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Autore: kalanchoe    04/02/2009    4 recensioni
Introduzione modificata. Si prega di prestare attenzione nella chiusura corretta dei tag.
Rinoa81, assistente amministratrice.
Hidan. Era quello il nome del diavolo. Shika. Il marito. Temari. La moglie. Hidan. Il peccato. Tra l'impeto del male e quello della passione. Sulle note di Pescatore. Dedicata a Bambi88. Spero vi piaccia...Aspetto i vostri commenti...
Genere: Romantico, Song-fic, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Temari, Hidan, Shikamaru Nara
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Malaspina (Pescatore - Bertoli, Mannoia) La bocca del ragazzo moro si aprì in un grosso sbadiglio.
-Ehi, Cho- disse, rivolto all’amico. –come va a prua?-
L’altro ragazzo sbuffò.
-Niente, non ha abboccato ancora niente…- rispose, annoiato. –Oggi i pesci sono tutti in vacanza!-
-Come tutti gli altri giorni…- continuò deluso il moro, sistemandosi il cappello di paglia sulla testa e iniziando a guardare il paesaggio che lo circondava.
Il sole si rifletteva sulle increspature della superficie marina facendola scintillare. Il cielo era terso con qualche nube qua e là.
Sarebbe stato uno spettacolo fantastico di cui godere, se la loro attenzione non fosse stata completamente catturata dai galleggianti immobili delle canne da pesca.
-Shika!- lo chiamò Choji, improvvisamente entusiasta. –Prendi il retino, ha abboccato qualcosa…-
Il ragazzo si alzò in piedi sulla barca, afferrando la canna da pesca con entrambe le mani e iniziando a riavvolgere il mulinello.
-Eccomi, arrivo!- rispose l’altro, prendendo il retino che aveva ai piedi e andando verso l’amico.
-Accidenti!- esclamò Choji, lasciando cadere la grossa mole del suo corpo a peso morto sulla barca. –Non è possibile!Mi ha spezzato la lenza!-
Shikamaru sbuffò, sedendosi accanto all’amico e lanciando il retino a poppa.
-Maledizione!Che seccatura!- urlò, nervoso.
Erano giorni che tornavano a casa con i secchi quasi completamente vuoti. Intere giornate trascorse in alto mare per portare a casa solo qualche misero pesce.
-Inizio  a preoccuparmi davvero…- esordì Choji, passandosi una mano tra i capelli castani e arruffandoli più di quanto già lo fossero. –Non è possibile che tutti i pesci si siano dileguati…-
-Dobbiamo cercare di pensare...- iniziò Shikamaru, assumendo l’atteggiamento concentrato di chi elabora una strategia di guerra. –Che seccatura!Ma come faceva Asuma a trovare sempre la zona giusta per pescare?!-
-In questo era un genio…- continuò Choji, rovistando nella borsa in cui vi erano i viveri. –Forse avremmo dovuto adagiarci di meno sulle sue capacità e sulla sua esperienza e applicarci per capire le sue “strategie”…-
Detestava ammetterlo, ma Choji aveva ragione!
Asuma sapeva sempre quale zona scegliere per procurarsi i pasti…
Avrebbe dovuto farsi spiegare, non limitarsi a seguire le sue indicazioni…Dannata la sua pigrizia!
Ora che Asuma era morto, dovevano cercare di cavarsela da soli…
Accidenti a quella tempesta che aveva inghiottito il loro “capo”!
-Adesso Asuma non c’è e quindi dobbiamo trovare noi un modo…Ci ha lasciato degli elementi su cui lavorare, dobbiamo studiarli un po’…- esclamò Shikamaru, fissando l’acqua cristallina.
Aveva due famiglie da mantenere, adesso!Dal suo lavoro doveva ricavare denaro e cibo a sufficienza per far vivere quattro persone…
-Facciamo una pausa…- esordì Choji, addentando una fetta di pane. –E’ da stamattina che proviamo a tirare su qualcosa da questo mare deserto…-
Shikamaru alzò gli occhi al cielo. Il sole era a picco su di loro, segnalando l’ora del pranzo.
Il moro iniziò a guardarsi intorno, appesantito dalla calura estiva. Sorrise, ripensando all’ultima immagine che aveva della terra ferma.

