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Autore: Alice_Leonetta    24/08/2015    4 recensioni
Dal secondo capitolo:
|| “Non c’è stato un momento preciso, ricordo solo di esserlo sempre stata. Ed era magnifico”. Francesca sorride e mi accarezza il braccio destro con la mano. Ha gli occhi lucidi, come se le fosse stata appena raccontata la fine tragica di una bellissima storia d’amore. Forse è così. “Eravate davvero una bellissima coppia, Vilu”. Serro le labbra, abbassando la testa ed annuendo. “Già… eravamo”. ||
|| “Posso chiederti qual è la cosa che ti piaceva di più, di lui?” chiede alzando di poco gli angoli della bocca. Sorriso leggermente abbassando la testa sulle mie dita, poi la rialzo con lo sguardo nel vuoto. “Mi piaceva guardarlo negli occhi. Dio quanto mi piaceva! Ci passavo giornate intere, e ti posso giurare che non mi stancavo mai”.||
Salve a tutti! Questa è una piccola trama (Sempre se si possa chiamare così. Diciamo che è un piccolo pezzo di un capitolo) di questa storia. E’ il sequel di Salvami, Amore mio. Quindi, se avete intenzione di leggere questa, vi consiglio di dare prima uno sguardo all’altra. Spero di ricevere molte visite, soprattutto dai lettori della prima storia. Grazie, bacioni e alla prossima!
#Alice_Leonetta
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5.
“Hai visto? Non ci è voluto molto tempo”. Maxi è arrivato da circa venti minuti, per installare il programma che mi ha regalato per il mio compleanno. “Già, ma lo sai… sono una frana con la tecnologia”. Sorride completando l’operazione, lo sguardo fisso sullo schermo del computer “E come facevi quando ti si rompeva il telefono o il computer?”. Altra domanda? Abbasso lo sguardo sui miei piedi incrociati, sono seduta sul letto. Il genio della tecnologia era lui. Non sentendomi rispondere, lo vedo voltarsi per fissarmi. Deve aver intuito il motivo del mio silenzio, perché annuisce leggermente. “Scusami”. “No, non è colpa tua”. “Non avrei dovuto chiederlo”. “Tranquillo”. Un paio di minuti dopo, si alza dalla scrivania e mi porge il computer. “Ecco fatto! Ora possiamo anche rimuovere la chiavetta, non ne abbiamo più bisogno…” la sfila dall’apposito spazio e la poggia sul letto “…però non perderla perché può sempre tornare utile se il programma non va”. “D’accordo, grazie mille”. Il resto del tempo mi fa vedere come utilizzare questo programma, è davvero utile! Anche se io preferisco scrivere la mia musica su carta; ma voglio provare ad usarla. “Scommetto che anche tu hai questo programma” affermo spengendo il computer per poggiarlo sulla scrivania. “Ovviamente! Amo la tecnologia quasi quanto il canto e il ballo”. Rido rimettendomi a gambe incrociate sul letto. “Grazie ancora per la serata di ieri sera, sono stata davvero bene”. “Lo abbiamo fatto volentieri. Eravamo molto preoccupati per te, e festeggiare il tuo compleanno era un buon pretesto per farti uscire di casa”. Abbasso la testa annuendo e serrando le labbra. “Già. Avete fatto bene… anche se non riesco ad immaginare quanto avrete speso per affittare la discoteca solo per noi”. Maxi sorride scuotendo la testa “Che c’è?”. “Sei sempre la solita!” risponde ancora sorridente. “Perché?”. “Non ti ricordi? Il proprietario è mio cugino!”. Apro la bocca per dire qualcosa, poi mi torna in mente quando Maxi ci aveva detto che suo cugino aveva aperto una discoteca sulla spiaggia. “Sempre la solita” mi dico da sola sorridendo. “Eh sì!”. Mentre guarda l’orologio al polso sinistro, io afferro il cellulare per chiedere alle ragazze se questo pomeriggio hanno voglia di andare in centro per fare shopping. “Devo andare… ho promesso a Diego che sarei passato da lui per aiutarlo con la canzone”. “Va bene… ci sentiamo”. “Oggi pomeriggio prove da me?”. Serro le labbra, in effetti mi andrebbe di provare, però ho appena inviato un messaggio alle mie amiche. “Non saprei, con le ragazze avevo in programma di andare in centro”. “A che ora?”. “Volevo andare presto, verso le tre…”. Alza le mani in cielo e grida: “PERFETTO! Alle sei da me. Vi bastano tre ore insieme, no?”. Sorrido annuendo “D’accordo, a più tardi. Li avverti tu gli altri?” domando salutandolo mentre esce dalla porta. “Certo. Ciao, Vilu”. “Ciao, salutami Diego”. Annuisce ed esce, pochi secondi dopo sento anche la porta di casa chiudersi e Maxi uscire dal cancello. Mi butto all’indietro sul letto, prendo le cuffie e il cellulare dal comodino, le attacco e clicco su play. E’ stata una festa divertente, nonostante la canzone finale. Potava anche evitarlo. Ma ora? Con questo che vuole dirmi? Non capisco, non riesco più a capirlo. Strano. Sento che mi arriva un messaggio, così sblocco il telefono e clicco sull’icona di WhatsApp: le mie amiche mi hanno risposto. “Ovvio che vengo!” scrive Ludmilla. Come potrebbe perdersi un giro di shopping. “Io no, scusa Vilu. Ma ora che ho fatto pace con Diego vorremmo passare un po’ di tempo insieme”. La capisco. “Io non me la sento”. “Dai, Nata! Sarà divertente!” le risponde Camilla “Io ci sono di sicuro” continua. “Dai, vieni. Ci divertiremo. E poi non faremo tardi, anche perché Maxi mi ha detto che alle sei ci sono le prove” scrivo. “Cosa!? E quando pensa di dircelo!” interviene l’italiana. “Lo abbiamo concordato pochi minuti fa”. “Va bene… dai… qualche ora insieme a fare shopping!” dice Ludmilla. “Ok, ok. Ci sono” risponde la riccia. “Divertitevi anche per me!” scrive Francesca. Finiamo con l’accordarci che alle tre e trenta ci vediamo alla fermata dell’autobus vicino casa di Ludmilla. Ovviamente dovrò farmi un bel pezzo a piedi! Forse mi farò accompagnare da papà, o da Roberto. Uscendo dal gruppo, vedo che c’è un altro messaggio. Il cuore mi si ferma e il respiro mi si mozza leggendo: “Possiamo vederci? Avrei bisogno di parlarti” e il nome del contatto: “Isabel”.
