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Autore: MelimeJH    27/08/2015    1 recensioni
Michael ha diciotto anni ed è un liceale come tutti,ha degli amici,va bene a scuola, ha una vita tranquilla. Tuttavia,non è sicuro sulla sua sessualità ma non ne parla con nessuno. Cosa succederebbe se il ragazzo più popolare della scuola gli chiedesse un aiuto?Cosa succederebbe se i due si innamorassero?
Questo è come mi sono immaginata l'avvio al debutto di Mika e la storia con il suo compagno. Ci sono dei riferimenti a fatti realmente accaduti,ma molti di questi li ho cambiati secondo la mia immaginazione e li ho adattati alla storia.
Spero che vi piaccia!
Melime
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Il giorno dopo la visita di Mika all’ospedale, Karen tornò a casa. Erano le dieci della mattina, i dottori le avevano fatto gli ultimi controlli per poi darle qualche farmaco. Non doveva alzarsi troppo in fretta, scuotere la testa troppo velocemente e tenere la benda ancora per qualche giorno.
Quando lasciò la stanza 206, Mark dormiva ancora. L’infermiera diceva che si sarebbe rimesso presto e che nessuna di quelle ferite sarebbe stata permanente. Tirò un sospiro di sollievo, ma non poteva fare a meno di sentirsi dispiaciuta. Così, prima di lasciare la stanza, lo salutò con un bacio sulla guancia. Lui non reagì, dormiva ancora profondamente.
Aveva avvisato anche Michael del suo ritorno a casa, ma lui era a scuola e non le aveva ancora risposto. Spense il telefono e si avviò verso le scale.
Pensava ancora a James, ai suoi abbracci e al tempo passato con lui. Ogni ricordo le si schiaffava in mente regalandole un dolore nel petto che forse nemmeno la botta alla testa poteva contrastare. Le immagini della rissa al parcheggio si mischiavano a quelli del primo appuntamento, alternandosi. Come aveva fatto a non capire che James era uno di loro?
Era all’ingresso, sua madre l’aspettava per andare in macchina.
“Come ti senti tesoro?” disse stringendola in un abbraccio.
“Bene..” rispose lei debolmente, mentendo.
“Ho qualcosa per te” esclamò fiduciosa.
“Cosa?”
“Ti aspetta a casa”
Viaggiarono in silenzio, questa volta la curiosità non si impossessò di Karen. Era stanca per fare domande e troppo triste dopo tutto quello che era successo. Così si limitò a tenere la testa poggiata sul finestrino fin quando non arrivarono. Continuava a pensare all’espressione di James quando parlava con Mark prima che li picchiassero, al suo risveglio in ospedale, a Mark in quelle condizioni, Mika che gli prendeva la mano. Non voleva perdere James, era il suo primo ragazzo, il primo di cui era davvero presa.
Ma non poteva perdonarlo. Aveva picchiato Michael e avrebbe continuato a farlo in parcheggio a sua insaputa se Mark non fosse intervenuto. Eppure, sapeva che era il suo migliore amico, come poteva pensare che poi non lo avrebbe saputo?
Mi dispiace.
Le parole di James continuavano a martellarle la testa, il suo viso aveva assunto un’espressione che non aveva mai visto a nessuno. Era un misto tra triste, dispiaciuto, e sconfortato.
Era venuto a visitare Mark.
Dopotutto erano migliori amici, ma come aveva fatto a non rendersene nemmeno conto di quanto stava male? Non conosceva così bene Mark, ma capitava che ogni tanto parlavano. Era un bravo ragazzo con grandi sogni e potenziali, era proprio adatto a uno come Mika.  Non si meritava quello che aveva subito, nessuno lo meritava.
“Tesoro, che fai? Non scendi?” sua madre la guardava preoccupata al suo fianco. Erano davanti alla porta di casa sua e lei non se n’era nemmeno accorta.
“Sì, scusa. Ora vado”
“Forza, la tua sorpresa ti aspetta dentro.” Scese dalla macchina e si avviò a casa dove trovò sul tavolo un biglietto per lei. Riconobbe la grafia di sua madre.
“Ieri è arrivata la posta. Questa è per te” lesse a voce alta il biglietto, poi rivolse lo sguardo verso il tavolo. C’era una lettera.
Era del college.
Quasi la strappò quando la vide, lesse così veloce che saltò l’introduzione per saltare al succo della lettera. Il cuore le batteva forse e quasi saltellava per l’ansia che aveva. Le due dita stringevano forte la carta, quasi a strapparla.
Poi, la lanciò in aria, sconvolta.
Era stata presa.
Un sorriso trionfante si fece largo sul suo viso, lo doveva dire a Mika.
 
