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Autore: almost_    28/08/2015    5 recensioni
Borgo Silvano, nella regione di Kérehon, è l'ultimo luogo dove umani e Pokémon vivono assieme in armonia.
Un uomo malvagio ha infatti preso il potere, il Tiranno, vietando il possesso dei Pokémon, rinchiusi e sottratti ai proprietari. Borgo Silvano è troppo piccolo per costituire una minaccia, finché non si scopre che vi si nasconde uno studioso di Pokémon, il professor Oshizami, che conduce ricerche su qualcosa che potrebbe rivoluzionare la concezione dei mostri tascabili: l'abilità Empatica di ognuno di loro.
Il paese verrà distrutto, il professore rapito.
Toccherà al giovane Kaede andarlo a cercare, assieme ai suoi amici e agli assistenti del professore, in un viaggio ricco di insidie, che farà scoprire verità mai svelate sui Pokémon e aiuterà i protagonisti a maturare.
Un mondo difficile e oscuro si aprirà davanti ai loro occhi e per riportare l'equilibrio dovranno affidarsi alle indicazioni di uno studioso di una regione lontana: Samuel Oak.
Tra sfide, battaglie ed incontri vecchi e nuovi affronteranno il mondo, vincendo e perdendo contro loro stessi: una volta terminato il viaggio, niente sarà più come prima.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Ash, Brock, Misty, N, Nuovo personaggio, Prof Oak
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
Capitoli:
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-Come al solito ringrazio Blue Eich, quella meravigliosa persona sempre al mio fianco  nell’affrontare l’ardua sfida della scrittura-
 
 

 

Capitolo cinque: Tenebre

 
Le tenebre della notte erano ormai calate sui ragazzi accampati nel bosco, avvolti dalla quiete del sonno.
O quasi.
In solitudine, una figura forte e slanciata si muoveva flessuosa e precisa, lasciando che le ombre scivolassero eleganti sulla sua pelle, impegnata in quella danza di battaglia: Satoru, che ripassava la forma di karate che aveva imparato all’alba assieme ai suoi amici. Il suo ginocchio tremò e lui rischiò di perdere l’equilibrio: non si sarebbe mai più allenato in quella palestra assieme a loro.
Il combattimento l’aveva sempre distratto dalle preoccupazioni, sgomberandogli la mente da ogni problema. Ma quella notte non sarebbe bastato.
Non si arrese e continuò la sua lotta immaginaria. A Borgo Silvano era diventato il più forte in assoluto sul dojo, e nemmeno i più grandi riuscivano a sconfiggerlo.
Cosa ne era stato di tutti coloro che conosceva? E di sua madre? Mise più impegno nei suoi movimenti, cominciando a sentire dolore ai muscoli tesi.
Suo padre era morto di malattia quando Aruya stava per nascere. Non lo ricordava neanche. Tutto ciò che gli rimaneva di lui, era un grande vuoto nell’anima. Fin da piccolo si era fatto forza, impegnandosi per non far soffrire sua madre e aiutandola con Aruya.
Non era ancora pronto per badare a sua sorella, però. Non era pronto per affrontare il mondo da solo. 
Il dolore, non ai muscoli, ma al cuore, lo portò a sbilanciarsi in avanti e a cadere rovinosamente sul suolo umido e freddo.
«Eri molto bravo.»
Con un’esclamazione di stupore si alzò da terra e si voltò: Tadashi lo fissava, assorto, avvolto nel suo giaciglio, oltre il fuoco acceso la sera prima e ormai spento.
Solo la luce della luna che filtrava dalle alte chiome del bosco era rimasta a rischiarare quella notte scura. I suoi raggi si riflettevano pallidi sugli occhiali del ragazzo.
«Da quanto sei sveglio?» chiese Satoru, passandosi una mano sulla fronte per asciugarla dal sudore.
«Da un po’. Volevo vegliare su di voi: temevo che non sareste riusciti a dormire.»
La fredda brezza notturna scompigliò i capelli dei due ragazzi, ululando fra le fronde degli alberi.
Satoru si guardò attorno nella penombra, per poi grattarsi il mento, perplesso.
«Dove sono finiti Nivene e Ichirou?»
«Se ne sono andati.» Tadashi si strinse nelle spalle. «Questa non è la prima volta che mi sveglio. Nivene era contraria a che io non andassi con loro. Abbiamo alzato un po’ troppo i toni, e abbiamo finito per svegliare Ichirou. Temo di aver fatto arrabbiare Nivene: ha detto che preferiva partire subito, visto che non avevo voglia di passare il tempo con loro.»
«E Ichirou?»
«Ne è stato piuttosto felice. Ha ovviamente colto l’occasione per insultarmi un po’, prima di seguire Nivene. Credo provi qualcosa per lei.»
Satoru respirò a pieni polmoni l’aria fredda della notte, che lo faceva sentire vivo.
«Lei ama te. È evidente. Lo sai, non è vero?»
Tadashi esitò. «Sì. Ma per adesso l’amore non m’interessa. Meno che mai in una situazione del genere.»
Il rosso lo guardò di sbieco, intuendo che l’argomento era chiuso. «E queste ricerche che fate col professor Oshizami? Sono state quelle ad attirare l’attenzione del Tiranno, no? Ormai abbiamo il diritto di sapere di cosa si tratta.»
Tadashi abbassò lo sguardo. «Un giorno, forse, ve lo dirò. Ma non oggi.»
Satoru rimase in silenzio. Il karate gli aveva insegnato il rispetto per i più grandi e per i più saggi, e aveva sempre stimato Tadashi. Storse solo un poco il naso per la delusione, poi lentamente si alzò e si infilò nel suo sacco a pelo. Vi trovò Riolu che, rannicchiato in un angolino caldo, dormiva profondamente.
«Capisco. Buonanotte, allora.»
Tadashi rimase a vegliare sui tre ragazzi ancora a lungo. Temeva per suo fratello, temeva per la regione di Kérehon, e per il Tiranno. L’unica cosa di cui apparentemente non si preoccupava era se stesso. Lui sapeva bene cosa voleva dire, soffrire. Un gelido brivido di paura e disgusto percorse la sua schiena mentre gli tornavano alla mente i ricordi più remoti della sua infanzia.
Voci, urla, mani, troppe mani, lacrime, dolore, dolore dappertutto…
Chiuse gli occhi per fermare tutti quei pensieri e intrappolarli in un angolino della sua mente. Era un periodo lontano, chiuso ormai da tempo, per il quale non doveva più soffrire.
Rialzò le palpebre, fissando le sue iridi chiare sul volto innocente di Kaede, illuminato dalla pallida penombra. Non avrebbe permesso anche a lui di provare tutto quel dolore.
Con un sospiro si passò una mano sulla fronte, togliendosi gli occhiali. Poi, dopo essersi sistemato meglio nella sua coperta, scivolò anch’egli nel dolce oblio del sonno.


