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Autore: Pendincibacco    27/08/2015    3 recensioni
"La tenebra era densa, fredda e viscida, avida. Se la sentiva spalmata addosso, ovunque, e per quanto tentasse di liberarsene strofinandosi freneticamente le braccia e il viso, quella rimaneva attaccata a lei e si insinuava ovunque: sotto ai vestiti, nella testa, in profondità dentro al petto."
"Fino ad un paio di mesi prima, non avrebbe mai creduto di poter essere così debole, essere quel tipo di persona che percepisce i traguardi delle vite altrui come deprivazioni alla propria. [...]
Eppure, nello scivolare nell'incoscienza, l’immagine dei suoi amici di una vita che si allontanavano da lei le fece sentire forte in bocca il sapore dell’abbandono."
Il 90% del mondo detesta Sakura (io compresa, generalmente). Beh, credo che questa volta cercherò di farvela piacere.
La storia è incentrata su di lei e su come elabora la paura di essere abbandonata dai suoi migliori amici e compagni di team. Cresciuta, e finalmente cambiata, si rende conto che l'amore è molto diverso da come lo immaginava da bambina e che lo si può trovare nelle persone più impensate.
Storia legata alla fic "Respirare", inserita nella serie "Konoha, dopo la tempesta", di cui è parte integrante.
Continui riferimenti Sasu/Naru
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sai, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Konoha, dopo la tempesta.'
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Note dell'Autrice: Ciriciao! Incredibilmente sono già qui con il nuovo capitolo fresco fresco.Un capitolo abbastanza cruciale di cui non sono convinta al 100%, ma rimaneggiarlo altre 20 volte non sarebbe servito a molto, dunque eccolo qui! Come al solito segnalatemi pure eventuali errori e ditemi cosa ne pensate, più pareri differenti ascolto e più miglioro! Buona lettura!
 


Capitolo 6 
A come Amore, Ansia, Amarezza.

 
 
Il respiro di Sakura e Naruto era roco e pesante mentre osservavano Tsunade avvicinarsi: avanzava svelta ma non di corsa, mentre si toglieva la mascherina rivelando un’espressione seria, le sopracciglia leggermente aggrottate. Sakura si accorse confusamente che Naruto, tentando di asciugarsi le lacrime, sussurrava qualcosa accanto a lei, una nenia che sembrava composta da un’infinità di “per favore”. Si passò le mani sul viso a sua volta, tentando di riacquistare un certo contegno, proprio mentre l’Hokage si fermava davanti a loro.
- A – allora? Come stanno? – chiese con voce flebile, terrorizzata dal fatto che la risposta a quella domanda avrebbe potuto sconvolgere le loro esistenze per sempre.
Tsunade sospirò, quindi diede finalmente risposta ai loro angoscianti interrogativi.
- Sono entrambi vivi, tanto per cominciare, anche se nel caso di Sai è quasi un miracolo. –
 
I tre rilasciarono di colpo tutto il fiato che non si erano nemmeno accorti di aver trattenuto fino a quel momento. “Sono vivi. Sai è vivo. Non lo perderò.” era il pensiero che rimbalzava all’impazzata nella mente della kunoichi, che prese la mano di Naruto in un gesto di affetto e gioia; Kakashi posò le mani sulle loro spalle e sorrise, sollevato dalla notizia.
Anche Tsunade sorrise, dolcemente, contenta di poter dare, una volta tanto, delle buone notizie.
- Sasuke sta bene, abbiamo dovuto suturargli la ferita al braccio perché la perdita di sangue era troppo copiosa e le arti mediche avrebbero agito più lentamente dei metodi tradizionali, ma si riprenderà del tutto, le altre ferite erano piuttosto superficiali. Rimarrà acciaccato per qualche giorno, ma senza conseguenze durature. –
Nell’udire quelle parole le labbra di Naruto si stesero in un sorriso lacrimoso, e Sakura strinse leggermente la sua mano, partecipe del suo sollievo; tuttavia entrambi rivolsero ancora una volta i loro sguardi verso l’Hokage, sapendo che il momento di cantare vittoria non era ancora arrivato.
- Per Sai la faccenda è più complicata. Aveva perso davvero moltissimo sangue, senza i bendaggi di Sasuke e di Sakura non sarebbe nemmeno arrivato vivo all’ospedale. Abbiamo curato le ferite e fatto una serie di trasfusioni … tuttavia è rimasto privo di sensi così a lungo che non sappiamo quali conseguenze potrebbero esserci una volta che si sarà svegliato. Potrebbe non esserci alcun effetto, o potrebbe avere vuoti di memoria o, peggio, una limitazione delle facoltà cognitive. Nella peggiore delle ipotesi potrebbe anche non svegliarsi affatto, ma date le sue condizioni attuali escluderei questa possibilità, il fisico sta reagendo bene. Non ci resta che attendere e sperare che tutto vada per il meglio. -
 
