Parigi, 1 marzo 1786
Mia cara sorella,
devo dire che riesci sempre più spesso a deludermi.
Sono accadute due cose importanti, fondamentali, e debbo venirle a sapere per caso, incrociando nostra Madre per i corridoi della Reggia! Se non l'avessi incontrata non avrei saputo nulla fino a quando le notizie, passando di bocca in bocca, mi fossero arrivate dalla mia cameriera.
E così la piccola Rosalie va sposa. Non che la cosa mi stupisca. È nata, per essere moglie e madre.
Per lei sarà un bene. E lo sarà financo per te. Non era una buona compagnia quella ragazzetta troppo facile alle lacrime.
La cosa che più mi fa ridere, inquietare ed inorridire allo stesso tempo, è la cura che nostro padre ebbe nel tenerti lontana da noi sorelle, per il pessimo ascendente che avremmo potuto avere su di te.
Poi ti ha inviata alla Reggia di Versailles per trascorrere le tue giornate con la più vacua e frivola delle Regine possibili, noncurante che il suo amore per il gioco ed il lusso ti potesse contagiare.
Dal canto tuo, ti sei presa in casa come pupilla una ragazzina tra le più facili al pianto che mai abbia veduto, un vero salice piangente, sempre col fazzolettino in mano. Ti sei intenerita, ma non ho mai compreso quale amicizia od appoggio potesse darti.
Non vi è nessuno più lontano da te di quella svenevole ragazzina; eppure gli uomini apprezzano di più in più questo tipo di donnicciole lacrimevoli, così come le donne fintamente infelici come Maria Antonietta. Non passerà molto, vedrai, che le giovanette piangenti e le adultere irrequiete ed isteriche riempiranno i romanzi.
Comunque, so che a questo punto storcerai il naso, per cui cambio in parte argomento, chiedendoti se ti pare che lo sposo sia adatto a lei.
Non mi è chiaro come questo giovine sia capitato a Palazzo, cosa sia accaduto e perché.
Mi farebbe piacere un poco di chiarezza da parte tua. Se poi è vero, come da più parti della servitù di Palazzo mi giunge voce, che avrebbe addirittura a che fare con il terribile ferimento di André, allora vorrei che fossi tu a parlarmene.
Ed ora non sono la sorella scherzosa. Sono seria, preoccupata ed arrabbiata.
Ancora più furibonda, se penso che lascerai il tuo posto presso la Guardia Reale. E per cosa, poi?
La Compagnia B della Guardia Metropolitana?
A volte vorrei proprio sapere cosa passa in quella tua testolina balzana. Non ti ripeterò che sono volgari soldatacci, grezzi e intemperanti, tanto so che te lo avranno detto sino allo sfinimento senza che la cosa abbia potuto minimamente toccarti.
Mi chiedo solo, e lo chiedo a te. Spiegami perché.
Quale colpa pensi di dover espiare per recarti in quel postaccio?
Quale merito pensi possa derivartene?
Quale situazione stai fuggendo, perché altro in mente non mi viene per un simile colpo di testa?
Come vedi questa missiva è breve e corrucciata, so che non mancherà di irritarti, ma ho davvero bisogno di comprendere cosa ti stia accadendo, perché non posso evitare di preoccuparmi per la mia piccola peste.
Ti prego di rispondere a stretto giro di posta.
Con immutato affetto,
Josephine de Liancourt.