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Autore: Agnes_Gray12    01/09/2015    0 recensioni
Camilla, Francesca e Amanda sono tre amiche in età liceale che decidono di trascorrere le vacanze estive insieme.
Camilla è una splendida ragazza, forte e indipendente, che fa fatica a mantenere una relazione stabile. Ha diciassette anni, ed è la più piccola delle tre.
Francesca è la più romantica. Fidanzata con Gaetano, crede fermamente nell'amore che dura per tutta la vita.
Amanda, infine, vive con Giovanni una storia tormentata e travagliata, a causa di una grande distanza fisica che li separa.
Varie vicissitudini, tra intrecci amorosi, litigi e incomprensioni, condite da una buona dose di situazioni divertenti e umoristiche, scandiranno trenta giorni della loro estate.
Per saperne di più, non vi resta che leggere!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Camilla

Ed eccoci qua.
Io, Gaetano e Andrea. Seduti intorno al tavolo circolare del salotto, che senza gli altri abituali commensali sembra vuoto, intenti a mangiare una porzione di pollo cotto al saccoccio, con contorno di patate bollite. Niente appuntamento galante per me, stasera. All'ultimo momento, a quanto pare, il "virus passeggero allo stomaco" che ha costretto me ieri sera a rinunciare a qualche altro istante di docili mollezze in compagnia di Francesco -totalmente inventato- ha contagiato il mio cavaliere, costringendolo a tornare sui propri passi e a rinunciare alla cena di stasera. Adesso dorme della grossa al piano di sopra, con il vassoio della cena ancora intatto sul comodino.
Così, mentre Francesca è alla festa sulla spiaggia e Amanda è con Giovanni a godersi la sua vasca di aragoste, io mi ritrovo a masticare silenziosamente la mia cena, in un inevitabile clima religiosamente taciturno, dettato dal malumore di Gaetano e dal senso di inadeguatezza di Andrea.
L'allegria, insomma, regna sovrana.
-Sembra una bella serata- azzardo con un timido sorriso, facendo un cenno in direzione del giardino rischiarato dalla luce lunare. 
Gaetano si limita a restituirmi uno sguardo vacuo, mentre Andrea accenna a un debole assenso distratto.
Non mi sono mai ritrovata in una situazione più complicata, ad essere onesti. Forse quella che la batte in senso di disadattezza è la serata trascorsa insieme a mio padre al circolo del poker, due anni fa, quando ancora di tanto in tanto si divertiva a giocare qualche partita. Facevo conversazione con i suoi amici ultraquarantenni seduti intorno al tavolo con la stessa sensazione di dire sempre la cosa sbagliata al momento sbagliato. 
Mi schiarisco la gola per l'ennesima volta, versandomi un bicchiere d'acqua e bevendo a garganella, quasi per impedirmi di riprendere fiato e fare altre stupide constatazioni ovvie.
-Mi dispiace che sei dovuta rimanere a casa, stasera, Cam- dice all'improvviso Gaetano, con tono di scuse. 
Alzo una mano, accennando a un gesto noncurante. -Non importa. Non è che avessi tutta questa voglia di uscire. Per me va bene anche rimanere qui- 
Gaetano annuisce, poi abbassa nuovamente la testa sul piatto, probabilmente con la coscienza tranquilla per aver adempiuto al suo dovere di mostrare il suo dispiacere. Sospirando, prendo un'altra forchettata di pollo in umido, masticando sovrappensiero.
Forse non avrei dovuto lasciare Francesco in sospeso, ieri sera. Avrei dovuto rispondere al bacio con maggior convinzione, senza inventarmi quella stupida storia del mal di pancia. 
E fare un torto alla mia coscienza? 
Figuriamoci. Non ne sarei mai capace. Sono dell'opinione che qualsiasi gesto vada fatto col cuore, in ogni occasione, altrimenti corre il rischio di diventare grottesco, una pagliacciata dettata dalle convenzioni. 
Sono fatta così. Non c'è speranza di cambiarmi.
-Il periodo della vacanza dura fino a San Lorenzo, vero, Gaetano?- chiede Andrea con rinnovato entusiasmo, come se finalmente avesse trovato l'argomento giusto su cui intavolare una conversazione. Incontra il mio sguardo e io annuisco incoraggiandolo. Abbiamo lo stesso obbiettivo: quello di alleggerire il clima di tensione che si respira a tavola, facendo in modo che Gaetano dimentichi che la sua ragazza ha rinunciato ad una serata galante insieme a lui preferendo una festa col suo ex.
