Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: steffirah    30/08/2015    1 recensioni
Si tratta di una serie di One-shot per la Shaosaku week (che cadeva dal 20 al 26 luglio). Alcune sono AU, altre riguardano i viaggi nelle varie dimensioni, seguendo il tema di quel giorno.
Sette date, otto mondi fantastici in cui vivere esperienze straordinarie.
Genere: Angst, Avventura, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura, Syaoran, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Day 7.1 – ALMOST CONFESSIONS
 
A faint scent of love ~
 
Misi piede nel locale e, come ogni giorno, i fuurin tintinnarono per annunciare un nuovo cliente. Fui accolta da una brezza leggera, saporita, che penetrò nelle mie narici, raggiungendo le papille gustative, mettendomi l'acquolina in bocca. Rivolsi uno sguardo al pasticciere, sorridendogli apertamente.
«Konnichiwaaaa!», esclamai ad alta voce, annunciandomi.
Lui sorrise, chiudendo il ricettario che stava consultando, incatenandomi nei suoi occhi. Sembrava felice di vedermi.
«Konnichiwa, Sakura.» Trillai dalla gioia dentro di me, come tutte le volte in cui mi guardava, o mi parlava, e mi avvicinai al bancone saltellando, facendo un giro su me stessa.
«Che te ne pare?»
Lui mi scrutò per qualche istante, analizzandomi dalla testa ai piedi. Rimasi in attesa, fiera di me. Quel mattino i miei capelli erano lisci come la seta e splendevano, in tonalità dorate, riflettendo la luce abbagliante dei lampadari come cristallo. Avevo incorniciato gli occhi con del mascara, rendendomi carina per lui... Sperando se ne accorgesse. Al di sotto della divisa avevo indossato una camicia bianca come le ali di una colomba e l'avevo infilata nella gonna grigio perla, alzandola al punto giusto. Nascosta dal gilet di maglia beige, avevo lasciato qualche bottone aperto, coprendo la pelle con un fiocco rosso perfettamente legato. I calzini neri mi arrivavano sotto il ginocchio e le scarpette marroni mi calzavano a pennello. M'ero messa d'impegno per essere graziosa almeno il primo giorno di liceo e, specchiandomi prima di uscire, m'ero sentita alta e slanciata come non lo ero mai stata.
Preoccupata dal suo silenzio prolungato, gonfiai le guance, avvicinandomi a lui, reggendo la cartella con entrambe le mani.
«Allora?»
Lui annuì, guardandomi seriamente.
«Stai molto bene con questa divisa.»
"Yatta!!!", gioii mentalmente, girando in tondo nella mia psiche, rimbalzando sulle pareti dei miei pensieri come una biglia impazzita, dopo aver ricevuto una scarica di felicità.
Lo fissai gongolante, ma notando il suo sguardo ancora fermo su di me arrossii, e rivolsi l'attenzione ai pasticcini. Mi allontanai da lui e li scrutai uno per uno, senza parole.
«Li hai fatti tutti tu?!»
«Non tutti, ma la maggior parte. Assaggia questo.», mi invitò, porgendomi una crostatina. La afferrai subito - da quando andavo da lui non facevo più colazione, forse approfittando un po' della sua gentilezza - e la rigirai tra le dita, ammaliata dalla sua forma.
«Deve esserci uno stampo, non puoi essere così perfetto...», mi lasciai scappare, per poi portarmi una mano alla bocca. Lo guardai allarmata, ma fortunatamente non se la prese. Anzi rideva.
«Infatti, non sono perfetto, ho ancora un lungo cammino da percorrere prima di poter raggiungere Fay-sensei.... E sì, per l'impasto c'è uno stampino.»
Osservai la superficie ondulata del dolcetto, seguendone la cresta con la punta dell'indice, riflettendo.
