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Autore: Mel_mel98    28/08/2015    1 recensioni
Prima che sia troppo tardi, lasciami raccontare tutto quello che ancora non è stato detto.
Prima che tu te ne vada, lasciami sfogare ancora un po', resta qui con me.
Prima che tutto finisca, che tutto venga dimenticato, fermati a riflettere.
Prima che la Morte venga a prenderci, concedimi di vivere tutta la vita ancora una volta.
~ ~ ~
Per chi, come me, in quelle poche righe dedicate alla morte di Finnick non ha trovato le risposte che cercava.
Per chi pretende un addio come si deve, dalla persona a lui più cara.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Annie Cresta, Finnick Odair
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Di nuovo qui. Ovunque qui sia 

 

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Non ricordo i miei primi momenti da vincitrice a Capitol City.
L'intervista e l'incoronazione ci saranno state senz'altro, ma io devo avervi partecipato sotto sedativi, evidentemente.
Il primo vero ricordo che ho dopo gli Hunger Games è del giorno in cui tornammo al distretto 4.
Quella mattina c'era il rumore degli applausi, le grida dei bambini, la mano di Finnick sulla mia spalla e la sua voce nel mio orecchio.
“Vieni Annie, andiamo di qua”- diceva guidandomi tra la folla.
Guardandomi intorno vedevo sorrisi e volti gioiosi, persino il sole splendeva così forte da mettere allegria, ma niente di tutto ciò mi raggiungeva minimamente.
Niente allontanava quel senso di freddo e angoscia che mi portavo dentro.

In qualche modo mi ritrovai nel Villaggio dei Vincitori, in casa di Finnick, assieme a Mags.
“Ci siamo Annie”- disse, appoggiando qualcosa sul tavolino del soggiorno- “Siamo a casa, adesso.”
Mi fece cenno di avvicinarmi dalla poltrona su cui si era seduta ed io lentamente andai a sedermi sul divano di fronte a lei.
“Dov'è Finnick?”- chiesi dopo un po'.
“È fuori a rispondere alla ultime domande dei giornalisti di Capitol City, a parlare con gli abitanti più illustri del distretto... Sbriga le ultime faccende in veste di mentore di quest'anno insomma”- mi rispose con un sorriso appena accennato ma sincero. Evidentemente era stanca quanto me di quella situazione.
Pochi secondi dopo la porta si aprì, lasciando entrare in casa il baccano della gente all'esterno.
“Certo, secondo loro io sono appena tornato dall'ultima edizione dei giochi e ho voglia di farmi vedere in giro, di presidiare a pranzi e cene, vero!? Ma andiamo, via!”
Mags si alzò di scatto e io la seguii con lo sguardo mentre raggiungeva Finnick in piedi nell'ingresso, intento ad imprecare contro qualcosa di poco chiaro, almeno per me.
“Dai Finn, lo sai che vogliono solo essere gentili... Sei il beniamino di questo distretto, dovevi aspettarti questa accoglienza dato che avete vinto questa edizione”- disse Mags.
“Vinto? Cosa abbiamo vinto?”- replicò lui, acido.
L'occhiataccia della sua mentore lo fece immediatamente calmare.
“Oh, scusami... Lo sai, è sempre difficile per me tornare a casa.”- mormorò.
“È difficile per tutti, credimi... Come è andata con...”
“Quelli di Capitol? Meglio del previsto”- si affrettò a dire lui.
Lo vidi perdersi nei suoi pensieri per un attimo, mi sembrò smarrito e impaurito per qualche istante.
Poi il suo sguardo tornò luminoso e sicuro come sempre. Si chinò ad abbracciare Mags, ancora in piedi davanti a lui vicino alla porta.
“Va' pure. Noi ce la caveremo in qualche modo, staremo bene”

 

Finnick, seduto sul divano di quella che mai prima di allora aveva chiamato casa, tortura con le dita un pezzo di corda con lo sguardo perso nel nulla.
Ha paura, eccome se ha paura. Ma precisamente di che cosa, ancora non saprebbe dirlo.
Una volta aveva sperato che finiti i giochi e riportata Annie al distretto tutto sarebbe stato più facile, e che avrebbero trovato insieme un modo per tornare alla “normalità”.
Ma erano speranze irrealizzabili, ora se ne rende conto.
Non c'è niente di normale in tutta questa situazione.
E Finnick soffre, sente una fitta lancinante alla testa, se pensa che ha perduto anche quell'ultima goccia di gioia e normalità che aveva nella vita.
Un urlo inonda la casa, riempie le sue orecchie e il suo cuore.
Finnick corre verso la sua stanza, corre veloce ma vorrebbe andare ancora più forte.
Annie...”
Il dolore aumenta, mentre davanti ai suoi occhi compare la sua ragazza rannicchiata a terra, con i palmi premuti sulle orecchie e gli occhi colmi di lacrime.
Come può essere quella, la sua realtà? Come possono loro continuare a vivere così?