-Certo- Gaetano sfodera un sorriso poco convinto. -Perchè?-
-Beh, so che da queste parti le stelle si vedono proprio bene. Siamo particolarmente vicini alla costa e lontani dalla città. Di solito per l'inquinamento non sono molto visibili- dichiara Andrea, spingendo in avanti il suo piatto vuoto. -Il più bel cielo stellato l'ho visto in collina un anno fa, proprio la notte di San Lorenzo, con gli scout-
-Vorrei potervi raccontare qualcosa anche io- mormoro, versandomi dell'altra acqua. -Ma per quanto mi sia sforzata di farmelo piacere, proprio non ci trovo niente di interessante nel cielo stellato-
-No?- Andrea si volta sorpreso nella mia direzione, osservandomi con attenzione. -E come mai?-
Mi stringo nelle spalle. -Il cielo ha solo la capacità di farmi sentire insignificante-
-E' la prima volta che sento una cosa del genere- osserva Andrea, guardandomi incuriosito. -Possibile che tu non ti senta affascinata dal cielo di notte?-
Faccio un gesto vago. -Mi fa semplicemente pensare a quanto siamo piccoli e limitati in confronto a ciò che ci circonda. Ed è una sensazione che mi angoscia- fisso lo sguardo negli occhi neri di Andrea, come al solito imperscrutabili e troppo scuri per decifrarne i pensieri. 
Sto per aprire la bocca e dirgli che comunque apprezzo il suo interesse, quando Andrea, senza dire una parola, si alza dalla tavola e si dirige in cucina. Fisso Gaetano e lui si limita a guardarmi con la mia stessa espressione dubbiosa, stringendosi nelle spalle.
-Andrea, tutto bene?- chiede, accennando con la testa in direzione dell'altra stanza. 
Nessuna risposta. Istintivamente mi sollevo lievemente dalla sedia, pronta ad accorrere. Che si sia sentito male all'improvviso anche lui?
Dopo qualche istante, Andrea esce nuovamente dalla cucina, con un'espressione sorridente stampata sul volto, e viene verso di noi, accompagnato dai nostri sguardi interrogativi.
-Andiamo- dice, rivolgendosi a me e mostrandomi un mazzo di chiavi cromate. -Ti porto a rivalutare il cielo stellato-



Se Francesca o Amanda me l'avesse sibillinamente profetizzato ieri, non ci avrei mai creduto. Mai. Avrei semplicemente reclinato la testa di lato, sorriso per minimizzare e detto con tono incredulo "Che?"
E, invece, sono davvero a bordo del SUV di Andrea, lo stesso con cui tre giorni fa è arrivato in villa, seduta sul sedile del passeggero, la testa appoggiata al finestrino, mentre osservo la campagna buia delle nove di sera scorrere ai lati con rapidità. Non oso guardare nella sua direzione, nonostante di tanto in tanto non possa fare a meno di lanciargli un'occhiatina furtiva senza sollevare la testa, giusto per non fare un torto alle farfalle ben sveglie nel mio stomaco. Mentre guida ha un'aria estremamente seria, le folte sopracciglia scure aggrottate, una mano sul volante e una sul cambio. Attento, con la stessa espressione imperscrutabile che lo ha sempre accompagnato dalla prima volta che l'ho visto. 
Mi ci sta portando sul serio, a vedere le stelle. Sulle prime, quando mi ha mostrato il mazzo di chiavi, credevo che scherzasse. Sono persino scoppiata a ridere, guardando ora lui, ora Gaetano, e dicendo "Dai, Andrea, siediti. Fai il serio". Mi ha fissata con quei suoi occhi scurissimi, impenetrabili e poi ha sorriso. 
Alla fine, per la mia totale incredulità, mi ha convinta. Con una sicurezza disarmante, ha esteso l'invito anche a Gaetano, ma lui, guardandomi di sottecchi, ha cortesemente rifiutato. 
E adesso siamo qui, in macchina, soli. La radio accenna ad un motivetto tranquillo, di quelli che le stazioni trasmettono all'ora di cena, per ispirare il relax tipico della fine della giornata. 
-Come mai tutta questa volontà di farmi cambiare idea?- chiedo cautamente, voltandomi apertamente a guardarlo. Il volto di Andrea rimane concentrato sulla strada, ma la bocca s'incurva in un piccolo sorriso.
-Non digerisco l'idea che tu abbia un'opinione così severa di una meraviglia naturale come il cielo di notte- spiega, imboccando una strada di curve in salita.
-Credevo che fossimo diretti alla spiaggia- dichiaro, sporgendomi dal finestrino per guardare il paesaggio. Dai dintorni non viene altro che un tacito silenzio che sottolinea l'atmosfera di disagio che aleggia in macchina. O, almeno, che aleggia intorno a me. Il volto di Andrea è concentrato, ma apparentemente rilassato, come se stesse andando in tutta tranquillità a fare una scampagnata. 
-La collina è l'ideale per vedere le stelle. L'aria è pulita, non come l'atmosfera appesantita dallo smog che abbiamo in città. E le costellazioni sono perfettamente distinguibili- 
-Dovrai rispolverare le tue conoscenze di geografia astronomica- lo avverto, dando un'occhiata al rettangolo di cielo visibile dal finestrino. -Perchè io non ci capisco niente-
-Non ce n'è bisogno. Al liceo era una delle mie materie preferite, dopo fisica- Andrea sorride, evidentemente preso dai ricordi.
-Da uno psicologo mi sarei aspettata filosofia in pole position- osservo, guardandolo con attenzione. 
Per un attimo mi sembra che le mani di Andrea si stringano intorno al volante. Il sorriso è scomparso dal suo volto, e ha riacquistato la sua solita espressione concentrata e tesa.
-Già. Comunque, siamo arrivati- dichiara alla fine, impostando la leva del cambio e spegnendo il motore. Si slaccia la cintura, poi apre lo sportello per scendere.
