Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Humble_Narcissist    05/09/2015    3 recensioni
Dal testo:
“ Reo non riusciva a spiegarsi perché, proprio in quel momento, dopo una vita intera trascorsa a nasconderli, i suoi pensieri gli fossero sfuggiti dalle labbra senza controllo. Forse, semplicemente, non ce la faceva più a tenerseli dentro ed aveva agito d'istinto, alla ricerca di qualcuno con cui condividerne il peso. “
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“ Se Seijuro intendeva davvero sviscerare qualcosa - che si trattasse di un problema di matematica, di uno schema tattico avversario o dell'intima verità di una persona, non faceva molta differenza - c'era da star sicuri che sarebbe arrivato, implacabile, fino all'osso, a dispetto di ogni ragionevole pudore e senza alcuno scrupolo. “
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“ Reo, inane al pari di una foglia frustata dal vento, rimase appeso al filo che lo collegava a Seijuro, lasciandosi studiare ed esplorare come molte altre volte era già accaduto; eppure, l'abitudine nulla toglieva al senso di oppressione, allo sgomento che sempre, inevitabilmente, lo teneva inchiodato lì, ai piedi dell'imperatore, succube della sua asfittica influenza. “
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Rakuzan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Sottopelle

 

 


ottavo strato:

 

 

Helter Skelter*.

 

 

La stanza d'albergo veniva rischiarata dalla luce soffusa di un abat-jour color mandorla. L'arredamento - spartano e di pessima fattura, a testimonianza del servizio a buon mercato - comprendeva un letto matrimoniale piuttosto basso, un piccolo armadio a due ante ed un comodino che si fingeva scrivania.

In quello scenario a tratti patetico, a tratti affascinante per la sua aria vissuta, quasi bohémien, Ryūji sembrava perfettamente a proprio agio. Era poggiato con le spalle contro il muro, le mani in tasca e lo sguardo aperto, privo di difese. I capelli ricci, un po' più corti che in passato, ostentavano il medesimo disordine di sempre, ricreando l'effetto-barboncino responsabile di molte risate di Reo. Quest'ultimo se ne stava immobile sull'uscio già da qualche minuto, corteggiando il confine sottile tra la fuga e la sfida ad entrare definitivamente, incapace di scegliere. La sua determinazione a trovarsi proprio lì non aveva basi solide, tanto per cominciare. Neanche ricordava cosa lo avesse spinto ad intraprendere un cammino così poco ragionevole. Era davvero curioso di ascoltare le parole di Ryūji? O forse custodiva, soffocata dal buon senso, una motivazione meno generica e decisamente più illecita?

Sì, effettivamente, gli era rimasta nello stomaco una punta di fastidio, un appetito inappagato, e sulla pelle un prurito, difficile da grattar via in solitaria. Non che avesse molta scelta, da diverso tempo a quella parte.

 

<< Reo-chan, o entri o vai via, ma ti confesso che a me farebbe molto più piacere la prima alternativa. >>

La voce di Ryūji si era fatta un po' più profonda e nascondeva una nota rauca. Questi particolari la rendevano una formidabile calamita ed i piedi di Reo si mossero in avanti quasi senza che lui se ne rendesse conto.

<< Non siamo più in confidenza, Saito. Evita di prenderti troppe libertà nel linguaggio. >>

<< Oh... d'accordo, tranquillo. >>

<< É stato difficile decidere se valesse la pena raggiungere questo postaccio solo per parlare con te. All'inizio, infatti, non volevo neppure rispondere al tuo messaggio, ma poi ho pensato che un discorso di commiato si concede anche ai condannati a morte. >>

Ryūji rise nervosamente. Non si aspettava certo di essere accolto con baci e abbracci, ma quell'attitudine così dura e velenosa era comunque troppo singolare per non restarne sorpresi.

<< Sei molto cambiato, Reo. Hai tirato fuori gli artigli? >>

<< In realtà, li ho sempre avuti, ma tu non puoi saperlo perché in passato non te li avrei puntati contro per nessuna ragione al mondo. Ovviamente, adesso le cose sono molto diverse. >>

<< Capisco, bella risposta. >>

<< Ti arrendi subito? Non ribatti? E pensare che mi ero portato dietro i guantoni! >>

<< Puoi anche gettarli via, vengo in pace. >>

<< Questo è tutto da vedere. >>

Ryūji sospirò, prima di mandar giù la bile e cercare di ricominciare con calma. Non poteva permettersi altri sbagli, soprattutto con la persona che aveva desiderato così intensamente di rivedere e per tutto quel tempo.