Sakura pensò che avrebbe dovuto sentirsi scoraggiata da quelle parole, ma si accorse che tutto sommato non le riusciva di disperarsi: Sai era vivo e Tsunade pensava che si sarebbe svegliato, tutto il resto in quel momento per lei non contava, se si fossero verificati dei problemi li avrebbero affrontati a tempo debito.
Naruto lasciò la mano dell’amica, si alzò e, dopo essersi avvicinato all’Hokage, la abbracciò con slancio. La donna rimase bloccata per qualche momento, spiazzata, poi si rilassò e abbracciò a sua volta l’Eroe della Foglia che in quel momento stava facendo uno sforzo eroico per non lasciar colare lacrime di sollievo. Sakura ridacchiò, godendosi quel teatrino commovente così poco tipico della sua mentore.
- Grazie Nonna Tsunade. Grazie. – mormorò. Tsunade sorrise, quindi sciolse l’abbraccio e si rivolse al suo probabile successore e i suoi compagni.
- Pivello, non mi devi certo ringraziare, ho fatto quello che dovevo! Ora forza, finché aspettiamo che Sai sia un po’ più in forze andate a trovare quel pazzoide del vostro amico, spero non abbia già distrutto la stanza perché è stufo di aspettare. Kakashi, vedi di tenerli tutti tranquilli, questo è un ospedale, non un parco giochi! –
I tre annuirono e si diressero veloci verso il corridoio che ospitava le stanze adibite alle lunghe degenze, e proprio quando stavano per scomparire dietro l’angolo udirono la voce dell’Hokage ancora una volta.
- E Naruto … come te lo devo dire di non chiamarmi nonna? –
 
***
 
C’erano voluti almeno dieci minuti prima che Sakura e Kakashi avessero potuto avvicinarsi al letto di Sasuke per salutarlo e augurargli una pronta guarigione; perché in quel lasso di tempo Naruto non aveva smesso un secondo di chiedergli come stava, di tenergli la mano assicurandogli che sarebbe guarito perfettamente (come se Tsunade non gliel’avesse già accennato), di controllare il suo braccio ferito (come se avesse capito qualcosa di medicina e suture) e, con grande imbarazzo dei due compagni di team e probabilmente anche di Sasuke, di sbaciucchiarlo pressoché dappertutto. Una volta superato, finalmente, quell’ingombrante ostacolo dai capelli biondi Sakura potè constatare che Sasuke, sopravvissuto a quel mare di morbose attenzioni, sembrava solo stanco, infastidito da tutto quel trambusto, e leggermente più pallido del solito; cosa che la fece sospirare di sollievo: sarebbe davvero andato tutto bene.
 
