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Autore: theaftermath    04/09/2015    1 recensioni
Sono la persona più debole sulla faccia della terra, ma sai cosa? Non mi interessa. Non ho mai avuto certezze nella mia vita, nemmeno lui lo era. Quando se ne andava, non sapevo mai quando sarebbe tornato. Il suo cellulare era la cosa più futile che portava con sé. Aveva ben altro da fare, come diceva sempre. Eppure non ho mai saputo cosa faceva di preciso.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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I can't get this memories out of my mind,
It's some kind of madness, it started to evolve.

 

Madness - Muse

 

La voglia di rimuginare su ciò che mi era appena successo diminuiva ad ogni mio singolo passo verso casa.
Uno sconosciuto su un ascensore mi aveva praticamente ficcato la sua lingua in gola e cercare di convincere me stesso ad essere ragionevole era terribilmente difficile e stancante, dal momento che mi era piaciuto. E anche tanto.
Forse mi era piaciuto perché avevo sempre avuto una strana passione per le cose che non avrei mai avuto il coraggio di fare, come - che ne so - il bungee jumping e quelle stronzate da provare almeno per una volta nella vita.
In ogni caso, ero sicuro che quello che mi era successo avesse superato ogni tipo di sport estremo. O almeno, per me e per i miei standard era così.
«Ma vaffanculo, arbitro di merda!»
Ciò che mi fece realizzare di trovarmi sul pianerottolo del mio appartamento, fu la voce soffocata dalla porta ancora chiusa di Chris - il mio coinquilino - che si lamentava contro la tv.
«Ah, ma allora sei vivo!» Mi disse alzando la voce, cercando di superare il volume della telecronaca.
Quando entrai, non avevo voglia di rimproverare Chris del fatto che tutto il condominio lo stesse sentendo. Mi limitai a chiudermi la porta alle spalle, rispondere distrattamente con un "ciao" per poi buttarmi di peso sul divano accanto a lui.
Solo dopo qualche secondo mi resi conto di avere addosso le sue occhiatacce dal momento che avevo messo piede nell'appartamento e del sarcasmo nel suo "saluto". Ci eravamo ripromessi di guardare insieme quella partita del Chelsea, ma tra la pioggia e quel contrattempo mi ero dimenticato di avvisarlo che avrei fatto tardi.
Chris era più alto di me di almeno 15 centimetri e muscoloso, anche se non troppo. Da poco aveva deciso di farsi crescere la barba e di radersi i capelli castani ai lati della testa lasciando il ciuffo di poco più lungo. Mi faceva ancora strano vederlo così.
Stavo guardando un punto vuoto del nostro soggiorno, fin che non mi resi conto che Chris mi stava fissando insistentemente in attesa che io dicessi qualcosa per giustificarmi, sempre con la sua lattina di Sprite tra le mani e spostando lo sguardo verso la tv soltanto se il telecronista stesse dicendo qualcosa di interessante.
«Non hai niente da dire?» Con tono seccato, si decise a prendere la parola.
«Probabilmente a causa di un lampo potente c'è stato un blackout nell'edificio e sono rimasto... bloccato... nell'a-ascensore.» Feci fatica a pronunciare le ultime parole.
«Bastava un messaggio, sai com'è...» Non sembrava arrabbiato, tant'è che tornò a guardare la partita dopo aver semplicemente scrollato le spalle. Non aggiunsi nulla, non ne avevo voglia.
L'immagine di quei grandi occhi azzurri era così chiara nella mia mente che anche volendo non avrei potuto scegliere di concentrarmi su qualcos'altro, come ciò che stava succedendo sullo schermo di fronte a me. Riuscivo ancora a sentirmi i suoi occhi addosso, così come il suo profumo.
Passai una mano sulla mia cravatta, ricordando come l'aveva usata per tirarmi a se. Una volta uscito da quell'ascensore, non mi ero nemmeno preoccupato di risistemarla. Umettandomi le labbra, potevo ancora sentire il sapore di quel bacio.
Ero abbastanza sicuro che Chris mi avesse detto qualcosa, prima che si alzasse per dirigersi verso la cucina, ma non ci feci caso. Guardai attentamente la tv: era appena finito il primo tempo della partita e probabilmente Chris era andato a preparare uno dei suoi soliti panini zeppi di porcherie.
«MATT, CAZZO!» Quando sentii il mio nome pronunciato con insistenza dalla cucina, spostai per la prima volta lo sguardo dalla tv.
«Che c'è?» Risposi svogliatamente, senza muovermi. Vidi la testa di Chris sbucare lentamente dalla porta della stanza.
«È solo la terza volta che cerco di chiederti cosa vuoi che metta nel tuo panino, niente di che.» Mi disse sarcasticamente.
«Ho già mangiato.» Non era vero. Se gli avessi detto che non avevo fame, avrebbe insistito e non ero emotivamente capace nemmeno per una discussione del genere.
Mi guardò con diffidenza e con un po' di perplessità.
«Stai bene?»