<< Reo, mi spieghi perché non hai lasciato che passassi a prenderti? Avremmo potuto discutere davanti ad un caffé caldo, magari al Blizzard. >>

<< Qui va benissimo. Preferisco un territorio neutrale ed anonimo, dove non sono mai stato prima. E adesso aggiungerei per fortuna, visto che è una topaia. >>

<< Già, fa abbastanza schifo, ma purtroppo non avevo molta liquidità a disposizione. Anche per questo avrei preferito il Blizzard. >>

<< Hai casa a Kyoto, perché non ti sei fermato dai tuoi? >>

La domanda cadde nel vuoto, quindi Reo, incuriosito dall'improvvisa reticenza di Ryūji, si addentrò un po' di più nella stanza per poterlo osservare meglio, mantenendo comunque un atteggiamento circospetto. Si rese conto che aveva perso molto peso, forse troppo. La vita da universitario era davvero così traumatica?

<< Hai proprio una brutta cera. >>

<< Ti ringrazio per la premura. Tu, invece, sei in gran forma. Hai guadagnato almeno altri dieci centimetri e massa muscolare. Giochi ancora a basket? >>

<< Ovviamente. >>

<< E sei sempre un generale senza trono? >>

<< Senza corona, Saito. Ma non mi stupisco che non te lo ricordi, i miei discorsi da ragazzino dovevano essere estremamente noiosi per un uomo colto e maturo come te. >>

<< Possiamo sforzarci di parlare un secondo normalmente e non come se ci stessimo lanciando coltelli? Per favore, prometto che sarò breve. >>

<< Le tue promesse, ormai, non contano più niente per me. >>

<< Va bene... >> Ryūji mosse qualche ulteriore passo verso Reo. << ...ma se non vuoi parlarmi, allora perché sei venuto? >>

<< Bella domanda. >> Reo fece per allontanarsi, ma Ryūji commise l'azzardo di afferrargli un polso.

<< Lasciami! Non toccarmi! >>

<< Ti prego, non facciamo drammi, voglio solo cinque minuti del tuo tempo e un po' di attenzione. Poi potrai tornare a detestarmi. >>

Reo si liberò con uno strattone deciso, facendo intendere a Ryūji che era abbastanza forte da fargli saltare tutti i denti, se solo avesse voluto. Sedette sul letto con aria disgustata - non osava immaginare quanta gente vi avesse dormito e quali oscenità avesse ospitato - e, suo malgrado, fu costretto a condividere quella posizione con Ryūji, adagiatosi accanto a lui, ma a debita distanza. Lo scricchiolare impietoso delle molle gli rievocò immagini e sensazioni che avrebbe di gran lunga preferito dimenticare, soprattutto in un momento simile. Non si sentiva abbastanza fermo, su quel materasso disastrato come nella mente, e temeva che al minimo passo falso, l'appetito ed il prurito divenissero troppo insistenti per poterli ignorare.

<< Ho sbagliato tutto con te, Reo. Mi sono comportato da vero idiota, ma col senno di poi, credo sia stato meglio per te non rimanermi accanto. >>

<< E questo cosa vorrebbe dire? Stai scadendo nel patetico “io non ti meritavo” per rabbonirmi? >>

<< No, è solo che ho passato davvero un bruttissimo periodo. Adesso, non vado neanche più all'università. >>

<< Che cosa?! Dici sul serio? >>

Reo non poteva crederci. Com'era possibile che Ryūji, proprio Ryūji, avesse rinunciato all'obiettivo per cui si era impegnato fino allo spasimo?

<< Purtroppo sì... >> La sua espressione, solitamente ironica e tranquilla, era deformata dal disagio. Sembrava estremamente provato, fragile come Reo non lo aveva mai visto. << ...Onestamente, ancora stento a capire cosa mi sia successo. Tutto ad un tratto, ho perso la voglia di fare qualsiasi cosa. Mi sono lasciato andare, forse ho avuto una specie di esaurimento nervoso. Ne è conseguito che fallissi tutti i test e, nel giro di un semestre, sono stato espulso senza possibilità di recupero. >>

<< Mi dispiace, Saito. Non meritavi una cosa del genere. >> E Reo lo pensava davvero, perché sapeva fin troppo bene quanto l'altro avesse lavorato sodo.

<< Invece, forse, me lo sono proprio meritato. Non ho mai creduto nel Karma, ma tutto ciò che mi è successo sembra quasi una punzione per il modo in cui ti ho trattato. I tuoi sentimenti erano sinceri ed io ci sono passato sopra senza ritegno, troppo preso dal mio ego, dall'ambizione e... >>

<< E da Matsumoto. A proposito, come mai non è anche lui qui? >>

<< Ci siamo lasciati di nuovo. É stato un fuoco di paglia, un altro fallimento. Dopo la mia espulsione è sparito nel nulla, ha smesso di chiamare e farsi sentire. >>

<< Oh, ma che peccato! >> Il tono di Reo era tornato caustico e derisorio. Ryūji chinò il capo, accettando in silenzio quella vendetta passivo-aggressiva che era consapevole di meritare al cento per cento. Faceva male, ma non poteva evitarla. Il suo ritorno a Kyoto si prestava proprio allo scopo di ricostruire tutto a piccole riprese, cominciando dai detriti e dalle schegge più sottili; non gli importava di ferirsi in corso d'opera.