Superati i convenevoli, a riprova del fastidio che sicuramente provava nell’essere inattivo, Sasuke sollevò la questione su cui tutti si stavano arrovellando da ore.
- Tsunade mi ha detto che pare che Sai sia fuori pericolo, quindi immagino che avrete il tempo di ascoltarmi mentre vi spiego cosa diavolo è successo. – commentò, scuro in volto. Tutti lo fissarono, attenti, impazienti di scoprire cosa poteva essere andato storto. Sasuke prese un profondo respiro e cominciò a raccontare.
- Stavamo tornando da Suna, il Kazekage ci aveva consegnato i documenti, sembrava stesse andando tutto liscio come al solito. Per questo abbiamo abbassato la guardia, lo ammetto, ma non ci aspettavamo sorprese di alcun genere. Non stavo prestando abbastanza attenzione, non ho attivato lo sharingan … e d’un tratto l’intero tratto di bosco intorno a noi è semplicemente esploso. –
Strinse gli occhi e contrasse le labbra, come se solo il ricordo lo facesse arrabbiare.
- Delle stupide cartabombe … quei maledetti ne avevano nascoste ovunque, lo scoppio di una innescava automaticamente le altre, e Sai deve averne urtata una. E’ stato investito in pieno da una delle esplosioni, io mi sono lanciato di lato e sono stato colpito solo di striscio. Da allora lui ha perso conoscenza e non si è più svegliato. –
Sakura ripensò con un brivido alle ferite di Sai: un’esplosione ravvicinata spiegava perfettamente i ragli, le escoriazioni e la carne viva.
 
- Quegli schifosi ci hanno circondato in quel momento: erano almeno una ventina, ma potrebbero essercene stati altri poco lontano. Erano una banda di delinquenti di bassa lega legati al traffico di armi e di “pillole del soldato”, quelle porcherie che annullano le inibizioni e la paura; gente che con la fine della guerra aveva visto crollare il proprio piccolo impero del terrore e voleva riconquistarlo. Intendevano liquidarci per poi farci sparire, inscenando un incidente diplomatico tra Konoha e Suna, nella speranza che questo riaccendesse gli antichi rancori e fomentasse l’inizio di nuove faide e guerriglia. – raccontò, tremando di rabbia a stento trattenuta.
Naruto, decisamente perplesso, a quel punto avanzò un dubbio.
- Non capisco Sasuke, è indubbio che fossero in molti, ma insomma … tu sei forte. Hai detto tu stesso che erano ninja di poco conto, com’è possibile che ti abbiano fregato? – domandò, sperando di non urtare troppo la sensibilità del compagno. Sasuke sospirò pesantemente, lo sguardo contratto.
- Stavo per attaccarli, ma non ho sfoderato l’artiglieria pesante. Il Susanoo avrebbe distrutto mezza foresta e pensavo di potermela cavare con poco, sarebbe bastata la spada … ma quei maledetti dovevano sapere chi sono e, invece di attaccarmi, hanno cominciato ad infierire su Sai, già incosciente. Sapevano che non avrei potuto proteggere una persona svenuta e attaccare contemporaneamente venti persone. Ho dovuto scegliere: se avessi deciso di battermi con loro Sai avrebbe potuto morire nel frattempo, nelle sue condizioni sarebbero bastati un paio di colpi per farlo fuori; così me lo sono caricato sulle spalle e sono scappato. – narrò, con un tono di voce che esprimeva chiaramente quanto gli fosse costato fuggire di fronte ad un nemico più debole di lui. Sakura pensò che, per questo, non gli sarebbe mai stata abbastanza grata; perché da quella scelta, probabilmente, era dipesa la vita di Sai. Sasuke proseguì il racconto.
 