Quella mattina, la sua seccatura era bellissima. La brezza marina le accarezzava i capelli biondi, schiariti dal sole; la pelle abbronzata riluceva alle prime luci dell’alba che si riflettevano negli occhi acquamarina.
Aveva scrutato quella figura, dimagrita dalla povertà, in tutto il suo splendore mentre la barca si allontanava dalla costa, salutandola con la mano. Si era beato del bacio che lo aveva raggiunto, partito dal palmo della sua mano, prima che quella stessa  tornasse a posarsi  sul capo del bimbo che era attaccato alla sua gonna.
Aveva lasciato lì le due figure,  mute l’una accanto all’altra, a guardarlo allontanarsi.
Temari e quel bambino, che considerava suo nipote nonostante nessun vincolo di sangue li unisse.
Temari e il figlio di Asuma, che aveva insistito per accompagnarlo.
Temari e il figlio di Kurenai, che ormai considerava sua cognata.
Tre vite di cui era responsabile.
Tre motivi che lo avevano spinto a tentare un’uscita in barca più lunga del solito, per potersi allontanare alla ricerca del pesce che scarseggiava.
Tre affetti che lo avevano spinto, speranzoso,  verso quei due giorni in mare.

Getta le tue reti
buona pesca ci sarà
e canta le tue canzoni
che burrasca calmerà
pensa pensa al tuo bambino
al saluto che ti mandò
e tua moglie sveglia di buon mattino
con Dio di te parlò
con Dio di te parlò

Temari pose le labbra sul palmo della mano, soffiandovi sopra in direzione della barca che si allontanava lentamente dalla costa.
Sperava ardentemente che l’idea di Shikamaru servisse a risolvere la situazione in cui erano…
La bionda lasciò ricadere la mano lungo il fianco, poggiandola sulla testa del bambino che le era aggrappato alla gonna logora.
Gli occhi acquamarina fissavano l’orizzonte.
Era una donna stanca, piegata dalle fatiche di una vita di rinunce e povertà.
Vide la piccola imbarcazione rimpicciolire gradualmente.
-Andiamo a casa.- disse, rivolta al bimbo che aveva iniziato ad agitare la piccola mano in segno di saluto all’equipaggio della barca. –Dai, che la tua mamma ci aspetta.-
Afferrò la manina morbida, che stonava contro il ruvido della sua, temprata da freddi inverni e lunghe stagioni.
Un visino tondo iniziò a fissarla mentre lo guidava con sé sulla strada di casa.
Si augurava che il mare restasse tranquillo.
Sperava che suo marito e Choji rientrassero sani e salvi.
Pregava perché le onde li risparmiassero.
Una strana sensazione la invase. Ansia mista a sollievo.
Ansia per la difficoltà dell’impresa.
Sollievo per i due giorni scevri di liti che la attendevano.
Era sola.
Soltanto due giorni.
Poi tutto sarebbe ritornato come prima.
I disagi non avevano logorato soltanto il suo aspetto esteriore, ma anche il suo rapporto con Shikamaru.
La bionda continuò a camminare, la testa alta, lo sguardo fiero.
L’anima celata dalla maschera che il suo orgoglio aveva faticosamente costruito.
Era una moglie corretta, virtuosa.
Si era faticosamente relegata al ruolo impostole dalla società.
Continuava ad onorare sentimenti ormai opachi, lontani nel tempo e nella mente.
Fissò il bambino che le camminava vicino: assomigliava incredibilmente al padre di cui non avrebbe conservato molti ricordi. Asuma sarebbe stato solo un’ombra confusa del suo passato.
Temari ricordava bene il momento in cui i sogni di Kurenai si erano infranti.