<< Personalmente, non mi spiace un granché. Come dicevi anche tu in tempi non sospetti, la minestra riscaldata non è nutriente, appesantisce e ti lascia comuque insoddisfatto. >>

<< Ho abbastanza classe da non rimarcare la mia lungimiranza. Ad ogni modo, ora cosa stai facendo nella vita? >>

Ryūji intrecciò le dita sulla nuca e si lasciò andare con la schiena all'indietro, lungo disteso. La maglietta di cotone leggero che aveva addosso salì di qualche centimentro, scoprendo una parte di addome sopra il bordo dei jeans scuri. Si trattava di un lembo di pelle davvero trascurabile, ma in quella stanza mezzo ammuffita e pregna di storie, le sensazioni venivano amplificate a dismisura. Reo si costrinse a fissare l'abat-jour sul comodino, ma ormai era già troppo tardi. I suoi pensieri pescavano a ruota libera nel torbido, carezzando un'unica, inquietante certezza: se si fosse lasciato andare, se avesse provato a spegnere il cervello per un'oretta o due, a nessuno sarebbe importato, anzi, era proprio nello stile dei clienti di Motel dedicarsi a certe, particolari, occupazioni ignorando il consueto corso delle loro vite “fuori”...

Un sospiro pesante ed una stiracchiata fecero scricchiolare ancora le molle.

<< Cosa faccio nella vita? Sentirmelo chiedere è davvero strano, mi ci devo ancora abituare, perché effettivamente non avrei mai immaginato di rispondere come sto per fare... Quando sono diventato un inutile scansafatiche, l'unica cosa che riuscivo a fare senza interruzione era armeggiare al pc. Ci passavo giornate intere e, alla fine, ho programmato un gdr*. Quasi per scherzo, l'ho rilasciato gratuitamente sul web e, prima che io stesso potessi rendermi conto del suo potenziale, una società di software piuttosto giovane ha deciso di comprarlo. Oltre a questo, mi è stato anche offerto un lavoro come concept designer. Non importa che non sia laureato, perché come dicevo è una società giovane con gente giovane che punta a farsi strada sfruttando i pochi mezzi che ha. Uno studente fallito di sicuro richiede meno spese di un professionista e, infatti, sono stato assunto al minimo sindacale. Attualmente, non posso proprio lamentarmi. Ho già avuto molta più fortuna di altri. >>

<< Non si è trattato di fortuna. In fondo, anche se non studi più alla Tōdai, non sei mica diventato stupido. Hai sempre avuto talento con i numeri e qualcuno lo ha riconosciuto. Questo è tutto. >>

Ryūji sorrise e si issò di nuovo a sedere. Era molto più sereno, adesso che si era liberato del peso che da mesi lo stava privando di ore ed ore di sonno. Per quanto Reo non fosse più il suo rifugio, sapeva sempre come trasmettergli un'immensa fiducia. La sua autostima sembrava gonfiarsi per il semplice fatto che quel ragazzo dagli occhi di lago credesse in lui incondizionatamente, a dispetto di tutte le debolezze.

<< Ti ringrazio, Reo. Hai sempre una parola buona da regalare agli altri. >>

Reo arrossì sentendosi osservato, ma cercò di non farlo notare. Stava anche iniziando a sudare ed era strano, visto che i riscaldamenti - sempre ammesso che ci fosse l'impianto - sembravano disattivati.

<< Veramente non ti ho regalato proprio nulla, mi sono basato soltanto sui fatti. Non pensare che ti abbia fatto un complimento gratuito o roba simile. >>

<< Lo so e ti voglio ringraziare lo stesso, va bene? >>

<< Mh... Comunque, non mi hai ancora risposto alla domanda di prima. Perché non sei a casa tua? >>

Il sorriso di Ryūji si trasformò da rilassato ad imbarazzato. In fondo, era solo un codardo, altra verità che gli era stata gentilmente suggerita sempre da Reo.