Mi limitai ad annuire frettolosamente, senza nemmeno pensarci. Mi diede un ultimo sguardo poco convinto, poi fu questione di secondi che tornasse sul divano con in mano un panino - di cui non osavo immaginare il contenuto - e un'altra lattina di Sprite.Non essendo ancora cominciato il secondo tempo, l'attenzione di Chris era completamente sul suo panino e su di me.
«Sei sicuro di stare bene?» Mi chiese, prendendo un sorso dalla lattina e mettendosi più comodo. Sospirai lentamente portando la testa all'indietro per poggiarla sullo schienale del divano. Non sapevo che peso dare a ciò che mi era successo, ne tanto meno se ne valesse la pena di raccontarlo.
Chris era il mio migliore amico e fin ora non mi era mai capitato di dovergli nascondere qualcosa. O meglio, probabilmente non era mai successo qualcosa di così strano da dover pensare di doverglielo nascondere. In quindici anni che ci conoscevamo, non avevamo mai avuto bisogno di essere empatici più di tanto tra di noi. Le nostre conversazioni strettamente personali non erano mai andate oltre le volte in cui lui aveva giurato di essere innamorato per l'ennesima volta di una ragazza diversa e di come la cosa finisse sempre male. Eravamo più tipi da progetti per il futuro, politica e programmi in tv dedicati all'esistenza degli alieni.
Non sapevo da dove iniziare, non sapevo nemmeno se volevo davvero dirglielo. Lui continuava a guardarmi, impaziente e preoccupato, mentre pensavo a come avrebbe reagito.
«Chris...» Dissi quasi sussurrando, nel vano tentativo di riuscire a dire qualcosa al primo colpo. Sbuffò pesantemente e alzò gli occhi al cielo nel vedermi così titubante.
«Ti prego, parla. Mi sembri, non lo so... Traumatizzato. Cos'è successo? Qualche paziente è impazzito e ha cominciato ad invocare Satana e pensi di essere possed-»
«Ho baciato un ragazzo.»
Lo guardavo, cercando di invitarlo a dice qualcosa - nonostante non fosse tutto - ma in quei secondi di silenzio assoluto che seguirono, si limitò a guardarmi con gli occhi sgranati e un'espressione confusa. Ad un certo punto, si schiarì la voce e si vedeva chiaramente che stava cercando di ricomporsi.
«Matt, senti... Sei il mio migliore amico, ok? Certo, potevi trovare un modo più carino di fare coming out però-»
«NON È... Questo... Il punto.» Lo interruppi esasperato.
«Il punto non è che sei gay?»
«Sì. Cioè, no... Non lo so, ma non è questo...» Mi guardò ancora più confuso di prima. Non lo biasimai.
«Chi era?»
«Non lo so.» L'ultima volta che avevo visto Chris così sconvolto era stato dopo l'annuncio della nuova trilogia di Star Wars.
«Che vuol dire che non lo sai? Aveva il mantello dell'invisibilità?» Disse esasperato, riuscendo a fare riferimenti ad Harry Potter anche in casi come questi.
«Intendo che non lo conosco. Cioè, non lo conoscevo prima che entrasse nell'ascensore con me e rimanessimo bloccati lì dentro per venti minuti.»
Continuava a guardarmi come se stessi parlando in dialetto ostrogoto, con gli occhi ridotti a due piccole fessure e l'aria di qualcuno che stava disperatamente cercando di capire.
«Ma... Vi siete solo baciati o... Proprio baciati?» Mi disse senza distogliere la sua espressione concentrata.
«Che vuol dire?»
«Cioè, nel senso... Baciati baciati.» Cominciavo ad essere io quello confuso e, quando lo notò, cercò di spiegarsi meglio.
«Alla francese, con la lingua... Come cazzo si dice?» Mi fece quasi ridere. Di solito non era così stupido, era solo a disagio e cercava con tutto se stesso di non essere indiscreto.
«Ok, allora, ricominciamo da capo. Io ti faccio le domande e tu mi rispondi.» Portò le mani in avanti con fare confuso. Annuii sospirando.
«Chi era?»
«Si chiama Dominic, forse.»
«Forse.» Non capacitandosi della mia risposta, si portò entrambe le mani sul viso scuotendo la testa imitando la mia ultima parola.
«Forse è meglio che lasci raccontare tutto a me.» Gli dissi con calma, anche se non ne avevo molta voglia.
«Sì, grazie. Ti prego.» Prese un lungo sorso di Sprite e diede un morso al panino, come se non vedesse l'ora di sentire cosa era successo.
«Ero appena uscito dallo studio di Janice, perciò vado a prendere l'ascensore per scendere al piano terra e...» Chris spense la tv, su cui era appena iniziato il secondo tempo della partita, poi tornò a guardare me.
«Continua.» Mi disse con la bocca piena. Lo guardai incerto per un istante, poi andai avanti.
«Lui era entrato qualche piano dopo di me e... Non lo so, non smetteva un attimo di guardarmi e mi sentivo a disagio. Non abbiamo parlato molto quando poi l'ascensore si è bloccato, gli ho solo detto cosa stavo facendo lì...»
«E lui che faceva?»
«Una visita medica, forse... Aveva detto di avere un appuntamento.» Alla mia risposta, l'aria curiosa di Chris si incrementò, tanto da non accorgersi di essersi sporcato il mento di cheddar.
«All'inizio eravamo entrambi seduti e in silenzio, anche perché io non stavo molto bene. Lui era rimasto tranquillo per tutto il tempo e... Giocava con la sua collana.» Chris aggrottò le sopracciglia, ma lo ignorai.