E’ quasi mezzogiorno, sono uscita di casa. Ho risposto al messaggio di Bel con un “Sì, dove?”. “Al parco davanti casa tua. Ti aspetto”. Attraversando la strada, scorgo il parco a pochi metri da me. Entro dal cancello e la vedo seduta su una panchina accanto allo scivolo, che guarda una bambina giocare, sicuramente sua sorella minore. La raggiungo infilando le mani nella giacca nera. Oggi fa un po’ più freddo di ieri… e poi si dice che marzo è pazzerello! “Ciao” Sussurra rimanendo con lo sguardo fisso davanti a sé. “Ciao”. “Tutto bene?”. ‘No’ penso “Sì, certo” rispondo. “Come… come mai hai voluto vedermi?”. “Volevo parlarti di ieri sera”. Per la prima volta da quando sono arrivata si volta a guardarmi. Il mio cuore accelera di più e le mie mani –dentro la giacca- tremano. “Ti ascolto”. Lancia un’ultima occhiata alla bambina bionda che sta scivolando, poi si volta completamente verso di me. “Dimmi… sei ancora innamorata di Leon?”. “Pensavo che volessi parlare di ieri sera”. “Infatti”. Esito un momento, restando a guardare quegli occhi taglienti come lame. “No”. “Allora non capisco la tue reazione quando hai aperto il regalo e non lo hai guardato, quando hai ascoltato la canzone e sei scappata”. Menomale che non se ne era accorto nessuno. “Ti sbagli. Quando ho visto il regalo vi ho guardati entrambi, ringraziandovi… e per quanto riguarda la canzone, bhè… non so cosa intendi”. Caccia l’aria dai polmoni, passandosi una mano tra i capelli, sistemandoli. “So che quella era la vostra canzone, non c’è bisogno di tutto questo, Violetta”. “Non so cosa intenti” ripeto. “So che quella era la vostra canzone, e so che è stato Leon a chiedere di metterla”. Alzo lo sguardo –che avevo abbassato- e lo blocco nei suoi occhi. Come fa a sapere tutto questo? “Sono stata io a chiedergli a farlo” ammette. In questo momento, dentro di me, c’è un miscuglio di emozioni: rabbia, dolore, dispiacere, delusione. “Perché lo hai fatto?” le domando cercando di restare calma, ma comunque alzando la voce. “Era il tuo compleanno e volev…”. “No!”. “Bhè scusami… non volevo causarti dolore”. Faccio un respiro profondo chiudendo gli occhi, per poi guardarla di nuovo. “Va bene, grazie per essere stata sincera. E’ tutto?”. Scuote la testa, senza espressione. “Cos’altro c’è?”. “Vorrei parlarti di Josh”. Mi acciglio leggermente, perché vuole parlare di lui? “Cosa c’entra adesso Josh?”. “Ho visto che ieri sera… ecco, sembravate molto in sintonia”. “Siamo solo buoni amici”. “Non lo metto in dubbio”. “Allora cosa intendi?”. Fa’ un respiro profondo, abbassando la testa sulle sue gambe accavallate. “Vorrei sapere se vi state frequentando” sussurra. “Cosa! No… che! No! Certo che no! Ti ho appena detto che siamo solo buoni amici”. “Buoni amici che si piacciono l’un l’altro”. “Questo non è vero”. “Oh, non sarà vero per te, ma per lui sì”. Esito un secondo, pensando se quello che sta dicendo è vero… “Cosa te lo fa credere?”. “Innanzitutto il modo in cui ti guarda, quando ti vede sembra che abbia visto il paradiso. Vi ho visti ieri sera, quando è arrivato”. “Non c’entra niente”. “Oh sì, invece!”. Restiamo a guardarci per qualche secondo… non voglio ammettere che forse ha ragione. “Anche se fosse, non ti riguarda” dico infine rompendo il silenzio tra noi. “No, hai ragione, non mi riguarda… finché Leon non c’è in mezzo”. “E’ per questo che mi hai voluta vedere? Per parlare di Leon!”. “Volevo solo dirti di non metterlo in mezzo alle vostre cose”. “Bhè non ti preoccupare, non ne ho alcuna intenzione”. “Me lo auguro”. “Bene, ci vediamo da Maxi”. Mi alzo facendo un paio di passi, poi mi sento chiamare: “No, Violetta. Aspetta”. Mi volto e la vedo che si è alzata per venirmi incontro. “Cosa c’è?”. “Mi dispiace, non volevo litigare. E’ solo che…”. “…lo ami. Lo so”. Mi guarda con una faccia da vere scuse… una faccia da chi è innamorata. “Lo ami ancora, non è vero?”. “No”. Resta a fissarmi, come se sperasse in un mio cedimento. “Ti dispiacerebbe se ti faccio qualche domanda? A proposito di Leon… intendo”. Oddio… “Ehm… non saprei, dovrei tornare a casa per pranzo”. “Ci vorranno solo cinque minuti”. Sospiro “D’accordo”. Ci sediamo nuovamente sulla panchina… non sono pronta per affrontare il passato. “Cosa vuoi sapere?”. “Ecco… con te com’era?”. “In che senso?”. “Come si comportava? Era dolce, premuroso? Qualche volta avete litigato? Era freddo delle volte?”. Un leggero sorriso si apre sulle mie labbra. “Era fantastico”. Sorride leggermente “Lo immagino”. “Perché? Con te non lo è?”. “Oh, certamente! E’ solo che negli ultimi giorni, lo vedo… distante, freddo”. “Non so”. Un’idea ce l’avrei… “Te lo ha mai detto che ti ama?”. ‘Sì, moltissime volte… ogni volta che ne aveva l’occasione. Era davvero fantastico’, “Sì, forse un paio di volte. A te?”