La prima impressione di Kaede fu che qualcuno stesse tentando di fasciargli il viso con una benda molto appiccicosa. Intontito dal sonno, socchiuse un occhio appannato. Le chiazze di colori si univano e confondevano tra loro, nella fioca semioscurità dell’alba. Pian piano i contorni si delinearono e le figure divennero riconoscibili.
Con suo immenso stupore, riconobbe a pochi centimetri dal suo viso il piccolo Nekochi, col pelo color smeraldo pieno di fango e foglie, che gli leccava gioiosamente la faccia.
«Nekochi!» esclamò con tutto il fiato che aveva in petto, allungando un braccio intorpidito per accarezzarlo.
Il suo amico Pokémon si beò di quel tenero tocco, strusciando le orecchie larghe contro le dita del ragazzo e cominciando a fare le fusa.
Nekochi, Nekochi stava bene! Kaede, dimentico di ogni preoccupazione, scoppiò in una risata liberatoria. Aveva tanto temuto che qualcosa fosse successo a quel piccolino! Il Pokémon gli mordicchiò le mani con affetto, complice di quella travolgente felicità. 
«Kae, che diamine succede?!» Un’imbronciata Aruya emerse dal suo sacco a pelo con i capelli color carota tutti scompigliati. Affianco a lei, il suo Eevee scrutava il ragazzo con lo stesso sguardo contrariato. «È l’alba! Che cavolo hai da gridare, a quest’ora?»
Ma la sua espressione risentita per la svegliataccia mutò subito notando il Pokémon tra le braccia del suo amico.
«Ma non mi dire!»
«Proprio così!»
Nekochi si strofinò contro di lui. L’odore confortante e ben conosciuto del ragazzo lo appagava e ricompensava di tutta la fatica che aveva fatto quella notte per raggiungerlo. Era stanchissimo, eppure appena era riuscito a trovarlo la calma e la tranquillità l’avevano avvolto. Era al sicuro, adesso. Era a casa.
«Ma insomma» bofonchiò Satoru, sepolto sotto al suo sacco a pelo, per poi tirarsi su anch'egli, con un grande sbadiglio. «Che state combinando?»
«Nekochi è tornato!» annunciò Kaede, allegro.
Il rosso sbatté le palpebre e un largo sorriso comparve sul suo volto. Vicino a lui anche Riolu fece capolino, con gli occhietti impastati dal sonno.
«È una grande notizia!»
Balzò agilmente fuori dal letto e cominciò a stiracchiarsi, sbadigliando ancora.
«Questo vuol dire che adesso anche Kae ha il suo Pokémon!» notò Aruya, entusiasta.
Kaede e Nekochi si guardarono con aria interrogativa.
«Non intenderai dire… Credi veramente che potrei…»
«Ma certo, stupido! Il professor Oshizami ci ha lasciato un sacco di Poké Ball vuote nella sua valigia. Sono sicura che Nekochi muore dalla voglia che tu diventi il suo allenatore!» continuò la ragazza, imperterrita.
Il Pokémon in braccio al ragazzo, per tutta risposta, si strofinò su di lui con più foga, mugugnando allegro: «Nekooo!»
Kaede rise, arruffandogli il pelo smeraldino fra le orecchie.
«Ma insomma… Siete già svegli?»
Colti di sorpresa, i ragazzi notarono Tadashi, seguito dal suo Luxio, in piedi poco distante da loro, che trasportava dei ceppi di legno.
«Tada!» esclamò Kaede, alzandosi. «Dov’eri?»
«Ero andato a prendere della legna, per scaldare le provviste lasciateci dal professore» spiegò il fratello, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. «Ma quello non è Nekochi?» chiese in seguito, sorpreso.
«Esatto!»
Riolu si spinse fuori dal sacco a pelo, seguito da Eevee, e insieme si avvicinarono al nuovo arrivato. I tre si scrutarono per un po’, ma subito iniziarono a giocare a rincorrersi sull’erba umida, mordicchiandosi a vicenda e agitando le code per provocarsi scherzosamente. Poco dopo, li raggiunse anche Luxio.
