Capitolo 19.
Era un giorno freddo, forse uno
dei più freddi di quel periodo. L’ultimo giorno di caldo non aveva anticipato
la primavera come dicevano le previsioni meteorologiche in televisione; anzi:
L’inverno sembrava prolungarsi sempre di più. Magari la primavera sarebbe
saltata, come invece dicevano altre previsioni: saremmo passati dall’inverno
all’estate direttamente, senza mezze stagioni.
Meno male che avevo la mia sciarpa di lana, mi aveva salvato dall’assideramento
un paio di volte. Per le mani, non era un problema: le avevo sempre
terribilmente calde.
Quel giorno, però, non rientrava tra la mia lista dei preferiti. Era il 14
febbraio, giorno riconosciuto nella maggior parte dei paesi del mondo come San
Valentino, la festa degli Innamorati.
Odiavo profondamente quella festa, con tutto il cuore.
Perché dovevano commercializzare anche l'amore? E poi, perché solo quel giorno? Gli innamorati erano
liberissimi di scambiarsi cioccolatini e regali ogni santo
giorno. Certo, forse se io avessi avuto qualcuno con cui condividere questo giorno l'avrei pensata un po' diversamente; ma era difficile
farmi cambiare idea su qualcosa. Ero terribilmente testarda,
questo era risaputo.
Tra l'altro, quell'anno San Valentino cadeva di sabato. Rosa ci aveva ordinato
di venire al locale una mezz'oretta prima, per poter addobbare il locale per la
festività. Immaginavo già che il locale si sarebbe riempito di coppiette
che festeggiavano, e la cosa mi diede subito il voltastomaco. In poche parole,
volevo che quella giornata finisse il più presto possibile.
Verso le cinque e mezza, arrivai al locale. Quando
entrai, un dolce calore mi avvolse e respirai di sollievo. Mentre
mi levavo la sciarpa e il giubbotto, Rosa mi sorrise, passandomi davanti.
Una cosa buona, in tutto quello, c'era ancora: era la mia seconda settimana di
lavoro, il che significava un secondo stipendio. E, a
sua volta, significava che avrei potuto finalmente acquistare una chitarra.
Avevo riflettuto molto sulla mia decisione di licenziarmi non appena avessi ottenuto i soldi necessari, ma alla fine decisi di
no. Sperai solo che non intralciasse i
miei impegni col corso pomeridiano di chitarra, quando mi sarei iscritta.
Lavorare lì mi piaceva e c'era Eric. Il lavoro era anche una scusa per passare
sei ore accanto a lui.
In fondo al mio cuore, il mio animo maledettamente
romantico aveva preso il sopravvento. Era San Valentino, il giorno degli
innamorati: magari Eric avrebbe finalmente deciso di fare il primo passo.
Tra l'altro era un sollievo stare per qualche ora lì. A scuola la situazione
era diventata insostenibile, almeno per me. Temetti di impazzire
quando lui si presentò con un mazzo infinito di rose rosse per la
sua ragazza. Cercai di soffocare tutto all'instante, ma sapevo bene quel che
avevo provato in quegli attimi. Gelosia, frustrazione,
tristezza. In quel modo continuavo a mentire a me stessa, ma era più forte di
me. Sperai di non continuare a peggiorare, ed arrivare a mentire anche agli
altri. Era come se dentro di me ci fosse un’altra io, che
però non la pensava come me e oscurava le mie vere sensazioni, emozioni,
pensieri. Non riuscivo a reagire, semplicemente mi rassegnavo alla realtà,
accettando le cose così come erano.
Deglutii. Ero rimasta impalata davanti la porta del locale, con la sciarpa e il
giubbotto fra le mani e la borsa a tracolla che mi spezzava la spalla. Scossi
la testa per risvegliarmi, e andai verso gli spogliatoi per posare le mie cose.
Indossavo già la maglietta del locale, e sotto avevo una maglietta bianca a
maniche lunghe. La maggior parte dei miei colleghi mi aveva imitato, indossando
sotto la maglietta nera diverse maglie colorate.
