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Autore: thesoulofthewind    31/08/2015    3 recensioni
"Cara Mamma
non l'avrei mai potuto immaginare, ma sono dannatamente felice. Sto bene. Le mie spalle si stanno raddrizzando, il peso che portano sta svanendo. Hai presente la sensazione di appartenere a qualcuno, Mà? La provo. Ogni giorno. Guardando il suo viso, con la colonna sonora delle sue risate. Gli appartengo, e lui a me. Sento che sto bene, ora. non scappo più. E paradossalmente, il primo ricordo che ho di tutto questo sono le sue parole:
-quando tutto questo sarà finito, mi odierai molto più di quanto fai ora, Jude.-
Cazzate."
Il percorso di una vita, parallela a molte altre, che si evolve nel noioso scenario dell'adolescenza. Di casini, menti stressate, fratellastri maledettamente stronzi e sigarette. Di parcheggi desolati, genitori pessimi e sorelle incapaci di farsi amare. Di letti troppo stretti e odore di freddo, pioggia e fumo.
Di adolescenti sballati dai loro casini, tutto trascritto nella mente di Jude, il ragazzo più incasinato di tutti.
Mia prima storia originale con una coppia yaoi, anche se saranno presenti anche coppie etero.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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“non è nostro compito quello di avvicinarci, così come non si avvicinano tra loro le stelle e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terra. La nostra meta non è di trasformarci l’uno nell’altro, ma di conoscerci l’un l’altro e d’imparar a vedere ed a rispettare nell’altro ciò ch’egli è: il nostro opposto e il nostro complemento. Hermann Hesse, Narciso e Boccadoro.



Parte 1.