-Oh, piccolino…- esclamò Temari, sollevando tra le braccia il bambino, impacciata.
-Sono stanchissima!Da quando ha iniziato a mettere i dentini, non si dorme più la notte…- iniziò Kurenai, il viso provato, ma felice. –Ieri sera è riuscito persino a non far dormire Asuma…Speriamo che oggi non si sia addormentato sulla barca…-
-Non preoccuparti, Shikamaru sicuramente lo avrà tenuto sveglio…Se tuo marito si fosse addormentato, lui sarebbe stato costretto a restare sveglio…Non credo che lo avrebbe permesso!- rise forzatamente la bionda, sedendosi con il bimbo sulle gambe.
-Non si è saputo ancora niente?- chiese Kurenai, lo sguardo preoccupato in quello acquamarina dell’altra.
-No, non ancora…Ma vedrai che torneranno presto…- la rassicurò la bionda, un tremito nella voce. –Asuma ha molta esperienza e non si sarebbe mai lasciato sorprendere dalla tempesta di oggi…-
-Si, ma…era stanco…è tardi…non sono mai rincasati così tardi…-
-Magari hanno avuto qualche problema con la barca proprio a causa della burrasca di oggi…Aspettiamo ancora un po’. Se tra un’ora non li vedremo arrivare, ci incammineremo verso la costa…Per ora è meglio attendere…-
Kurenai si alzò. Le gocce di pioggia continuavano a impattare contro il vetro.
-Speriamo che sia tutto a posto…- mormorò, mesta.
Temari continuava ad ostentare una calma e una sicurezza che non le appartenevano.
-Temari, andiamo!- iniziò la mora, decisa. –Non ce la faccio più ad aspettare…-
La bionda guardò l’altra, annuendo.
-Prendo qualcosa per coprirci…- disse, alzandosi e andando nell’altra stanza.
Toc. Toc. Toc.
Il fiatò si spezzò a entrambe le donne. Rimasero paralizzate.
Il bambino  tra le braccia di Temari iniziò ad agitarsi.
Kurenai si riscosse per prima.
Si precipitò ad aprire.
Shikamaru e Choji comparvero sulla soglia.
I volti rigati dalle lacrime.
L’urlo straziato di Kurenai risuonò nella stanza.

Shikamaru sarebbe tornato.
Shikamaru doveva tornare!

Dimmi dimmi mio Signore
dimmi che tornerà
l'uomo mio difendi dal mare
dai pericoli che troverà
troppo giovane son io
ed il nero è un triste colore
la mia pelle bianca e profumata
ha bisogno di carezze ancora
ha bisogno di carezze ora

Shikamaru sbadigliò rumorosamente.
-Che noia!- esclamò, voltandosi verso Choji. –Ehy, lascia qualcosa da mangiare anche a me!-
-C’è ancora molta roba, non preoccuparti…-
Se c’era una cosa che Choji non si sarebbe mai fatto mancare, questa era il cibo!
Shikamaru guardò annoiato l’acqua.
-Al diavolo!- esclamò, gettando la canna a terra. –Vengo a pranzo…Tanto non abbocca nulla!-
Il moro si sedette vicino all’amico, afferrando l’involto che gli porgeva.
-Ehy, Shika…- iniziò il castano, guardando preoccupato l’orizzonte davanti a sé. –Se questi due giorni non avranno l’esito che speriamo…-
-Nel caso cercherò un’altra soluzione…Per il momento, preferisco non pensarci…- lo bloccò il moro, fissando il pasto che stava consumando lentamente.
Sarebbe stata l’ennesima delusione per la sua Temari…
Sarebbe stato l’ennesimo fallimento...
Ancora una volta, avrebbero dovuto accontentarsi di un piatto semivuoto…
Shikamaru si alzò di scatto.
-Rimettiamoci a pescare…Deve funzionare!- mugugnò tra i denti.
Un lampo squarciò il cielo che si stava coprendo di nubi minacciose.
Il rumore sordo del tuono echeggiò pochi istanti dopo.

