici clienti che ogni giorno si recano al supermercato per fare la spesa.
Tutto questo finché non è arrivata Ambra che alla fine è stata la sola a saper resistere alle angherie della direttrice. Ancora mi sorprendo di quanto quelle due abbiano caratteri così affini da combaciare alla perfezione. 
« È permesso?, » dico entrando pian piano nell'ufficio. Solo dopo essermi chiusa la porta alle spalle realizzo che forse non è stata una buona idea aver sbarrato l'unica via di fuga.
« Prego signorina entri pure, » risponde la donna guardandomi in uno strano modo cordiale e affabile. 
Il mio intuito mi dice che c'è sotto qualcosa, ma non voglio essere sempre pessimista quindi per questa volta cercherò di fidarmi. 
Senza muovermi, però, dal posto in cui mi trovo chiedo ancora: « Mi ha fatta chiamare?  ». Spero che non voglia trattenermi a lungo, in questo modo, se le cose si mettessero male, restando vicino la porta, potrò fuggire in un batter d'occhio. 
« Certo, si accomodi pure, » risponde lei e vorrei tanto che non avesse pronunciato queste parole perché vuol dire che dovrò affrontare lei e la sua guardia del corpo.
Avanzo lentamente sulla mochette beage che si trova sul pavimento; è ingiallita e quasi annerita ormai dal tempo e attutisce i miei passi e anche quelli di Kiki il suo cane, razza volpino, che riposa su un grande cuscino sotto la finestra ed è sempre in agguato dietro l'angolo per evitare che qualcuno si avvicini alla sua amata padrona.
Mi avvicino alla scrivania cercando di sondare il terreno per scrutarlo, prima che sia lui ad avventarsi, come sempre,  sulle mie caviglie, ma non faccio in tempo a fare due passi quando un qualcosa di peloso e umido mi sfiora. 
Cerco di scansarlo nel migliore dei modi senza correre il rischio di fargli male davanti alla direttrice,  ma quel dannato cagnaccio continua a non sbagliare un colpo e sono certa che da qui a pochi istanti finirà per rovinarmi le calze nuove. 
Per fortuna, e devo dire stranamente, la signora viene in mio aiuto finendo quasi per urlare in modo isterico: « Kiki, smettila! Cuccia! ».
Un ordine da maresciallo vero e proprio,  pronunciato con tono freddo e impostato e una voce tuonante e decisa. Resto pietrificata persino io, tanto che in un primo momento non so se muovermi e proseguire verso la scrivania. 
Kiki intanto ha smesso di ringhiare, ha abbassato la coda e si è allontanato mogio mogio verso il suo cuscino.
« Beh? Vuole restare lì impalata tutto il giorno?, » prosegue poi la donna rivolta a me. Sono ancora ferma e in piedi nello stesso posto e continuo a guardare di tanto in tanto il cane che fissa minaccioso ogni mia mossa.
Dovrei muovermi, lo so, ma continuo a restare immobile finché la voce della direttrice, notevolmente indispettita, non si fa sentire ancora una volta.
« Allora signorina Marshall? Vuole accomodarsi? Non ho tutto il giorno da spendere con lei ».
« Oh, certo, » dico continuando a fissare Kiki che mi fissa a sua volta.
La donna sembra notare questo "gioco di sguardi" e prosegue: « Non si preoccupi di lui. Non si muoverà ».
Queste parole mi rassicurano e così mi avvicino alla scrivania e prendo posto di fonte a lei.
« Allora, » esordisce « credo che voglia sapere perché l'ho chiamata, giusto?  ».
Che strana domanda. Certo che lo voglio sapere. Non sono di certo venuta qui, nella tana del lupo, per sedermi e guardarla negli occhi tutto il tempo. Per di più se avessi potuto evitare questo incontro lo avrei fatto volentieri, ma purtroppo devo affrontare la situazione,  qualunque essa sia, e se verrò licenziata pazienza. 
« Certo, » rispondo prendendo un profondo respiro e preparandomi mentalmente al peggio.
Attendo con ansia una sua risposta, ma stranamente la direttrice rimane in silenzio e inizia a fissarmi in modo freddo ma allo stesso tempo intenso. Sembra quasi stia meditando e questo silenzio inizia a rendermi nervosa.
La guardo mentre mi fissa posando i gomiti sulla scrivania e le mani sotto al mento in modo pensieroso.
Non so come comportarmi di fronte a questo strano atteggiamento. Di solito si avventa contro chiunque le capiti a tiro e mi aspettavo facesse altrettanto con me, soprattutto dopo che per molto tempo non ha fatto che lamentarsi del mio lavoro.
Cerco di sembrare il più tranquilla possibile, ma spero parli presto altrimenti temo di impazzire a causa dell'ansia che continua a crescere.
