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Autore: Lynn Universe    01/09/2015    5 recensioni
E se il mondo delle gemme non fosse riservato solo a quelle creature di luce?
E se anche gli umani volessero iniziare a capire e a comprendere?
L'incontro tra Jackie e la gemma Lapis Lazuli creerà un nuovo intreccio tra questi due mondi.
//
Avvertimento spoiler per chi non ha ancora finito di vedere gli episodi della seconda e terza Stevenbomb.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Lapis Lazuli/Lapislazzuli, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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I am Lapis Lazuli

Act. 3: Do you remember?

 
Certo non era facile vivere con quel peso sulle spalle.
Era passata solo una settimana e già ero distrutta da quella situazione.
Lapis non era certo un fastidio, anzi, mi era di compagnia quando tornavo a casa e la notte era disposta a fare la guardia per permettermi di riposare, ma quella sensazione restava.
Forse era solo una mia impressione ma più tempo passavo a contatto con le gemme, più iniziavo a sentire l’atmosfera carica di tensione, come se stesse per accadere qualcosa di grosso.
Cercai di non farci troppo caso, avevo ben altro a cui pensare.

-‘Giorno Lapis…- Sbadigliai salutandola non appena entrai in cucina.
-Buongiorno.- Rispose lei andando a sedersi al tavolo.
-Hai fame?- Le chiesi mentre aprivo il figo per prendere qualcosa da mangiare.
-No, per oggi passo…-
Io alzai le spalle e, notando che avevo completamente dimenticato di comprare qualcosa da mangiare, presi una lattina di Cola e richiusi il frigo.
Andai a sedermi al tavolo della cucina iniziando subito a bere la bibita sperando che saziasse almeno la mia sete di caffeina.
Non appena abbassai lo sguardo verso la gemma notai che non aveva il solito sguardo vispo e attento a quello che le accadeva intorno, sembrava giù di corda o forse stanca.
In effetti non l’avevo mai vista chiudere occhio da quando si era stabilita con me.
-C’è  qualcosa che non va? Hai bisogno di una notte di pausa?- Le chiesi, poggiando la lattina sul tavolo.
A quelle parole alzò istantaneamente gli occhi verso i miei, sembrava spaesata.
-Oh, no, no, sono solo…nulla, sto bene.- Rispose distogliendo immediatamente lo sguardo.
-Sei sicura?-
Provai ad insistere ma in risposta la vidi solo annuire con convinzione.
Naturalmente sospettavo qualcosa ma non volevo forzarla a parlare.
Lasciai la lattina sul tavolo della cucina e iniziai a prepararmi, quel giorno Steven mi avrebbe parlato di sua madre.
Non avevo mai toccato troppo l’argomento ma a quanto pare per lui era importante informarmi della situazione. Era un ragazzino così dolce e premuroso, sapere che aveva perso la madre ancora prima di nascere mi stringeva il cuore.
Sapevo bene cosa significava essere soli, perdere un genitore, ma la sua situazione era leggermente diversa.
Mentre mi infilavo una maglietta grigia sopra ai miei soliti jeans scuri vidi Lapis affacciarsi alla porta della camera.
Non aprì bocca, rimase lì a fissarmi mentre finivo di vestirmi.
-C’è qualcosa che non va?- Le chiesi, sedendomi sul materasso mentre allacciavo le scarpe.
Lei scosse la testa incrociando le braccia al petto, come se stesse tenendo qualcosa tra le mani.
Sospirai poggiando i gomiti sulle ginocchia, quel silenzio iniziava a darmi fastidio.
-Senti, so che questa non è una situazione semplice ma ci sono dentro anch’io, perché non vuoi dirmi cosa c’è che non va?- Le chiesi ancora una volta, alzandomi dal letto per avvicinarla.
A quelle parole il suo sguardo si fissò sul mio, la sua espressione cambiò da neutra ad irritata in un istante. Almeno ottenni una reazione.
Anche se quando mi guardava in quel modo faceva paura ora avevo la sua attenzione.
-Jackie, tu non hai idea della situazione in cui sei piombata.- Disse brusca.
A quelle parole aggrottai le sopracciglia e abbassai lo sguardo verso le sue braccia, ero sicura che stesse tenendo qualcosa tra le mani.