 
John e Jessie si fecero vedere per la prima volta insieme in mensa, il giorno dopo la rissa nel parcheggio. Ormai la voce che Mark era stato picchiato insieme a una sconosciuta ragazza dai capelli ricci, era l’argomento più importante di ogni conversazione. Nessuno aveva capito che Mark fosse gay, o che ancora meglio, era fidanzato con un ragazzo.
“Con John sono felice, mi dà tutte le attenzioni che voglio” annunciò a voce alta Jessie mentre prendeva per mano John.
Si scambiarono uno sguardo complice e lì, John capì di essere finalmente arrivato al massimo della popolarità. Adesso tutti lo avrebbero invidiato, le ragazze lo avrebbero desiderato e soprattutto, Jessie avrebbe guardato solamente lui.
Si erano messi d’accordo, c’era voluto un po’ per far capire a Jess che Mark era gay e che stava in ospedale con lividi e ferite ovunque. Sapeva che lei non ci era molto affezionata e ne ebbe la conferma quando la prima cosa che disse fu: “E ora con chi vado al ballo?”
Inutile dire che John si offrì subito come impavido cavaliere che salvava la giovane principessa dal drago cattivo. Non si rese conto dello sbuffo che fece Jessie quando accettò di essere la sua ragazza, o di come guardava Sam, un compagno di squadra di John.
Non li vide nemmeno quando nell’intervallo entrambi andarono nel bagno abbandonato del secondo piano. Non sentì le risatine che faceva con le sue amiche mentre lo indicava, non notò assolutamente nulla. Era troppo impegnato a godersi la sua nuova posizione.


 
Appena suonò l’ultima campanella, Mika uscì fuori dalla scuola correndo, dirigendosi verso l’ospedale. Aveva parlato con i suoi genitori di quello che era successo, o meglio, di quello che sapeva. Loro si erano spaventati, dopotutto come si poteva biasimarli? Vedere tornare a casa il proprio figlio sconvolto e con nuove medicazioni e lividi non era la cosa migliore che si potessero aspettare. Alla fine del discorso del figlio erano pronti a fargli cambiare scuola. Ma dopotutto, non avrebbe avuto molto senso farlo il mese prima della fine dell’ultimo anno, quando ci sono gli esami.
Così, avevano deciso che sarebbero andati dal preside, e avevano fatto promettere a Michael di chiamarli ogni qual volta si fosse presentato un pericolo o un dispetto dei bulli. Se avessero saputo tutta la storia, probabilmente avrebbero denunciato John e James.
Ma questo era l’ultimo dei pensieri che percorrevano la mente di Mika mentre girava l’angolo ritrovandosi di fronte all’ospedale.
Mark.
Entrò in fretta, velocemente disse a un’infermiera di dover visitare il paziente della stanza 206 e in pochi minuti si ritrovò davanti al suo fidanzato. Aveva ancora gli occhi chiusi, ma sembrava stare meglio rispetto al giorno prima. Per Michael però, la visione era comunque devastante.
Così prese tremante una sedia e gli prese una mano, cercando di non far scendere troppe lacrime.
“Mi dispiace” sussurrò. “È colpa mia e questo non doveva succedere.”
Continuò accarezzando la sua mano e guardandolo. I capelli erano stati lavati dalle infermiere e il pigiama che indossava era pulito. Doveva essere passata Margaret, a quell’ora aveva il turno di lavoro, ma era abbastanza convinto che in quel momento si trovasse in polizia, per sporgere denuncia.
Mark aveva le mani calde, ma dormiva ancora. I lividi erano diventati un po’ più piccoli e i tagli erano stati medicati di nuovo con cura. Sul labbro inferiore c’era un taglio sottilissimo, appena lo vide, Michael pensò di baciarlo. Si girò per controllare se Karen era nella stanza, ma rimase sorpreso quando la vide vuota. Si alzò dalla sedia, sfilando la sua mano da quella di Mark per sporgersi e controllare se fosse nelle vicinanze, ma niente. Karen non era lì.
Decise che avrebbe chiamato la sua migliore amica al più presto, ma prima desiderava passare del tempo con il suo ragazzo.  Si sedette di nuovo, scrutando nuovamente il corpo del moro addormentato. Le sue braccia forti adesso erano macchiate ognuna da due lividi violacei più o meno grandi. Le accarezzò come se potesse cancellarli con le sue carezze, lo sfiorò anche nell’incavo tra il collo e la spalla soffermandosi ad osservare i taglietti e tracciando con la punta delle dita la forma dei lividi.
Passò ai capelli, cercando di pettinarglieli anche se non ce n’era bisogno. Li toccava con dolcezza, come fa una mamma quando intreccia i quelli della figlia. I setosi capelli del giovane sembravano ammorbidirsi sempre di più ad ogni suo tocco.
II suoi occhi però, erano fissi in quelli chiusi e addormentato di Mark. Quegli occhi azzurri che erano i protagonisti dei suoi pensieri e sogni, che sarebbe rimasto a guardare per ore.
“Svegliati, Mark” sussurrava perché sapeva che se avesse alzato la voce, si sarebbe accorto di quanto tremava. “Ti prego, svegliati”
Bip.
Sviò per un momento lo sguardo dal suo ragazzo per fissare le macchine intorno a lui. Avevano cambiato il colore della schermata, e Mika poté giurare sentire il cuore accelerare ancora di più, se possibile. Sentì un movimento sulle sue mani strette in quella di Mark. Lo guardò come ad assicurarsi che non stesse sognando e scorse i suoi occhi blu. Li scrutavano come non avevano mai fatto prima, come se Michael fosse l’unica persona esistente al mondo.
Felici.
Meravigliati.
Stravolgenti.  