Pesca forza tira pescatore
pesca e non ti fermare
poco pesce nella rete
lunghi giorni in mezzo al mare
mare che non ti ha mai dato tanto
mare che fa bestemmiare
quando la sua furia diventa grande
e la sua onda è un gigante
la sua onda è un gigante

Temari percorse la stretta strada, volgendo lo sguardo alla fila dei banchi del mercato rionale.
-Pesce fresco!Pesce pescato stanotte!-
-Stoffe!Stoffe!- urlò l’uomo dietro il banco, cercando di vendere la merce. –Belle stoffe per belle signore!-
-Buongiorno, Kiba!- esclamò la bionda, rivolgendo un saluto all’amico.
Temari si fermò ad osservare i tessuti esposti, accarezzando con la mano quelli più vicini a lei.
Belle stoffe. Costose, soprattutto.
-Ehy, Tem!Hai deciso di mandare finalmente via Shika e di metterti con me?!- disse il castano, strizzandole l’occhio.
-Ti piacerebbe!- rispose lei, innervosendosi per lo scherzo.
-Dai, non dirmi che te la sei presa…Tuo marito ti ha fatta diventare noiosa come lui?-
-La tua ex fidanzata ti ha fatto diventare maiale come lei e poi ti ha tramutato in cervo?!- gli rispose, arrossendo per la rabbia.
-Un destino che divido con tuo marito, mia cara…-
-Non credo sia questo il modo di rivolgersi a una donna…-
Temari si volse, pronta a berciare contro la persona che si era intromessa.
-So difendermi da sola, graz…-
La fine della frase le morì in gola.
Un uomo albino, vestito in maniera elegante, la fissava con un sorriso provocatorio sulle labbra.
Il volto di un diavolo.
Il volto del peccato.
-Signor Hidan!- esordì Kiba.
Hidan.
Era quello il nome del diavolo.
-Le prendo subito la contabilità…- continuò Kiba, innervosendosi visibilmente mentre cercava frettolosamente tra i fogli.
Gli occhi acquamarina rimasero inchiodati in quelli dell’uomo, affascinati.
-Kakuzo, controlla tu la contabilità del signor Inuzuka!- esordì Hidan, senza voltarsi. –Io ho altro da fare!- continuò, avanzando verso una Temari immobilizzata da quello sguardo penetrante, il sorriso appena accennato sempre dipinto sul volto.
Le afferrò la mano.
-Piacere di conoscerla, signorina!- le disse, esibendosi in un teatrale baciamano.
Temari continuò a fissare gli occhi furbi che la divoravano.  
Era quello lo sguardo del diavolo.
Hidan la osservava. Gli occhi correvano impazziti dal viso, all’incavo del collo, alla scollatura modesta che, però, non nascondeva il seno abbondante, ai fianchi morbidi.
Tentazione pura.
Un brivido le percorse la schiena, riscuotendola.
-Piacere…- disse in un soffio, imbarazzata.
-Posso sapere qual è il nome della bellissima donna a cui ho l’onore di stringere la mano?-
-Temari Sabaku.-
La bionda intuì solo allora l’equivocità della situazione.
-Temari Sabaku Nara.-
-Nara?- le fece eco l’uomo, scoppiando in una fragorosa risata.
-Si, moglie del signor Shikamaru Nara.- ripetè lei, ferita dalle risa dell’altro.
Hidan si volse, guardandosi intorno.
Si avvicinò lentamente –pericolosamente- a Temari, sfiorandole il corpo con il suo. Temari potè quasi sentire l’odore di tabacco aromatizzato sfiorarle la pelle, inebriandola.
La bionda socchiuse gli occhi.
Hidan sorrise furbescamente, cogliendo una rosa selvatica da un cespuglio accanto al banco di stoffe.
-Per voi, signora Temari Sabaku Nara.- le disse, senza che gli angoli di quella bocca perfetta si inclinassero.
La bionda si guardò intorno: Kiba aveva il naso immerso tra le carte della contabilità, nessun passante aveva un viso a lei noto.
La rosa le ondeggiò davanti agli occhi.
Rossa.
-Allora, vuole accettare questo modesto dono?- le disse l’albino, le labbra strette ancora in quel ghigno sensuale. –Le assicuro che non si comprometterà…E’ soltanto un omaggio alla sua bellezza…-
Diavolo tentatore.
Temari prese la rosa rossa che le porgeva, sfiorando le mani candide di lui.
Donna peccatrice.