Dopo di che uscii e salutai Rosa; poi Simona, una collega alla quale mi ero affezionata parecchio. Era bionda, con dei capelli
lunghi e mossi, due grandi occhi color cioccolato e un paio d'occhiali neri con
la montatura quadrata. Aveva diciott'anni, era simpatica e mi aveva aiutato quando mi assegnarono
una ricerca sui miti greci. Era fermamente convinta che io ed Eric non eravamo fatti per stare assieme. Lei era l'unica a sapere
che mi piaceva. Dopo averla salutata, mi guardai attorno, ispezionando il
locale.
"No, lui non c'è." mi
sussurrò Simona all'orecchio, con un ghigno antipatico.
Io sbuffai. "Chi ti dice che io stia guardando
per vedere se c'è?"
Alzò le spalle e continuò a fare quel ghigno. "Stai dicendo tutto tu, mi
pare."
Le feci una linguaccia e Simona si dileguò lontano, dicendo
che una voce - immaginaria, suppongo - l'aveva chiamata. Mi voltai, e vidi Eric
entrare. Aveva le guance rosse e il giubbotto tutto chiuso. Evidentemente fuori
c'era ancora freddo. Non appena entrò sospirò di sollievo, come me. I
riscaldamenti quasi al massimo facevano miracoli, sì.
Sì allontanò dalla porta e individuando il mio sguardo sorrise, raggiungendomi.
"Ciao, Adrienne." disse,
rivolgendomi il suo sorriso e vendendo accanto a me.
"Ehi. Fa freddo, eh?" chiesi, sorridendo.
Lui fece un ghigno. "Tu dici?" Si tolse il giubbotto. "Per
fortuna qui si sta bene. Vado a posare questo e vengo.", "Okay." risposi.
Sotto la maglietta nera portava una maglia a maniche lunghe celeste. Si
allontanò, e nel frattempo Simona mi passò davanti facendomi una linguaccia.
Passarono cinque minuti, ed Eric tornò da me.
"Hm, Adrienne. Ascolta." disse,
avvicinandosi e assumendo un'espressione seria.
"Sì? Dimmi." dissi, incuriosita. Lui
giocherellò nervosamente con le mani, guardandomi. Arrossì
pochissimo.
"Ti ricordi la sfida? Che, tra l'altro, ho
gloriosamente vinto?" chiese.
Sentii le guance diventarmi incandescenti. Come avrei potuto dimenticarlo?
"Sì, mi ricordo."
"Ti avevo chiesto una serata come quella."
Fece una pausa. "Mi chiedevo se.."
"Ehi, voi due! Sempre a parlare! Al lavoro!" Rosa si mise in mezzo,
quasi urlando. Ci mise tra le braccia dei festoni rosa e rossi, con dei grandi
cuori pieni di brillantini; orinandoci di appenderli. Eric rise di gusto alla
vista di quei cosi, come li definì. Prendemmo delle scale d'acciaio dal
ripostiglio, per poter appendere le decorazioni al soffitto. Tutto lo staff del
locale venne impegnato nell'abbellimento del locale
per dei buoni tre quarti d'ora. Alla fine, era così
sgargiante, brillantinato e romantico che perfino un
ceco col cuore di ghiaccio l'avrebbe notato.
Ammirai il lavoro, allontanandomi un po' dai tavoli, col naso all'insù e
appoggiandomi le mani sui fianchi.
"Non ti sembra un po'.. come dire?" sussurrò
Eric, scivolando al mio fianco. Lo guardai con la coda dell'occhio. "..esagerato?" conclusi. "Beh, sì, forse un po'.
Tutta quest’agitazione per S.Valentino.." osservò.
Annuii, e smisi di guardare. Poi lui si girò verso di me, e io feci lo stesso.
"..senti, riguardo quel che stavo dicendo
prima.."
Deglutii. Eric mi prese una mano, stringendola fra le sue. "D-dimmi.." La strinse più forte.
"Stasera vuoi uscire con me?" Spalancai la bocca e lo guardai. "Cosa?"
Lui rise e mi carezzò la mano con il pollice. "Hai capito bene."
