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Autore: Atra    04/09/2015    4 recensioni
All'alba di ogni nuovo ciclo, Cosmos e Chaos sono pronti a darsi
nuovamente battaglia.
Prima di farlo, devono scegliere i Guerrieri che comporranno le loro
schiere.
Sarà un combattimento a deciderne le sorti: la vittoria decreta la scelta, la sconfitta chiama la morte.
L'unica scelta è farsi scegliere.
Farsi scegliere è vivere.
I Giochi di Dissidia cominciano.
L'unico modo per scegliere i Guerrieri è dargli un motivo per farlo.
Ma se in quest'edizione questo motivo mancasse, a un certo punto?
Sarebbe pazzo.
Sarebbe folle.
Eppure è successo.
Genere: Azione, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Il suo riflesso si mosse lentamente verso di lei, il fruscio della sua veste che le accarezzava le orecchie.
Sollevò una mano per sfiorare se stessa nello specchio, il bracciale dorato tintinnò con due brevi colpetti cristallini contro il vetro, mentre il suo dito scivolava via, lasciando una leggera traccia che era svanita subito dopo.
Socchiuse lievemente le labbra e subito un sospiro le sfuggì fra i denti, gettando un fugace alone di condensa sullo specchio.
Il suo sguardo fu più veloce dell'intenzione e Cosmos si ritrovò a fissare il proprio riflesso.
Quegli occhi profondamente azzurri tradivano un sentimento che non era mai riuscita a decifrare ma che sentiva assolutamente come parte di lei.
Era strano: era la Dea dell'Armonia. Come poteva essere che proprio dentro di lei si nascondesse qualcosa di non previsto, di illeggibile, che turbava la sua quiete interiore?
Inclinò leggermente la testa, i lunghi capelli biondi le scivolarono lungo la spalla e rimasero a ondeggiare instabili per alcuni secondi.
Si sentiva così? Instabile.
Ma no, lei aveva i piedi ben saldi a terra. Lei aveva sempre accettato tutto serenamente: la vittoria, la sconfitta, la morte.
Il sacrificio.
Era come un tarlo nella mente, un fastidioso e sfuggente rumore di sottofondo nell'Armonia che tanto rappresentava.
Un'idea da folli, direbbe qualcuno. Ma c'è sempre una causa più grande per cui tutto vale, per cui ogni gesto non è mai estremo, per cui il limite è labile quanto l'altezza del cielo, in continuo sviluppo.
La stessa causa per cui Cosmos si guardava allo specchio a ogni inizio, trovando sempre qualcosa di diverso in ciò che era stata e non capendone il motivo.
Il suo mento si sollevò di poco e i suoi occhi si strinsero per individuare l'ennesima differenza di quella volta.
Il marmo della sua pelle non aveva subito nessuna scalfitura, il corpo era sempre snello e giovane, fasciato dalla stretta veste bianca che scendeva a terra e si allargava sul pavimento come un enorme giglio dai petali tremanti.
I due capi dell'abito che le scendevano morbidamente dalla base del collo disegnavano delle curve perfette a un soffio dai fianchi, appena mosse dal leggero alzarsi e abbassarsi del petto della dea.
La cintura dorata attorno alla vita era l'unico elemento che stonava con l'insieme di linee morbide e armoniose, disegnando sul suo busto delle spezzate che risalivano fino al petto.
No, quel giorno c'era un'altra piega brusca sul suo corpo.
Gli angoli della sua bocca erano rivolti innaturalmente verso il basso, il labbro inferiore leggermente tremante.
Cos'era quell'amarezza che pesava sulla sua lingua, sulla sua bocca, sul suo cuore e sul suo respiro?
Cosmos se lo chiese in silenzio, abbassando involontariamente lo sguardo sul riflesso della luce lunare sulla sua cintura e poi riposandolo con titubanza sullo specchio.
Ma quello che vide non era più il suo riflesso.
La donna che la guardava, però, le somigliava terribilmente.
Una massa disordinata di capelli rosso scarlatto le incorniciava un viso aguzzo ma estremamente affascinante.
Cosmos ebbe l'impressione che fosse una di quelle espressioni che si ricordano per tutta una vita.
Il riflesso le strizzò un occhio azzurro, mentre l'altro marrone continuò a scrutarla e a farle sentire la pressione del suo sguardo, che le immobilizzò il respiro.
Il torso della donna era avvolto in un corpetto in pelle nera e percorsa da venature profonde e fitte. Il busto lasciava scoperte le braccia a partire dalle spalle e una sottile striscia di pelle appena sopra l'ombelico e in corrispondenza del torace si apriva in tre strette fessure orizzontali, lasciando poi che i due lembi di pelle nera cadessero oltre la nuca e si confondessero con la massa di capelli rossicci.
Una lunga gonna nera a doppio velo le accarezzava le gambe, tranne in un punto laterale dove un ampio spacco lasciava intravedere la pelle nuda e gli alti stivali lucidi.
La gonna cadeva lunga dall'altro lato con i bordi strappati e sdruciti che si adagiavano al suolo in una forma quasi tentacolare.
Una fascia in cuoio nero cingeva il braccio destro, mentre sul sinistro era allacciato un bracciale che riportava un ciondolo a spirale dalle trame molto strette.
La vita era circondata da una cintura simile a quella che possedeva Cosmos, ma di un bell'argento luccicante e appena sopra il punto in cui cominciava la gonna era tatuata la stessa spirale del ciondolo.
Le labbra arcuate e rosse della donna si tesero in un sorriso canzonatorio, prima di fare l'occhiolino con l'occhio marrone e dileguarsi nel nulla.
Cosmos sfiorò istintivamente la superficie normalmente fredda dello specchio, scoprendola stranamente calda e pulsante.
L'altra sua mano si posò sul petto, dove il suo cuore fremeva come un uccellino in gabbia, dandole la lenta e spossante sensazione che qualcuno la stesse soffocando.
La dea batté più volte gli occhi, ma il suo riflesso era tornato con tutti i suoi interrogativi (e uno in più) che lei non aveva più voglia di stare a sentire.
I pensieri che frullavano in testa non l'avrebbero aiutata in quella situazione.
E probabilmente la sua angoscia era davvero dovuta ai Giochi: questo era sempre stato il suo ultimo pensiero prima di lasciare lo specchio.
Lo era stato per volte ormai eterne.
Ma ci credeva fermamente ogni ricorrenza, come se fosse l'unica spiegazione così potente da poter persino essere in grado di deformare la realtà.
Poteva essere così, dopotutto.
Doveva essere così.