Cara Mamma, immagino saresti davvero contenta di me ora, se mi vedessi. Sean e Rose sono due persone stupende, sul serio. Credo che stavolta starò bene, non dovrò fare come al solito. Ti scrivo solo ora perché fino ad adesso non conoscevo la zona, e quando sono arrivato ci ho impiegato un po’ a trovare le parole giuste per dire a Rose che ti scrivo. Inaspettatamente lei ha sorriso, e mi ha accompagnato subito in una cartoleria vicino a casa. È una donna davvero gentile. Di quella gentilezza che si vede dagli occhi, dalle rughe di espressione hai lati della bocca, per i troppi sorrisi. Quel tipo di bontà che ti attraversa come un dato di fatto. Una volta arrivati a casa mi ha chiesto da quanto tempo ti scrivo, invece di chiedermi il motivo. Lei sa,  e ho apprezzato il fatto che non abbia rigirato il coltello nella piaga. Sean occupa un posto neutro in questo discorso. Sono qui da una settimana, ma già Sean si comporta in modo piuttosto intimo con me. Una sera, mi ha mostrato la Stanza Dei Trofei. Ovvero, un’enorme stanza posta al piano superiore con i trofei vinti da lui e suo figlio. Già. Rose e Sean, seppur essendo molto giovani, hanno già avuto un figlio. Quando l’ho scoperto sono rimasto piuttosto sorpreso. Ha ventidue anni, per giunta. Non ho chiesto, ma immagino che Rose sia stata una ragazza madre.  Per quanto ne so ha iniziato l’università da tre anni. Giurisprudenza, come il padre. Non l’ho mai visto. Ha fatto una vacanza studio in un’altra città, e ne ha approfittato per farsi un viaggetto con degli amici. Tornerà i primi di Settembre. Rose mi ha detto che si chiama Aidan, come suo nonno. Tre giorni dopo che mi hanno parlato di lui, ho trovato il coraggio di chiedere a Rose perché ha voluto me, se già un figlio lo aveva. Ha fatto una faccia che poco le si addiceva, come se portasse un grosso peso addosso. Ha avuto una malattia. Non ha potuto avere altri figli per anni. Alla fine, tre anni fa, Sean ha proposto l’idea di un’adozione. Così, dopo tutto quel tempo, mi avevano portato a casa. È una storia triste. Vedere il viso di Rose così dilaniato dal dolore, mi ha fatto piangere. Sono sempre stato troppo sentimentale. Me lo dicevi sempre, vero? Tu non sbagli mai. Solo una volta, ma sai che non sono capace di portare rancore. Mancano cinque settimane all’inizio della scuola. Frequenterò la quarta superiore in un altro istituto. L’ultima mia scuola è fin troppo lontana, impossibile da raggiungere. La cosa che odio di più è che non conosco nessuno qui, Mamma. Rose mi ha proposto di invitare qualche vicino a casa. Ci sono un paio di ragazzi pressappoco della mia età, qui intorno. Potrebbero usare la piscina. Già, abbiamo una piscina! Di quelle grandi, interrate. Con lo stipendio da avvocato di Sean e da fotografa di Rose, hanno messo su una bella casetta. La verità è che sono abbastanza preoccupato su tutto. È tardi, ma proprio non riesco a dormire. Questo pomeriggio sono arrivati anche dei parenti di Sean. Mi hanno guardato storto all’inizio, credo a causa dei miei capelli. Lasciano sempre tutti un po’ interdetti, a primo impatto. Hanno pure voluto sapere per quale motivo fossero così! È stato divertente vedere le loro facce mentre gli raccontavo di come Finn, quando stavo ancora alla casa famiglia, mi mescolò del decolorante nello shampoo. Ancora più divertente è stato raccontagli di come la mia tutrice, una volta visto il danno, mi portò dalla parrucchiera. Quella si era fatta una gran risata, e infine aveva optato per tagliarli tutti, e farli ricrescere. Al mio rifiuto, aveva deciso di tingerli per farli sembrare più uniformi, per rendermi meno spaventoso. L’effetto mi era piaciuto tantissimo. Troppo. Finii per tingermi i capelli di bianco per il resto della vita. Avevano riso tutti a questo punto, e poi si erano spenti. La cosa mi aveva messo inquietudine addosso, e alla fine la conversazione era svoltata altrove. Per fortuna, altrimenti non avrei più avuto aneddoti interessanti da raccontare. Sono una persona piuttosto noiosa. Ora devo andare. Domani cercherò di parlare con qualcuno, non posso stare a casa tutto il giorno, almeno secondo Rose.
Aspettandoti, Jude.
 
 
Quattro settimane dopo


Il telefono vibra fastidiosamente sul comodino, troppo distante dal letto per essere afferrato. Tanto so già chi è. Davis dovrebbe rivedere la sua tabella oraria. Saranno le sette di mattina. Non ho nessunissima voglia di svegliarmi alle sette, in estate. È socialmente inaccettabile. Il telefono si ferma. Dopo tre minuti ricomincia, per la quinta volta. Il tonfo che faccio cadendo dal letto è notevole, ma alla fine recupero l’aggeggio. Apro la chiamata, ma non sento il bisogno di dire nulla. Non che ne abbia la possibilità. –Jude Seen di merda devi piantarla di andare a dormire così tardi. Sento la puzza del tuo sonno da casa mia, razza di..- -ti voglio bene anche io.- la mia voce suona biascicata, dettata dal sonno. –ma sono le sette di mattina, quindi, ti prego, non offenderti se chiudo la chiamata.- detto questo, lascio cadere il cellulare sul letto, interrompendo la chiamata. Mi passo una mano sul viso. Ormai non riuscirò a riprendere sonno, Cristo. Esco e mi faccio una doccia.
Quando torno lancio un urlo ben poco virile, alla vista di Davis seduto sul mio letto, che mi passa in rassegna la rubrica. Quando sente il mio urlo, alza lo sguardo e mi lancia un sorriso simile a quello di Satana. –I tuoi urli da ragazza mi attizzano.- arrossisco di botto, per poi lanciargli addosso l’asciugamano che usavo per i capelli addosso. –esci di qua, subito.- lui fa una smorfia, ma la mia la sovrasta. –okay Judy, ti lascio la tua privacy tesoro.- -Judy? Sul serio?.- lui mi fa una linguaccia poi va via, sempre con in mano il mio cellulare come fosse suo, e andando presumibilmente in salotto. Sospiro e mi vesto.
 