Arrossii. "Sì sì, certo."
risposi, forse con un po' troppo entusiasmo, e mi
rimproverai per questo.
Mi lasciò la mano e mi sorrise a trentadue denti. "Magnifico."
"Dove andiamo?" chiesi, sorridendo anch'io, sentendomi ancora
terribilmente rossa.
Lui rise. "Non lo so. Facciamo un giro, e vediamo. Come minimo tornerai a
casa verso le tre."
"Non importa."
Ci guardammo e ci sorridemmo entrambi. Il pensiero che poi avrei
passato alcune ore da sola con Eric - il giorno di S.Valentino
- mi rendeva felice: forse era la volta buona. Parlammo ancora un po', poi
fummo costretti a dividerci perché i primi clienti entrarono. Verso le otto i
posti a sedere erano quasi esauriti. Il locale era pieno, c'era confusione, e
per tutta la sala era sparso un allegro
chiacchiericcio. Quando incrociavo Eric, mi toccava i
capelli o mi sfiorava il braccio, ridendo. Sembrava davvero che si divertisse a
vedermi in imbarazzo per qualcosa che lui mi faceva. Naturalmente la maggior
parte dei clienti erano delle coppiette: ma ero troppo occupata nel mio lavoro
per dare di stomaco. I cuochi sfornavano pizze a forma di cuore, solo per quel
giorno. La trovai una cosa carina, ma Eric scoppiò a
ridere come un matto.
"Sì, dai, magari ce ne facciamo fare una e poi ce la mangiamo in macchina." scherzò.
Comunque non ebbi neanche un attimo di respiro, fui
occupata per tutta la serata. Verso le undici mi fermai un attimo. Mi avvicinai
al bancone, notai Eric e Rosa che parlavano. Rosa si voltò a guardarmi, quando
m'avvicinai.
"Sei stanca, Adrienne? Hai un'aria distrutta."
chiese.
Alzai le spalle. "No, non.." e buttai un'occhiata alla sala.
Spalancai la bocca, alquanto sconvolta, guardando verso la porta dove i clienti
uscivano ed entravano. Una coppia in particolare attirò la mia attenzione. Lui,
vestito con un jeans e una maglietta scura, i capelli
sugli occhi, una mano sprofondata nella tasca; e l'altra a tenere quella della
ragazza che gli stava accanto. Lei, biondissima, con un
vestito grigio che le arrivava alle ginocchia, nonostante il freddo pungente.
I capelli raccolti elegantemente in una specie di chignon, il
sorriso sicuro. Non loro, non lì, non adesso.
Mi pietrificai all'instante, con un'espressione di puro orrore sul volto.
"Adrienne..?" chiese Rosa, appoggiandomi una
mano sulla spalla. Sembrava preoccupata. E anch'io lo
ero, molto. Era come se il mio peggior nemico avesse invaso il mio territorio
che finora era stata una terra proibita; e che dovessi
arrendermi e guardare la mia distruzione, impassibile. Deglutii e mi voltai
verso Rosa. "Non.. non mi sento tanto
bene.." mormorai.
Poi guardai Eric. Nel frattempo aveva cambiato posizione. Era appoggiato al
muro, con le braccia saldamente strette al petto, e guardava verso loro
con uno sguardo truce, come se li scrutasse. Era immobile. Pensai con terrore
che avesse intuito qualcosa solamente dal mio comportamento; del resto non era
la prima volta che lo faceva. Cominciavo a sudare, adesso i riscaldamenti
accesi mi davano terribilmente fastidio; mi sembrava che il tessuto della
maglietta s'appiccicasse continuamente alla pelle.
"Sei piuttosto pallida, infatti." osservò Rosa, guardandomi intensamente. Poi si voltò verso Eric.
"Vai a servire, Eric. Per adesso Adrienne non può." gli ordinò. Ero tesa come una corda di violino, e rimasi in
silenzio, aspettando una sua risposta.
"Rosa, non posso. Aspetto le pizze di altri quattro tavoli." ribatté
Eric, levandosi dal muro e guardandola. Mi sembrava che evitasse accuratamente
il mio sguardo. Poi Rosa tornò a guardarmi. "Adrienne, puoi farlo tu? Un
tavolo solo, e poi ti mando subito a casa.." Eric
mi guardò, io fissai Rosa. Non volevo, non ero in
grado di sopportarlo.