-Non hai idea di cosa ho fatto, non hai idea di cosa sta per accadere…- Stavolta distolse lo sguardo stringendosi nelle spalle.
A quel punto iniziò a sciogliere quella stretta. Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi continuando a tenere i pugni stretti, non aveva intenzione di guardarmi negli occhi.
-Non hai idea di chi ho punito per acquisire la mia libertà.- Aggiunse a denti stretti, come se servisse per non farla urlare.
Non riuscivo a capire, perché aveva iniziato a parlare di quelle cose?
Iniziò ad allungare un braccio verso di me, non appena lo tese completamente aprì il pugno con una lentezza straziante.
Sul palmo della sua mano riposava una gemma arancione e rossa, il taglio a cometa esaltava i colori caldi e le striature di cui era composta.
Non appena realizzai mi allontanai dalla sua mano, non poteva essere vero.
-Lapis, questa?-
-Si, e non so in quanto tempo prenderà la sua nuova forma.- Rispose a testa bassa.
Jasper, quella gemma per poco non distruggeva quello che restava dell’armata di Rosa e ora era lì, nel palmo della sua mano.
Per quanto avrebbe riposato all’interno della sua gemma? Poco, tanto?


‘Qui ci penso io, non tornerà in fretta. Le ci vorrà un bel po’ di tempo a causa dell’energia che ha perso durante la fusione.’ Quelle parole continuavano a risuonarmi in testa come un fastidioso ronzio.
-Allora, così le gemme sono corrotte e così sono sane.- Continuava a spiegarmi Steven mentre Ametista prendeva delle diverse forme per aiutarlo nella sua lezione.
Avevo la testa da tutt’altra parte, non riuscivo neanche a concentrarmi su quello che voleva spiegarmi.
Un tocco leggero sulla spalla mi costrinse ad alzare lo sguardo verso l’alto.
-Dovresti ascoltare, Steven ci tiene molto ad includerti.-
La voce profonda di Garnet mi aiutò a riprendermi dal sovrappensiero.
-Giusto, devo concentrarmi.- Sospirai ritornando a guardare Steven.
Sembrava più che in difficoltà mentre cercava di farsi ascoltare da Ametista che, a quanto pare, preferiva trasformarsi in ogni genere di animale tranne quello che le stava chiedendo il ragazzo.
-Mh…- Fu l’ultimo suono che le sentii emettere mentre si avviava verso l’altra estremità del divano su cui ero seduta.
Non era una di molte parole ma forse era meglio così, parlare con lei mi rendeva nervosa.
-Allora Steven, perché non chiami Perla così puoi iniziare a raccontare la tua storia?- Sbadigliò Ametista andando a sedersi con un tonfo sordo sul tavolo della cucina.
-Oh, giusto! Jackie, non muoverti!- Esclamò schizzando fuori dalla casa.
Non potei fare a meno di sorridere al suo entusiasmo.
Ero sinceramente nervosa, non sapevo cosa aspettarmi da una storia del genere. In più ero al corrente di cosa dovette sacrificare Rosa per concedere la vita a Steven.
Ero soprattutto preoccupata per cosa potesse rievocare nelle menti delle gemme che mi circondavano. Per loro non era come se fosse passata solo una settimana dalla sua morte?
Per degli esseri immortali il tempo era solo un’illusione, no?
Lo sbattere della porta mi risvegliò da quella spirale d’ansia che iniziava a farsi stretta intorno al mio stomaco.
-Preparati alla più grande lezione di storia che tu abbia mai ascoltato!- Esclamò Steven piazzandosi accanto alla mia postazione.
-Oh, la storia come viene raccontata dagli umani è così incorretta.- Lo seguì Perla sedendosi vicino a Garnet che, stranamente, non aveva mai smesso di tenermi d’occhio.
Iniziavo a sentirmi osservata ma non mi importava più di tanto, volevo conoscere la storia dal loro punto di vista.
-Incorretta? Quindi vuoi dire che quello che ci insegnano a scuola è storicamente incorretto?- Le chiesi, poggiando la schiena contro al divano per ascoltarla.
-Beh, si. Ascoltami con attenzione e scoprirai perché posso affermarlo con certezza, dopotutto io ero lì.- Replicò, un sorrisetto compiaciuto apparse sulle sue labbra.