. Serra le labbra abbassando la testa “Forse una”. “Capisco”.  In realtà no, invece. “Come vi siete messi insieme?”. Un sorriso più ampio si fa largo sul mio viso “Oh… è stato davvero bellissimo. ‘Quando la messicana si allontanò si stampò un sorriso dolce e vittorioso sul suo viso, mentre l’espressione di Leon si tramutò da confusa a preoccupato. Non appena vide Violetta sull’uscio della porta, con le lacrime agli occhi, il cuore gli si frantumò in mille pezzi. La ragazza corse via, lasciandolo in ansia. Leon spostò Gery da davanti a sé, e la rincorse cercando di spiegarle tutto. “Violetta!” gridò provando a bloccarla. “Violetta!”, ma lei non si fermava.  Era ormai uscita dalla scuola, e in quel momento entrambi si trovavano nel cortile. “Vattene, Leon” ordinò la mora asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. “Aspetta, lasciami spiegare almeno”. “Non c’è niente da spiegare. Non mi devi dare spiegazioni, non sono la tua ragazza”. Entrambi si bloccarono di colpo. Quelle parole avevano fatto male a tutti e due “Bimba io…”.  Violetta si voltò di scatto, fissandolo negli occhi “Non mi chiamare più in quel modo, non ti voglio più vedere. Potevi anche dirmelo che ti piaceva Gery, non sono una spiona”. “Per favore, Violetta non fare la bambina!”. “Sarei io la bambina? Tu che mi nascondi le cose? Come la mettiamo? Non mi arrabbiavo se mi dicevi che eri innamorato di lei!” gridò la mora indicando con il braccio la messicana abbastanza distante da loro, sull’uscio della porta di entrata. “Porca troia, Violetta! Io amo te!”.’ E’ stato un po’ volgare, ma è stato uno dei giorni più belli della mia vita”. La vedo sorridere come una bambina… è strano raccontarlo a lei. “Sì, me lo ricordo quel giorno”. “Davvero?”. “Certo, è stato quando tua zia ha avuto un incidete, giusto?”. “Giusto” rispondo annuendo. Afferro il cellulare da dentro la tasca e guardo l’ora, è quasi l’una! “Scusa, ma adesso devo tornare a casa”. “Oh, certo, certo. Ci vediamo alle sei da Maxi”. “Sì, a dopo”. “Ah, e tranquilla. Non dirò niente di tutto questo, a Leon”. Annuisco serrando le labbra “Va bene, grazie”. “Ciao, Vilu”. “Ciao, Bel”. E mentre attraverso la strada, un soffio di vento mi ghiaccia il viso rigato dalle lacrime.
 
 
 “Fammi capire… ti ha chiesto di vedervi per parlare di Leon?”. “Sì, Cami. E’ la quinta volta che lo chiedi”. “Scusa ma volevo essere sicura”. Stiamo tornando dal nostro pomeriggio di shopping. Sono un quarto alle sei, e alle sei dovremo essere da Maxi… sì, siamo in ritardo. Alla fine abbiamo deciso di prendere la macchina di Ludmilla, visto che lei ha la patente. “Se non ti sbrighi, saremo da Maxi alle sette, Lud!” esclama la rossa. “Ehi, non è colpa mia se questo davanti ha una macchina del 1600”. Alle sei sono a casa, mentre apro la porta sento le mie amiche gridarmi di fare presto. Corro su per le scale e getto le buste sul mio letto. Riscendendo incontro mio padre, Angie e Pablo che escono dalla cucina e si dirigono in salotto. “Vilu!” esclama con stupore mia zia. “Angie!”. Le lascio un bacio sulla guancia, così come a mio padre ed a Pablo. “Dove vai così di corsa?” domanda papà. “Da Maxi… abbiamo le prove. A breve giriamo un altro video”. “Quando?” chiede Pablo. “Ancora non lo sappiamo con precisione, ma probabilmente tra un paio di giorni”. “Vi dispiace se assisto?”. Alzo le sopracciglia colpita “No, certo che no. Almeno parlo per me, ma credo che anche per gli altri non sia un problema, in fondo, eri l’insegnate di musica. Glielo chiedo e ti faccio sapere”. “Perfetto. Grazie mille, Vilu”. “Niente, ora vado che Camilla altrimenti mi mangia viva”. Chiudendomi la porta alle spalle, sento le mie amiche gridare un : “OH! CE L’HAI FATTA!”. Spiego loro quello che ha detto Pablo, e per le ragazze non ci sono problemi. In dieci minuti arriviamo a casa di Maxi, ci apre suo padre. “Sono già tutti di sotto. Farete meglio a sbrigarvi, Francesca sembrava molto alterata” ci informa Fernando sorridendo. Lo ringraziamo e mentre scendiamo le scale sentiamo “Ora le chiamo” provenire dalla bocca di Gery. “No. No. Siamo qui!” esclama Ludmilla alzando la mano. Gli sguardi di tutti sono puntati su di noi. “Vilu… mi stupisco di te!”. “Ascolta moretta… la colpa è della tua amica. Va lenta come una lumaca!”. “Ehi, ehi, ehi… frena. Non insultare la mia ragazza”. Alzo un sopracciglio sedendomi accanto alla mia migliore amica “Vuoi davvero metterti contro di lei?” chiede Maxi al suo amico, mentre il gruppo scoppia a ridere. “Ha artigli peggio di un gatto!”