«Pare che abbiano fatto amicizia» osservò Satoru, con un sorriso.
«Il fatto che Nekochi ci abbia raggiunto significa che Kaede può diventare il suo Allenatore, vero?» chiese Aruya, con gli occhi azzurri colmi di speranza.
«Beh, non saprei, immagino di sì, se entrambi lo desiderano» rispose Tadashi, posando la legna e grattandosi il mento.
Kaede spalancò gli occhi. Sentiva il cuore battergli forte e veloce nel petto, quasi pronto ad esplodere. Il suo primo Pokémon. Era tutta la vita che aspettava quel momento. Tante volte l’aveva sognato, in quell’ingenua speranza di un bambino che ha voglia di mettersi alla prova. Finalmente, il suo desiderio stava per realizzarsi.
Nekochi aveva smesso di giocare con i suoi nuovi amici e lo guardava intensamente dal basso. Kaede ricambiò quello sguardo carico di sogni e domandò con voce tremante: «Allora, Nekochi… vorresti diventare il mio Pokémon?» Si piegò sulle ginocchia, avvicinandosi a lui con in mano la Poké Ball che Tadashi gli aveva porto. Subito un fascio di luce rossa avvolse il Pokémon, facendolo entrare nella sfera: essa tremò, per poi richiudersi saldamente.
Anche il cuore del ragazzo tremò, trepidante d’emozione. Rapidamente lanciò in aria la Poké Ball, chiamando: «Vieni fuori, Nekochi!»
Il Pokémon non esitò e subito riprese a giocare con gli altri, felice che il suo amico e compagno di sempre fosse finalmente diventato il suo Allenatore.
«Sai, Kaede, Nekochi è un Pokémon speciale» disse Tadashi, scrutando la valigia del professore per capire cosa vi fosse dentro di commestibile.
«Speciale?»
«Sì. Viene chiamato “Pokémon Gatto Empatico”, perché riesce subito a capire i sentimenti delle persone e a reagire di conseguenza. Dovresti ritenerti fortunato.»
Satoru, come la sera prima, accese un fuocherello e vi gettò parte dei ceppi per alimentarlo. Le tenebre della notte cominciavano a lasciare il posto alle prime luci dell’alba e i colori, lentamente, tornavano a dipingere il mondo.
«Sai cosa succede adesso, Kae?» fece Aruya, con aria combattiva. «Succede che siamo di nuovo rivali!»
«Puoi contarci!»
«Eevee ed io ti faremo vedere quanto diventeremo forti: ti batterò di sicuro!»
«Non esserne così sicura! Nekochi ed io ci alleneremo senza sosta e vi supereremo!»
«E chi li ferma, adesso» commentò Tadashi scaldando alla meglio delle pagnotte farcite di bacche e tirando fuori dalla borsa alcuni Pokébigné.
«Chissà» disse Satoru, accarezzando il suo Riolu e sgranocchiando una grande fetta di pane. Aruya e Kaede, senza perder tempo, decisero di sfidarsi alla loro prima lotta Pokémon. Il rosso li guardava con apprensione mentre ordinavano con inesperienza le mosse ai loro piccoli compagni di viaggio. Appena possibile sarebbero partiti e i pensieri di Satoru erano popolati dagli stessi tormenti di Tadashi: sarebbe riuscito a proteggerli?
Il sole spuntò oltre la collina, illuminando il bosco e ciò che restava di Borgo Silvano.
 


 
NOTE DELL’AUTORE
Salve a tutti, eccovi anche il quinto capitolo.
Potrebbe sembrare di “troppo” per la narrazione, lo ammetto: eppure finora è uno di quelli a cui ho dedicato maggiore impegno. Non so se sono pienamente soddisfatto del risultato, ma avrei tenuto molto alla sua buona riuscita.
Come sempre sono particolarmente ben accetti consigli e critiche.
Stavolta i ringraziamenti speciali vanno a Nodi per aver recensito il primo e il secondo capitolo, a White Pika Girl e herr per il primo, ad anonymous_prongs e AshKetchup per il quarto e a Giandra per il terzo e per il quarto.
Al prossimo capitolo!
   
 
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