«Quando poi ci alzammo entrambi, si è avvicinato e...» Mi guardava, cercando di incitarmi a continuare.
«E... Niente, dal nulla. Mi ha baciato.»
«Porca troia.» Annuì con convinzione, come se fosse la cosa più assurda che avesse mai sentito.
«È successo tutto troppo di fretta. Mi mancava l'aria e non è stato, come dire, graduale
«Nel senso che non riuscivi a respirare perché la sua lingua istruiva ogni possibile accesso all'ossigeno. Sì, ti capisco.»
Quando Chris fece emergere questo suo lato delicato di se, cominciai a stupirmi della scintilla empatica che pochi minuti fa aveva avuto nel chiedermi come stavo. Lo guardai perplesso, cercando di andare avanti.
«Quando siamo usciti dall'ascensore, se n'è andato senza dirmi nulla. Mi ha solo lasciato questo...» Presi lo scontrino dalla tasca dei miei pantaloni e lo porsi a Chris, che si mise ad osservarlo attentamente.
«Dominic Howard...» Lesse nel retro di quel pezzo di carta arricciando il labbro e scuotendo la testa, come se stesse cercando di capire se conoscesse qualcuno con quel nome.
«Quando eravamo ancora insieme, mi aveva chiesto di prestargli una penna per scrivere qualcosa proprio su questo scontrino e... Non avrei mai potuto immaginare che avrebbe voluto lasciare il suo numero ad uno sconosciuto già prima di...» Facevo fatica a dirlo.
«Prima di limonarti.» La serietà con cui continuò la mia frase scrutando ancora quello scontrino non si addiceva molto a quel termine che aveva usato.
«Il senso è quello...» Dissi scrollando le spalle e con aria poco presente, poi Chris mise da parte quel pezzo di carta e riportò lo sguardo su di me.
«Cosa pensi di fare adesso?»
«Speravo me lo dicessi tu, in realtà.»
«Non saprei...Ti sembrava un tipo a posto?» Mi chiese posando la Sprite sul tavolino di fronte a noi per poi passarsi una mano sulla nuca alzando le spalle.
«Assolutamente no.» Dissi, quasi ridendo.
«In effetti, un tipo che bacia la gente senza nemmeno presentarsi e che poi lascia il proprio numero...» Annuii con una smorfia.
«Però tu non ti sei rifiutato...» Mi disse con sguardo complice. Strizzai gli occhi, come per scacciare l'immagine del sorriso di Dominic a poca distanza dalle mie labbra.
«Ah, mio caro Matthew...» Si mise a scombinarmi i capelli parlandomi in modo teatrale, sotto il mio sguardo truce e imbarazzato allo stesso tempo. «Prendila come un'esperienza di vita. Pensa che senza di lui non avresti scoperto di essere gay!» Lo fulminai con lo sguardo.
«Cioè, onestamente l'ho sempre pensato... Ti è sempre andata male con le ragazze che ti ho presentato.»
«Le bionde ossigenate che mi presenti tu non sono proprio il mio tipo...»
«Appunto! Se avessi saputo che preferisci i biondi anzi che le bionde avrei potuto aiutarti meglio!» Mi disse con tono scherzoso, strappando una risata anche a me che scuotevo la testa per le stupidaggini che stavo sentendo.
«Non credo di poterlo dire con certezza comunque...»
«Cosa? Che ti piacciono i biondi?»
«Di essere gay, coglione!» Ridemmo entrambi come due idioti, riprendendoci qualche secondo dopo.
«Cioè, fin ora non mi era mai piaciuto un ragazzo...»
«Magari ti è piaciuto lui e basta. Era biondo?» Mi disse, prendendo un morso del panino che aveva quasi abbandonato durante la conversazione.
«...Sì, era biondo.» Dissi esasperatamente, per poi vederlo saltare letteralmente dal divano per mettersi in piedi davanti a me.
«Quando ti ho presentato quelle bionde almeno c'ero andato vicino con il colore di capelli. Si vede che sono il tuo migliore amico, non ringraziarmi.» Allargò le braccia con convinzione, sotto il mio sguardo rassegnato e divertito. Mi passò la mano per invitarmi ad alzarmi dal divano per darmi una pacca sulla spalla e abbracciarmi.
«Se la tua preoccupazione riguardava questo, ti sbagliavi. Saresti mio fratello anche se il tuo orientamento sessuale fosse verso gli alpaca.»
«Grazie, Chris. Sei un cretino, ma grazie davvero.» Ridemmo insieme, per poi distogliere l'abbraccio. Mi sentivo meglio e - anche se continuavo ad sentirmi un po' scombussolato - mi era venuta fame, perciò andai verso la cucina seguito da Chris.
«Cosa dovrei farci con quel numero?» Gli chiesi con un voluto tono distratto, mentre cercavo qualcosa in frigo.
«Non lo so, se una ragazza l'avesse fatto con me probabilmente l'avrei chiamata per vedere se si poteva passare al sodo.» Alzò le spalle con le braccia conserte. Uscii del formaggio dal frigo per farci un panino, poi scrollai le spalle con indifferenza.
«Hai intenzione di chiamarlo per caso?» Mi disse, come se fosse una cosa totalmente impensabile da parte mia.
«Certo, come no.» Dissi, ridendo con poca convinzione. In effetti, non era per niente da me. Tra i due, ero io quello con la testa sulle spalle.