. “Che ci fa Josh qui?” domanda Ludmilla guardando il ragazzo biondo accanto a quello con gli occhi verdi. E solo in questo momento mi accorgo di lui, e di quanto siano così simili. “Mi ha invitato Leon… vi dispiace?” domanda sorridendo. “No, certo che no!” risponde schietta la bionda “Volevo solo sapere”. Josh mi lancia un’occhiata che mi pervade dall’interno ed improvvisamente sento lo stomaco chiudersi. Mi sorride e ricambio il sorriso. Chissà perché lo avrà invitato… “Ascoltate… Pablo mi ha chiesto una cosa”. “Pablo?” domanda Bordway. “Sì, era prima a casa mia ed ha sentito che a breve gireremo un altro video. Così mi ha domandato se poteva assistere. Ho detto che per me non ci sono problemi, però voglio anche il vostro parere”. “Certo che può! In fondo, è anche grazie a lui che siamo diventati quel che siamo” dice Maxi. “Giusto, per me non ci sono problemi” afferma Diego. “Concordo”. “A me sta bene”. Sorrido felice, davvero “D’accordo, più tardi gli darò la notizia. Ora iniziamo con le prove?”. “Va bene”. “Aspettate… vorrei prima farvi sentire una cosa… ci sto lavorando solo da ieri. Vorrei sapere che ne pensate”. “Certo, Leon” afferma Federico. Il ragazzo dagli occhi verdi si apposta dietro la tastiera ed inizia a cantare e suonare.
No soy ave para volar, y ni un cuadro no sè pintar.
No soy poeta, escultor... tan solo soy lo que soy.
Las estrellas no sè leer, y la luna no bajaré.
No solo el cielo, ni el sol... tan solo soy.
Pero hay cosas que si sè;
Ven aquì te mostraré, en tus ojos puedo ver.
Lo puedes lograr, prueba a imaginar.
“Tutto  qui”. “E’ forte!” esclama Diego. “A me piace molto” interviene Josh sorridendo al suo amico, che non lo degna di uno sguardo. Perché ho l’impressione che l’abbia dedicata a me?
Verso le 19.30 decidiamo di concludere le prove e ci diamo appuntamento tra due giorni, per girare il videoclip di ‘Llamame’(alla fine abbiamo deciso di girare prima questo, e poi quello di ‘Algo se enciende’). Salutiamo Maxi ed i suoi genitori, quando Francesca mi sussurra all’orecchio: “Josh non ti ha tolto gli occhi di dosso”. Uscendo le mollo una pizza sul braccio, e lei ride soddisfatta alzando le mani. “Dai, ti accompagno a casa” dice indicandomi la macchina. Le lancio una linguaccia e mi siedo sul sedile anteriore dopo aver salutato i miei amici. “Non è vero” affermo una volta che siamo uscite dal viale di Maxi. “Sì ch’è vero… ed anche tu non ti limitavi a lanciargli delle occhiate”. Apro la bocca stupita della mia migliore amica. “Fran! Ma che dici!”. “La verità, Vilu… la verità”. “Ti ho già detto tutto ieri sera, non vorrai ricominciare”. Non risponde, anzi serra le labbra alzando le sopracciglia. “Devo raccontarti quello che è successo questa mattina”. “E’ successo qualcosa con Maxi?”. “Maxi? No”. “Non doveva venire ad installarti quel programma sul computer?”. “Ah, sì, sì. E’ venuto, ma intendo dopo che è andato via”. “Racconta”. Le racconto del messaggio di Bel, di quello che ci siamo dette e di quello che mi ha chiesto sul suo ragazzo. “Secondo te ha in mente qualcosa?” domanda. Faccio spallucce, vedendo che siamo arrivate a casa mia “Non so, non penso. Però mi sembra strano quel che mi ha chiesto, poi oggi… Leon ha invitato anche Josh… non so”. Francesca storce la bocca spegnendo il motore della macchina. Apro la portiera sentendo che non fa poi così freddo. “Ci vediamo domani?”. “Certo. Ti chiamo, ok?”. “D’accordo. A domani, Fran”. “Ciao, Vilu”. Riparte ed io entro in casa. Vedo che Angie e Pablo sono ancora qui, di sicuro si fermeranno a cena. Vedendomi rientrare mi salutano, ed io mi accomodo accanto a mia zia. “I ragazzi hanno detto che non ci sono problemi. Dopodomani giriamo il video” dico a Pablo che sorride. “Ne sono felice”. “Restate a cena?”. Tutti e tre annuiscono, poi mio padre chiede: “Come vanno le prove?”. “Benissimo”. “Fantastico”. “Già”. Intuisco che molto probabilmente non ha chiamato Alejandro e Clara. Sento che il cellulare sta squillando, così con una scusa salgo in camera e chiudo la porta. Senza vedere il nome sul display, premo il tasto di risposta. “Pronto?”. “Ciao, Vilu”. “Ehi!” esclamo sentendo la voce di Josh. “Tutto ok? Come mai mi hai chiamata?”. “Oh, niente, avevo solo voglia di sentire la tua voce”. “Lo sai che non sei bravo a mentire?”. Dall’altra parte del telefono sento una risata, così mi siedo sul letto per non svenire. “Dai, dimmi cosa c’è”. “Ok, volevo chiederti se ti andava di uscire, domani intendo… domani pomeriggio”. “Ehm…”. “Sarà divertente”. “Non so”. “Hai qualcos’altro da fare?”. “Bhè no, però… va bene”. “Grande! Se è solo per farmi un favore, puoi anche dire di no”. “Non fare lo scemo!”. Ride, contagiandomi. “Dai, allora ti passo a prendere verso le cinque, d’accordo?”. “Perfetto. A domani”. “A domani”. Chiudo la chiamata con un sorriso sulle labbra. Ho sempre più paura che Francesca abbia ragione.