-ehi, chi è questa figa?- mi mette il cellulare davanti alla mia tazza di cereali, per attirare la mia attenzione. Sulla schermata vedo la foto di Sarah, una mia amica della vecchia scuola. –è un’amica- il suo sorriso inizia a inquietarmi di più ogni giorno che passa. –solo un’amica, Judy?- fa la faccia da maniaco sessuale, anche se crede di somigliare a qualche sexy attore televisivo. –già- gli tolgo il cellulare di mano –è solo un’amica, credimi.-
 Certo che è solo un’amica, Jude. Tu sei gay.
-beh,- dice il mio strambo vicino di casa, alzandosi dal tavolo della cucina per buttarsi sul divano. –rimane una gran figa.- ride, e rido anche io, perché la sua stupidità non ha limiti. Mi chiedo come faccio ad essere suo amico. Lo raggiungo in salotto, e dopo averlo guardato male do vita hai miei pensieri. –com’è che sei mio amico..?- Lui fa un sorrisetto, poi mi fa una faccia buffa. –era una giornata molto calda, ho visto la piscina e..- gli lancio un’occhiataccia. Lui ride. –dai, lo sai che ti adoro.- adesso ridiamo entrambi. Veniamo interrotti dalla porta che si apre. Rose è raggiante, oggi. Si avvicina e mi da un buffetto sulla guancia. Davis fischia. –chi non muore si rivede, Davis.- -ma non sono morto, signora!- lei sospira. –già, lo so. Sei sempre qua.- poi sorride e inizia a scaricare grossi scatoloni sull’entrata.
-che succede?- dico. –Aidan. Arriva domani mattina, e volevo sistemare i mobili nuovi in camera sua. Così per una volta non farà il muso. Ah, se per te va bene domani ceniamo fuori, così festeggiamo il suo ritorno e il vostro incontro.- annuisco, ma senza troppa convinzione. Sono piuttosto agitato. Da quel che mi ha detto Davis, che abita vicino a noi da molto tempo, è un tipo strano. Mi ha detto che più di una volta lo ha inquietato, e che frequentava il suo stesso istituto, che poi sarà lo stesso per me, prima di andare all’università. Tipico ragazzo popolare, voti nella media e un’alta fama sportiva. Canne dietro la scuola e feste sfrenate il sabato sera. Caratteraccio. Ho visto qualche sua vecchia foto, ma sinceramente non ho mai neppure cercato il suo profilo facebook. Tutto ciò che so viene dai racconti del mio strambo e rosso amico (perché si, i suoi capelli sono degni di un Weasley) e dei miei adulti speciali. Chiamarli genitori mi è impossibile. –ehi judy, una partita?- Ci pensa Davis a distrarmi, passandomi il controller.
Dopo aver passato l’intero pomeriggio a giocare ai videogiochi, Davis fa una faccia strana. Non strana, ma la definirei diversa. Sembra stanco. Eppure non abbiamo proprio fatto nulla. Poi si accorge che lo guardo e mi sorride come sempre, e io non posso fare a meno di pensare a quanto esso sia bugiardo. Ritorna al videogioco, mentre io mi ripeto che la gente a volte ha bisogno di non essere capita.
Perché se davvero lo capissi, e lui vorrebbe che io lo comprenda, non sorriderebbe così. Ma non importa.
-okay, sto nuotando nel mio sudore.-
-che schifo.-
Storto il naso, cosa che faccio sempre quando penso a qualcosa di disgustoso. Davis ride. –e lo stai facendo anche tu, Judy. Piscina?-
-non aspettavi altro da tutto il pomeriggio, vero?- -che cattivo, comunque si, tesorino.- sbuffo e lui corre fuori, mentre in contemporanea si sfila la maglia che ha addosso. Io rido, poi lo seguo. Il tuffo che fa bagna inevitabilmente anche la mia maglia, che mi sfilo. Piano, tastando prima l’acqua con un piede, entro. Odio l’acqua fredda, ma fortunatamente è abbastanza tiepida. Come al solito il rosso mi punta un dito addosso, con lo sguardo di un medico. –ma tu mangi qualcosa, Jude Seen? Sei bianco come un cencio.-
Alzo gli al celo, la solita solfa.
-mangio e tu lo sai, D.- -eppure sei bianco come una ragazzina perennemente a dieta. Sei troppo magro.-
Lo fisso, poi fingo una faccia offesa. –sai distruggere la mia autostima in pochi secondi, ogni volta.- lui sorride. –è il mio intento.-
Rimaniamo a nuotare e annegarci a vicenda per qualche ora, poi verso le otto Mia si affaccia al cancello di casa, e poi ci saluta. I capelli dello stesso colore del fratello sono legati in una treccia lunga. –Entra!- gli dico, sorridendole. Ha la mia stessa età, gemella di Davis. Non ci frequentiamo molto, ma è davvero simpatica. Lancia un’occhiataccia al mio amico. –mamma si sta chiedendo dove sei andato a finire, idiota. È pronta la cena da mezzora, e non rispondi al telefono.- -cazzo.- vedo il mio amico schizzare fuori dalla piscina e asciugarsi alla bell’e meglio infilandosi la maglietta. –devo scappare, Judy. Buona fortuna con l’universitario.- rido, ma sono nervoso.
 