- Erano svegli, ma non così tanto, e decisamente troppo lenti. Sono riusciti a raggiungermi solo una volta e mi hanno ferito al braccio, poi li ho seminati e sono riuscito a nascondermi nella boscaglia, ma sono dovuto rimanere fermo a lungo perché quei cani non si davano per vinti e continuavano a perlustrare il bosco. Credevo che la mia ferita non fosse nulla di che così ho bendato alla meglio quella di Sai e appena la via è risultata sgombra ho proseguito, non ci ho dato peso, ma immagino che contassero proprio su questo; quando mi sono accorto che stavo sanguinando troppo ero ormai debole e non riuscivo più a correre. Così mi sono fatto strada lentamente, camminando e riposando quando non riuscivo più a portarlo, sperando che ormai aveste notato la nostra assenza e che ci avreste trovati. Quando mi sono reso conto che non ci avreste percepiti ho acceso il razzo di segnalazione, sperando di attirare voi e non quella manica di invasati guerrafondai. A quanto pare ho avuto fortuna. – commentò amaramente, e Naruto gli strinse delicatamente una spalla, per confortarlo. Kakashi annuì, come a dire che aveva compreso l’intera storia, poi pose una domanda.
 
- Questo ci pone di fronte ad una questione di vitale importanza: come mai Naruto non riusciva a percepire il vostro chakra? Vi avremmo trovati molto più in fretta. –
Sasuke sbuffò aspramente.
- Lo so io come mai, me ne sono accorto osservando la foresta mentre arrancavo come un granchio demente. Hanno usato il sigillo della disillusione. – rivelò, e Kakashi e Sakura sgranarono gli occhi, increduli.
- Cosa? Ma … non ve lo siete tolto di dosso? Sarebbe bastato strapparlo e rimuoverlo! – esclamò la ragazza e il compagno le rivolse uno sguardo bieco.
- L’avrei fatto volentieri se il sigillo fosse stato su di noi. Ma non era così. Almeno uno di quei mentecatti doveva essere più sveglio degli altri, perché i sigilli erano stati apposti sugli alberi, ovunque ad intervalli regolari, ed erano collegati tra loro come le cartabombe. Tutti coloro che stavano all’interno dell’area disegnata da quei sigilli erano irrintracciabili, e dato che li avevano sparsi dappertutto non avevo modo di prevedere quanto l’area fosse ampia e in che direzione dirigermi per uscirne. – spiegò, piccato. Evidentemente tutta questa questione gli bruciava dentro terribilmente.
- Tutto chiaro … ma cos’è il sigillo della disillusione. – domandò Naruto, nuovamente perplesso. Sasuke gli rivolse uno sguardo incredulo, quindi gli assestò uno schiaffo leggero sul retro del collo, Sakura si chiese se avesse regolato consapevolmente la potenza o se fosse semplicemente troppo stanco per assestare una sberla degna di questo nome.
- Naruto, sei la solita testa matta! – esclamò quindi il ragazzo, mentre il compagno si massaggiava il collo emettendo lamenti pigolanti.
 
La kunoichi scosse la testa lentamente, sorridendo: ancora una volta avrebbe dovuto spiegare tutto a quell’impiastro.
- E’ un sigillo che impedisce al chakra della persona che lo porta di essere percepito, anche con la modalità eremitica. Può rivelarsi molto utile in battaglia, per gli attacchi a sorpresa, ma non viene praticamente mai utilizzato. –
- E perché, se è così utile? – chiese l’amico, il collo ancora arrossato.
- Perché il sigillo è estremamente complesso da creare, ad un ninja di alto livello occorrono almeno un paio di giorni per metterlo a punto. Ma un ninja di alto livello, in effetti, non ha alcun bisogno del sigillo, perché è in grado di sopprimere l’eco del proprio chakra quando lo desidera. E chi è troppo debole per farlo, normalmente, non è abbastanza versato nelle arti magiche da poter creare il sigillo. Per questo è molto raro. – spiegò lei, precisa. Sasuke emise un verso di puro disprezzo con la lingua.
- Quei pezzenti evidentemente hanno, o avevano, un ninja di livello superiore che li creava per loro, per le loro malefatte o perché potessero rivenderli ad altri pesci piccoli. Ma devo riconoscergli un merito, non li avevo mai visti usare in quel modo, sono stati ingegnosi: in quel modo noi non potevamo essere percepiti e soccorsi e loro non potevano essere scovati ed inseguiti. – commentò, il tono di voce che trasudava veleno.
 