Potevo già sentire i sospiri annoiati di Ametista mentre cercava qualcosa da mangiare nel frigo, a quanto pare sarebbe durata più a lungo di quello che pensavo.


-Woah, e poi? Avete vinto?- Le chiesi con entusiasmo.
-Ma certo! L’armata di Rosa non fallì e la Terra venne lasciata in mano alle Crystal Gems, certo ci furono dei caduti ma noi siamo ancora qui.-
Quelle ultime parole erano cariche di melanconia e amarezza ma Perla non aveva mai smesso di sorridere, a quanto pare certi ricordi la rendevano felice.
-Mamma ha fatto tutto quello che era in suo potere per salvare la Terra e ora è arrivato il mio turno.- Sorrise Steven che ora si era sistemato sulle gambe di Garnet per ascoltare la storia di Perla.
La gemma più alta gli sorrise strofinandogli i capelli, non aveva aperto bocca durante tutta la chiacchierata durata chissà quante ore.
-Rosa…- Sospirai girando lo sguardo verso il quadro posto sopra alla porta dell’abitazione.
I capelli pieni di boccoli rosa, lo sguardo sereno e il sorriso che alla sola vista me ne faceva spuntare uno altrettanto delicato sulle labbra.
Da quello che mi avevano raccontato sembrava esser stata una condottiera infallibile e di gran cuore, forse è per quello che le erano così affezionate.
-Bene, questo era tutto.- Sospirò Perla, come se si fosse levata un peso dal cuore.
-Aw, speravo di sentire di più sulla guerra…- Mugolò Steven poggiandosi contro al petto di Garnet.
-Per oggi basta così, sarà per un’altra volta.- Gli rispose lei sorridendogli.
Sembravano così vicini, così…felici insieme. Tutti loro.
Le gemme, Steven, erano una famiglia così bella.
-Penso di dovermene andare.- Sospirai abbassando lo sguardo verso il mio cellulare.
Ero rimasta a parlare con loro per tutto il pomeriggio, rischiavo di tardare.
Non che Lapis desse molta importanza a certe piccolezze ma ero seriamente preoccupata per la storia della gemma che aveva tenuto nascosta per chissà quanti giorni.
E se fosse passato troppo tempo e avesse recuperato l'energia necessaria a rigenerarsi?
-Aww...però domani tornerai, vero?- Mugolò Steven alzandosi dalle gambe di Garnet.
Mi si avvicinò mentre recuperavo la borsa e mi avviavo verso la porta.
-Ovvio che tornerò! Però ora devo andare, ho qualcuno che mi aspetta a casa e non posso tardare.- Gli sorrisi accarezzandogli i capelli.
A quelle parole potei sentire un suono che con certezza era partito dalla gola di Garnet, sembrava una specie di ringhio soffocato.
Ero quasi sicura che gli altri non avessero sentito quindi evitai di fare domande e feci finta di niente, anche se sembrava un po’ strano da parte sua.
-Vedi di non farti mangiare da qualche mostro lungo la strada...- Sbadigliò Ametista affacciandosi dalla cucina.
-Ametista! Voleva solo dirti di fare attenzione.- La rimproverò Perla dal divano, sospirando in esasperazione.
-Non preoccuparti, questi pugni possono rompere anche la roccia.- Le sorrisi uscendo dalla porta.
Il tramonto sull'oceano era sempre uno spettacolo.
I colori caldi del sole coloravano la superficie dell'acqua con mille sfumature di arancione e rosso, il contrasto tra quello spettacolo e le nuvole che si erano formate in cielo era perfetto. Amavo la pioggia e un po’ d'acqua fresca avrebbe rinfrescato l'aria carica dell'afa estiva.
Tirai un sospiro leggero alla brezza fresca che si era alzata e iniziai a camminare verso la città.
Casa non era molto lontana quindi me la presi con comodo, neanche l'imminente pioggia riusciva a farmi accelerare il passo.
-Ma guarda chi si rivede in giro, pensavo che i vampiri bruciassero al sole!- Una voce conosciuta mi chiamò dal lato opposto della strada.
Jenny, una delle poche persone di quella città che conoscevo sin da quando ero piccola, era ferma davanti al negozio di suo padre che sorrideva e agitava una mano per salutarmi.