Immersi il dito nella crema e me lo portai alle labbra, saggiandola. La consistenza era soffice, come morbida ovatta, si scioglieva al contatto con la lingua. Tolsi la farfalla di cioccolato e diedi un morso, afferrando tra i denti anche una fragolina. Chiusi gli occhi, gustandomelo con piacere, e me lo finii in un battibaleno.
«Era squisito!», commentai, leccandomi le dita e lui parve soddisfatto, rispondendomi con un sorriso smagliante.
«Ero certo che ti sarebbe piaciuto. L'ho preparato pensando appositamente a te.»
«A me?», ripetei, pulendomi gli angoli delle labbra con un fazzoletto squadrato.
Assentì sviando lo sguardo, e io rimasi in silenzio. Il mio cuore fece una capriola all'idea che anche lui mi pensava. Tornai alla farfalla e la posi davanti alla sua testa, accorgendomi solo in quell'istante che aveva lo stesso colore dei suoi capelli e si mimetizzava con essi. Non mi trattenni dal ridacchiare e lui alzò un sopracciglio, aspettandosi spiegazioni. Non gliele concessi, al contrario specificai:
«Comunque intendevo per questa. C'è uno stampino, no?»
Lui non esitò neppure per un secondo.
«No. L'ho intagliata a mano.» Fece spallucce, quasi fosse ovvio, una cosa da niente.
«Che cosa?! Ma... Ma! È bellissima! Così piccola, eppure ricca di dettagli! È un'opera d'arte, Shaoran! Non la si può mangiare!!», esclamai infervorata, tenendola con delicatezza nel palmo alzato, nel timore che potesse sciogliersi a momenti ed evaporare in tante goccioline, volando via da me.
«Sakura, non è una scultura. Puoi mangiarla.» Usò un tono che poteva definirsi "rassicurante", ma non potevo essere tanto crudele. Non volevo diventare una vandala.
Scossi energeticamente la testa e gliela restituii, al che lui se la riprese, emettendo un flebile sospiro. Alzai lo sguardo su di lui e lui mi colse di sorpresa, costringendomi a mangiarla. Un ghigno sul suo volto, come pochi ne avevo visti.
«Missione compiuta. Che te ne pare? È puro cacao, con qualche soffio di cannella e una goccia di caramello.»
Feci le lacrime agli occhi, ingoiando, e mi nascosi la testa tra le braccia, appropriandomi del banco con la cassa.
«È deliziosa. Come tutte le cose preparate da te. Ma adesso mi sento in colpa. Mi hai reso una criminale.», mi lagnai e lui ridacchiò, scompigliandomi i capelli con quelle sue grandi mani dall'essenza zuccherata.
«Non hai fatto del male a nessuno, al contrario. Mi sento gratificato.»
Alzai la testa, scontrandomi con la sua fronte a pochi centimetri dalla mia, e mi allontanai saltando all'indietro, imbarazzata. Anche le sue guance parvero assumere un colorito più roseo del normale e riprese il libro che stava precedentemente sfogliando, mentre le sue iridi nocciola si posavano su un orologio a muro a forma di cupcake.
«Ehm... Non dovresti correre a scuola?»
Spalancai gli occhi, s'era fatto davvero tardi! Non pensavo di rimanere così a lungo, e inoltre ancora non gli avevo spiegato il motivo della mia visita.
«Oggi pomeriggio sei libero?»
Lui sembrò spaesato per la mia improvvisa domanda e rispose perplesso. «Il mio turno finisce alle 5, poi dovrei essere a casa...  Perché?»
«Fantastico! Te lo spiego meglio stasera! Sappi solo che ci servono gli ingredienti necessari per preparare una torta facile facile, ma sono certa che a casa tua non mancheranno! Alle 6 sarò da te!», parlai frettolosamente, mi allungai a baciargli una guancia e filai dritta a scuola, arrivando giusto in tempo per la cerimonia d'apertura.