Kakashi si fece avanti, uno sguardo comprensivo a distendergli il volto.
- Ora non preoccuparti Sasuke, parlerò con Tsunade immediatamente e organizzeremo una squadra di caccia. Con i cani degli Inuzuka e gli insetti degli Aburame sono certo che li prenderemo. Sembrano scaltri più che intelligenti, non penso sarà complicato. –
- Lo credo anche io. Ci hanno fregati solo grazie all’effetto sorpresa, sembrano più adatti a congegnare trappole che a combattere. Vorrei farli sanguinare con le mie mani … - commentò il ragazzo, stringendo ritmicamente le dita delle mani come se stesse immaginando di fare a pezzi qualcosa. Kakashi sorrise, quindi si avvicinò alla porta.
- Ne sono certo, purtroppo però sei decisamente troppo debole per poter partecipare ad una caccia all’uomo, almeno per qualche giorno. Mi dispiace, ma questa volta dovrai affidarti agli altri. –
Sasuke sbuffò, pronto a ribattere, quando un’espressione seria e penetrante di Naruto lo fece evidentemente desistere, riuscendo nell’impresa di domare il suo spirito vendicativo. Si rilassò quindi contro i cuscini, sospirando.
- E va bene … - concesse, mugugnando palesemente contrariato.
Kakashi annuì, quindi uscì dalla porta, salutandoli brevemente prima di richiudersela alle spalle.
- Tornerò più tardi per andare a trovare Sai, a dopo ragazzi. –
 
Una volta che il maestro se ne fu andato, Sakura cominciò a sentirsi un tantino di troppo: quei due continuavano a guardarsi negli occhi ed era evidente che avessero bisogno di rimanere un po’ da soli.
- Sarà meglio che vada da Sai … Naruto, mi raggiungi tra un po’? – domandò, richiamando la loro attenzione. L’amico annuì, distratto, lei gli diede un veloce bacio sulla guancia come saluto. Si rivolse quindi a Sasuke e regalò un bacio leggero anche a lui, sulla fronte: era davvero grata del fatto che stesse bene.
- A più tardi Sasuke. – commentò aprendo la porta.
- Certo. – rispose lui, come a volerla rassicurare del fatto che non sarebbe sparito. Sakura sorrise e accostò la porta dietro di sé, appoggiandosi per un momento al muro con le spalle e respirando profondamente.
 
Doveva ammettere a se stessa che l’idea di vedere Sai, privo di sensi, senza sapere davvero se e quando si sarebbe svegliato la spaventava. Ora, dietro al sollievo per le sue condizioni stabili, cominciava a farsi strada la paura delle conseguenze, il timore che sarebbe potuto rimanere in coma per chissà quanto tempo, l’ansia all’idea che avrebbe potuto non ricordarsi di lei. Le preoccupazioni di quel pomeriggio, forse complice anche la stanchezza, le sembravano ormai lontane anni luce. Davvero aveva sprecato un mese e mezzo ad arrovellarsi su se e quanto Sai le piacesse? Era così evidente che la risposta fosse affermativa, ora se ne rendeva conto chiaramente, eppure lei aveva passato tutto quel tempo a ragionare, a rodersi nel dubbio e ad imbarazzarsi in sua presenza, tanto da essersi anche allontanata un po’ da lui. Si era allontanata, ed ora lui avrebbe potuto non sapere più chi lei fosse. Si sentiva così stupida per il proprio comportamento, per tutto quel tentennare, quando era evidente ormai da tempo che quell’amore di cui parlava Kakashi le era già piombato addosso da un bel po’.
Mentre indugiava, spaventata all’idea di cosa avrebbe potuto riservare a Sai il prossimo futuro, sentì la voce di Naruto provenire dalla porta che non aveva chiuso del tutto. Non avrebbe dovuto origliare, lo sapeva, avrebbe dovuto sbrigarsi a raggiungere Sai, ma le sembrava che le gambe non la reggessero, come per un improvviso calo di pressione.
 