Le sorrisi e mi avviai veloce verso di lei per salutarla.
Non appena le fui abbastanza vicina si gettò tra le mie braccia stringendomi con forza, per poco non mi spezzava due costole.
-Uff- Anche io sono felice di vederti!- Sbuffai cercando di respirare, ricambiando quella stretta.
-Hai idea di quanto tempo è passato dall'ultima volta che ci siamo viste? Dove diavolo sei stata?- Mi chiese subito dopo avermi stretto con delicatezza una guancia, come se servisse da punizione a quell'assenza.
-Beh, mia madre non mi lasciava mai da sola a casa, lo sai com'è. Ora sta sempre in giro e ho tempo di uscire e fare quello che voglio.- Le risposi con un leggero sorrisetto compiaciuto sulle labbra.
Subito il suo sguardo si illuminò, sapeva già cosa intendevo con "posso fare quello che voglio".
-Quindi vuoi dire che?- Mi chiese entusiasta coprendosi le labbra con una mano, quasi scioccata da tutta quella situazione.
-Si, quando partiamo?- Replicai immediatamente.
-Oh mio Dio! Stasera, è ovvio! Fatti trovare fuori casa per le 21:00, porterò anche i ragazzi.- Rispose felice stringendomi ancora una volta in un altro abbraccio.
Non potevo crederci, finalmente potevo uscire di casa.
Non me ne ero neanche resa conto, gli ultimi eventi mi avevano completamente cancellato quella consapevolezza dalla testa.
Tutte le uscite a cui avevo dovuto rinunciare, tutte le amicizie che avevo perduto con il passare del tempo, ora potevo sistemare tutto. Mi sentivo quasi stupida per essermene dimenticata.
Con un sorriso aprii la porta di casa, avviandomi veloce verso la cucina per mangiare qualcosa prima di uscire.
-Lapis! Sono a casa, ci sei?- La chiamai a gran voce.
Non appena arrivai in cucina la trovai piegata sul tavolo con una guancia poggiata contro la superficie di legno scuro.
-Oh, sei qui…-
Stranamente non aveva risposto, neanche dopo che entrai nella cucina e mi avvicinai.
Poi mi abbassai fino ad osservarla in volto e in quel momento realizzai.
Stava dormendo, e aveva anche un sonno parecchio pesante!
Non aveva mai chiuso occhio e mi diceva sempre che non aveva bisogno di dormire, praticamente mi aveva mentito senza pensare alle conseguenze.
-Ma guada un po’, allora anche tu ti stanchi.- Sospirai osservandola.
Non potevo di sicuro lasciarla lì, era in delle condizioni pessime.
Sospirai nuovamente iniziando a muoverla con delicatezza per riuscire a prenderla in braccio.
Fortunatamente era leggerissima, riuscivo a tenerla senza problemi.
Mi avviai verso il piano superiore cercando di sorreggerla come meglio potevo.
Proprio mentre iniziai a salire le scale la sentii mugugnare rumorosamente contro il mio petto. Il cuore mi saltò in gola, pensavo di averla svegliata.
Abbassai lo sguardo verso di lei ma non sembrava sveglia, anche il suo respiro era delicato e rilassato come prima.
Tirai un sospiro di sollievo che si spezzò subito non appena sentii la stretta della sua mano sul mio braccio.
Un altro mugolio delicato e il tocco della sua guancia sulla mia spalla mentre si stringeva su se stessa, raggomitolandosi tra le mie braccia.
Senza aspettare oltre ripresi a camminare.
Decisi di lasciarla riposare nella mia camera, alla fine era l’unico posto in cui potevo lasciarla dormire in pace.
-Uh, si, io penso che ora me ne andrò quindi…- Sussurrai posandola sulle coperte.
Le sistemai la testa sul cucino in modo da farla stare comoda.
-Buonanotte, Lapis…- Le sfiorai i capelli con le dita mentre mi avviavo verso la porta dalla stanza.  
Non avevo mai notato quanto fossero morbidi, era una sensazione così strana.
Quello fu l’unico momento in cui ebbi un vero e proprio contatto fisico con Lapis, fu la prima volta che riuscii a capire che non era solo un’entità estranea, aliena.