A fine giornata mancava ancora un po' al mio incontro con Shaoran, così andai insieme a Hikaru, Umi e Fuu in un maid café. Presi un fondant au chocolat, ma stavo quasi per rigettarlo al primo morso. Non c'era niente da fare, non era la prima volta che lo sperimentavo, ma da quando avevo assaggiato i dolci preparati da Shaoran cinque anni prima non riuscivo a buttare giù nient'altro che vi si avvicinasse, se preparato da altri. Cedetti anche la mia porzione a Hikaru e, una volta finito il tè rosso ci alzammo e ci salutammo per separarci. Mi affrettai a raggiungere casa di Shaoran, sperando non fossi in ritardo, e una volta arrivata davanti alla sua porta divenne un'impresa ardua riuscire a decelerare i palpiti furiosi del mio cuore.
«Non essere stupida. Non si tratta di un appuntamento, è un tuo dovere.», mi dissi, ed esitai per un secondo, prima di suonare al campanello. Nel giro di un battito di ciglia Shaoran mi aprì, come se sapesse che mi trovavo lì fuori da tempo. Come se potesse leggermi quella matassa sdolcinata che erano divenuti i miei pensieri, finendo per scioglierli a bagnomaria.
«Buonasera.», mi salutò cortesemente, facendosi da parte per farmi passare.
«Con permesso...»
Entrai e trattenni il fiato, restando un po' di più accanto allo spiraglio d'aria che entrava dalla porta semiaperta per sbollire. Abituata a vederlo quasi sempre in tenuta formale da chef pasticciere, talvolta dimenticavo che era un ragazzo della mia età e che i vestiti da adolescente gli stavano...
«Un amore...»
«Eh?»
«Niente! Com'è andata al negozio?» Cominciai a sudare freddo e per fortuna mi volse le spalle, chiudendo la porta.
«Come al solito. A te piuttosto? Che te ne pare del liceo?»
Mi guardò sinceramente interessato e io esultai: «Sarà una grande avventura!» Poi mi rattristai, aggiungendo: «Se solo ci fossi anche tu...»
«Dispiace anche a me.», sospirò. «Ma devo portare avanti l'attività di famiglia. Ora che i miei genitori non ci sono più qualcuno dovrà pure occuparsene e... eccetto me... non c'è nessuno.» Un'ombra calò sul suo viso, ottenebrando i suoi mesti occhi.
«Scusa. Non volevo renderti triste.» Gli sfiorai una guancia, mortificata, e lui accennò ad un sorriso. Subito mi resi conto di quanto fosse finto e mi sentii stringere il cuore.
«Va tutto bene.»
«Non sei solo.», le parole mi sfuggirono dalle labbra, come se avessero vita propria. Abbassai lo sguardo, poggiando a terra la cartella,  chiudendo dolcemente una sua mano tra le mie. «Ci sono tante persone che ti amano.... Anche io... Anche io ti-»
«Lo so, Sakura.», mi interruppe, alzandomi con delicatezza il mento, costringendomi a guardarlo. «Lo so. Grazie.»
Con un solo braccio mi strinse a sé, tenendomi stretta, facendomi aderire al suo petto. Posai la testa poco al di sotto del suo mento, inspirando il suo odore. Sapeva di pulito, ma erano rimaste tracce di cacao... E nocciola. Schiusi istintivamente le labbra e lui si ritrasse di poco, rivolgendomi una domanda sensata.
«Ora puoi spiegarmi la faccenda della torta?»
Dovevo ammetterlo, ci misi un po' a riprendermi, dopo aver concretizzato - con non poca vergogna - che sì, ero in procinto di morderlo. Per cosa l'avevo scambiato, per un muffin?! No, col suo corpo sarebbe riuscito a sostituire degnamente il fondant che m'era rimasto sullo stomaco e... Mi diedi una scrollata. Stavo impazzendo.