Dopo cena io ed Angie siamo salite in camera, ora stiamo scegliendo i vestiti che indosserò domani per l’appuntamento con Josh (o almeno lei dice che è un appuntamento). “No che non lo è”. “Invece sì. E’ un appuntamento al 100%”. In effetti non so un gran che di appuntamenti visto che con Leon le consideravo ‘uscite’. Sbuffo afferrando una maglia bianca con dei ghirigori “Questa?”. “Troppo semplice”. “Uffa! Troppo semplice, troppo spenta, troppo lunga, troppo accollata…”. “Vilu!”. Scoppio a ridere, gettandomi sul letto a pancia in su. Una ventina di minuti dopo, decidiamo che un paio di jeans e una maglia a maniche corte abbastanza elegante, vanno bene. Si inginocchia sul letto, di fronte a me. “Ascoltami…” inizia. “No! Non ricominciare… lo so dove vuoi andar a parare!” la minaccio puntandole un dito contro. Ride stupendosi. “Ma Vilu, io…”. “Tu niente. Lo so che vuoi dirmi. Josh è carino, sarebbe un modo per ricominciare, per andare avanti ma…”. “Ora ascoltami. Non voglio negare che lo stavo pensando” alza le mani “ma è la verità, Tesoro. Non dico che tu debba amarlo come hai fatto con Leon, perché so che Leon resterà per sempre il tuo primo amore, e ti posso assicurare che il primo amore non si dimentica mai, parola di zia. Leon è stato la tua infanzia e la tua adolescenza, e sono sicura che neanche lui ti dimenticherà mai. Ok, sì… ora è fidanzato con una ragazza dalla quale non te lo saresti mai aspettato, e scommetto che non ti saresti mai aspettata che vi sareste lasciati”. Sto cercando di non piangere. Non devo piangere, non piangerò. Sono forte, ce la posso fare. “Siete stati insieme per tanto tempo, ma, Amore mio, ora è il momento di andare avanti. Capisco che fa molto male ma…”. “No, zia. Non capisci. Non lo puoi capire. Non sai… com’è quando… la persona che amavi di più, quella più importante della tua vita, ti lascia sola. Ti lascia affrontare tutto questo, sola. La persona che aveva la tua più piena fiducia, che eri sicura non ti avrebbe mai abbandonato. Non lo sai, com’è”. Resta a fissarmi. “Hai ragione, non posso immaginarlo; ma posso darti dei consigli per ricominciare. So che sei stanca, che non ce la fai più”. “Sono troppo stanca”. “Sì, lo vedo. Perché non provi, perché non approfitti dell’uscita di domani per provare a stare di nuovo bene? A me sembra che Josh ti faccia bene… sbaglio?”. Sorrido e scuoto la testa, il viso rigato dalle lacrime. “No, non sbagli. Mi sento bene quando sto con lui. Mi fa stare bene, sono felice, rido… vivo”. Vedo mia zia sorridere. “Sei innamorata?”. Resto in silenzio per qualche secondo, per poi sorridere e rispondere: “Non lo so”.
