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Autore: WillofD_04    02/09/2015    5 recensioni
Cosa fareste voi se vi ritrovaste all'improvviso in casa sei personaggi del vostro manga/anime preferito? E se a complicare le cose ci fosse il fatto che siete gli unici che riescono a vederli? Cosa sarà successo? E soprattutto come faranno a tornare nel loro universo? Ce la farà la nostra eroina a farli tornare a casa?
DAL TESTO:
«Credo proprio che tu ci debba delle spiegazioni.» due occhi di ghiaccio mi trafissero, seri.
Deglutii un paio di volte anche se c’era ben poco da deglutire, visto che la mia bocca aveva smesso di produrre saliva da un bel po’. Vedendo che non proferivo parola, il mio interlocutore intensificò lo sguardo già abbastanza terrificante e fece un passo verso di me.
«Oh cazzo…non è possibile» dissi. E per qualche ragione che tuttora non comprendo, cominciai a ridere, irritandolo ancora di più. «Io pensavo che oggi uscisse il capitolo…» fu tutto ciò che riuscii a pronunciare
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Marco, Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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All’improvviso mi balenò in mente un’idea.
«Uno di voi venga con me» feci ai ragazzi
«Vengo i…» Rufy si arrestò vedendo che lo guardavo con aria truce. In fondo mi faceva pena, era tutto entusiasta e io infrangevo così i suoi sogni.
«Dove?» chiese lo spadaccino, svegliatosi da poco
«Perfetto, hai vinto. Andiamo» lo presi per un braccio e lo trascinai fuori di casa dopo aver recuperato le chiavi e una fascia per capelli «tutti voi state buoni e non fate danni. Se torno e vedo anche solo mezza cosa fuori posto ve la faccio pagare»
Law sorrise divertito. Non mi importava se era il chirurgo della morte, se mi poteva affettare quando voleva, rubare il cuore o qualunque altra cosa fosse in grado di fare. Se osava fare altri danni in casa mia lo avrei incenerito, parola mia.
Mi chiusi la porta alle spalle cercando di non pensarci e mi avviai con Zoro al seguito. Mentre eravamo in ascensore gli presi il polso, cosa che suscitò in entrambi abbastanza imbarazzo, e lo legai al mio con la fascia per capelli.
 «Che diavolo stai facendo?»
«Sto facendo un favore a entrambi»
«E perché credi che legarmi il polso a te sia un favore che mi fai? Mi limiterebbe i movimenti qualora incontrassimo qualche nemico»
Alzai gli occhi al cielo «Rilassati. Non incontreremo nessun nemico»
«Tsk» sbuffò «slegami, ora.»
«Non darmi ordini.»
«Slegami e non lo farò»
«No. In questo modo staremo sempre a contatto e la gente ti vedrà, così potremo chiacchierare senza che la gente mi prenda per pazza»
«Cosa ti fa pensare che io voglia fare conversazione con te?»
Spalancai la bocca in un gesto teatrale, fingendomi offesa «Hai ragione, mi annoierei. Sono troppo intelligente per parlare con te, marimo» contrattaccai
Sogghignò «Ti ho per caso offeso, ragazzina?»
Le porte si aprirono e io uscii fuori dall’ ascensore sorridendo. Avrei avuto l’ultima parola. «Sei così stupido che non riesci nemmeno a slegarti da un nodo del genere?»
Non dovevo dirlo. Lui tirò indietro il braccio, facendomi perdere l’equilibrio e di conseguenza cadere di sedere su uno scalino che avevo appena sceso. Evidentemente gli facevo pena, perché mi tirò anche su, ovviamente con un ghigno provocatorio stampato sul viso.
«A pensarci bene potrebbe essere divertente rimanere così legati» provai l’impulso di sciogliere subito quel nodo e tornare di corsa a casa, ma non intendevo dargliela vinta e così uscimmo dal palazzo. Il caldo ci immerse completamente ma non mi persi d’animo.
«Mi dici dove mi stai trascinando con questo caldo infernale?»