Finnick... Finnick...”
È un lamento, una specie di cantilena quella che Annie mormora mentre lui si accovaccia su di lei e la abbraccia.
La stringe forte, per donarle più calore possibile, per ricordarle che è fuori, non è più nell'Arena da sola.
Lei lo guarda, lo riconosce ma nonostante questo non smette di piangere.
Mi dispiace Finnick... io... io avevo promesso che non ti avrei più fatto del male ma... ma non ci riesco, c'è troppo sangue, troppe grida...”
Quelle parole, le prime vere parole che Annie gli dice dopo il loro incontro nell'ospedale di Capitol City, lo trafiggono e lo uccidono.
Smettila, smettila Annie”- le sussurra accarezzandole la testa, cercando di tenere la voce più ferma possibile- “Non sei tu che mi fai male, non è colpa tua il mio dolore”
Sì invece... lo so che se piango o urlo tu stai male... magari ti vergogni di me, magari pensi che io sia diventata pazza per davvero... Ma io ti capisco Finn, capisco ma non riesco a fermarmi, non riesco a... a non aver paura dei miei incubi”
Quanti incubi diversi hanno tormentato Annie da quando è tornata? Finnick se l'è sempre chiesto, dalla prima volta che l'ha sentita gridare la sera prima di tornare al distretto 4.
Che cosa le mostra la sua testa? Che cosa fa lui, in tutti quei terribili sogni?

Annie... Annie guardami”- le prende il volto tra le mani che tremano come mai avevano fatto prima.
Adesso si ricorda di che cosa ha paura.
Teme che lei possa dimenticarsi di lui, del Finnick che pesca col bastone, del Finnick che la invita al ballo a cui lei non si presenta.
Teme che possa non sentire più l'amore che prova per lei, che è maturato e cresciuto in tutti questi anni.
Teme la sua vita senza Annie, perché sa di essersi sentito vivo solo con lei. Perché tutto quello che ha fatto dopo gli Hunger Games, l'ha fatto per lei.
Annie, hai ragione, io sto male. Sto male quando tu stai male. Quando gridi, vorrei gridare anche io, quando piangi, io vorrei fare altrettanto. Perché sì, sono disperato. Ma non perché mi vergogni di te, non perché ti consideri pazza. Perché ti amo. Ti amo così tanto che la sola idea di aver corso il rischio di perderti mi fa gelare il sangue nelle vene”
Tu... mi ami?”- la sente sussurrare, come se non riuscisse a credere possibile una cosa del genere.
Ti amo”- ripete con convinzione- “E il pensiero di aver perso un pezzo di te in quella dannatissima Arena mi uccide ogni secondo di più”

 

Furono notti terribili, non solo per me, anche per lui.
Mi addormentavo con la speranza di non ritrovarmi coperta di sangue, di non incontrare Jonathan o la ragazza che avevo ucciso. Speravo di ritrovarmi immersa nell'acqua del mare ed invece finivo sempre a sprofondare nell'oblio.
Il sangue rosso arrivava a sporcarmi i vestiti, la faccia. L'anima.
Quei tributi dalle facce sempre più sfigurate dalle cicatrici mi toccavano, stringevano, ferivano. E ad ogni contatto il freddo delle loro mani mi stordiva e immobilizzava.
Mi svegliavo bagnata di sudore, con un grido morto in gola.
Mi svegliavo senza riuscire davvero ad uscire dai miei incubi, vedevo Finnick ritto davanti a me ma le urla di dolore e disperazione rimbombavano ancora nella mia testa senza sosta.
Lo vedevo avvicinarsi a me, spostarmi i capelli dal viso. E le sue dita erano sempre calde, come la sabbia a mezzogiorno.
Portava le labbra al mio orecchio, la sua voce dolce si univa al quel vortice infernale di suoni.