 
 
 Questa mattina ho avvertito Francesca che durante il pomeriggio non sarei potuta uscire, così le ho raccontato della telefonata di ieri sera. “L’ho detto io, Vilu!”. “Francesca…”. “Ok, scusa, scusa. Stasera chiamami e raccontami tutto”. “Certo, a più tardi”. Ora sono quasi le cinque. Angie è venuta un paio di orette fa per aiutarmi a preparami… mi ha trovata ancora in pigiama. “Muoviti! Sono le tre! Tra due ore devi uscire!”. Ho fatto la piastra ai capelli, notando con piacere che quando sono lisci sono più belli perché si vede la sfumatura delle punte. Mi sono truccata poco: Mascara, matita nera sotto gli occhi e un po’ di fondotinta. “Sei perfetta!”. “Andiamo, Angie! E’ solo un’uscita tra amici”. “Certo, certo”. Siamo scese in salotto, per fortuna papà non è in casa… è uscito con Roberto per una riunione, ed Olga  al supermercato. “Poi domani mi racconti tutto eh!”. La guardo con gli occhi ridotti a due fessure. “E’- SOLO- UN’- USCITA- TRA- AMICI”. Ride, quando improvvisamente suona il campanello. Ci spaventiamo entrambe, e ci lanciamo un’occhiata. La zia si affetta ad alzarsi, ma io sono più veloce e corro alla porta, la apro e muoio. “Ciao” sussurrano due occhi verdi che mi fissano. Il sorriso scompare dalla mia faccia, facendo largo alla paura. Cosa è venuto a fare? “Ciao”. “Scusa il disturbo… è solo che… ero, ero con Maxi, e mi ha chiesto se…”. “Sì. Mi sono dimenticata di portargliele ieri, ecco”. Afferro un paio di cuffie che avevo poggiato sull’attaccapanni e le consegno al ragazzo di fronte a me “Grazie”. “Niente”. “Ci vediamo domani”. “Cer..”. “Vilu!”. Muoio per la seconda volta. Josh è in piedi davanti al cancello, con un’espressione confusa. Leon si volta a guardare il suo amico, il quale avanza verso di noi e si blocca di fianco a lui. “Scusate, non volevo dist…”. “Tranquillo, stavo andando via”. Mi guarda senza espressione, ma gli occhi sono diventati rossi per la rabbia, poi si volta nuovamente verso il suo amico “Ci vediamo domani, Violetta”. E così, muoio per la terza volta. Lo vedo salire in macchina, e chiudere lo sportello così violentemente da spaventarmi. “Mi dispiace, io…”. “No, tranquillo” cerco di rassicurarlo con un falso sorriso. “Prendo la borsa”. “D’accordo”. Rientrando in casa, vedo mia zia con un’espressione dispiaciuta sul viso. I miei occhi sono lucidi e pizzicano, ce la devo fare. “Divertiti”. “Certo”. Uscendo sorrido nuovamente a Josh, così mi lascia un dolce bacio sulla guancia e mi prende la mano. “Allora… dove vuoi andare?”. “Per me è uguale… decidi tu” rispondo salendo in macchina. Fa il giro da davanti e sale anche lui, per poi accendere il motore e partire. Accendo la radio, ed improvvisamente il cuore si riempie di felicità. “Alza” dice lui. ‘All the girls (la la la)’ di Abraham Mateo rimbomba nella macchina. “Alla fine sei caduto in trappola anche tu!” dico per poi cantare insieme al mio cantante preferito. “Bhè… impossibile non farlo. Giusto?”. “Giusto!”. “Hoy suenan las sirenas, yo ya no puedo màs. El fuego por mis venas, tu boca y yo se tienen que encontrar”. All’ultima frase mi lancia un’occhiata dolce, e mi incanta con i suoi occhi azzurri. Quando la canzone finisce, ne parte un’altra e un’altra ancora, intuendo così che è inserito il cd. “E prendevi in giro me e tua sorella!” esclamo indicando i cd dentro lo sportellino. Ride, mordendosi il labbro inferiore e fissando la strada. “Dove stiamo andando?” chiedo riponendoli dove erano. “Sorpresa”. “E’ un bel posto?”. “Bellissimo”. “Sono curiosa adesso!”. “Non dovevi chiederlo!” risponde guardandomi. Si sente squillare un cellulare, ma non è il mio. Abbasso la musica mentre lo prende dalla tasca dei jeans. “Pronto? Ciao… cosa? Non ti sento… Adesso? Veramente non posso. Mettilo da parte, lo vediamo domani insieme. Sì, lo so. Va bene… sì, d’accordo. No, te l’ho detto. Ciao!”. “Leon?”. “Già”.
“Bhè sì… ma io penso che non sia necessario”. “In effetti, è un po’ esagerato”. Siamo in un giardino grandissimo, sembra infinito. E’ pieno aiuole di fiori di tutti i colori: rosa, giallo, viola (violetto), rosso… In questo momento stiamo mangiando un gelato… gli piacciono i miei stessi gusti. “Aspetta…” ride prendendo un fazzoletto da dentro la tasca del giubbotto “…sei sporca, qui” continua sempre ridendo. Mi pulisce accanto alla bocca, ed anche a me scappa una risatina. “E’ sempre così!” esclamo leccando un altro po’ di gelato. “Immagino”. Restiamo in silenzio per qualche minuto, guardandoci ogni tanto. “E’ bello qui”. “Già… non lo conosce quasi nessuno. In genere non si inoltrano così affondo nel parco, pensano che sia una foresta… ma resterebbero stupiti del panorama che troverebbero”. “Sì, è vero. Tu come hai fatto a scoprirlo?”. “E’ stato molti anni fa, andavo ancora a scuola, durante l’ultimo anno di liceo. Erano i primi giorni, avevo litigato con la mia ragazza, Julia, così sono passato davanti al parco, e notando gli alberi in fondo, decisi di fare una passeggiata per schiarirmi le idee. Avevo bisogno di pensare. Mi inoltravo sempre di più, finché, bhè… non ho visto questo prato enorme. Da allora me ne sono innamorato, vengo qui tutte le volte che posso, specialmente per pensare”. Rimango a fissarlo… i capelli dorati che si scompigliano con il leggero vento. “A che pensi, di solito?”