Era qualcosa che potevo sentire, percepire, toccare, e, in effetti, fino a quel momento il concetto mi era sempre sfuggito.
Lei era lì, più reale che mai, e si fidava di me.
 
-Muoviti o faremo tardi, stasera ci sono i fuochi d’artificio!- Mi chiamò Jenny dalla strada mentre finivo di raccogliere le mie cose per uscire.
Con un salto mi posizionai sul sedile anteriore della macchina, allacciandomi la cintura il più velocemente possibile prima che la vettura partisse a tutta velocità verso la spiaggia.
-Ma guarda un po’ chi si vede, pronta a festeggiare?-
-Hey Jackie, come va?-
Sour Cream e Buck erano seduti sul sedile posteriore entrambi con un sorrisetto stampato sul volto.
-Hey ragazzi, ne è passato di tempo. Che mi dite?- Sorrisi girandomi appena sul sedile per guardarli.
Non erano cambiati di una virgola, erano sempre gli stessi ragazzi con cui uscivo dopo la scuola.
Sour Cream con i suoi occhi chiari e il ciuffo sempre alto e Buck con i suoi occhiali da sole spessi e scuri che portava in ogni momento della giornata.
-Nulla di nuovo, a parte la mia nuova carriera da DJ! Dopo ti faccio ascoltare qualche pezzo.- Sorrise soddisfatto Sour Cream poggiando entrambe le braccia sullo schienale dei sedili.
-Già, si sta dando parecchio da fare anche se il suo padrino non approva.- Replicò Buck con un sorrisetto girando lo sguardo verso di lui.
-Ah, come ti capisco. Anche mia madre non ha intenzione di lasciarmi suonare in una band.- Sospirai ritornando a guardare la strada.
-Hey, non dire altro, voglio sentire tutta la storia senza il vento nelle orecchie! Non ci vediamo da troppo tempo, devi raccontarmi tutto.- Mi sorrise Jenny.
Accidenti, mi ero dimenticata come ci si sentisse ad essere “liberi”.
Alzai lo sguardo al cielo, a quanto pare le nuvole che minacciavano pioggia ora si erano ridotte a dei batuffoli bianchi illuminati da quello che rimaneva del rossore del tramonto.
Dopo qualche minuto passato a parlare e scherzare con i ragazzi arrivammo ad una spiaggetta isolata, non era la prima volta che ci andavo con loro.
Non era il posto migliore per poter osservare i fuochi d’artificio quindi decidemmo di avviarci verso un promontorio poco distante.
Non appena la macchina si fermò Sour Cream e Buck saltarono via dai sedili, a quanto pare avevano altro da fare quella sera.
Non ne sapevo molto di quello che avevano intenzione di combinare ma avevano promesso di tornare per l’inizio dello spettacolo quindi Jenny li lasciò andare senza rimproverarli più di tanto.
Il suo essere passiva-aggressiva bastò.
Io preferii i sedili posteriori della macchina, era una così bella notte stellata.
Respirai profondamente inalando quell’aria salmastra che tanto mi piaceva.
-Allora, non avevi qualcosa da raccontarmi?-
Jenny si sedette vicina, osservandomi con i suoi enormi occhi scuri.
Era anche più carina di come me la ricordavo.
-Dimmi cosa vuoi sapere, ho un vuoto di tre anni da raccontarti.- Risposi piegando indietro la testa, sospirando appena.
-Uhm…come stai? Voglio dire, non avevi dei problemi quando te ne sei andata?- Mi chiese, il suo tono sembrava più incerto di prima.
-Si, diciamo che la cura ha funzionato. Qualsiasi cosa avessi ora non c’è più e sono sana come un pesce, più o meno. Dovrei smetterla di bere litri di Cola.- Replicai con una leggera risata.
La sentii ridere sottovoce, era una risata così calda.
-Sei sempre la stessa Jackie, meglio così. Hey, ti ricordi quella cosa che successe alle scuole medie?-
Aprii nuovamente gli occhi per guardarla, come poteva aspettarsi che mi ricordassi qualcosa che era accaduto 5 anni prima?
-Non so, è passato tanto tempo, di quale “cosa” stiamo parlando?- Sospirai poggiando la schiena contro allo sportello per poterla guardare meglio.