E a quel punto, Mika non poté più trattene le sue lacrime e così lasciò che una ad una attraversassero le sue guance.
“Michael” la sua voce impastata risuonò come musica nelle sue orecchie. “Michael, come stai?”
Come stai?
Dormiva da quasi ventiquattro ore, era ricoperto di lividi e ferite e lui si preoccupava della salute del suo fidanzato?
Qualcos’altro scattò nel cuore di Mika che già batteva all’impazzata, così si sporse sulle labbra, lasciandogli un umido, tenero, lungo bacio.
“Adesso molto meglio” gli sorrise, per poi tornare serio. “Diamine, mi dispiace così tanto...”
“Oh, no ti prego! Non ti scusare, non è colpa tua. Ti ho difeso perché lo volevo io, e sarei pronto a rifarlo”
“Ma guarda cosa ti hanno fatto!” la voce ormai rotta.
“No. Guarda invece come nonostante tutto siamo qui, entrambi che ci stringiamo ancora” Lui lo guardò come non aveva mai fatto. Lo sguardo stupito di Mika trafisse quello sicuro di Mark. Non si accorsero nemmeno delle macchine che avevano iniziare a lampeggiare e a mandare dei ‘bip’ a intervalli regolari. Non se ne curavano affatto, anche se sapevano che di lì a poco sarebbe passata un’infermiera a controllare il tutto e forse avrebbe fatto dare a Mark gli ultimi esami per farlo dimettere.
“Non voglio che ti ricapiti qualcos’altro” disse, dopo qualche minuto di silenzio il riccioluto facendo un gesto con la mano indicando le ferite, come se non riuscisse ad accettarlo.
“E io non voglio più nascondermi” disse l’altro, fermo.
“Mark ma cosa…”
“No, Michael – era già la seconda volta che lo chiamava così -  io ci pensavo già da tempo. E quello che è successo non è altro la prova che dobbiamo finirla di avere paura”
“Ci assilleranno. I-io… t-tu… ci faranno del male, Mark!”
“Solo perché sanno che siamo spaventati. Ma fin quando staremo insieme, andrà tutto bene”
Mika rimase di sasso.
“E con Jessie?”
“Sono sicuro che avrà già trovato un nuovo cavaliere”
“I professori non faranno nulla, lo sai? Io non ho la minima voglia di rivederti in questo stato. Fa male a te e a me” Mark parve addolcirsi quando il suo ragazzo pronunciò quelle parole.
“Dimentichi una professoressa molto, ma molto importante” gli disse sorridendo.
Il riccioluto per la prima volta in due giorni, gli sorrise complice.
Mrs. Anderson.
La professoressa che involontariamente aveva contribuito a farli incontrare e che si era tanto preoccupata per Michael.
“Sei davvero così sicuro?”
“Sì. Ma ovviamente se tu non te la senti…”
“No. Va bene. Hai ragione tu. Se saremo insieme andrà tutto bene.” si strinsero le mani e si guardarono nuovamente negli occhi e si sorrisero. Si guardarono ancora per poco, prima che Mark gli si avvicinasse e gli baciò le labbra.
Finalmente.
Un bacio lungo, desideroso, cado, rassicurante. Sarebbe andato tutto bene, avrebbero reso la loro relazione pubblica.
Sarebbe bastato stare insieme e non avere paura.

Poco dopo che le loro labbra sciolsero il loro abbraccio, entrò nella stanza 206 una nuova infermiera che non avevano mai visto.
Bassina e con i capelli mori che le circondavano il viso complice.
“Ho interrotto qualcosa?” rise. Loro si guardarono complici.
Piccole cose che non puoi sapere.







Saaaaaaaaaaalve!


Chiedo umilmente perdono per il mio ennesimo ritardo. Spero che nonostante tutto vi piaccia! La storia ormai sta giungendo al termine, ormai manca poco. Non finirò mai di ringraziarvi per il sostegno che mi avete dato e che continuate a darmi! Siete fantastici. 


Melime

 
  
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