. “Un po’ a tutto: alla mia famiglia, ai miei amici, al lavoro… queste cose”. “Pensi mai, come sarà la tua vita quando avrai quarant’anni?”. “A quarant’anni ancora non ci sono arrivato, mi sono fermato ai trentadue!” esclama facendomi ridere. “Scemo…”. “In realtà… sì, ogni tanto penso al futuro, ai segni del destino”. “In che senso ‘i segni del destino’?”. “Secondo me, non esistono le coincidenze, tutto accade per una ragione”. “Intendi dire, che pensi che sia tutto già scritto?”. Intanto io ho già finito il mio gelato. “No, non dico questo, perché tutto può cambiare, ma se deve cambiare accade per una ragione. Non credo nelle coincidenze, e neanche che il nostro futuro sia già segnato, ma credo che ognuno può scegliere la propria vita, ma prima o poi accadrà qualcosa che la cambierà per sempre… e niente accade senza una ragione”. E’ lo stesso ragionamento che ho fatto anch’io. Non esistono le coincidenze, a tutto c’è una spiegazione. “La penso così anche io”. Ci sorridiamo, poi mi prende per mano e lentamente si avvicina, il mio cuore che accelera. I nostri nasi che si toccano, poi lentamente posa le sue labbra sulle mie. Immediatamente rispondo al bacio con un’intraprendenza che pensavo di non possedere più. Si muove sicuro sulle mie labbra, e dopo essergli scappato un leggero sorriso, fa sorridere anche me. Ha un sapore buonissimo, mai assaporato prima. Forse è vaniglia, non ne sono sicura, so solamente che mi sento bene, e adesso tutto il resto non conta. Lui mi fa stare bene, e non potrei essere più felice. Ci separiamo un istante, gli occhi ancora chiusi ed un sorriso dolce e soddisfatto sulle labbra. Quando riapro gli occhi, mi prende il viso fra le mani e mi lascia ancora bacio a fior di labbra. Siamo così vicini che riesco a specchiarmi nell’azzurro dei suoi occhi. “Credo che non mi sarei potuto dichiarare meglio”. Sorrido, sicuramente diventando rossa, ed abbassando la testa. Mi prende il mento e mi fa specchiare nuovamente nei suoi occhi. “Ascoltami… non ti biasimo se ora come ora non vuoi…”. “No. Non dirlo affatto. Non ce la faccio più con tutta questa storia, mi sono stancata di essere sempre la vittima della situazione, quella che ‘obbliga’ gli altri a non parlare. Sono stanca di tutto questo, e voglio andare avanti”. “No, ascolta. Se stai dicendo tutto questo solo perché ci siamo baciati, ecco… non devi. Se ti senti in obbligo, non devi”. “Non mi sento in obbligo. Prendo le mie decisioni per il mio bene, e sono sicura che tu mi farai stare bene”. Lo vedo sorridermi per poi avvicinarsi di nuovo e lasciarmi un bacio a stampo. “Di questo puoi esserne sicura”. “Francesca aveva ragione” sussurrò abbassando la testa. “Aveva ragione su cosa?”. Esito un attimo, sorridendo timidamente per poi fissare il mio sguardo sul suo. “Mi sono innamorata di te”.
Arrivati davanti casa, spegne il motore e si volta a guardarmi sorridente. “Ti sei pentita?”. “Certo che no!”. “Volevo solo assicurarmene”. “Grazie per il bellissimo pomeriggio”. “Grazie a te”. “E non preoccuparti… non dirò a nessuno del posto”. Ride, ed io lo seguo a ruota. E’ così bella la sua risata. “Allora ci vediamo domani”. “Va bene. Domani mattina se puoi passa in officina, magari andiamo a pranzo insieme. La conosci la strada, no?”. Annuisco sorridendo “D’accordo”. Mi prende il viso fra le mani e mi bacia dolcemente. Prima di scendere dalla macchina gli sorrido, poi apro la portiera e me la richiudo dietro. Lo saluto e mi affetto ad entrare in casa. Papà è tornato perché lo sento parlare in ufficio con Roberto. Mi dirigo il cucina, sperando di non trovare Olga perché altrimenti mi chiederà dell’uscita (sicuramente Angie le avrà detto tutto). Entro, e per fortuna non c’è. Apro il frigo e mi verso un po’ di thè alla pesca, quando sento che arriva un messaggio. Sblocco lo schermo, apro WhatsApp e leggo: Ah, e una cosa! Ti amo.
 
 
 Sono appena scesa dall’autobus, vedo l’officina in fondo alla strada. Ricordo la prima volta che sono venuta con Leon. Violetta e Leon stavano camminando ormai da venti minuti, e a Violetta cominciavano seriamente a dolere i piedi. Leon non voleva rivelarle dove erano diretti, quindi era costretta a seguirlo. “Senti non ne posso più!” disse per l’ennesima volta, lasciandosi trascinare per un braccio. In quel momento stavano percorrendo una via alberata. C’erano palazzi e negozi –di tutti i generi: alimentari, calzolaio, sartoria, panificio, pizzeria…-. “Siamo arrivati”. “E’ quello che continui a ripetere da quindici minuti, Leon!”. “No, ora siamo davvero arrivati”. Violetta sbuffò ancora, notando la fine della strada. Era un vicolo cieco, non c’erano altre uscite. “Ma dove…” non riuscì a finire la frase, che proprio in fondo alla strada intravide un negozio, più precisamente un autofficina. Un paio di minuti dopo ci si fermarono davanti. Leon si voltò verso di lei e le rivolse un dolce sorriso. “Vieni. Voglio farti conoscere una persona molto importante, per me”. Entrarono lentamente nel posto, notando un uomo con dei baffi bianchi ed arricciati, dietro una scrivania, che –molto probabilmente- appuntava l’incasso del giorno. Quando li vide avvicinarsi, alzò la testa e mostrò un bel sorriso. “Leon!” esclamò l’uomo, uscendo da dietro la scrivania ed andando a salutare ed abbracciare il ragazzo. “E’ da un po’ che non ti fai vedere. Tutto bene?”