-Ma dai, quella cosa! Ti ricordi? Dopo scuola, quando eravamo rimaste sole nel corridoio? Non mi hai più staccato gli occhi di dosso per tipo un anno o che so io dopo quella cosa!- Rise appena, coprendosi una guancia con la mano come se fosse arrossita.
Quella cosa?
-Oh! QUELLA cosa! Beh, ovvio che me la ricordo, non potrei mai dimenticare una cosa così imbarazzante.-
Mentre pronunciavo quelle parole potevo sentire le mie guance già intorpidite dal calore e rossore che stavano prendendo.
Perché aveva tirato fuori quella storia proprio in quel momento?
Voglio dire, non che me ne fossi pentita o altro, ma era comunque imbarazzante.
-Ora non esagerare, è stata una cosa troppo dolce. E poi eri così carina con le guance tutte rosse in quel modo!- Cercò di giustificarsi avvicinandosi solo per pizzicarmi una guancia.
Io sospirai nuovamente prendendo ancor più rossore, non sapevo neanche come rispondere.
-Era solo un bacio, non esagerare. Poi è stato troppo strano!- Mugugnai cercando di tirarmi indietro.
Una leggera risatina le uscì dalle labbra, non aveva proprio intenzione di lasciar perdere quella storia.
Era solo un bacio! E poi stavamo parlando di una storia talmente vecchia che neanche ricordavo se mi fosse piaciuto o meno.
Era proprio come in quel preciso momento, non avevo iniziato io.
In un certo senso mi aveva convinto Jenny, era sempre stata persuasiva e quel giorno riuscì a convincere anche me.
Che lo avesse fatto solo per divertimento, per prendermi in giro, non lo seppi mai e mai glielo chiesi.
Ma in quel momento, davanti ai miei occhi, si stava ricreando la stessa situazione.
Perché ero sempre io quella con le spalle al muro? Senza via di fuga, riuscivo a mettermi in trappola da sola con le mie stesse azioni, eppure non riuscivo a staccare lo sguardo dai suoi occhi scuri.
Era sempre stata una ragazza attraente, non potevo negarlo, ma mai come in quel momento avevo notato quanto lo fosse.
Anche le sue labbra che erano arricciate ai lati in un sorrisetto non chiedevano altro che un contatto.
-Jackie, è passato tanto tempo, torniamo a vivere come ai vecchi tempi?- Sussurrò, poggiando una mano sulla mia guancia.
-Come ai…vecchi tempi?- Sussurrai in risposta quelle parole che sembravano più amare di una caramella al fiele.
Un lampo verde brillante illuminò il cielo notturno costringendomi a socchiudere gli occhi per la
forte luce.
-Accidenti, ma si può sapere quanto ci vuole a trovare quella piattaforma?!- Una voce dal tono più che frustrato si fece sentire.
Era troppo vicina alla macchina e non avevo idea di chi fosse.
Avvolsi Jenny con un braccio e la tenni stretta mentre scivolavo sui tappetini della macchina. Fortunatamente c’era abbastanza spazio per potersi muovere.
-Non fiatare.- Le sussurrai tenendo lo sguardo fisso verso l’alto.
La sentii annuire mentre poggiava la testa sul mio petto per lasciarmi una visuale abbastanza ampia.
-Non ci voleva, come farò a fare rapporto se non trovo una fonte di energia abbastanza potente?!- Un altro lamento si fece strada nel buio.
Fonte di energia? Piattaforma?
Ma di cosa stava parlando?
Mi ricordai di non aver chiuso lo sportello dove ora avevo rivolta la testa, bene. Potevo far uscire Jenny per farla scappare verso i cespugli.
-Cerca di strisciare verso lo sportello e vai in mezzo ai cespugli, qui ci penso io.- Le sussurrai spingendo appena con la mano per aprire la portiera.
Senza obbiettare si diresse al di fuori della macchina tra qualche mugugno infastidito a causa della posizione non poco scomoda in cui eravamo messe.
Non appena fu fuori dalla vettura gattonò verso i cespugli nascondendosi come le avevo detto.
Scesi dalla macchina cercando di fare il meno rumore possibile e, riparata dalla vettura, iniziai a esplorare l’area con lo sguardo in cerca del proprietario della voce.