Cavolo perché non parla? Il silenzio si sta facendo davvero opprimente. 
« Mi scusi?, » dico lievemente « c'è qualcosa che non va? ».
La signora mi guarda nuovamente senza rispondere e continua a rimanere nella stessa posizione che ha assunto da più di cinque minuti. 
Non so cosa fare e decido che forse è meglio che mi concentri su qualcosa per evitare di esplodere da un momento all'altro,  perché sono sicura sarà così e che mi metterò a urlare o ridere come una stupida e non credo sia una buona idea.
Mi guardo intorno, ma tutto, in quella stanza, mi sembra troppo impostato, tutto troppo e basta e questo mi fa sentire a disagio. 
Guardo Kiki, ma quella vista mi intimorisce parecchio, dato che sono passati più di dieci minuti e lui sembra una statua di sale che mi fissa ancora con fare minaccioso.
Così volgo nuovamente il mio sguardo sul volto di Brigitte che adesso ha anche chiuso gli occhi, forse per pensare meglio.
Ha il viso corrucciato in una strana smorfia e tra le sopracciglia le si è formata una ruga molto più profonda di quelle che ha già.
Immersa nei pensieri continuo a scrutare il suo volto e mi accorgo che sembra stranamente più liscio e giovane.
Non ricordavo che avesse una pelle così stirata e lucida. È vicina alla soglia dei sessant'anni e sembra non avere neanche una ruga, a parte quella che le è appena spuntata in fronte. Anzi, dalla sua espressione corrucciata sembra quasi che fatichi a realizzare qualsiasi espressione facciale, persino la più facile.
Guardo con attenzione la ruga tra i suoi occhi: sembra quasi voglia ribellarsi all'imposizione di non esistere più ed è divertente vedere quanto la donna cerchi di non far trapelare alcuno sforzo.
A quella vista mi scappa un risolino che subito cerco di soffocare con un colpo di tosse.
Finalmente Brigitte apre gli occhi e mi sorprendo di non essermi accorta prima di quanto ogni la sua pelle sembri tirarsi ad ogni minimo movimento. Ero talmente impressionata da Kiki dal non aver fatto caso alla signora e alla sua faccia di plastica.
Ecco dove vanno a finire tutti i soldi destinati alla riparazione dell'unico ascensore che porta alla redazione e che è rotto da mesi. 
Nonostante tutti gli impiegati abbiano spesso fatto numerose collette da destinarvi, non si è mai mosso nulla e ancora continuiamo a salire tutte quelle rampe di scale arrivando sempre col fiatone.
Guardo la donna aspettando una sua risposta che finalmente sembra arrivare:
« Allora signorina, » ricomincia con lo stesso tono di prima. Spero solo che non si blocchi di nuovo; « Ci ho pensato molto, e sono giunta alla conclusione che lei ha bisogno di un assistente ».
Queste parole mi piombano addosso come un pesante macigno, tanto che rimango immobile non sapendo cosa rispondere; lei continua: « So che questa decisione le può sembrare strana, ma sarò franca e schietta con lei. Per quanto ci abbia pensato non sono riuscita a giungere ad una soluzione migliore, a meno che non voglia perdere il suo posto di lavoro. Molte volte le ho raccomandato di migliorarsi, ma ogni avvertimento è sembrato vano. Devo confessarle, però, che l'idea di licenziarla è stata subito scartata, dato che in passato il suo lavoro era ottimo e non ho mai avuto modo di lamentarmi con lei. Però negli ultimi mesi, anche a causa delle vicissitudini della sua vita privata, il suo operato è andato via via scemando e così sono arrivata alla conclusione che ora il suo lavoro è un po' delicato da svolgere da sola e che quindi ha bisogno di qualcuno che la aiuti ».
Rimane in silenzio, forse ad osservare la mia reazione.
Non so come comportarmi e neanche cosa rispondere. Mi sento spaesata, sperduta e tremo come una foglia secca lasciata in balia del vento d'autunno che la prende con ferocia e la strappa per sempre dal ramo sul quale era nata e si sentiva al sicuro. Fino a quel momento mi ero ripromessa di prepararmi al peggio e ora che questo era arrivato mi sentivo soffocare. Forse era meglio essere licenziata. 
Un'assistente? Sembra una presa in giro, un insulto. Come se io fossi una donna con deficit mentali che, dopo il divorzio,  ha bisogno dell'aiuto di qualcuno che le indichi il modo migliore per rispondere a delle lettere d'amore che legge da anni.
La direttrice continua a fissarmi; « Allora che ne pensa?, » mi chiede dopo un po'.