Dopo cena mi chiudo in camera. Inizialmente voglio scrivere a mia madre, poi mi rendo conto che sono più propenso a buttarmi a letto. Tiro fuori il libro che sto leggendo ultimamente, e inizio a leggere rannicchiato tra le coperte. Sto per finire la pagina quando sento il motore dell’auto del ragazzo di Mia, che puntualmente la carica, le fa fare un giro per il quartiere, e infine si piazza dietro i cassonetti per permettere hai passeggeri di pomiciare per un oretta. Non sono un guardone, ma semplicemente è evidente. Non ho neppure mai visto il ragazzo, anche se so già che non merita Mia. Lo spiega il semplice fatto che le suona dal clacson, invece di andare alla porta, presentarsi ai genitori e tutta quella roba li. Comunque sia, ognuno sceglie le battaglie da intraprendere, Mia ha scelto lui. E va bene così.
Vado a dormire solo verso le tre, quando Sean viene a dirmi che sarebbe il caso di smettere di leggere. Immagino che avrebbe preferito un figlioccio più simile a lui, sportivo magari. È troppo gentile per farmelo pesare. Mi da un bacio colmo di sonno, e poi se ne va. E io sono nervoso, perché senza il libro  a riempirmi la mente non posso pensare ad altro che ad Aidan. Aidan Groove. Prossimo non-fratello. Carattere orribile. Bene. Solo il fatto di avere cognomi diversi segna la nostra prematura disarmonia. Sono davvero preoccupato.
 
 
 