Quando mio nonno era morto, ci aveva lasciato in eredità un piccolo appartamento che era a cinque minuti a piedi da dove abitavamo. Tra l’altro il palazzo era quello dove abitava anche Sara. Non ci abitava nessuno e le tasse le pagavamo comunque, quindi perché non cogliere l’occasione?
Arrivammo che ci eravamo fatti un bagno di sudore nonostante ci avessimo impiegato tre minuti. Quando aprii la porta del palazzo e sentii l’aria fresca, mi sentii sollevata e feci un sorriso ebete, che sparì non appena vidi Sara sul pianerottolo.
«Cami!»
«Sara…»
«Che ci fai qui?»
«Ehm...si…tu?»
Assottigliò gli occhi e mi guardò male «Si? Sei sicura di stare bene? Io ci abito qui!»
Ah già ci abitava… «Si, si! È che…sai…sono venuta qui per far vedere l’appartamento a lui»
Sara lo squadrò da capo a piedi, soffermandosi sulla fascia che ci legava e fece uno sguardo strano, a metà tra il perplesso e l’allusivo. Fortunatamente non fece domande e si presentò, solare come al solito «Piacere, Sara!»
Zoro, già abbastanza imbarazzato dalla situazione, guardò la mano che la mia amica gli aveva teso. “Stringila idiota” pensai. In qualche modo gli arrivò il mio pensiero perché gliela strinse. Forse troppo forte, visto che la poverina si massaggiò la mano una volta terminata la stretta.
«Alla faccia che con i ragazzi andava male, eh?» disse a bassa voce e mi fece l’occhiolino
Presa dal panico gli inventai la prima cazzata che mi venne in mente «Eh no, lui è gay!» lo urlai come per farlo sembrare convincente, solo dopo mi resi conto dell’enorme stronzata che avevo detto. Zoro mi guardò dapprima stupito, poi in cagnesco.
«Oh…D’accordo, io vado. Piacere di averti conosciuto!» detto questo finalmente se ne andò e io potei tirare un sospiro di sollievo. Quando il portone d’ingresso del palazzo fu chiuso, Zoro parlò «Gay, eh?»
Boccheggiai. Sara era di certo una brava persona e una buona amica, ma era un po’ troppo pettegola per i miei gusti e l’avrebbe saputo tutto il mondo se le avessi detto che era il mio fidanzato o anche solo un mio amico. Già con quei capelli verde alga e quella cicatrice sull’ occhio avrebbe avuto un ampio argomento di conversazione per tutto il pomeriggio. Ed ero sicura che dopo che le avevo detto dell’appartamento sarebbe venuta a curiosare e avrebbe indagato sui nuovi inquilini "fantasma", come piaceva definirli a me. Almeno in quel modo avevo evitato ogni tipo di gossip.
«Te l’avevo detto che dovevi slegarmi, mocciosetta» fece un sorriso di scherno.
«Tenerti incollato a me era l’unico modo per non farti perdere, razza di idiota!» ma perché non gliel’avevo detto prima? Almeno lo avrei azzittito per un po’. Ad ogni modo lo liberai da quella “tortura” e iniziai a scendere le scale che portavano all’appartamento. Era abbastanza isolata come casa, considerato che era due piani sotto il piano terra.
«Eccoci arrivati» dissi, una volta sul pianerottolo.
«Arrivati dove?»
«Alla vostra nuova casa»
«Cos’ha quella vecchia che non va bene?»
«Siete fastidiosi. Rumorosi. Confusionari. Occupate troppo spazio…e potrei andare avanti all’infinito» incrociai le braccia e simulai uno dei miei sorrisi angelici
«Ok, ok ho capito…»
«E in più domani tornano i miei ed è necessario che ve ne andiate il più lontano possibile» il concetto di “più lontano possibile” con loro non era ben definito. Per poter essere davvero al sicuro da quei pazzi come minimo avrei dovuto mandarli in Russia. Ma in mancanza di fondi questo era il massimo che potevo permettermi e se ciò evitava il coinvolgere i miei genitori in quell’isteria di gruppo allora andava bene anche così.