Dimmi dimmi mio Signore
dimmi se tornerà
quell'uomo che sento meno mio
ed un altro mi sorride già
scaccialo dalla mia mente
non indurmi nel peccato
un brivido sento quando mi guarda
e una rosa egli mi ha dato
una rosa lui mi ha dato

Pioggia e vento imperversavano fuori dalla finestra.
Temari intravedeva la rosa rossa sul tavolo di legno scuro della cucina.
Tirò le coperte fino alla spalla per coprire il seno nudo.
Donna peccatrice.
Hidan si volse di scatto, mostrandole le spalle larghe. I capelli chiarissimi sostituivano quelli scuri che giacevano di solito su quel cuscino.
Diavolo tentatore.
Temari gli si avvicinò, posando le labbra sull’incavo del collo, sulla scapola ampia.
Hidan si volse, puntando gli occhi di ghiaccio in quelli acquamarina di lei. Incurvò le labbra, lasciando affiorare di nuovo quel sorriso magnetico.
Temari lo fissò, incapace di ragionare.
Improvvisamente, Hidan le afferrò i fianchi tondi e si portò sopra di lei, iniziando a baciarla.
-Sei mia, cazzo. Sei mia!- esclamò, i respiri che si accorciavano.
Temari socchiuse le palpebre, inebriata dal piacere di quelle labbra che percorrevano ogni centimetro del suo corpo.
-Hidan!- gli sussurrò nell’orecchio, affondando le unghie nella carne albina e respirandone l’odore.
-Zitta, signora Temari Sabaku Nara!- le intimò lui, il respiro sempre più affannoso, circondandola con le braccia.
Avvolgendola tra le spire.
Temari dischiuse le palpebre.
La luce grigia del tardo pomeriggio filtrava dalle persiane e illuminava i due corpi avvinghiati.
Donna peccatrice e diavolo tentatore, l’uno nell’altra.
La pelle dorata di lei incorniciata da braccia diafane.
Gli occhi acquamarina, soffusi di piacere, persi in quelli serpentini dell’albino.
La rosa rossa sul tavolo come monito per i peccatori.
Temari socchiuse di nuovo le palpebre, affondando con più veemenza le unghie nella carne pallida.
Quattro righe rosse comparvero sulla schiena ampia che la copriva.
Una lacrima imprigionata tra le ciglia chiare.
Gioia –e dolore-.
Pioggia e vento si placarono.

Rosa rossa pegno di amore
rosa rossa malaspina
nel silenzio della notte ora
la mia bocca gli è vicina
no per Dio non farlo tornare
dillo tu al mare
è troppo forte questa catena
io non la voglio spezzare
io non la voglio spezzare

Shikamaru si trascinò verso la riva, riemergendo pian piano nell’oscurità della sera.
Cadde in ginocchio, la sabbia che si attaccava alle membra bagnate.
Al suo fianco, Choji si lasciò cadere a terra con un tonfo sordo, tossicchiando.
-Dannazione!- urlò il moro, raccogliendo le ultime forze che aveva.
-Non ce la faccio ad arrivare a casa a piedi, ora.- ribattè l’altro, la guancia sulla sabbia.
Shikamaru osservò le nuvole allontanarsi nel cielo plumbeo.
Traditrici.
-Accidenti!- continuò Shikamaru, guardando con rabbia il relitto della barca lambito dalle onde. –Guarda la barca!Siamo partiti per cercare di risolvere un problema e cosa abbiamo ottenuto?!-
-E’ un miracolo se siamo riusciti a tornare a riva, Shika. Avremmo potuto affogare entrambi nella tempesta…-
Il moro raccolse le forze, alzandosi lentamente da terra.
-Maledizione!- imprecò, dando un calcio ai resti dello scafo. Raccolse da terra un pezzo dello scafo e lo scagliò in direzione delle nuvole.
Traditrici.
Afferrò un altro frammento ligneo e lo lanciò nel mare.
Traditore.
Tirò un ultimo calcio allo scafo semidistrutto, cercando di dar sfogo alla rabbia.
-Shika.- lo chiamò Choji, mesto. –Andiamo a casa.-

Pesca forza tira pescatore
pesca non ti fermare
anche quando l'onda ti solleva forte
e ti toglie dal tuo pensare
e ti spazza via come foglia al vento
che vien voglia di lasciarsi andare
più leggero nel suo abbraccio forte
ma è così cattiva poi la morte
è così cattiva poi la morte