- …avevo così tanta paura. – lo udì mormorare, la voce soffocata come se stesse parlando con il viso schiacciato contro qualcosa, probabilmente le coperte del letto o le cosce di Sasuke.
- Lo so. – rispose la voce dell’amico, bassa e ruvida. Sakura pensò che probabilmente stava cercando di controllarsi, ma dal tono si capiva perfettamente che anche lui era emozionato tanto quanto il compagno, che in quel momento singhiozzò un: - Pensavo che non ti avrei più rivisto Sas’ke! –
Il silenzio si protrasse per qualche momento, tanto che la ragazza pensò che Sasuke non avrebbe replicato, quando all’improvviso la sua voce, ancora più vetrosa di prima, la raggiunse.
- Pensavo che non sarei riuscito a tornare da te … -
 
A quel punto, udito quel discorso così dolce e triste al tempo stesso, Sakura si fece forza, si scostò dal muro e cominciò finalmente a camminare lungo il corridoio diretta alla stanza di Sai. I ragazzi le avevano ancora una volta, anche se inconsapevolmente, dato lo sprone che le serviva. Avevano avuto così tanta paura, lei aveva avuto paura: di non riuscire a trovarli, che Sai potesse non farcela. Invece ce l’aveva fatta. Ci avrebbe messo mesi a svegliarsi? Lei l’avrebbe aspettato. Si sarebbe scordato come si lancia un kunai, come si tiene in mano un bicchiere? Lei gliel’avrebbe insegnato. Si sarebbe dimenticato di lei? Si sarebbe fatta conoscere ancora una volta, con pazienza. Sai era vivo, e quello era l’importante. Avrebbe fatto qualunque cosa in suo potere per aiutarlo, perché erano amici, e gli sarebbe stata ancora più vicina di prima perché, ormai ne era certa, era innamorata di lui.
 
***
 
Sai aprì gli occhi dopo soli cinque giorni di coma e Sakura era al suo fianco, esattamente dove era rimasta per quasi tutto quel tempo. Kakashi e Naruto le avevano dato il cambio giusto per il tempo necessario a fare un paio di docce e a dormire qualche ora, per il resto era sempre rimasta seduta accanto al suo letto; aveva persino mangiato lì, su quella sedia. Ogni giorno Tsunade l’aveva rassicurata sulle condizioni del ragazzo: il corpo che lentamente ma inesorabilmente recuperava le forze, i parametri dell’encefalogramma che sembravano incoraggianti, il fatto che fosse solo una questione di tempo. Ed infatti, dopo relativamente poco, si svegliò. Sakura sentì la mano di Sai, adagiata fra le sue, stringersi leggermente in una serie di brevi spasmi, quindi lo vide aprire lentamente gli occhi, sbattendo le palpebre qualche volta per mettere a fuoco correttamente.
– Sakura? – sussurrò lui, la voce roca per il prolungato silenzio, e la vista della compagna si appannò di lacrime.
- Ti ricordi di me? – domandò, quasi incredula. “E’ sveglio. Mi ricorda.” ripeteva nella propria mente, per cercare di convincersene. Sai assunse quell’espressione vagamente perplessa che lo caratterizzava e che le era mancata così tanto in quei giorni.
- Certo che mi ricordo di te, come potrei non farlo? –
A quel punto Sakura rise, pianse e singhiozzò insieme, invasa di colpo da un sollievo e da una gioia così intensi che, se non fosse stata già seduta, le avrebbero sicuramente fatto cedere le gambe. Quindi chiamò a gran voce gli altri, usciti in corridoio per bere qualcosa di caldo, per condividere con loro ciò che le sembrava un piccolo miracolo.
 