«D’accordo»
«Bene» uno lo avevo convinto, ora dovevo convincere gli altri cinque. Impresa ardua, ma avevo i miei assi nella manica.
Entrammo e per un attimo rimasi con il fiato sospeso. Temevo che l’appartamento fosse in cattive condizioni. Fortunatamente non era così. Anzi era tenuto piuttosto bene. Bastava dare una pulita qua e là. Non era molto grande, ma si sarebbero adattati. L’abitazione era composta da tre stanze e un bagno più un piccolo terrazzo e un balcone. Una stanza fungeva da ingresso e da salotto, infatti vi era un divano un po’ vecchiotto in pelle marrone. Un’altra stanza era la cucina, sulla sinistra, con un tavolo per mangiare e infine c’era la camera da letto, con due letti singoli separati. Se proprio i due fortunati che ci avrebbero dormito sentivano la mancanza l’uno dell’altro potevano avvicinarli.
«È di tuo gradimento?» chiesi ironicamente, consapevole che qualunque fosse stata la risposta ci avrebbero abitato uguale.
«Non è male. C’è la palestra?» la palestra voleva lui. Già era tanto se quella casa era in quelle condizioni e non cadeva a pezzi. Anzi no, già era tanto se avevo una casa dove mandarli ad abitare! Era un po’ spoglia, ma nel complesso faceva la sua umile figura.
«No e non credo che esistano palestre con pesi tali in grado di soddisfarti»
Sembrò contrariato. «Allora dovrò arrangiarmi con quello che mi offre la natura»
«Basta che non ti metti a sradicare alberi»
«Solo se posso dormire su uno dei due letti»
«Parlane con gli altri, a me non interessa chi dorme dove o con chi».
Tornammo a casa – che era rimasta, strano ma vero, esattamente come l’avevo lasciata – e parlai della mia idea agli altri, che alla fine accettarono. Mostrai anche a loro l'appartamento e gli piacque.
«Servono più letti però» constatò Rufy, che aveva ancora l’occhio nero e si era portato dietro i piselli ormai non più tanto surgelati
«A quello ho già pensato» risposi. Mio zio lavorava tanto bene in un negozio di materassi e mi adorava, quindi bastava inventarsi una scusa qualunque e avrei avuto i tre materassi che mancavano. Decisi di andarci il giorno stesso, perché prima si sistemavano meglio era. Portai con me due galantuomini per aiutarmi con il trasporto. Marco e Law. Nonostante Rufy si offrisse ogni volta, non me la sentivo di farlo venire, avrebbe fatto troppa confusione. E poi con quei vestiti e ora quell’occhio nero sarebbe sicuramente sembrato un teppista di strada a mio zio e ci saremmo letteralmente sognati i materassi. Quindi optai per due persone posate e controllate, almeno in apparenza. Non che Marco con quella sua capigliatura a ananas fosse raccomandabile, ma almeno non aveva i capelli verdi o il naso chilometrico e non rischiava un' epistassi ogni volta che vedeva una donna.
Arrivammo al negozio di materassi con il pullman stavolta, dopo che ebbi spiegato loro cosa fosse e come funzionasse. Rimasero piacevolmente colpiti.
«Ciao zio!» appena entrai, lo notai e lo chiamai, facendolo girare.
«La mia nipotina preferita!» mi venne incontro con le braccia aperte e mi abbracciò
«Sono l’unica che hai del resto! Ascolta, ti presento due miei amici» Law, sentendo quella parola fece una smorfia di disgusto.
Lui li esaminò scrupolosamente, soffermandosi per lo più nel punto in cui i due pirati tenevano le mani a contatto con la mia schiena e una volta finito disse, rivolto prima a me e poi a loro «ti trattano bene? Guardate che sono molto geloso della mia unica nipote. Per cui se la fate soffrire vi vengo a cercare!» in parte scherzava, in parte no. Sapevo che era vero.
Marco rise, Traffy no, mantenne quella sua stupida aria altezzosa.
«Comunque, veniamo al dunque. A cosa devo la vostra visita?»
«Ci servirebbero tre materassi» dissi molto tranquillamente
Lui assottigliò gli occhi «Che ci devi fare con tre materassi?»