Stamattina nessuna chiamata mi sveglia. Forse è per questo che lascio il letto solo a mezzogiorno. Sono distrutto. La verità è che passo la notte a rotolare nelle coperte, a sentire caldo, a pensare pensare e pensare fino alla mattina, quando mi viene sonno. L’universo è crudele. Mi infilo una maglia a caso, e dei jeans lunghi. Sfortunatamente sono gli unici puliti. Solo muovere le dita mi fa sudare. Non mi faccio neppure una doccia, sono troppo stanco. I capelli sono un disastro, e mi cadono sugli occhi continuamente. Afferro il cellulare e mi muovo apaticamente verso le scale. In cucina afferro una mela e mi butto distrattamente sul divano, mentre scorro i messaggi che mi sono arrivati fin ora. Diciassette sono di Davis, due di Sarah, uno di Rose. Lo apro. Mi chiede come va con Aidan, che dovrebbe essere appena arrivato.
Aidan.
Alzo gli occhi, e un ragazzo è seduto sull’ala del divano di fronte a me. Mi scruta truce.
-a me non lasciavano mangiare sul divano.- è tutto quello che dice, poi ritorna a fissare il suo cellulare. Rimango intorpidito a fissarlo per almeno altri cinque minuti, poi mi alzo.
-effettivamente, non so che farebbero se mi vedessero farlo. Sono Jude.-
-lo so.- si alza e sale le scale.
Probabilmente diretto nella sua stanza. Tutto come se non ci fosse mai stato. Prima che possa scegliere anche solo l’idea di smuovermi da li, suonano alla porta. Prima che io vada ad aprire entra Davis, con il suo sorriso da Satana buono. Mi osserva per qualche minuto, poi mi ruba la mela dalle mani, e infine ride. –hai visto Aidan.- la sua non è una domanda. Mi lascio cadere accanto a lui sul divano.
-com’è?-
-io proprio non lo so.-
E il rosso ride ancora.
 
 
 
 
Sono nella mia stanza e mentre mi vesto, ascolto il motore dell’auto del ragazzo di Mia, penso alla strana stanchezza immotivata del mio amico, sento bussare alla porta. La apro, e Sean mi sta fissando.
-Aidan mi ha detto che avete parlato.- lo faccio entrare, mentre infilo una maglietta grigia neutra. –parlare è una parola grossa- -già.- sean si passa una mano tra i capelli, ormai radi. –è un ragazzo complicato. Non farti paranoie, lo adorerai.- sorrido, ma dentro di me so che si sbaglia. Quel ragazzo è rimasto barricato in camera sua tutto il pomeriggio, tranne verso le cinque che è uscito in giardino a fumare. Neppure un rumore è uscito dalla sua stanza, che è attaccata alla mia, al terzo piano della casa, assieme alla Stanza Dei Trofei. I miei non-genitori stanno nel piano sotto il nostro, mentre il resto della casa si colloca come un enorme appartamento al piano terra. Giardino con prato e piscina integrato. È davvero bella, ma non posso fare a meno di pensare a quanta solitudine possa portare, una casa così grande, ad una coppia con il figlio sempre in viaggio. Sean mi sorride, poi esce e se ne va. Lo sento entrare nella camera di Aidan, e già me lo immagino ripetere le stesse cose a lui, ma parlando di me. Sorrido impercettibilmente, poi infilo dei jeans neri, lunghi, strappati alle ginocchia. Mi lavo la faccia nel bagno in corridoio, cerco di dare un senso hai miei capelli. Sono sempre troppo lunghi, ma proprio non riesco a tagliarli. Mi rendo conto che non ho idea di come sia fatto il mio nuovo non-fratello. Usava il cellulare, non mi ha mai neppure degnato di uno sguardo. So solo che ha i capelli neri, come la madre. Ed è alto. Molto, molto più alto di me. Esco dal bagno, infilo le converse nere e corro giù dalle scale. Rose e Sean mi sorridono, ma non vedo Aidan. –che carino che sei.- Rose mi da un buffetto sulla guancia. Sorrido. A volte penso che tutta questa gentilezza sia finta, che entrambi stiano solo tenendomi buono per paura che crolli. È ovvio che sanno, ma non ne parlano mai. Mi chiedo se anche Aidan sa. Li seguo mentre usciamo, e vedo un’auto nera, mai vista prima. Dalla forma allungata, lucida. Sembra una di quelle macchine sportive, ma non me ne intendo.
-tu vai con Aidan eh? Dai che ti aspetta. Noi siamo dietro di voi.- e poi entrambi scappano via, salendo nella loro auto. Mi si gela il sangue. Vogliono farci conoscere, è palese.
Raggiungo l’auto in panne, e salgo sul sedile del passeggero. Faccio un respiro profondo.
-beh…ciao.-
Silenzio. Cristo, ma per me non sa parlare. Anzi no, forse semplicemente è uno stronzo. Fa partire l’auto. Dopo venti minuti apre la bocca.
-avevo un nonno col tuo stesso colore di capelli.-
Poteva tenerla chiusa, quella bocca. Mi giro a guardarlo per la prima volta. Di profilo posso notare la sua mascella marcata, la pelle ambrata, simile al padre. I capelli nerissimi sono lisci, e le labbra rosee. Il labbro inferiore è sporgente in modo erotico. Okay, tralasciando la mia versione tratta dalla mia mente bacata, ha le ciglia lunghe e nere. Gli occhi.. non ne capisco il colore. Possono essere verdi, come marroni, come gialli. Indossa una camicia bianca, sopra ad un jeans nero. Sobrio, direi. E maniacale. Ogni cosa in auto è pulita, i capelli pettinati e il modo in cui tiene le mani sul volante incute un certo bisogno di controllo. I suoi occhi, prima intenti a fissare intensamente la strada davanti a se, ora mi fissano.
Aspetta, cosa?
-hai intenzione di scendere, Jack Frost?-
Sento le guancie scaldarsi in modo imbarazzante. Scelgo di scendere dall’auto prima che se ne accorga, anche se dal sorrisetto che ha in faccia so che ha notato la cosa.
 