"D'accordo.." dissi invece, sentendomi
debole e distrutta. Rosa mi sorrise. Mi armai di block-notes e penna per le
ordinazioni e sfrecciando davanti a Eric, mi buttai
nuovamente nella mischia. C'erano due coppie da servire. Mi buttai a capofitto
in quella che non conoscevo: ma Marie, una mia
collega di origini Francesi, mi disse che doveva
prendere lei le ordinazioni.
Mi rassegnai al mio destino.
Camminando lentamente, mi diressi verso il tavolo dove lui e la sua
ragazza si erano seduti. Mi avvicinai, e aprii il block-notes
davanti al viso, con la penna in mano. Fissai i quadratini grigi del foglietto,
costringendomi a non guardarli in faccia.
"Buonasera," dissi, con il tono più
tranquillo che potessi simulare, "..avete già deciso che cosa
ordinare?"
Con la coda dell'occhio notai Melissa che spulciava il menù, il quale era stato
già precedentemente consegnato al loro tavolo.
"Sì." rispose quella familiare - e fantastica - voce bassa,
che naturalmente apparteneva a lui. Non potevo vederlo a causa - o grazie? - del block-notes che tenevo di proposito davanti al viso.
Dopo essersi brevemente consultato con Melissa, mi disse ciò che volevano
mangiare. Io scrissi tutto, forse calcando un po' troppo la penna sul
foglietto. Dopo di che, tenendo lo guardo un po' troppo basso, posai il
block-notes e la penna nella tasca dei jeans. Rialzai
lo sguardo sulla tavola per riprendermi i menù - ma
solo in quel momento notai che lui li aveva presi e me li stava
porgendo, sorridendomi cordialmente. Il suo sorriso, così pieno di calore, solare,
rassicurante, mi fece battere forte il cuore. Arrossii furiosamente, e
bofonchiai un grazie. Presi i
menù con una mano e per un attimo il mio sguardo incrociò il suo.
Sorrise ancora, e io diventai color pomodoro. Ritornai verso il bancone, dando
loro le spalle e stringendomi i menù al petto. Emanavo calore dal viso e mi
sentivo le gambe tremare. Rosa era sparita, stessa cosa per Eric. Dopo aver
dato le ordinazioni ai cuochi, ritornai al bancone. Mi sedetti su uno sgabello,
appoggiando il gomito sul tavolo e una mano sulla fronte; le tempie sembravano
pulsarmi. Possibile che mi facesse quest'effetto a dir poco devastante? Mi
sentii un'idiota, con una grande voglia di prendermi a
pugni. Dovevo stare tranquilla, solo questo. Mi imposi
un respiro regolare, socchiudendo un po' gli occhi, ma la confusione di quel
sabato sera mi faceva intorpidire ancora di più. Avevo bisogno di uscire e di
prendere un po' d' aria fresca.
Riaprii di nuovo gli occhi, la gente si materializzò davanti a me. Nonostante
sapessi che mi facesse male, e che non avrei dovuto farlo, il mio sguardo vagò
velocemente sulla sala, per poi fermarsi a quel tavolo lì. Li osservavo,
ma soprattutto guardavo lui. Si aggiustava freneticamente i capelli con
una mano, provocandomi dei brividi sulla schiena; e tamburellava le dita sul
tavolo. Melissa parlava, ma lui sembrava non ascoltarla. Si guardava
attorno, incuriosito, studiando il locale e guardando la gente. Melissa ad un
certo punto sembrò richiamarlo alla sua attenzione, e lui si voltò di
scatto, inumidendosi le labbra con la lingua. Lei sembrò arrabbiarsi, perché
cominciò a parlargli addosso, con le sopracciglia alzate e la fronte un po'
corrugata. Lui ascoltò, poi ribatté qualcosa,
sbuffando. C'erano problemi in paradiso? Una parte di me sembrò gioire di
fronte a quella scena, ma poi si sentì immediatamente in colpa. Sarei stata
contenta se si fossero lasciati?