«Domani è il compleanno di mio padre. Compie 40 anni e per l'occasione volevo preparargli io la torta, come regalo.», spiegai, lieta di potermi esprimere in maniera diversa rispetto al tifone tropicale che infuriava nel mio animo, distruggendo e ricostruendo la parola "amore" a ripetizione, sballottandola da tutte le parti.  «Ho provato a parlarne con nii-san... Però lui non ha fatto altro che deridermi per tutto il tempo. E in fondo ha ragione perché sono davvero una frana ai fornelli. Ma ho pensato che tu... magari... avresti accettato di aiutarmi.»
Gli rivolsi uno sguardo timido e lui annuì, contento. Mentre mi conduceva in cucina precisò: «Tuttavia, farai tutto tu. Io interverrò soltanto in caso di necessità e sono certo che non ce ne sarà molto bisogno.»
Lo ringraziai per il suo aiuto e il suo tempo, colpita dalla sua fiducia nei miei confronti. Mi mise davanti gli ingredienti già bell'e pronti sul tavolo da lavoro e mi chiese se avessi già un'idea di come avrebbe dovuto essere. Gliela spiegai in parole brevi: «Semplice pan di Spagna, ripieno di crema Chantilly (se tu sei d'accordo) con pezzi di ciliegia e scaglie di cioccolato, e sopra una semplice copertura in panna con qualche fragolina qua e là e la scritta "buon compleanno". È troppo difficile?»
Lo guardai insicura, mordendomi le labbra, e mi accorsi che aveva lasciato la matita a mezz'aria, osservandomi poco convinto.
«È minimale.», mi contraddisse, mirando dritto al cuore.
«Te l'avevo detto che non me ne intendo...», dichiarai in mia difesa, ma lui non mi ascoltò e si alzò dalla sua postazione, avvicinandomisi per mostrarmi il block-notes.
«Sul serio la immaginavi così?»
C'era da ammettere che era davvero misera.
«Non so pensare di meglio...», mi demoralizzai, e lui subito provò a tirarmi su, correggendo la bozza ad una velocità impressionante.
«Avrà un ottimo sapore, ma Sakura, tu puoi fare molto di più. La copertura va bene, ma io vi aggiungerei anche dei fiocchi di panna montata nei contorni, interrotti parimente da delle fragole, come tu desideri. L'augurio potremmo scriverlo con del caramello sciolto, e il resto lo si potrebbe decorare con riccioli di cioccolato. Poi, potremmo aggiungere qualcosa con della pasta di zucchero, per esempio -»
«Un garofano!», lo interruppi, stregata dalle sue parole. «È il fiore della mamma...», spiegai con un filo di voce, e lui sorrise, approvando.
«Vedi? Adesso è davvero perfetta.»
Mi mostrò il disegno e rimasi senza parole. Era bellissima! Sarei mai riuscita a rappresentarla concretamente?
«Shaoran ma io... Non so lavorare la pasta di zucchero.» Impallidii di fronte a quel dettaglio non poco trascurabile e lui sorrise rassicurante.
«Ti insegno io.»
«Però promettimi che se viene male lo fai tu.» Allungai il mignolo e lui temporeggiò prima di cedere.
«D'accordo. Dopotutto non abbiamo tutto questo tempo. Forza all'opera.»
Seguii le sue indicazioni per filo e per segno, misurando ogni ingrediente con parsimonia. Fortunatamente lui non se ne stava con le mani in mano e sbatteva la crema mentre io impastavo la base, o montava la panna mentre riempivo la torta una volta cotta e così via. Proprio qui combinai il mio primo casino. Avevo tagliato il preparato in due parti e mentre la parte superiore riposava in un piatto, sulla inferiore cominciai a stendere la crema... In maniera errata, a giudicare dall'espressione sconvolta di Shaoran. Mise da parte quello che stava facendo e si portò alle mie spalle, posando le mani sulle mie, guidandomi nei gesti giusti da eseguire.