Non mi ci volle molto per individuare quella sagoma a dir poco particolare.
Gli avambracci sembravano più grandi e larghi delle braccia stesse ma non erano muscoli, sembrava metallo. Come una specie di armatura, o meglio, come dei guanti.
Le dita non sembravano neanche attaccate a quella struttura, fluttuavano a pochi centimetri da quella che doveva essere la mano come se fossero sorretti da una forza invisibile.
Non appena si girò verso la macchina capii.
La gemma verde brillante che aveva sulla fronte cancellò ogni mio dubbio, quella era una gemma.
Poteva essere…Peridot?
Lapis me ne aveva parlato ma perché era così vicina a Beach City?
Non aveva senso, c’erano anche le Crystal Gems a darle la caccia e a quanto pare sapeva bene quale zona controllassero.
-Ugh, questa tecnologia umana è così arretrata. Non riesco a credere che usino ancora le ruote per spostarsi.- Sospirò facendo apparire una specie di schermo/ologramma davanti ai suoi occhi.
Non sembrava un vera e propria minaccia, non era neanche molto alta.
E non sembrava neanche forte, ad essere sincera non riuscivo a capire come potesse aver fatto quello che aveva fatto.
Insomma, quel lampo verde era opera sua, da dove aveva tirato fuori un qualsiasi strumento per crearlo?
-Peridot!-
Oh, quella voce la conoscevo bene invece.
Lapis era spuntata fuori dal nulla, le sue ali azzurre erano completamente spiegate in tutta la loro lunghezza mentre atterrava di fronte alla gemma più che sorpresa di vederla lì.
-Lapis Lazuli? Come hai fatto a sopravvivere? Dov’è Jasper?!- Esclamò l’altra, indietreggiando alla sua vista.
-Non sono affari tuoi, cosa stai facendo qui?- Ringhiò Lapis avvicinandosi nuovamente.
Potevo vedere il panico negli occhi di Peridot, perché non reagiva?
Lapis era così minacciosa in quel momento, dovevo ammettere che incuteva un certo timore, ma anche se il suo sguardo era paralizzante perché l’altra gemma non aveva provato ad attaccarla?
C’era qualcosa che non andava e ero quasi sicura che se non fossi intervenuta una delle due ci avrebbe rimesso.
-Uh? Lo stesso vale per te, stupida roccia. Perché non te ne torni sul fondo dell’oceano?- Sghignazzò Peridot puntando una delle sue braccia meccaniche verso di lei.
Aveva cambiato forma, le dita che prima volteggiavano intorno all’estremità ora erano posizionate come a formare un mirino, o ancora meglio, come se stessero incanalando dell’energia per spararla.
Poteva essere?
Ma certo, il lampo verde di prima!
-Lapis, spostati di lì!- Esclamai scivolando sul cofano dell’auto per raggiungerla.
-Jackie?!-
Feci appena in tempo a correre per darle una spinta con la spalla per buttarla in terra, lontana dalla traiettoria di quella sfera di energia che era appena esplosa qualche metro più in là distruggendo l’asfalto della strada vicina.
-Owh, il braccio…- Mi lamentai mettendomi seduta sul terreno erboso.
Cadendo per poter evitare il colpo ero riuscita a prendere una botta su una roccia.
Era un dolore parecchio forte, speravo solo di non essermi rotta qualcosa.
Voltai lo sguardo verso di Lapis che era subito ritornata in piedi, fortunatamente non si era fatta nulla.
-Ma sei matta?! Potevi morire, ora spostati e tornatene a casa!- Mi rimproverò lei scattando verso Peridot che non era rimasta di certo ad aspettare di farsi catturare.
-Ha, provaci!- La schernì Peridot buttandosi oltre il ciglio della scogliera, prendendo il volo.
Quelle dita facevano proprio di tutto, ora si erano trasformate in delle specie di pale che la stavano aiutando a volare lontana da lì.
Lapis poteva certamente inseguirla ma non osò mettere piede oltre il terreno erboso su cui stava camminando.
-Ho giurato che non le avrei aiutate, quindi non lo farò…- Sospirò abbassando lo sguardo verso l’oceano sottostante.
Certo che era proprio determinata nelle sue decisioni ma non era quello il momento per pensare alla sua vendetta personale.