Temari sollevò lentamente una palpebra, cercando di vedere qualcosa nell’oscurità che permeava la camera da letto.
-Hidan…- sospirò, cercando con il braccio tra le coperte l’uomo con cui aveva trascorso il pomeriggio –commesso il peccato-.
Nessuna risposta. Nessun corpo albino disteso accanto al suo. Nessun occhio serpentino pronto a fissarla, provocante.
La bionda si alzò, sciogliendo le coperte intrecciate intorno al suo ventre e portandole con sé.
-Hidan…- chiamò l’ombra che intravedeva nella stanza adiacente.
-Che vuoi, stronza?- la freddò lui, atono.
Gli occhi acquamarina indugiarono sulle spalle larghe, sulle quattro linee rosse che percorrevano la schiena candida.
Diavolo tentatore.
La bionda gli si avvicinò piano.
-Hidan…- iniziò.
-L’hai già detto, signora Temari Sabaku Nara!- la beffò, calcando il tono sull’ultima parola pronunciata e scoppiando a ridere.
Temari strinse le labbra.
-Che fai?- continuò, ignorando il ghigno dell’altro.
-Me ne vado…Ho da fare, io!- continuò Hidan, il sorriso che continuava a inarcargli le labbra. –Devo scoparmi qualche altra mogliettina virtuosa…Credevi fosse un privilegio riservato solo a te?-
Continuò freddo, aprendo la porta.
Un rivolo di luce lunare si infiltrò sul pavimento ligneo, illuminando i piedi nudi di una Temari sbigottita.
-Prendi la mia borsa, idiota!- urlò l’albino, rivolgendosi a un’ombra all’esterno e lanciando il bagaglio nell’oscurità.
Temari gli si avvicinò, aggrappandosi al suo braccio e costringendolo a voltarsi.
Gli occhi peccatori –non meno dei suoi- la imprigionarono; le braccia possenti la strinsero forte alla vita, mozzandole il fiato; l’alito caldo dell’uomo scivolò lungo la linea del collo, facendola rabbrividire; la lingua di lui ripercorse il tratto di pelle, sensibilizzato dal flebile contatto precedente, per poi insinuarsi fra le sue labbra.
La bionda si ritrovò avvinghiata a quel corpo tentatore, di nuovo preda dei suoi sensi. Incredibilmente risvegliati.
Il lenzuolo che la copriva cadde a terra. Dimenticato.
Hidan si sciolse dalla presa morbosa continuando a fissarla, malizioso.
-Signora Nara, le auguro una buona serata!- sibilò prima di scoppiare in una fragorosa risata.
-Torna!- mormorò Temari, allibita.
Il sorriso inarcò le labbra sottili dell’uomo.
-Arrivederci…- rispose, varcando l’uscio. –Kakuzo, stupido coglione, andiamo!- urlò poi, rivolto all’ombra.
Temari osservò la sagoma dai capelli argentini allontanarsi illuminata dalla fioca luce lunare.
Raccolse il lenzuolo da terra e vi si avvolse.
Gli occhi acquamarina annegati nelle lacrime che cercava di trattenere rimasero a fissare la rosa rossa.

Dimmi dimmi mio Signore
dimmi che tornerà
quell'uomo che sento l'uomo mio
quell'uomo che non saprà
che non saprà di me,
di lui e delle sue promesse vane
di una rosa rossa qui tra le mie dita
di una storia nata già finita
di una storia nata già finita