*   *   *


I Giochi.

L'unico modo per sceglierli è dargli un motivo per farlo.

Carte bianche e nere, i guerrieri dell'Armonia e della Discordia si sfidano a duello in un'Arena, chiamati in battaglia dagli dei.
L'unica scelta è farsi scegliere.
Farsi scegliere è vivere.
E' firmare con il sangue un trionfo, una sconfitta, un finale inaspettato, un pronostico troppo sicuro.
E' sentirsi padrone del filone di sorti che scorre lento tra le fessure dell'armatura, che sfiora il filo della spada, che viene mosso dal fiato dei guerrieri.
Gli dei li guarderanno scontrarsi, respingersi, cercarsi e caricarsi senza un lamento, un grido, un insulto.
L'unico modo per sceglierli è dargli un motivo per farlo.

La carta bianca rovescerà quella nera e allora la schiera di Cosmos brillerà di un nuovo adepto.
La carta nera fagociterà quella bianca e allora la schiera di Chaos sfoggerà un'altra recluta.
E il dio perdente giocherà la sua nuova carta, ben cosciente che l'equilibrio premierà sempre la parte a sfavore.
Nessuno sarà parziale.
Nemmeno i Guerrieri.
Non ai Giochi.
Perché l'unico modo per sceglierli è dargli un motivo per farlo.





Salve a tutti!
Sono felice di poter cominciare questa bella avventura qui in Dissidia, con gli splendidi e bravissimi autori che ho conosciuto e con quelli che spero di conoscere.

Piccola precisazione: ho adattato leggermente i caratteri dei personaggi (come Cosmos) alle esigenze della mia storia, ma dato che l'opzione "leggermente OOC" non c'era ho dovuto rassegnarmi a non avere attenuanti.
Per quanto riguarda le regole dei Giochi, non preoccupatevi: saranno spiegate dovutamente nel prossimo capitolo, quindi quei pochi paragrafi scritti diversamente sono solo una sorta di "vademecum" con cui il Prologo termina.
Ok, credo di aver detto tutto. Ringrazio anticipatamente chi vorrà lasciarmi un commento/una critica o chi ha semplicemente letto e vi do appuntamento al prossimo capitolo!
Ciao!

   
 
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