 

Annie... è finita. Non c'è niente di cui aver paura”- mormora lentamente.
Il sangue... è reale?”
No, non lo è”- risponde tranquillo.
I tributi... qui... ma loro sono... loro erano... Morti!”
Ci siamo solo io e te qua Annie, adesso”
Sente il respiro di Annie farsi più regolare, il petto alzarsi e abbassarsi sempre più normalmente contro il suo torace.
Ma io... io li ho visti morire... Li ho visti nell'Arena, vero? È successo veramente?”
Finnick deglutisce, ma nessuna saliva bagna la sua gola secca.
Sì Annie, è vero. È successo mentre eri nell'Arena. Ma adesso non sei più dentro. Siamo nel nostro distretto, siamo a casa”
Finnick?”
Sì?”
Perché tu non c'eri? Perché tu non c'eri con me, tra tutti quei morti?”
E Finnick sente così male dentro che quasi vorrebbe prendere un amo e ficcarselo in un braccio, perché il dolore fisico sovrasti almeno per un attimo quello mentale.
Preme con forza le labbra sulla fronte della ragazza, senza sapere davvero cos'altro fare.
In quel momento, forse l'unica cosa che vorrebbe è essere il più possibile lontano da lei.
Ma sente la pressione delle dita di Annie sui suoi fianchi aumentare, come se intuisse i suoi pensieri e non volesse lasciarlo andare.
Scusami Finn. Non volevo dire quello che ho detto, credimi”
Sospira, lui sa che Annie non sta dicendo bugie, sente chiaramente la sincerità nella sua voce.
Non voleva fargli male di proposito,
Non ti preoccupare. Va tutto bene”- e lui non è sincero, sta mentendo spudoratamente.
Ma Va tutto bene è sempre stato più semplice di dire La mia vita si sta rompendo in pezzi talmente piccoli che dubito fortemente di riuscire a recuperarli tutti.
Mi dispiace che tu faccia le spese di una mia debolezza”
Quelle parole se le ricorda bene, perché le ha già sentite. Ed è stato lui a pronunciarle.
Sorride. I ruoli si sono invertiti di nuovo.


Piano piano riuscimmo a trovare una sorta di equilibrio, tornammo e sorridere e a vivere.
Il tempo passava e nonostante le immagini dell'Arena fossero pronte a tormentarmi continuamente, Finnick era sempre lì, per ricordarmi che eravamo al distretto 4, lontani da tutto quel dolore.
Sembrava crederci davvero in quello che diceva, sembrava che davvero pensasse che lì, a casa nostra, il dolore non potesse raggiungerci.
Anche se, in realtà, era più vicino di quanto ci piacesse ammettere.

“Andiamo al mare, ti va?”- mi chiese una sera, verso le otto.
“Adesso?”- risposi sorridendo, incredula.
“Non è questa l'ora in cui il mare ha i colori più belli forse?”- fece lui, afferrandomi per una braccio e portandomi fuori.
E come fossimo di nuovo quello che a tutti gli effetti eravamo, due ragazzini innamorati, cominciammo a correre. Sfidando il vento, ignorando la gente.
Cominciammo a correre a perdifiato verso la spiaggia principale, per poi andare avanti senza degnarla neanche di uno sguardo. Non era lì che volevamo stare.
Arrivammo fino al nostro pezzo di costa, dimenticato da chiunque ma non da noi.
Neppure dopo tutto quello che mi era capitato avevo scordato quel posto.
E per un attimo sentii come se quello che avevo perduto mi appartenesse di nuovo.

“È bellissimo... qua sembra che niente sia cambiato. Dovevamo venirci prima Finn”- dissi, stringendomi a lui.
“No, oggi è il giorno giusto. È oggi che dovevamo essere qui. Né prima né dopo”- rispose lui, lo sguardo sognante verso l'orizzonte dove il sole si apprestava a sparire.
Rimasi perplessa a quelle parole, di cui non capivo veramente il senso.
Poi un ricordo attraversò la mia mente, quel luogo con la sabbia sporca di resti di alghe secche e rocce troppo appuntite mi parlò e mi mostrò ciò che era successo esattamente lì, nello stesso giorno di tanti anni prima.

Sorrisi ripensando a quando gli Hunger Games avevano tentato di dividerci la prima volta, ma noi, forti nonostante l'età, eravamo diventati ancora più uniti di prima.
“Che cosa ci trovi in me, Finn?”- chiesi, ripensando a ciò che mi aveva risposto quella volta.
“In te Annie, trovo l'amore, la felicità. Ma soprattutto, trovo la pace che Capitol City mi aveva portato via. Nonostante tutto quello che ci è successo, anche se qualche volta ho creduto di essere sul punto di perdere ogni cosa... con te io mi sento bene. E ti ringrazio, perché è merito tuo se io non mi sento Finnick Odair, 'il più giovane vincitore degli Hunger Games', ma, semplicemente, Finn. Io ti amo Annie, credo di essermi innamorato di te proprio quel giorno in cui mi hai seguito fin qui. E non ho più smesso, te lo giuro. Qualsiasi cosa tu veda nei tuoi incubi, sappi che io ti voglio troppo bene per poterti abbandonare”

E in quel momento, in quel preciso istante, il tempo sembrava essersi fermato.
Il rosa del cielo, il vento a increspare la superficie del mare, il sorriso dolce sulle labbra di chi continuava ad essere al mio fianco persino dopo momenti troppo bui per vederne la fine. Tutto sembrava destinato a durare per sempre.
Il tramonto sembrava troppo bello per lasciare spazio alla notte, il vento troppo calmo per poter creare tempeste, quel viso troppo felice per poter conoscere la disperazione.
“Ti amo anche io Finn”- dissi, prima di chiudere gli occhi e poggiare le mie labbra sulle sue.