Shikamaru trascinava le membra pesanti lungo il sentiero illuminato dalla luce lunare, stanco.
-Non ce la faccio più, Shika.- esclamò Choji al suo fianco, ansimante.
-Domani ci aspetta una giornata faticosa…Dobbiamo iniziare a sistemare quello che resta della barca…- iniziò Shikamaru, interrompendosi per osservare le luci del villaggio ormai vicino.
Domani.
-Forza Cho, siamo quasi arrivati a casa!- incoraggiò l’amico, le gambe tremanti e contratte dallo sforzo.
-Shika, ora come faremo?Avevamo già abbastanza problemi…E adesso?- iniziò il castano, la voce atona. –Queste giornate avrebbero dovuto risolvere i nostri problemi, non peggiorarli!-
-Ce la faremo.- ribattè l’altro, asciutto.
Ce la faremo?
Le due figure continuarono a camminare l’una accanto all’altra, mute.
Shikamaru si arrestò, lo sguardo perso nel buio , l’attenzione catturata da due sagome che avanzavano nella loro direzione.
Due uomini, a giudicare dalla grandezza delle ombre.
I due continuarono ad avvicinarsi, passando nella parte del sentiero illuminata fiocamente dalla luce lunare.
Il moro sussultò, riconoscendo la sagoma albina di Hidan.
Il diavolo.
-Buonasera, signor Hidan.- esclamò Choji, seguito da un cenno del capo del moro.
-Kakuzo, precedimi, razza d’idiota!- rise l’albino, rivolgendosi alla sagoma che gli era rimasta accanto. –Guarda chi cazzo dovevo incontrare stasera…Spero che anche a voi la pesca sia andata bene…-
Gli occhi serpentini si socchiusero e l’aria vibrò di una fragorosa risata.
-Bhè, ci sono stati degli imprevisti…- iniziò Choji, subito interrotto da un cenno di Shikamaru.
-Vi ricordo che il vostro debito deve ancora essere saldato…- continuò Hidan, ghignando. –Avevo cercato di proporre un pagamento alternativo, ma qualcuno non ne ha voluto sapere…-
-Ne abbiamo già parlato, Hidan…- ringhiò Shikamaru, le mani tremanti di rabbia.
-Se solo avessi accettato la mia richiesta, adesso saresti libero di morire di fame in santa pace!Le riparazioni della barca sono costate molto…Quando hai avuto bisogno di denaro, io te l’ho prestato…- continuò ridendo, oltrepassando i due e mostrando loro le spalle.
-Hidan, piuttosto che permetterti di sfiorare mia moglie…-
-Si, si…faresti qualunque cosa…Bla, bla, bla…- lo derise, malefico. –Ma lo stai già facendo…Piuttosto che concedermi tua moglie, la stai condannando a morire di stenti.-
L’albino esplose in un’altra risata, malvagio.
-Avrai il tuo denaro.- tagliò corto Shikamaru.
-Se ci fosse stato ancora il povero Asuma…Non vi avrebbe permesso di accettare prestiti da un tipo come me...- ghignò, fermandosi. –Ma è morto, vi ha lasciato in eredità un relitto da sistemare e una scarsa abilità nel pescare…E voi dovete ripagare il vostro debito!-
Hidan iniziò a ridere, rovesciando il capo canuto indietro e raggiungendo Kakuzo che lo attendeva a pochi metri di distanza.
Shikamaru e Choji lo guardarono allontanarsi.
Il diavolo.
***

-Cho, a domani. Cerca di riposare.- lo salutò Shikamaru con un cenno del capo.
-Okay, a domani.- gli rispose, entrando in casa.
Shikamaru percorse il breve tratto che separava la sua casa da quella dell’amico, le mani nelle tasche, i piedi strascicati.
La luce tenue del fuoco nel camino filtrava attraverso le persiane chiuse.
Shikamaru bussò piano, due volte.
-Chi è?- gli rispose la voce di Temari dall’interno.
-Sono io.- le rispose, mesto.
Lo sguardo di Shikamaru cadde sulla rosa rossa appassita che giaceva a terra.
Ricordo del diavolo tentatore.

Pesca forza tira pescatore
pesca non ti fermare
poco pesce nella rete
lunghi giorni in mezzo al mare
mare che non ti ha mai dato tanto
mare che fa bestemmiare
e si placa e tace senza resa
e ti aspetta per ricominciare
e ti aspetta per ricominciare.


Note:
Ed ecco una nuova creazione...
Dedicata  alla mia beta, bambi88. Perchè, come ama sottolineare:
1- mi ha fatto conoscere la canzone e l'ha cantata talmente tante volte da farmela imparare a memoria;
2- questa canzone è stata utilizzata come strumento di tortura  verso il povero Fabri;
3-  sognamo entrambe Hidan o qualcuno con una rosa rossa (ma moooolto cattivo).
Un bacio, tesoro, e grazie!
  
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