Mi alzai dal terreno camminando verso di lei, tenendomi il braccio sinistro con una mano per non muoverlo.
-Ma cosa fai, è proprio lì! Questo è il tuo momento per riuscire a prenderla!- Le dissi, tenendo lo sguardo fisso sulla gemma che si stava allontanando.
Non riuscivo a crederci, era una settimana che stavamo aspettando questo momento e se lo stava lasciando sfuggire così?
Ma che le prendeva?
Abbassai lo sguardo verso di lei, aspettando una qualsiasi giustificazione a quella mancanza.
-Piuttosto, tu cosa stai facendo qui? Perché non sei tornata a casa?- Replicò guardandomi dritta negli occhi.
-Cosa? Ero uscita con degli amici, tutto qui. E poi sono tornata a casa, solo che tu stavi dormendo. Ti ho anche spostata dalla cucina alla camera.- Le risposi con un sospiro.
-Tutto qui? Era già notte quando mi sono svegliata e non sapevo dove fossi! Hai la minima idea di quanto tempo ho passato fuori a cercarti?- Aggiunse in tono più duro.
-Io…ora non farne una tragedia, sono passate solo poche ore.- Risposi muovendo lo sguardo altrove, lontano dai suoi occhi.
Ci fu un secondo di pausa in cui nessuna di noi due provò a dire una parola.
-Solo poche ore? Pensavo ti fosse successo qualcosa o…che avessi deciso di lasciarmi da sola…come se…- La sua frase venne interrotta da un singhiozzio convulso proveniente dalla sua gola.
Oh no.
Girai all’istante lo sguardo verso di lei anche se sapevo già cos’avrei trovato.
Aveva la testa china verso il basso ma anche in quella posizione potevo vedere delle lacrime caderle sulle guance, bagnandole il volto.
Merda, MERDA.
-Oh no, Lapis, per favore, non piangere…- Mugugnai, provando ad avvicinarla.
-I-io non vogl-glio piangere…- Continuò a singhiozzare, cercando di asciugarsi le lacrime con il dorso della mano.
Oh no, non sapevo cosa fare. Era una delle situazioni più critiche a cui avevo partecipato, ero seriamente nel panico.
Non sapevo come comportarmi con una persona che piangeva figuriamoci se sapevo come comportarmi con un alieno che piangeva!
Sembrava disperata, non riusciva a smettere di lacrimare e potevo sentirla singhiozzare a denti stretti.
-Lapis, io…- Mi misi una mano tra i capelli nel panico.
Non potevo lasciarla lì a disperarsi per una cosa che in un certo senso avevo fatto io.
Mi avvicinai e la abbracciai usando il braccio destro, l’unico che non aveva subito urti durante la caduta di prima.
Fortunatamente non ci rimediai un calcio, o peggio, a quanto pare riuscii a calmarla.
Mi strinse il colletto della maglietta con una mano mentre si raggomitolava tra le mie braccia ancora in lacrime.
-Io…scusami. Non sarei dovuta uscire senza avvertirti.- Sospirai senza lasciarla andare.
-Già, puoi dirlo forte…- La sentii rispondere mentre si strofinava gli occhi con il dorso del braccio.
Dopo qualche secondo alzò nuovamente lo sguardo verso di me, era ancora imbronciata ma almeno aveva smesso di piangere.
-Ecco, ora va meglio.- Sospirai in sollievo pattandole la testa un paio di volte.
A quel gesto le vidi spalancare gli occhi mentre andava a toccare il punto su cui era passata la mia mano.
-Si, come vuoi, ora andiamocene via di qui prima che arrivino quelle tre…- Borbottò iniziando a camminare verso la strada. 

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SALVE! 
Come va? A me abbastanza bene c: 
Visto che sto caricando questo capitolo volevo solo informare i miei cari lettori del sito Charahub su cui ho creato un account per mostrare a tutti il mio Oc Jackie. 
Chiunque sia interessato può andare a recuperare il link nella mia bio. 
Spero che vi sia piaciuto questo capitolo eee ci rivedremo per il mio prossimo aggiornamento! :D 
P.S. Il pulsante del sito web porta direttamente al mio account di Tumblr quindi...si #followme

-Lynn Universe
  
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