. “Tutto ok, Fernando. Ho avuto qualche impegno, ma non mi dimentico mai di passare” rispose il messicano, sfoderando il suo sorriso migliore. Chi poteva essere quell’uomo? Un amico di famiglia? Il padre di qualche suo conoscente? O solo un meccanico molto simpatico che conosceva Leon? La sua età si aggirava sulla cinquantina d’anni. Di sicuro non poteva essere un compagno di classe! “Oh, lei è Violetta. Violetta, Fernando” presentò Leon. Entrambi porsero la mano destra e la strinsero l’una nell’altra. “Ah! Quindi sei tu Violetta! Finalmente ho il piacere di conoscerti. Sai, ho sentito tanto parlare di te” informò l’uomo lanciando un’occhiata a Leon, il quale arrossì leggermente e guardò poi la sua ragazza, che stava sorridendo. “Dov’è?” chiese Leon guardandosi intorno, ovviamente alla ricerca di qualcuno. “E’ di là, vado a chiamartelo” annunciò Fernando dando una pacca sulla spalla al ragazzo, e passando in una porta, che conduceva in un’altra stanza. Violetta si voltò verso il suo fidanzato, confusa. “Non capisco. Chi è quell’uomo?”. “E’ il proprietario di questa officina. Il capo di uno dei miei più grandi amici. Ti ricordi? Te ne ho parlato…”. La ragazza aprì la bocca per dire qualcosa, ma proprio in quel momento, Fernando fece ritorno. Dietro le sue spalle un ragazzo alto, i capelli color oro e due occhi azzurri. Si stava pulendo le mani sporche di grasso, in una pezza bianca oramai sporca anche quella. Il ragazzo sembrava sorpreso tanto quanto lo era stato Fernando, nel vedere Leon. Sgranò gli occhi ed un sorriso che andava da orecchio ad orecchio si fece largo sul suo viso. Gettò la pezza a terra e si affrettò ad abbracciare Leon. “Non ci posso credere!” esultò poco dopo, sciogliendo l’abbraccio. “Pensavo ti fossi dimenticato!” disse ancora. “Mai”. “Ce l’hai fatta a passare! Quant’è che non ci vediamo? 5 mesi?”. “Forse” rispose Leon, sempre con quel sorriso che incanterebbe chiunque. “Violetta…” disse poi rivolgendosi alla sua ragazza, “…lui è Josh. Josh, Violetta… la mia ragazza”.’ Sono quasi arrivata e… “TU E LEI CHE COSA!!”. Perché Leon sta gridando? Mi avvicino di più, nascondendomi dietro al muro. “Ti vuoi calmare!” grida Josh. “NO CHE NON MI CALMO!”. “Ma cosa t’importa a te!”. “M’importa invece, cazzo!”. Ma di cosa stanno parlando? “La finisci di fare il melodrammatico?”. “Non sto facendo il melodrammatico!”. “Sì invece! Perché ti crea problemi che io e Violetta stiamo insieme?”. Oddio. Il mio cuore si è fermato. Stanno parlando di me. Perché non risponde? “Allora?”. “Pensavo fossi mio amico. Pensavo davvero di poter contare di su di te”. “Lo sai che sono tuo amico, Leon. E che puoi sempre contare su di me, non fare lo sciocco”. “No, tu non sei mio amico. Non ti riconosco più”. “Ah, ora sarei io quello irriconoscibile! Vogliamo parlare di te, allora?! Forse non te lo ricordi, ma io si! Non ti ricordi di quando passavi giornate intere a parlarmi di Violetta, a parlarmi dei suoi occhi, del suo sorriso, del suo carattere e di quanto ne eri innamorato. Non ti ricordi che io stavo ad ascoltarti, che non fiatavo, che non ti dicevo mai di smettere. E sai perché non te lo dicevo? Perché sapevo che ti faceva stare bene! Sapevo che non potevi vederla, che erano anni che non passavate un momento insieme, e sapevo che se ti avrei fatto smettere saresti crollato. Ecco perché. Poi d’un tratto è ritornata, e vi siete messi insieme, ma sapevo che l’avresti lasciata. Sapevo che ti saresti stancato di lei… certo, Leon Vargas non è uno che frequenta una sola ragazza e si accontenta. Sapevo che prima o poi sarebbe finita, anche se dicevi tutte quelle cose di lei”. “Io l’amavo davvero!”. “Ah si? Ecco perché l’hai lasciata!”. “Tu non sai quello che è successo!”. “Oh sì che lo so. Lo so meglio di te. Ti sei stancato di lei, hai preferito una ragazza bella a una che hai amato per tutta la vita”. “Zitto”. “Come vuoi. Ma ora non dirmi che non sono tuo amico, perché sei tu che non sei mio amico. Sei tu che sei cambiato”. Per qualche secondo non vola una mosca, si sentono solo le auto in lontananza. “Non immagini neanche quanto abbia sofferto Violetta”. “Perché tu lo sai!”. “Certo! Io c’ero!”. “Piantala! Non voglio più sentirti!”. Sento che getta una chiave a terra, e qualche secondo dopo dei passi che escono fuori. In una frazione di secondo riesco a specchiarmi negli occhi verdi del ragazzo di fronte a me. Mi guarda con rabbia. Mi sorpassa e se ne va. Mi volto, e vedendolo andare via muoio per la quarta volta.
 
 
ANGOLO AUTRICE:
EHI EHI EHIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII! Come va gente? Scuuuuusatemi per l’enorme ritardo, ma non sono stata a casa questi giorni, e anche se avevo il capitolo pronto, non avevo il computer con me. Non posso fermarmi a commentare questo capitolo, ma ditemi cosa ne pensate. So che mi vorrete uccidere, lo so, lo capisco. Ma dovete ammettere che Josh è troppo bowbebsbsjghurosbnswigbsob *-----* vero!?!?!? Che ne pensate della reazione di Leon? *------* Fatemi sapere se vi piace! Voglio moooolte recensioni. Ahahaha. Grazie per tutte quelle che mi lasciate, sono davvero felice! Bacioni e alla prossima!
#Alice_Leonetta

 
  
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