Armeggio con la cintura, cercando di capire come diavolo far scattare il meccanismo per toglierla. Andrea è già fuori, intento a guardare il cielo con espressione rapita. Do un violento strattone alla cintura, e alla fine vengo messa in allarme da un sonoro strappo. 
Fantastico. Ci mancava solo la demolizione di un SUV da un trilione di euro. 
Pregando con tutto il cuore che Andrea sia troppo impegnato a guardare il cielo per accorgersi di me, ingaggio un corpo a corpo con il meccanismo della cintura di sicurezza, facendo leva con la mano e tirando nella mia direzione. 
Improvvisamente Andrea comincia a mormorare qualcosa, probabilmente certo che io sia alle sue spalle, intenta ad ascoltarlo con la massima attenzione. Lo vedo indicare qualcosa nel cielo.
Okay. Devo uscire da questa trappola cinese. Adesso.
Con tutta la forza che ho, tiro la cintura nella mia direzione, sperando che venga via dalla fessura meccanica. Guadagno qualche centimetro sulla morsa d'acciaio che tiene la fascia inserita nel meccanismo, e infilo le unghie nella fessura, facendo leva con tutta la mia forza.
Niente. Non si smuove di un millimetro. 
-Cam?- Andrea si è voltato nella mia direzione. Il suo sguardo è a dir poco scioccato.
Lottando contro la risata isterica che sento salire, mi schiarisco la gola.
-Come cavolo funziona quest'affare?- chiedo senza mezzi termini, indicando la cintura.
Andrea guarda prima me, poi il meccanismo, e la sua espressione si contrae. Lo guardo, tormentandomi le mani, preoccupata. 
Lo sapevo. Adesso penserà che sono un'impedita che non sa neanche aprire una cintura.
Non che m'interessi molto, in realtà. Non me ne frega un accidente di quello che pensa. E' un ragazzo più grande di me, un universitario, con una relazione ben avviata con un aspirante medico. 
Un adulto, in poche parole. E io sono una studentessa del liceo, una mocciosa. Quindi, figuraccia in più o figuraccia in meno, che cosa cambia?
Sento il suono gutturale di una risata provenire dalle vicinanze e sollevo di scatto la testa. Con mio enorme stupore, Andrea sta ridendo di gusto, con la sua voce vellutata e profonda al tempo stesso, i ricci che si muovono in sincrono con la testa. Non posso fare a meno di notare che i suoi occhi, che per la maggior parte del tempo sono impenetrabili, si sono arcuati a formare dei piccoli sorrisi. 
Il mio primo pensiero, nel vedere la sua espressione distesa in questo modo, è di sollievo. 
E' tutto a posto. L'ho fatto ridere.
Ma d'altro canto, sento le scintille provenire dalla parte più orgogliosa di me, ben sveglia dietro la facciata da ragazza timida e introversa.
Andrea sta ridendo, ma sostanzialmente sta ridendo di me, della mia goffagine. Sarò pure una studentessa del liceo, però sono una studentessa con i controcazzi. E non mi faccio mettere i piedi in testa dal primo universitario che passa.
-Mi aiuti o no, in definitiva?- chiedo, lievemente stizzita. 
-Certo. Scusa.- singhiozza lui, soffocando una nuova risata. Apre lo sportello e si abbassa all'altezza del sedile.
-Ho provato ad aprirlo facendo scattare la serratura da sopra. Ma assolutamente niente- spiego, indicando la fessura in cui è infilata la cintura. 
-E ci credo- dice Andrea, sorridendo. -Guarda-
Con gesti esperti, fa una leggera pressione sui lati del meccanismo della cintura e, nel giro di mezzo secondo, mi ritrovo libera.
-Ci sono dei piccoli pulsanti ai lati- spiega, dando un colpetto alla cinta. Poi solleva la testa, nell'istante esatto in cui io abbasso lo sguardo e i nostri occhi si incontrano. Per un momento, mi sembra di essere tornata fuori dal negozio di Moschino, quando c'era la mia beata ignoranza sulla sua situazione sentimentale a supportarmi. 
Non riesco a distogliere lo sguardo dai suoi occhi, magnetici, di pece liquida, caldi come una carezza. 
Con mio enorme dispiacere, dopo poco lui si riscuote e si alza nuovamente. 
-Ti aiuto? O te la cavi da sola?- ammicca scherzosamente, porgendomi la mano per scendere.
-Grazie- ribatto con un finto tono acido, ancorandomi alla sua mano e scendendo definitivamente dalla macchina. Richiudo lo sportello e Andrea fa scattare la chiusura con il telecomando. Mi appoggio con cautela sul muretto che delimita la strada, approfittando della rada luce proveniente dai fari poco più in basso, e poi sollevo la testa a guardare il cielo.
Nel momento esatto in cui i miei occhi si posano su quel firmamento infinito, avverto una morsa d'angoscia stringermi il petto, come se il cuore avesse tutt'a un tratto smesso di funzionare. Una sensazione legata alla consapevolezza dell'illimitato, del confronto tra se stessi e una volta celeste perfetta, senza alcun confine legato al tempo o allo spazio. 