Molto
probabilmente sì. Mentre riflettevo e cercavo di
spostare la mia attenzione altrove, Eric arrivò alle mie spalle.
"Adrienne?" chiese, avvicinandosi. Mise entrambe le mani sulle mie
spalle, e mi sussurrò in un orecchio. "Stai bene?"
Cercai di annuire, di fare qualcosa, ma i miei sensi erano come bloccati e
intorpiditi. No, non stavo per niente bene, mi sentivo morire. Melissa si
allungò sul tavolo e prese il suo viso fra le mani, e lo baciò
leggermente sulle labbra. Lui non si mosse, e rimase pietrificato con gli occhi
spalancati. Melissa lo baciò ancora, di
più.
Lui chiuse gli occhi e si lasciò baciare, non muovendo un solo muscolo e
sospirando. Cominciai a sentirmi male, quella scena era
troppo per me. Forse stavo svenendo, forse avevo perso conoscenza,
perché mi ritrovai le braccia di Eric attorno alla vita, che mi abbracciava da
dietro, come per sorreggermi.
"Eric.." sussurrai, appoggiando la testa sul suo petto. Lo vidi
deglutire e guardarmi.
Era serissimo.
"Vieni, usciamo da qui." disse.
ed ecco postato anche questo capitolo.. le cose
cominciano a farsi interessanti.
passiamo ai ringraziamenti.. devo proprio ringraziarvi per il 45 preferiti - vi
adoro - e per tutte le recensioni che ora passo a commentare.
giulietta_cullen: hmm! forse potresti
anche avere ragione, chi lo sa? sicuramente, adrienne
è molto confusa e non sa bene quel che vuole. il
capitolo appena postato lo dimostra. ma alex? continua a seguirmi :P grazie per il commento, davvero!
Nanako: spero che i compiti non ti riempiano troppo, questa settimana! purtroppo penso che se arrivi in farmacia e chiedi: “un
eric, per favore”.. non funziona xD mi fa piacere che
ti piaccia eric.. di solito è alex il più quotato! XD ahah.
spero che al tuo ritorno mi lascerai un commentane! grazie!
Gingerly: salve, una nuova commentatrice! davvero la stai facendo leggere a tutte le tue amiche? o.o mi sento onorata! per il resto, chissà se adrienne ed alex potranno stare
assieme.. continua a seguirmi e grazie per i complimenti *_*
Cry90: anche tu nuova lettrice e commentatrice! mi
fa sempre piacere e – si sa – adoro i commenti lunghi. mi
fa anche piacere che la mia storia ti sia piaciuta così tanto (: io adesso non
posso dirti se i tuoi desideri verranno avverati.. ma posso dirti di continuare
a leggermi perché solo così lo saprai xD ma comunque
penso tu abbia ragione. è sempre doloroso quando ci si
allontana da qualcuno che si vuole bene, no? ti
ringrazio infinitamente per tutto! *_*
Troue_xxx: nuova lettrice! grazie
mille per il commento ed i complimenti.. è vero che la speranza è l’ultima a
morire.. ma chi visse di speranza morì disperato! lol!
a presto :P
Oasis: chi lo sa o.o a presto, continua a
seguirmi (:
S chan: non so se mai leggerai qui, hai
commentato fino al quarto capitolo.. che dire, mi dispiace che il mio romanzo
ti abbia fatto sentire così. non so, forse dovrebbe
essere una sensazione positiva perché almeno adesso so che riesco ad emozionare
la gente, ma far sentire “male” delle persone per quello che scrivo non è
esattamente una sensazione.. come dire? piacevole. mi
sento vagamente in colpa. non negherò, però, che il
tuo commento mi ha colpito.. mi piacerebbe che provassi a leggere tutta la
storia, ma naturalmente non chiederei mai tanto. solo,
grazie per averci almeno provato e per i complimenti. non
so se mi merito così tanto.
al prossimo capitolo, gente.. siamo quasi alla fine. mancano
cinque capitoli e l’epilogo.
a presto!