***
 
La degenza di Sasuke era durata solamente una settimana, anche se da come si era comportato probabilmente lui aveva percepito quei sette giorni come sette anni; Sai invece rimase in ospedale per quasi un mese. Sembrava che l’unica vera conseguenza dell’incidente, oltre alle ferite, fosse un dolore sordo all’orecchio sinistro, dovuto di certo al fragore dell’esplosione; un disturbo che, comunque, Tsunade riuscì a debellare nel giro di un paio di settimane. Per il resto, Sai appariva semplicemente molto stanco e tendeva a crollare addormentato anche nel bel mezzo di una conversazione, soprattutto nei primi tempi. Sakura gli rimase quasi sempre accanto, tenendogli compagnia ed assistendo l’Hokage nel controllare le sue condizioni, aiutandolo a svagarsi e portandogli della frutta, le cui vitamine sarebbero state preziose per rimettersi in forze. Sai aveva protestato debolmente, dicendole che avrebbe dovuto riposarsi di più e che non voleva che lei si stancasse a quel modo per passare il tempo con lui, ma lei era stata irremovibile e lui non aveva potuto far altro che sorridere e ringraziare. La ragazza, semplicemente, si sentiva bene nel prendersi cura di lui, e dopo la tremenda paura di perderlo provata in precedenza preferiva non lasciarlo solo troppo a lungo.
 
Passarono i giorni, poi le settimane ed infine, al ventiquattresimo giorno di degenza, Sakura annunciò a Sai che Tsunade aveva dato l’ok: sarebbe stato dimesso il giorno seguente. Per festeggiare aveva portato un cesto pieno di fragole, le preferite del compagno, e le stavano assaporando chiacchierando tranquillamente quando lei decise di affrontare la questione.
 
Ci aveva pensato moltissimo in quelle settimane; Sai le piaceva davvero molto, stavano bene insieme, si divertivano e lei lo vedeva sorridere sempre più frequentemente. Avevano riso così tanto in quei giorni, si erano avvicinati molto e Sakura aveva la sensazione sempre più forte che Sai fosse davvero la persona giusta per lei; quindi, si disse, perché non tentare? Perché non fare un primo passo verso di lui? Se c’era una cosa che aveva capito da quell’esperienza era che il tempo a disposizione per stare con le persone che si amano non è infinito e che, anzi, potrebbe esaurirsi da un momento all’altro, senza che si possa avere nemmeno la possibilità di dire addio. Dunque perché sprecarlo indugiando in inutili riflessioni? Si era detta che avrebbe potuto quantomeno cercare di capire se una possibilità esisteva, se Sai pensava a lei anche in un modo che non fosse semplicemente amichevole. Lui era tremendamente sincero ed era certa che se glielo avesse chiesto direttamente lui avrebbe detto la verità. Prese quindi il coraggio a due mani e decise di buttarsi.
 
- Senti Sai, ti vorrei fare una domanda, già da un po’ in effetti. –
Lui le rivolse uno sguardo interrogativo ma disteso, il lieve sorriso che aveva sempre quando parlava con lei ad increspargli le labbra.
- Dimmi pure. –
La ragazza deglutì, quindi sganciò finalmente la bomba che si teneva dentro da un pezzo.
- Ecco … tu cosa pensi di me? – chiese, titubante, stropicciandosi l’orlo della felpa. Sai la fissò per un momento, evidentemente sorpreso dalla domanda.
- Di te? Lo sai, no? Ti voglio bene. – rispose, dicendo quelle parole come se fossero la cosa più naturale del mondo. Ma Sakura voleva sapere, voleva essere certa del valore che quelle parole avevano per lui.
- Certo, questo lo so … ma, voglio dire, come descriveresti questa cosa in modo più, diciamo, profondo? – Sperava, con questa seconda domanda, di essere stata più chiara. Sai mugugnò, pensieroso.
- Più profondo? Beh … direi che sei una delle persone più straordinarie che io conosca. Sei leale, sincera, ti fai in quattro per gli altri e sei un medico incredibile. Credo tu abbia una vera e propria vocazione per il prendersi cura degli altri; non so come ringraziarti per averlo fatto anche con me e non parlo solo del periodo qui in ospedale. Tu mi sei stata accanto fin dal principio e per questo, per me, sei insostituibile. Non dicevo tanto per dire, sei davvero la mia migliore amica, Sakura. – constatò, con la semplicità disarmante tipica più dei bambini che degli adulti. Il cuore della kunoichi si strinse di tenerezza alle sue parole; sentire quanto lui fosse affezionato a lei la riempiva di felicità. Tuttavia, Sai non aveva parlato d’altro che di una profonda amicizia, ed il suo cuore cominciò ad appesantirsi, presagendo le avvisaglie di una risposta che non avrebbe voluto sentire.
- Ne sono molto felice, davvero, ma … sei sicuro che non ci sia … altro? – domandò infine, come unica risorsa, bisognosa di ottenere una risposta chiara.
 