«Devi essere più delicata, come se stessi carezzando una nuvola. Non con movimenti bruschi, ma morbidi. Versi un po' di crema, creando le onde del mare, poi il vento s'acquieta e l'oceano diventa calmo, uniforme, talmente dritto da perdere il confine col cielo...»
Lo ascoltai con ammirazione e rispetto, imparando da lui, e quasi mi parve di sentire l'odore salmastro marino. La sua voce si infranse come piccoli cavalloni accanto ai miei duri scogli, lasciandovi un solco in profondità, assieme ad una scia lenitiva. S'era reso conto di quanto le sue parole fossero divenute poetiche? Era un artista, in tutti i sensi.
Dopo quella dimostrazione mi lasciò continuare da sola e vi aggiunsi le gocce di cioccolato e le striscioline di polpa di ciliegia, sforzandomi di distribuirle in maniera uniforme, accertandomi di star agendo bene. Una volta finito passammo alle ultime decorazioni e qui ebbi bisogno parecchio del suo aiuto, ma alla fine ci riuscimmo ed uscì una torta perfetta. Ogni due fiocchi di panna erano interrotti da una fragola dal colore rosso acceso, alla cioccolata Shaoran aveva alternato buccia d'arancia, creando una fitta rete da pesca che aveva catturato decine di noccioline triturate. Al centro danzava sulla neve la scritta "Happy birthday" in maniera elegante e raffinata – se l'avessi fatta io sarebbe sembrata la calligrafia di un bambino di 4 anni. E in conclusione, anche il garofano l'avevo lasciato a Shaoran. Era talmente realistico da essermi illusa per un attimo che fosse vero, tanto dal chiedermi quando fosse uscito per comprarlo. L'aveva posizionato strategicamente, in maniera tale da risultare parte integrante in sinfonia con la nostra creazione.
«È perfetta...»,  sussurrai incredula, una volta che la ebbe messa nel frigo.
Mi rivolse un'occhiata eloquente, voltandosi appena, e mi si avvicinò per toccarmi una spalla.
«Sei stata bravissima.», si complimentò, e io avvampai, infiammandomi come una lanterna cinese.
«No-non è vero! Tu sei magnifico, Shaoran! Mi lasci senza parole e poi, è la prima volta che ti vedo al lavoro!» Esclamai elettrizzata ma lui scosse la testa, umilmente.
«Non ho fatto niente.»
«E tu me lo chiami “niente”? Per me è qualcosa di fantastico e disumano, non capisco come si possa essere tanto abili con le mani. Sei un talento nato.» E non stavo cercando di elogiarlo, era la verità. Un po' lo invidiavo, anche io avrei voluto essere in grado di compiere meraviglie... E sorprenderlo, in un modo o nell'altro.
«Sakura, si tratta soltanto di pratica. Un giorno ne sarai in grado anche tu.» E in quell'affermazione ci colsi qualcosa di più, come una promessa a lungo termine... Non riuscendo a sostenere l'intensità delle sue iridi mi ritrovai a guardare la sua mano, ancora ferma sulla mia spalla sinistra. Lui la ritrasse improvvisamente, come se si fosse ustionato.
«Scu-scusa, non volevo essere tanto invadente.»
Invadente? Credeva sul serio di invadere i miei spazi se mi sfiorava?
«E non le ho nemmeno ancora lavate, perdonami se ti ho sporcata, credimi non era mia intenzione.»
Stava già per voltarsi verso il lavello quando lo fermai, tirandogli leggermente un’estremità della maglietta.
«Io non mi sento sporca.»