Andrea mi affianca in poco tempo e anche lui, come me, sembra perdere l'uso della parola di fronte all'infinità della notte. 
-Ora capisci cosa intendevo- sussurro, sentendomi mancare anche il fiato per parlare a voce alta. Chiudo gli occhi, consapevole di tremare, spinta da una paura irrazionale.
Una mano calda, incredibilmente morbida, si posa improvvisamente sulla mia. Scruto sorpresa il volto perfetto ed elegante di Andrea, appena rischiarato dalla luce sottostante. 
-Sono venuto con te apposta- sussurra, accennando a un timido sorriso. -Non preoccuparti. Non sei sola-
Annuisco e torno a guardare il cielo con rinnovata fiducia. Le stelle brillano intensamente, come se tutte si avviassero verso la fine della loro vita. Mi sforzo di seguire le linee delle costellazioni, poi, guidata dalla sapiente esperienza di Andrea, comincio a distinguere il Grande Carro e l'Orsa Minore, e quindi la Stella Polare.
Rimaniamo a fissare le stelle per un tempo interminabile, chiacchierando del più e del meno, ma sempre con il naso all'insù, gli occhi rivolti verso il cielo, non so se con lo scopo di guardare effettivamente la disposizione degli astri, o per evitare l'uno lo sguardo dell'altra.
-Guarda quella- mi indica all'improvviso Andrea, puntando il dito verso una costellazione a forma di sigma -E' Cassiopea-
-E' bellissima- sussurro, seguendo con lo sguardo la successione di stelle luminose e brillanti. Improvvisamente mi accorgo della splendida aura argentea che le circonda, della chiarezza cristallina che riflettono nel cielo e ne rimango estasiata.
-E' la magia del cielo di notte- asserisce Andrea, appoggiandosi al muretto. -Lo guardi e ti senti in pace col mondo-
-Soltanto quando non sei solo- lo correggo, raggomitolandomi su me stessa e appoggiando il mento sulle ginocchia. -Se lo guardassi da sola, in questo momento, mi metterebbe più che altro paura-
Guardo Andrea e mi accorgo che mi sta guardando anche lui. Nell'osservarmi, noto che i suoi occhi sono scuri e assorti più del solito. Mi verrebbe da deviare lo sguardo, ma c'è qualcosa, una sorta di strano legame invisibile, che mi tiene inchiodata dove sono, impedendomi di farlo.
-Allora- mormora, distogliendo lo sguardo e sfoderando il suo sorriso sereno. -Come vanno le cose con mio cugino?-
Avverto una fitta allo stomaco, ma la ignoro. -Abbastanza bene- 
-Ti piace?- mi chiede, voltandosi nuovamente verso di me. 
-Non ci conosciamo ancora molto bene- esito, avvertendo il cuore sprofondare. 
Andrea accenna a una piccola risatina e io lo guardo, stupefatta. 
-La verità, Camilla. Puoi sbilanciarti con me. Non gli dirò nulla, te lo prometto- I suoi occhi mi frugano il volto, poi mi fa l'occhiolino.
Sono a dir poco incredula. E' la prima volta in vita mia che mi ritrovo a vacillare, che si apre una crepa nella mia maschera fatta di calma apparente. 
-Cosa ti fa pensare che non stia dicendo la verità?- chiedo, fissando i miei occhi in quelli neri e impenetrabili di Andrea.
-La tua voce è troppo modulata. E l'espressione del viso è troppo tranquilla- spiega, incrociando le braccia dietro la testa e stendendosi sul muretto. -E' molto simile alla calma apparente di un attore- 
-Come diavolo hai fatto?- domando, consapevole del tremore nella mia voce.
-Due anni di psicologia, un corso di approfondimento sulla psicanalisi freudiana, e tanti episodi di "Lie to me"- dice, con una risatina. Non posso fare a meno di imitarlo, sentendo tutta la tensione sciogliersi, come se improvvisamente tutti i miei pensieri si perdessero. 
Quando incontro lo sguardo ridente di Andrea, la mia mente si svuota definitivamente. Non mi sento più in grado di pensare.
Probabilmente non è un male.
-Ti ci voleva- decreta Andrea, sollevandosi nuovamente e mettendosi a cavalcioni sul muretto. 
-Perché?-
-Sai- Andrea mi rivolge uno sguardo carezzevole. -So riconoscere una persona particolarmente stressata quando la vedo-
-E' per questo che mi hai portato qua- dico, colpita da un'improvvisa folgorazione. -Hai pensato di offrirmi un diversivo-
Andrea si stringe nelle spalle, con espressione neutra. -Francesco stava male. E non ho nient'altro da fare-
-C'è dell'altro- insisto, guardandolo negli occhi. E' la prima volta che riesco a stabilire un contatto visivo così a lungo. Andrea ricambia il mio sguardo, fissandomi a sua volta, e nessuno dei due cede. -C'è qualcos'altro che vuoi chiedermi. Non t'interessa davvero sapere di tuo cugino. Vuoi dirmi qualcosa, ma non sai quando affrontare l'argomento-
Lui mi fissa a lungo, senza parlare.
-Cominci a farmi paura, ragazzina- sibila, fingendo sconcerto. 