«Servono a loro. Stanno organizzando un pigiama party»
«E tu parteciperai?» li guardò in cagnesco
«No! Certo che no! Però loro non possono pagare al momento e quindi dovresti farci anzi, fargli, un prestito sulla fiducia» sorrisi innocentemente
«Mh. Lo farò solo perché siete amici della mia nipotina. Ma vi tengo d’occhio» li indicò entrambi minacciosamente.
«Grazie zio!» lo abbracciai, sentendo le mani dei due pirati ancora incollate a me
«E comunque non me li hai presentati»
Giusto, non gli avevo ancora detto i nomi «Ah già, loro sono Marco e L…orenzo» mi ripresi in corner. Marco era un nome normalissimo – e anche bello – ma non potevo dirgli il vero nome del chirurgo. Già era titubante sul lasciarci i materassi, se scopriva come si chiamava lo prendeva per uno straniero venuto da chissà dove. Law era anche piuttosto scuro di carnagione e mio zio oltre ad essere un tipo un po’ all’ antica era anche uno che faceva parecchie congetture campate per aria.
Alla fine prendemmo i materassi e uscimmo. Per tornare a casa fu un disagio. Nel pullman non ci avrebbero di certo fatto entrare con quei cosi e a piedi era troppo lunga. Oltre al fatto che faceva caldo e dovevamo trasportare del peso extra.
Alla fine fu necessario utilizzare i poteri. Marco portava i materassi in volo, mentre Law utilizzava lo shambles per avanzare piano piano, stando ben attento a non farsi notare. O meglio, a non farmi notare. Lui era invisibile, il problema ero io. Aveva un respiro leggermente corto.
«Stai bene?»
«Si.» mi rispose in maniera distaccata e sembrava quasi scocciato. Io mi preoccupavo semplicemente per lui, perché sapevo che i suoi poteri consumavano parecchia energia e dopo l’ultima battaglia era rimasto parecchio debilitato. Che c’era di sbagliato in questo? Cosa diavolo c’era che non andava in lui?
Tornammo a casa stanchi, ma soddisfatti. Mentre gli altri si occupavano di sistemare i materassi, io decisi di raccogliere le mie ultime energie per andare a fare un po’ di spese utili ai nuovi inquilini. A piedi arrivai al supermarket più vicino e comprai spazzolini per tutti, dentifricio, qualche snack e una bottiglia di vino. Il giorno dopo avrei pensato a fare un paio di copie delle chiavi e alle altre cose.
Ritornai da loro che mi accolsero sorridenti. Dovevo ammettere che era bello rincasare e trovare dei volti così allegri e solari, nonostante la stanchezza del giorno passato tra calura e materassi. Mi faceva sentire come se avessi qualcosa per cui combattere. Avevo qualcuno per cui tornare a casa la sera. Sanji mi prese dalle mani la spesa e la mise da una parte, tranne la bottiglia di vino che invece stappò. Si era già orientato a meraviglia visto che sapeva dove fossero i bicchieri – che io non sapevo nemmeno dove fossero a casa mia –. Li tirò fuori e vi versò la sostanza alcolica. Aveva un aspetto molto invitante, avevo scelto bene.
«Fate silenzio imbecilli!» ordinò ai suoi compagni che si ammutolirono. Risi e scossi la testa. Certe cose non sarebbero cambiate mai. «Alla nuova casa» riprese e alzò il suo calice «e a Cami» mi guardò e fece un piccolo inchino, i suoi occhi erano sereni.
«Alla nuova casa e a Cami!» lo seguirono gli altri.
«Alla nuova casa» alzai anche il mio flute
«E a te» mormorò Marco quasi rimproverandomi di essermi dimenticata una parte importante.
Mi rassegnai e brindai «A me» bevvi e il liquido scese in gola, irradiando calore nel resto del corpo. Ma il calore che sentivo non era solo merito del vino, a scaldarmi era la gioia, quel meraviglioso sentimento che non provavo da parecchio tempo e che solo con loro avevo riscoperto.
   
 
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