 
 
-hai trovato un appartamento?-
Sean sta mangiando un piatto di spaghetti, mentre cerca di far parlare il figlio. Aidan scuote la testa.
-pensavo di restare a casa per un po’. Inoltre ho preso una pausa dall’università. Non fare quella faccia. Studierò  a casa per finire la sessione d’esami. Semplicemente voglio prendermi una pausa, ho studiato per tutta l’estate.-
Dal canto mio, tengo il viso basso, fissando il mio piatto di pasta alla carbonara. È la prima volta che assaggio il cibo italiano, e devo dire che mi piace. Non trovo il coraggio di alzare il viso. Lui è di fronte a me, ogni volta che finisce di parlare mi lancia un’occhiata penetrante. Lo so, lo percepisco dal pizzicore che sento in viso. Mi trafigge. La voce è distaccata e matura, con qualche nota più fredda del dovuto. I miei non-genitori sembrano abituati alla cosa. Nessuno mi ha ancora interpellato, e non so se la cosa sia positiva o negativa. L’unica consapevolezza che mi rimbomba nella testa è la sensazione di non centrare nulla con queste persone.
Mi chiedo se Aidan sappia di me, se sappia. Spero di si, perché non mi va proprio di doverne parlare. Sono stato così felice quando ho capito che i servizi sociali avevano detto tutto a Rose e Sean, non avrei potuto parlarne. Non ci sono mai riuscito. Non so neppure io cosa direi, se qualcuno me lo chiedesse. Non saprei proprio nulla, anche se si tratta di me. Ironico.
-..com’è che era il suo cognome?-
Alzo lo sguardo. Sono certo che quello di Aidan non sia un sorriso, è un ghigno in piena regola. Sarcastico, quasi cattivo. Rose sussulta. Sean rimane fermo, immobile, e fissa con sguardo di rimprovero il figlio. Hanno paura che mi abbia ferito. Lo ha fatto, ma va bene così. Lo so che non centro nulla con loro, e anche lui lo sa. È perspicace.
-Seen. Jude Seen.-
-ti presenti sempre alla James Bond?-
Una risata amara gli esce dalle labbra, poi prende il bicchiere e sorseggia della birra rossa. Piano. Vedo i suoi occhi scrutarmi, mentre il pomo d’Adamo sale e scende con mosse fluide.
Sento un tremore alle ginocchia.
-no, solo quando penso che la gente debba sentirlo due volte. Ho pensato che potesse sfuggirti,sai.-
Il suo viso si blocca per un attimo mentre poggia il bicchiere. Inespressivo.
Per tutta la serata sto ad ascoltare Adian e il padre discutere su le ultime partite fatte dal primo, su come quest’anno la squadra della mia nuova scuola potrebbe vincere il campionato di lacrosse. Non ho mai giocato, ma sembra che Aidan sia una sottospecie di campione. Rose mi inserisce nel discorso, e finiamo per parlare di macchine fotografiche e serie tv che la incuriosivano. Mi piace Rose. La sua voce sa rilassarmi. Noto che evita ogni argomento possa impensierirmi. Mi dispiace pensare al giorno in cui dovrò sparire e proteggerla.
Con quel pensiero mi faccio venire un piccolo sorriso rilassato. Non importa se mi troverò male con Aidan. Si tratta di una sistemazione passeggera, poi scomparirò dalla sua vita.
La serata finisce così, e alla fine mi ritrovo sui sedili posteriori dell’auto di Sean. Aidan ha detto che passerà a salutare degli amici, non torna con noi. Meglio.
Quando torno sono le dieci e mezza, e decido di scrivere a Davis. L’ho ignorato tutta la sera.