Si voltò di scatto, a guardarmi sorpreso, mentre continuavo a sentirmi confusa. Gli presi le mani e sfiorai le sue dita con delicatezza. Erano rimaste delle tracce di zucchero e caramello, ma le mie non erano messe meglio visto che erano ancora impiastricciate di crema e farina. Avvicinai i suoi palmi al viso, inalando il suo profumo che come una scia confluiva in me, raggiungendo zone nascoste del mio cervello, inviandovi tanti impulsi fosforescenti, e posai le sue mani alle estremità del mio viso, sulle mie guance. Chiusi gli occhi, immergendomi in quella sensazione. La sua pelle era liscia, calda, mi colmava con un ripieno zuccheroso e naturale.
«Tu non sei sporco.», sussurrai, aprendo lentamente gli occhi.
Le sue pupille splendevano d'una luce mai vista prima, intermittente, simile al segnale di un faro che stava cercando di attirarmi a sé, per salvarmi, per riportarmi a riva. Schiuse le labbra per dire qualcosa, ma lo precedetti.
«Shaoran, io... Se trovassi le parole per descriverti come mi sento... Ma non credo le troverò mai... Vorrei poter fare lo stesso per te, un giorno... C'è questo lato di me che vorrebbe stare costantemente al tuo fianco e apprendere molto, molto di più. Perché io, Shaoran... Io... Io ti a-»
Il citofono. La parola che cercavo di proferire venne tagliata in due parti simmetriche quando già nuotava eccitata e frenetica nel mio respiro. Perché qualcuno aveva bussato alla porta.
Restammo entrambi immobili, col fiato sospeso per qualche istante, finché non sentii una voce fin troppo familiare e irritante sbraitare all'esterno.
«Sakura! So che sei lì dentro, vedi di muoverti ad uscire! Sai che ore sono?»
Smisi di ascoltare i suoi rimproveri insensati quando Shaoran si allontanò da me, palesemente in difficoltà, per andare ad aprirlo. Prima che Touya distruggesse tutto afferrai al volo la cartella e mi alzai in punta di piedi, dando a Shaoran un bacio su una guancia, come quella mattina.
«Grazie.», soffiai direttamente nel suo orecchio e quasi contemporaneamente la porta si spalancò.
«Grazie per l'aiuto, Shaoran.», ripetei ad alta voce, sbrigandomi ad affiancare mio fratello, senza dargli il tempo di aprire bocca. «Domani mattina passo a prendere la torta.» Volontariamente misi maggiore enfasi nell'ultima parola, lanciando una frecciatina a Touya.
«Non disturbarti, posso anche passare io.», si offrì e io annuii.
«Allora dopo ti chiamo e ci mettiamo d'accordo per l'orario. Buonanotte.»
Mi limitai a salutarlo con la mano e lui fece altrettanto. Ci girammo per rincasare e isolai la voce petulante di Touya, concentrandomi sul tonfo sordo della porta che si chiudeva. Alzai lo sguardo verso il cielo pieno di stelle, rivedendo in esso i fondali marini di quell'oceano d'amore che si estendeva per Shaoran.



 
 
Nda: Salve! Scusate se non aggiorno quotidianamente, ma gli esami mi tengono pareeecchio impegnata, insieme a feste patronali e così via. Meh!
Come avrete ben notato, vi sono in questa AU parecchi riferimenti al manga (l’affermazione «Tu non sei solo» ad esempio, o la presenza di Hikaru, Umi e Fuu – anche se questo è una sorta di super crossover essendo TRC già un megacrossover e… Confusion! XD). Gli Shaoran e Sakura trattati possono essere sia i cloni che i veri, sta a voi scegliere!! ^w^
Vi spiego alcuni termini che potrebbero non essere chiari.
fuurin sono i tipici campanellini che i giapponesi lasciano tintinnare al vento.
“Konnichiwa” è una forma abbastanza informale di saluto, la si potrebbe tradurre come “Buongiorno” in questo caso.
Anche “Yatta” ha molteplici significati, qui era inteso come un “Evviva!”
Sperando di esservi stata utile, presto arriverà la fine di questa raccolta ç.ç miao.
Con tanto affetto! :3
  
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