 

Dopo tutto quel dolore, nella testa di Finnick ci sono solo quei cinque vocaboli.
Ti amo anche io Finn”
Sente Annie pronunciare quelle parole per poi baciarlo, e sa di non averne mai udite di più belle in vita sua.
Mentre tutto inizia a farsi più confuso, lei rimane lì, fissa nella sua mente che adesso implode in sé stessa.
Immagini frammentarie e slegate tra di loro lo colpiscono senza toccarlo davvero.
Rivede la sua prima Arena, il primo paracadute argentato che ha osservato scendere dal cielo.
Vede il tridente che Beetee ha costruito per lui al 13, e si ricorda di tutte quelle persone incredibili che gli Hunger Games gli ha fatto conoscere. Katniss, Peeta, Johanna. Wiress e Beetee. Mags.
Una mamma più che una mentore, ecco che cosa è stata Mags per lui.
La sua risata sincera rimbomba dentro di lui, nel suo petto più che nella sua testa.
E Finnick in quel momento capisce cosa sta succedendo. Sa che sta per raggiungerla.
Una barca passa tra le onde dei suoi pensieri che si infrangono contro le sue meningi.
Si sforza con tutto sé stesso di tornare a quel cielo rosa, a quando aveva creduto sul serio di poter ricominciare da capo. Di poter dimenticare tutto il male che aveva vissuto, di chiuderlo per sempre dentro l'Arena della settantesima edizione.
Aveva fatto di tutto per tirare la sua amata fuori dà lì. Aveva persino venduto totalmente sé stesso al presidente. Aveva venduto il suo corpo, ma non il suo cuore.
E alla fine, ce l'aveva fatta davvero. Era riuscito a tornare a guardare quel bellissimo cielo insieme ad Annie.
Volta la testa, e lei non indossa più quel vestito rosso che gli piace tanto, ma un verde, puro e immacolato. Di un verde così chiaro che quasi sente gli occhi lacrimare.
Ma anche riuscisse a piangere, non è certo colpa della luce troppo forte.
Annie indossa il suo abito da sposa e guarda Finnick con un'espressione di autentica gioia.
Sì, ne è certo, quello non è sollievo. È più dell'allegria, più della semplice emozione.
È gioia, e lui sa di averla provata davvero.
Sa di aver sentito le guance farsi più rosse quando davanti agli abitanti di un distretto perduto è diventato marito di Annie Cresta.
Sa di aver visto una lacrima priva di tristezza rigare il volto della sua amata quel giorno. La prima dopo tanto tempo.
Sa tutto questo, perché lo ha vissuto.
E non vuole dimenticare.
Finnick tende la mano per afferrare Annie vestita da sposa, per tenersi stretto quell'ultimo dolce ricordo. Per portarlo con sé. Ovunque adesso stia andando.
Vorrebbe chiamarla, tenerle la mano, accarezzare il suo viso, prima che sia troppo tardi.
Prima che tutto questo finisca.
Un'altra onda arriva a togliergli il respiro, a rallentare il suo battito. Ad oscurargli la vista.
Così Finnick si arrende, mente e corpo sopraffatte dal dolore.
...Annie...”
Ed è tutto finito.

 

 

Angolo dell'autrice
Avrei da parlare di questo capitolo per giorni e giorni ma no, non lo farò.
Vi lascio il piacere di rifletterci da soli, di fare per conto vostro il minuto di silenzio e di maledire nell'intimità della vostra camera la Collins.
Io adesso me ne vado a piangere in un angolino, non sono minimamente in grado di scrivere tutto ciò che avrei da dire, tutto ciò che sta dietro a queste parole (sì, perché ci sarebbe una mia personale riflessione...).
Ci vediamo nelle note a fine capitolo dell'epilogo, che si prospettano moolto lunghe, tra una settimana.
Grazie per chi ha letto il precedente capitolo, chi ha recensito. Chi è arrivato a leggere fino a qui senza mandarmi un accidente. Grazie davvero.
Alla prossima,

Mel

   
 
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