A Davis Weasley:
serata da schifo. L’universitario è simpatico come una scopa nel culo
22.33

Da Davis Weasley:
Pensavo ti piacessero le cose nel culo, mio piccolo amico checca.
22.40

A Davis Weasley:
Vaffanculo, bastardo. Diobono, perché sono tuo amico? e poi io non sono gay.
22.40

Da Davis Weasley:
se tu non sei gay i miei capelli sono neri. E poi tu mi adori, è per questo che siamo amici. Ah, e per la piscina.
22.42

A Davis Weasley:
‘fanculo. Senti domattina mi accompagni a prendere delle cose? La scuola inizia lunedì e io non ho ancora comprato la cancelleria. E non ho nulla, e non ho la più pallida idea di dove prenderla. Lo fai?
22.45

Da Davis Weasley:
okay Judy, ragazzina. Ora vado, ho voglia di guardami Percy Jackson. Buonanotte J
22.46

A Davis Weasley:
non chiamarmi Judy, ne ragazzina. Devi piantarla con quel film, davvero. È un offesa per ogni fan del libro. Potresti smettere di essere mio amico per questo, finto Weasley.
Buonanotte J
22.50
 
Quando mi infilo a letto sono le 23.30, così prendo un libro e inizio a leggere fino alle 3.15, l’ora in cui sento la porta di casa aprirsi e Rose (evidentemente era rimasta ad aspettare in salotto) urlare a Aidan che era uno stupido. Quando lo sento entrare nella sua stanza, capisco il motivo per cui un ragazzo così attento all’autocontrollo cammini in modo così scostante, appoggiandosi al muro. È ubriaco. Ubriaco fradicio.
Pieno di quesiti mi metto a dormire, spegnendo la lampada.
 



Angolo Autrice: 
ciaoo. spero la storia sia piaciuta, o per lo meno sia stata letta. Sono consapevole che il capitolo è un pò lungo, ma a me piace così. Se la lungezza è un problema, fatemelo presentee. Sul passato di Jude si saprà molto di più andando avanti con la storia, e anche la personalità di Aidan sarà più approfondita man mano si andrà avanti. Spero di avervi incuriosita! una buona parte dei capitoli sono già pronti, e posto ora causa esami (già, perchè la matematica me la devo studiare pure d'estate) e.. beh, basta così. è  la mia prima storia orginale su una coppia omosessuale, quindi formare le personalità di ogni personaggio è stato difficile, perchè tutte complesse e in cambiamento. Non ho potuto non affezzionarmi ad ognuno di loro, scrivendo questa storia :) spero per voi sia lo stesso. 
Dovrei postare ogni settimana, e per cose da correggere che avete notato o semplicemente per dirmi che ne pensate di questa cosa, lasciate un commentino! 

-TheSoulOfTheWind. 
   
 
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