-Ehi- protesto, dandogli un buffetto sul braccio. -Guarda che qui il ventenne sei tu. Sei tu il vecchio!-
-In carriola- aggiunge lui, guardandomi di sottecchi.
-E con il pannolone e la cacarella- aggiungo io. Andrea mi fissa per un momento senza parlare, mentre io rifletto profondamente su quello che ho detto.
Come cazzo mi è venuto in mente?
Con mia enorme sorpresa, per l'ennesima volta, Andrea scoppia in una fragorosa risata, una di quelle che per strada di solito fanno girare tutti. Va avanti senza fermarsi a respirare per un po', talmente tanto che temo di dovergli praticare la manovra di Heimlich per impedirgli di affogare.
Alla fine si asciuga le lacrime, ancora scosso dagli spasmi.
-Non sei cambiata di una virgola- commenta, guardandomi attentamente. -Uguale e identica a com'eri tre anni fa-
Sgrano gli occhi, certa di non aver capito bene. 
Che cosa vuol dire "Uguale e identica a com'eri tre anni fa"?
-Che ne sai tu di com'ero tre anni fa?- chiedo, sforzandomi di mantenere una certa calma, mentre la mia mente lavora frenetica, alla ricerca di una spiegazione razionale di ciò che Andrea ha appena detto. 
Andrea sorride. -Sono certo che non ti ricordi di me. Passavo parecchio inosservato, esile e mingherlino com'ero-
Osservo attentamente il volto di Andrea dai lineamenti dolci e fini, poi il mio sguardo scende sul suo torace ampio, sulle sue braccia forti. Faccio fatica a immaginarmelo esile e mingherlino, con il volto da sbarbatello del classico sedicenne che va per i diciassette, l'atteggiamento tipico di chi è abituato ad essere l'ombra degli altri, a vergognarsi quasi del suo solo esistere.
Come me a dodici anni. Mi rivedo improvvisamente, pallida e magra all'inverosimile, con l'apparecchio e gli occhiali, intenta a fissare le ragazzine spiritose e alla moda flirtare con i ragazzi e ridere insieme a loro.
-C'era una festa alla nostra parrocchia. Ci venisti con Francesca, ancora me lo ricordo- sorride, probabilmente ripensando a qualche dettaglio divertente di quella giornata. -Lei doveva fare un discorso ai lupetti. Era nervosissima. Mentre parlava sul pulpito, s'inceppava, ricominciava, ripeteva sempre le stesse cose. L'ho capito allora che probabilmente eri una di quelle ragazze che nella vita si incontrano una volta sola-
-Perchè, che cosa successe?- chiedo, con una punta di imbarazzo. Non ricordo quell'episodio, come molte cose dei primi anni di scuola, ad eccezione di pochi eventi isolati che per me hanno significato davvero qualcosa.
-Dicesti ad alta voce "Se s'ingrippa di nuovo, giuro sul santo patrono che la strangolo"-
-No!- 
-Sì- Andrea annuisce vigorosamente, divertito dal mio imbarazzo. -Non fartene una colpa. Stavamo pensando tutti la stessa cosa. Ma tu sei stata l'unica in grado di dirlo ad alta voce, senza la minima ipocrisia-
-Non è una bella cosa- chiarisco, coprendomi il volto per impedirgli di vedere il rossore diffuso che guadagna terreno sulle mie guance.
-E' una cosa simpatica, invece- Andrea mi sorride, aiutandomi a tirarmi su dal muretto. -Non ti ho più vista per anni. Poi, un giorno, vado da Moschino a comprare una borsa per il compleanno di mia madre ed eccoti là. Ho pensato che ... mi avrebbe fatto piacere parlarti di nuovo- Nel tono con cui mi parla avverto una lieve nota di imbarazzo.
E il mio cuore, nonostante gli innumerevoli divieti imposti dalla mente che continua a inneggiare all'immoralità, si mette inevitabilmente in moto.
-Ti ha fatto piacere davvero?- chiedo, senza fiato.
Gli occhi di Andrea penetrano più a fondo nei miei, e il suo sguardo è così caldo che avverto un brivido lungo la schiena. Come se si fosse finalmente riavuto da un lungo sonno, il mio corpo risponde esattamente come vorrei. Il battito è più veloce, ma non per via dello stress. Il respiro è affannoso, e posso sentire il rombo del sangue nelle orecchie.
-Molto- mormora Andrea, sorridendo con il solo angolo sinistro della bocca. 
Intorno a noi c'è un silenzio di tomba, spezzato solo di tanto in tanto dal lieve frinire delle cicale. Il cielo si è notevolmente scurito, segno che le dieci sono passate da un pezzo e il bagliore opaco della luna rischiara appena il pendio che porta a Mirto marina. Le luci del paese sembrano distanti mille miglia, ma conferiscono un aspetto caratteristico al paesaggio.
-Torniamo?- chiede Andrea, lanciando un ultimo sguardo al cielo. Annuisco e, con estrema attenzione, risalgo in macchina, lasciando che, come a una vera poppante, Andrea mi sistemi la cintura e chiuda lo sportello facendo scattare la sicura. 