 

I giorni proseguirono tutti allo stesso modo. Sveglia alle 6:30 a.m., doppio espresso, metropolitana, università, Starbucks, biblioteca. Tutto meccanico, come al solito. Com'è sempre stato.
Erano passati cinque giorni, da quando qualcosa dentro di me si era smosso. Qualcosa che la notte mi teneva sveglio, che in qualche modo aveva spezzato la mia routine.
Cinque giorni e quasi cinque notti erano passate, tutte notti trascorse a fissare lo schermo del mio cellulare in una mano e i numeri di quello scontrino nell'altra. Non dissi mai a Chris di aver pensato anche solo per un secondo di voler davvero chiamare quel Dominic. Non mi andava di dare spiegazioni, dal momento che non ne avevo nemmeno per me stesso.
Nonostante le notti insonni, non ero mai arrivato ad una vera conclusione, anche se non ero sicuro che ce ne fosse davvero una. Era un continuo dissidio tra il volerlo baciare di nuovo, la voglia di prendermi a pugni da solo e la curiosità di sapere cosa potesse passare per la mente di una persona del genere.
Pensavo a cosa sarebbe successo se lo avessi chiamato, se avesse risposto, se si fosse ricordato di me. Pensavo a cosa sarebbe successo se ci fossimo visti di nuovo, a cosa avrebbe pensato Chris, a cosa sarebbe successo a me e che impatto avrebbe avuto nella mia vita.
Ogni notte, semplicemente, mi addormentavo. Probabilmente lo sognavo anche, ma non l'ho mai ricordato.
Erano le 2:46 a.m., quando mi resi conto che il cellulare e lo scontrino tra le mani stavano cominciando a far parte di quella mia routine. Per la prima volta, stavo cominciando ad odiare la sensazione di star continuando a fare ogni giorno la stessa cosa in modo inconcludente.I pensieri erano sempre gli stessi, le conclusioni sempre uguali e niente stava cambiando. Tutto perfettamente uguale. Mi sentivo stupido.
Come potevo lamentarmi proprio adesso, dopo aver passato venticinque anni della mia vita in questo modo? Come potevo essere stanco di quella monotonia in cui mi sono sempre sentito al sicuro?
Riportai quelle sei cifre scritte a penna sul mio cellulare digitandole sulla tastiera. Probabilmente per la prima volta nella mia vita, smisi di pensare.

   
 
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