Devo dirglielo. Non posso tenermi tutto dentro. Devo protestare e confidarle che non ho bisogno di un assistente, che posso farcela da sola e che le darò modo di ricredersi sulla mia professionalità. 
« Mi scusi, » dico lievemente, « ma io non ho bisogno d'aiuto; posso farcela benissimo da sola. Lo sa bene. Come ha detto, non le ho mai dato modo di lamentarsi. Sono brava nel mio lavoro ».
« E questo è indubbio, mi creda, altrimenti non le avrei proposto nulla di tutto ciò. Proprio perché so quanto sia brava e che sta attraversando un periodo particolare, mi sono permessa di pensare a questa alternativa che, tra l'altro, sarà provvisoria naturalmente, fino a quando non ritornerà ai suoi vecchi standard.
Ho anche pensato che magari potrà esserle d'aiuto decidere di lavorare anche da casa. In questo modo con la tranquillità domestica e l'aiuto del suo assistente sono sicura che il suo lavoro migliorerà ».
Mi sporgo sulla sedia leggermente agitata: « Signora, non posso negare che lavorare da casa non sia una buona offerta, ma non posso accettare la proposta dell'aiuto, » continuo decisa, « mi permetta di lavorare da sola come sempre e vedrà che non la farò pentire ».
« Non se ne parla, » risponde in modo alterato, « come le detto è da tempo che aspetto e che medito su questa decisione e se sono giunta a comunicargliela vuol dire che non si tratta di una proposta ma di un cambiamento che ho già apportato al suo lavoro. Ho, infatti, già chiamato di persona il suo assistente e ho già provveduto a firmare un permesso che le servirà per lavorare da casa a partire da domani. Naturalmente dovrà anche recarsi in redazione, ma non sempre, solo qualche volta alla settimana per consegnare il suo lavoro e per le riunioni settimanali. Non si preoccupi. Come le ho già detto, tutto questo è provvisorio e le cose torneranno presto come prima nel momento in cui lei sarà pronta ».
« Ma sono già pronta, » cerco di protestare.
« Mi dispiace,  ma purtroppo non saranno le sue parole a convincermi, ma il suo lavoro. Spero che questo possa aiutarla a velocizzare le sue consegne e ad essere più puntuale. Sa già che non sono contenta dei numerosi ritardi della sua rubrica. Lei è sempre l'ultima a posare i suoi file sulla mia scrivania e credo che tutto ciò le permetterà di migliorarsi.  Come le ho detto se i suoi standard torneranno quelli di una volta anche tutto l'altro resto si risolverà in poco tempo, ma questo naturalmente dipende solo da lei ».
Cerco di pensare a qualcosa di efficace da dire per farle cambiare idea, ma lei mette subito fine al nostro incontro col suo solito tono che non ammette repliche : « È tutto signorina, può andare. Si ricordi che inizierà a partire da domani ».
Non sono riuscita neanche a rispondere o, magari, a dire qualcosa e da come mi guarda sembra proprio che a lei vada bene così. 
Esco da quell'ufficio più distrutta che felice. Il mio intuito aveva indovinato.
Ora dovrò mettermi sotto col lavoro altrimenti non si sa mai cos'altro le potrà passare per la mente.
Richiudo la porta alle mie spalle  sospirando. Ho le mani che tremano e non so se per timore della direttrice o per la rabbia che sento crescere dentro di me. 
Quella donna ha il magico potere di far perdere la pazienza anche ai sassi. Nonostante mi fossi preparata a tutto, dovevo sospettare che per lei tutto si riducesse ad una battaglia nella quale riesce sempre ad affondare il suo rivale.



 

Piccolo Spazio...
Ciao a tutti miei cari lettori e lettrici... Nonostante la storia sia iniziata da un po', ancora non avevo avuto modo di scrivere nel mio "Piccolo Spazio" :)
Mi scuso per il ritardo, ma rieccomi con un nuovo capitolo. :)
Spero che la storia vi stia piacendo. In questo nuovo aggiornamento ho cercato di movimentare la vicenda, per quel che possibile. Siamo ancora  all'inizio e vorrei, pertanto, procedere con calma per non rischiara di lasciare qualcosa strada facendo e finire per accellerare troppo il tutto, ma col passare dei capitoli cercherò di aggiugere un altro po' di movimento a questa storia che per ora, a parte il prologo, si è svolta in un arco di tempo di poche ore. -.-" E voi mi direte che noia... ;) 
Spero comunque che il capitolo sia stato di vostro gradimento. Vi ringrazio per aver letto e vi do appuntamento alla prossima! ;)
Ina


 

   
 
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