Mentre ci allontaniamo dalla collina, alzo lo sguardo al cielo stellato, godendomi la vista di ogni singola stella e sorridendo internamente, rassicurata e insolitamente calma. 
Calma come non lo ero da tempo.
*************

Amanda

Se chiudo gli occhi adesso, tutto questo sparirà per sempre. Ne sono convinta al cento per cento.
Ogni volta che chiudo le palpebre le riapro alla velocità della luce, nel timore che lo sfarzo in cui mi trovo si dissolva come una bolla di sapone. E nel frattempo bado a lustrarmi per bene gli occhi, perchè riesca a godere appieno di questa splendida visione, camerieri in divisa compresi, che sembrano tutti usciti dalla più vicina palestra dopo una giornata trascorsa a lavorare sui bicipiti.
Una sala ricca di decorazioni, con soffitti a volta e ampie finestre da cui si vede tutta la costa.
L'unica nota stonata è la palese aria di imbarazzo che aleggia intorno a me e a Giovanni. Sembra che voglia evitare il mio sguardo a tutti i costi. Ormai è sepolto dietro il suo Menu da almeno dieci minuti, e sono più che sicura che l'abbia imparato a memoria.
-I signori vogliono ordinare?- chiede un cameriere, avvicinandosi al tavolo. 
-Sì, grazie- dice Giovanni, dopo aver studiato ancora un momento il Menu. -Per cominciare prenderei un antipasto misto, poi del risotto ai frutti di mare, e come secondo delle cappesante gratinate. Per il dolce la chiameremo noi- conclude, osservando il ragazzo prendere velocemente nota della sua ordinazione e annuire.
-E la signorina?- chiede il cameriere voltandosi verso di me.
Gli sorrido educatamente. -Per me lo stesso, ma invece delle cappesante gradirei del filetto di salmone croccante.-
-Vi porto anche del vino?-
-No, solo acqua naturale, grazie- dice Giovanni, allungando al cameriere il suo Menu. Il ragazzo si congeda educatamente e, finalmente, ci lascia soli.
-Allora- dico io, spiegando il tovagliolo e poggiandomelo in grembo. -Di che cosa vogliamo parlare? Delle luci della sala, della gente che c'è, del chiacchiericcio fastidioso?-
Giovanni sistema a sua volta il tovagliolo davanti al suo piatto.
-Non ti piace questo posto?- chiede, sempre senza guardarmi.
-Certo che mi piace. Solo che da quando siamo arrivati non mi hai guardata in faccia una volta. Se vuoi passare sul piano formale a me va benissimo-
Finalmente Giovanni alza lo sguardo. Nei suoi occhi leggo una lieve nota di imbarazzo, per essere stato colto in fallo.
-Scusa-
-E di che. Ci sono abituata-
Giovanni si stropiccia gli occhi con una mano.
-E' incredibile- un sorriso sardonico gli affiora alle labbra -E' la prima volta dopo tanti giorni che resto solo con te e non riesco neanche a guardarti-
-Ti faccio paura, quindi?-
Giovanni mi guarda intensamente per un istante. I suoi occhi cerulei mi studiano attentamente, ed io avverto un'estraniante sensazione di disagio. C'è qualcosa nel suo sguardo che mi fa sentire inerme, vulnerabile.
Giovanni allunga una mano verso la mia, tesa sul tavolo. Il suo palmo si chiude sul mio e il suo pollice comincia ad accarezzarmi le dita. Il calore della sua pelle sulla mia accende una scintilla nel mio cuore. Improvvisamente, la sala intorno a noi sembra vuota.
-Paura?- sussurra lui. -Terrore. Perché adesso sai che ti amo ancora. Hai un potere, su di me, che non immagini neanche.-
Imbarazzata, abbasso subito lo sguardo. Non ho dimenticato la telefonata di Giovanni, quando lui era a Novara da sua cugina. Tengo quelle parole chiuse nel cuore e ogni tanto le riporto alla mente, per poterle riassaporare. 
"Ti amo. Ti amo infinitamente."
Mi sento struggere dalla tenerezza, all'idea di Giovanni, lontano, che porta la mia immagine nel cuore. Per tutto questo tempo, probabilmente non si è mai davvero separato da me. 
-Mi sono sempre chiesto se provassi lo stesso anche tu- mormora lui, tenendo stretta la mia mano. 
Alzo lo sguardo, fissandolo nei suoi occhi azzurri, limpidi come il mare. 
-Ho cominciato da quando ci siamo messi insieme e non ho mai smesso- sussurro senza fiato. Abbasso lo sguardo sul tovagliolo che ho in grembo, senza vederlo davvero.
-Quando sei andato via, ne sono rimasta devastata. Camilla e Francesca hanno provato a starmi vicine, ma la verità è che niente e nessuno avrebbe mai potuto consolarmi.-
-Lo so...-
-E' stato orribile. Non ne hai idea.-
Giovanni lascia la mia mano e si sporge a farmi una carezza sul viso. 
-Ora sono qui.-
Alzo lo sguardo su di lui. Sul volto ha un'espressione aperta e sincera. Mi apro in un timido sorriso e lui mi imita, illuminandosi. La sua mano esplora il mio viso e la mia pelle è sensibile al suo tocco. Appoggio la mia mano sulla sua e la guido sulla mia fronte, sulle guance, sulle labbra. Deposito dei leggeri baci sulle sue dita, e sento la sua pelle rispondere.