Sai abbassò lo sguardo e rimase in silenzio per un tempo che a Sakura parve insostenibilmente lungo. Sembrava a disagio, quasi spaventato; la ragazza si sentì improvvisamente in colpa per averlo costretto in una situazione così sgradevole, per averlo messo nelle condizioni di dover affrontare l’imbarazzante compito di rifiutare la propria migliore amica. Dopo alcuni interminabili minuti di silenzio tombale Sakura sospirò pesantemente, tentando di mantenere una calma che non sentiva affatto come propria. Era andata male, era evidente; si era giocata il tutto per tutto ma aveva puntato sulla scommessa sbagliata. Represse un piccolo singhiozzo, pensando che avrebbe dovuto farsi forza: erano amici, non voleva rovinare tutto: avrebbe ingoiato l’amaro boccone, rimanendo al suo fianco come aveva sempre fatto, e con il tempo avrebbe dimenticato la cosa. Sarebbe tornata alla sua esistenza precedente, senza imbarazzi, arrossamenti di guance o palpitazioni; un’esistenza senza ansie e turbamenti, ma senza quel tipo di amore. Sai parve riscuotersi all’improvviso dallo stato di catarsi in cui sembrava essere sprofondato e, sempre evitando lo sguardo della compagna, mormorò: - Non so … che altro dovrebbe esserci? –
 
Sakura sbuffò, un sorriso amaro a stiracchiarle gli angoli della bocca. “Esatto, che altro potrebbe mai esserci?” si chiese, sconfitta.
- Nulla. Lascia stare, stavo facendo dei pensieri strani. –
Liquidò la questione velocemente, cercando di non indugiare sul fatto appena compiuto, eppure non poteva fare a meno di sentire l’eco del rifiuto echeggiare forte nel proprio cuore. Sai dovette avvertire qualcosa dal suo tono, poiché riportò lo sguardo su di lei e le si rivolse direttamente.
 - Strani in che modo? Vorresti parlarne? – chiese, con sguardo interrogativo. La ragazza pensò tra sé e sé che Sai era davvero un ragazzo dolce; si preoccupava per lei anche dopo quella figuraccia. Sai era un ragazzo dolce che non nutriva per lei nessun sentimento che andasse oltre il semplice affetto, un ragazzo dolce che non sarebbe mai stato il suo.
- No, non ti preoccupare. Non era nulla di essenziale. – commentò, alzandosi e avviandosi verso la porta. Tentava di convincersi di non esserci rimasta troppo male, cercando di pensare positivo nei limiti del possibile. In fondo, sei mesi prima non avrebbe nemmeno mai pensato di nutrire un certo tipo di sentimenti nei confronti di nessuno, non aveva idea di essere attratta da lui e, di certo, quel suo innamoramento doveva essere qualcosa di passeggero, una “svista” che avrebbe potuto correggere in poco tempo, facendo tornare tutto alla normalità senza che fra loro ci fossero conseguenze di alcun tipo.
Eppure, mentre salutava l’oggetto dei suoi pensieri e prometteva di tornare l’indomani per aiutarlo nel rientro a casa, non potè fare a meno di chiedersi per quante volte avrebbe dovuto ripetersi quelle sciocchezze prima di riuscire a crederci davvero.
  
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