-Amanda...- sussurra lui. Il suo labbro inferiore trema,
-Vorrei che fossimo soli- sussurro io. Bacio ancora una volta la punta del suo pollice, poi lascio andare la sua mano. 
-Possiamo mangiare molto in fretta- dice Giovanni, sorridendo. 

Consumiamo la cena a tempo di record. Non ordiniamo nemmeno il dolce. Durante la cena, ci scambiamo numerose occhiate che scaldano entrambi. Ormai la mia mente è offuscata dall'eccitazione. Per tutto questo tempo ho fatto a meno del suo corpo, del suo calore...
Alla fine, Giovanni chiede il conto e lascia una generosa mancia al cameriere. Usciamo dal ristorante e, tagliando per il lungomare, ci dirigiamo verso la spiaggia, completamente buia, fatta eccezione per la fioca luce dei lampioni alle nostre spalle.
La mano di Giovanni è stretta saldamente intorno alla mia. Mi sento come se fossimo una cosa sola. 
Arriviamo fino all'estremità dell'arenile. La luce argentea della luna si riflette sul mare, rischiarando la battigia. 
Guardo Giovanni e, con mio estremo stupore, vedo che si sta togliendo la camicia.
-Che diavolo fai?- gli chiedo, ridendo. 
Giovanni sorride. -Un bagno.-
-Cosa?-
-Hai capito benissimo.-
Prima che possa dire altro, si libera anche dei pantaloni e si dirige verso la battigia. Prima di tuffarsi in acqua, si volta nuovamente verso di me e mi fa cenno di raggiungerlo.
-Vieni!- grida. -E' caldissima!-
-Non ci penso neanche!- grido io, di rimando. -Mi si rovinerà tutto il trucco!-
-Codarda!- grida lui, tuffandosi.
Cosa? 
Codarda io?
Ora gli faccio vedere.
Infiammata dal suo tono di sfida, abbandono sulla sabbia i miei sandali e sfilo via il vestito. Avanzo verso la battigia finché l'acqua non mi lambisce le caviglie. 
-Adesso chi è la codarda, eh?-
Giovanni si volta nella mia direzione, ed ho finalmente la soddisfazione di vederlo ad occhi sgranati, mentre contempla affascinato la mia semi nudità. I suoi occhi indugiano sulla forma affusolata dei miei seni, scendono sulle mie gambe. Mi allunga una mano, che io afferro con rinnovata fiducia. 
-Lasciati andare- mi sussurra. L'altra sua mano mi cinge la vita, come se fossimo due ballerini uniti in un appassionato tango. Tutto il mio corpo risponde al suo tocco. 
Con delicatezza, Giovanni mi distende sulla battigia. La sabbia mi accoglie, soffice, lambita dalle onde. Mi abbandono sul letto del mare, mentre Giovanni copre il mio corpo col suo. Le sue mani incontrano il mio viso con il tocco più delicato, ne carpiscono i minimi dettagli.
Giovanni deposita sulle mie labbra un bacio sensuale. Intreccio le mani dietro la sua nuca e mi addentro nel bacio come se ne dipendesse la mia vita. La sua lingua esplora la mia bocca e accarezza il mio palato. Le sue dita vanno incontro alla mia intimità, accarezzandola delicatamente al di sopra degli slip. Tremando, mi lascio sfuggire un lieve gemito di piacere.
Giovanni scende a baciarmi il mento, il collo, le clavicole. Quando la sua bocca si chiude su uno dei miei capezzoli, ansimo e lo stringo più forte a me. Il mare ci circonda nel suo abbraccio delicato, mentre ancora una volta ci uniamo in un passionale bacio. Sento la sua eccitazione crescere sotto i boxer e, con un ansito, mi stringo ad essa. Le mani di Giovanni scendono ancora una volta sulla mia femminilità, le sue dita mi cercano, a contatto con la mia pelle. Al suo tocco passionale, mi inarco, stringendomi ancora di più a lui. 
Giovanni mi sussurra il mio nome all'orecchio. Sento il suo alito caldo sul viso, il ritmo cadenzato dei nostri ansiti. La mia mano scende a circondare il suo membro, liberandolo dai boxer e chiudendosi attorno ad esso. Giovanni si lascia sfuggire un gemito, mentre comincio a muovere la mano seguendo il fremito della sua eccitazione.
-Guardami- sussurro. I miei occhi si specchiano nei suoi, nocciola dentro azzurro, uniti dalla rinnovata intimità. 
-Ti amo- mormora lui, senza distogliere lo sguardo dal mio. 
-Mi vuoi?- La domanda affiora alle mie labbra senza che io neanche me ne accorga. Ma la verità è che non esiste momento più perfetto di questo per la nostra prima volta. Se anche dovessimo separarci, dopo questi giorni, non m'importa. Voglio essere sua, tutta. Solo sua. Per sempre.
Giovanni abbassa lentamente i miei slip e si sistema meglio tra le mie gambe divaricate. Chiudo gli occhi, aspettando la sua spinta. Ancora un attimo, e saremo finalmente una cosa sola...io e lui...
-Non posso farlo.-
Apro gli occhi improvvisamente. Giovanni, puntellandosi sui palmi, si solleva e si alza in piedi. Resto lì, a occhi sbarrati, incapace di capire.
-Che diavolo ti prende?- gli grido, rauca per il magone che sento salirmi in gola. Sento affiorare lentamente l'umiliazione. 
-Non posso farlo- ripete lui. Improvvisamente pare arrabbiato. Tira un calcio contro la spiaggia, sollevando una zaffata di sabbia che si perde nel vento. -Cristo.-
-Ma si può sapere che cazzo ti piglia?- grido io. Mi alzo in piedi, tiro su gli slip e gli vado incontro. Giovanni si accovaccia, le mani appoggiate sulla fronte. Si lascia sfuggire un ringhio di frustrazione. 
-Giovanni, mi stai spaventando- Il mio tono di voce diviene improvvisamente apprensivo, di fronte all'anormalità della sua reazione.
-Amanda, non capisci. Non puoi capire. E io rovinerò tutto di nuovo. Sono un cazzone.- Giovanni sferra un pugno nella sabbia. 
-Posso provarci. Giovanni, ti prego, dimmi che cos'hai...- Mi siedo accanto a lui, circondandolo con le braccia. -Di qualsiasi cosa si tratti, cercheremo di risolverla. Non possiamo perderci di nuovo, proprio ora che ci siamo ritrovati. Dimmelo.-
Giovanni alza lo sguardo sul mio viso. La sua mano si solleva ad accarezzarmi una guancia. 
-Amanda, io ti amo. Tienilo bene a mente. Ti ho sempre amata e non ho mai smesso. Te lo posso giurare su quello che ho di più caro...-
-Anch'io ti amo- mormoro, trattenendo la sua mano sul mio viso. -Ti ho aspettato per tutto questo tempo...ed ora che stavamo finalmente per portare la nostra relazione ad un livello superiore...-
-Amanda, io non me lo merito.-
-Che cosa?-
-Non merito che tu abbia la tua prima volta con me.-
-Ma di che parli?- Mi abbandono ad una lieve risata. -Ce l'eravamo promessi, no? Ricordi il nostro primo anniversario? L'avevamo anche pianificato prima che tu partissi...-
-Amanda, io non ti ho aspettata.-
Le sue parole mi colpiscono come una pugnalata. Boccheggiando, ritraggo la sua mano dal mio volto.
-Che cosa significa che non mi hai aspettata?-
-Significa quello che pensi. Io ho già avuto la mia prima volta.-
E' come se improvvisamente il mare mi sommergesse e mi mandasse alla deriva. Sento ogni fibra del mio corpo contorcersi, e la mia curiosità, meschina e masochista, di saperne di più, mi spinge a chiedere: -Quando?-
-Due mesi fa. Con un'amica di mia cugina, a Novara. Non sapevo se ti avrei mai rivista...se ci saremmo neanche mai parlati di nuovo...chiedevo a Gaetano di te sempre, ma la lontananza mi ha avvelenato. Amanda, ti prego...-
Non riesco a rispondere. Non riesco a parlare. Tutto il mio corpo è avvolto in un tremito, mentre la vista mi si offusca lentamente.
Credevo di essermi riunita a Giovanni e invece mi trovo davanti un perfetto estraneo. Gli è bastata la lontananza per dimenticarsi completamente di me, per dimenticarsi di ogni promessa, mentre io, come un'idiota, sono rimasta ad aspettare il suo ritorno. 
Improvvisamente mi sfugge un singhiozzo. Giovanni cerca di circondarmi con le braccia, ma io lo respingo.
-Non mi toccare- sibilo. Il suo volto è una smorfia di dolore, ma, in questo momento, vorrei che sparisse dalla mia vista. Barcollando, mi alzo dal mio posto e, malferma sulle gambe, mi incammino in direzione della macchina.
-Amanda- Giovanni mi si para davanti. -Ti prego. Perdonami.-
-Portami a casa- gracchio, lottando contro la volontà di rannicchiarmi a terra e piangere tutte le mie lacrime. 
-Amanda...ti prego...-
-Portami a casa- grido, sferzando il silenzio intorno a noi. -Voglio andare a casa-
Mi sfugge un gemito che mi affretto a mascherare dietro un colpo di tosse nervosa. Giovanni mi guarda, sofferente. 
-Sono un idiota- mormora, con un singhiozzo. -Lo so bene-
Non gli rispondo, limitandomi a raccogliere le mie cose e a rivestirmi in silenzio. Aspetto che lui faccia lo stesso, sforzandomi di non guardarlo. Voglio che sparisca immediatamente dal mio campo visivo.
In religioso silenzio, dopo esserci rivestiti, c'incamminiamo verso l'auto per tornare a casa.
***************

********Angolo Autrice*****
Ciao ragazzi! :) Questo capitolo manca del POV dell'ultima delle tre protagoniste, in quanto il suo è molto lungo e merita un capitolo tutto per sé :)
Vi invito a recensire presto la storia con le vostre impressioni, grazie di cuore in anticipo :)

 

 

   
 
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