<< I miei e Sayoko non sanno che sono stato sbattuto fuori dall'università. Per loro sarà un duro colpo da digerire ed io sto ancora cercando il modo più indolore di comunicarglielo. >>

<< Beh, ti consiglio di sbrigarti. Più passa tempo, più la tua menzogna diventa grave. >>

<< Io non la chiamerei proprio menzogna... è un'omissione; inoltre, i soldi che mi mandano per la retta li sto rispedendo sempre indietro, per una questione di rispetto. >>

<< Guarda che di solito sono io quello che si appella sui termini e, poi, non puoi certo mettere in mezzo il rispetto quando la tua famiglia non sa neppure dove ti trovi adesso. A quanto pare, sei diventato proprio indulgente... è un segno di debolezza, lo sai, Ryū? >>

<< Ryū...? >>

Reo quasi balzò in piedi per lo shock. Aveva davvero detto quella maledetta parola e, ormai, non poteva più rimangiarsela. Ryūji si accostò alle sue spalle, in modo da potergli sussurrare all'orecchio.

<< Accidenti, avevo quasi dimenticato come suonasse bene fuori dalle tue labbra... perché non lo ripeti ancora? >>

<< Stammi lontano. >>

<< Dai, ripetilo ancora... >>

<< N-non avvicinarti, Ryū! >>

<< Sì... così... con la voce sottile, come facevi quando ti baciavo lentamente il collo... proprio qui... >>

La testa di Reo cominciò a girare non appena Ryūji ebbe posato le labbra su un punto particolarmente sensibile, tra la giugulare e la clavicola esposta. Si sentiva confuso ed aveva i brividi. Forse gli stava salendo la febbre, o forse...

Ma sì, al diavolo tutto, non mi importa più!

 

 

 

 

 

 

 

Rumiko fissava le rampe senza tuttavia vederle sul serio. Era troppo concentrata a dominare il proprio respiro, divenuto all'improvviso veloce e sconnesso, insufficiente ad ossigenare bene il cervello. Da quanto tempo non tornava in quel parco? E, soprattutto, da quanto tempo non infilava i pattini? L'emozione di rivivere l'adrenalina della corsa le faceva tendere tutti i muscoli delle spalle e del collo. Le sue amiche stavano per arrivare, quasi poteva sentire il rumore familiare delle rotelle sul linoleum della pista. Erano ancora folli ed incredibilmente splendide? L'avrebbero riaccolta senza imbarazzo, ora che i suoi genitori non controllavano più ossessivamente dove andasse a trascorrere i pomeriggi - dando per scontato, ovviamente, che stesse con quel gran bravo ragazzo di Reo - ?

Forse era stato un po' prematuro, troppo rischioso fiondarsi subito lì quella domenica, ma la smania di ricongiungersi con le compagne non le aveva concesso obiezioni.

Proprio quando l'ansia da anticipazione stava per raggiungere il culmine, il suo cellulare le notificò un messaggio.

Era di Mina, la punta di diamante del gruppo.

 

 

Mina: Ehi bella, scusaci tnt, ma oggi nn possiamo venire. Ql cretina di Kugi ha fatto a botte cn una tizia di almeno 100kg e dobbiamo portarla al pronto soccorso. Nn preoccuparti!

 

Rumiko lesse a stento le ultime righe e si affrettò a chiamare Mina.

 

<< Eccola qui, la signorina bel faccino col mestruo perenne! Non ti ho telefonato io solo perché, come sempre, non ho credito, ma lo sapevo che saresti subito andata in panico. >>

<< Mi sembra scontato! Kugirakawa è finita in una rissa e state addirittura andando in ospedale! >>

<< Sì, ma non è niente di che, ha solo un po' il labbro rotto e, forse, la caviglia slogata. >>

<< E ti sembra niente!? >>

<< Quante storie, in pista ci siam combinate peggio, lo sai. E poi, non hai idea di come sta messa l'altra... Neh, Kugi, dì a Rum che la vacca adesso ha il culo a strisce! Hahaha... >>

La risata di Mina era sguaiata e sadica come sempre. Certe cose non sarebbero mai cambiate. Kugirakawa, dal canto suo, aveva una voce melodiosa, che quasi stonava con la sua corporatura massiccia.

<< Sì 'um, 'o 'oprio 'essa a 'osto, 'uella 'iccioa i 'erda. >>

<< Oi, t'ha detto, Rum, l'ho proprio messa a posto quella cicciona di merda. >>

<< Grazie Mina, avevo intuito. Beh, tenetemi aggiornata su Kugi. Organizzeremo di nuovo la prossima volta.>>

<< Certo, sicuro! Ora però attacco, ché siamo quasi al pronto soccorso. Dovrebbero proprio farci una carta fedeltà! >>

<< Haha.. sono d'accordo! Ci sentiamo più tardi, abbracciami Kugi! >>

<< Col cazzo che lo farò! Preferirei abbracciare un'anaconda. A presto, Rum! >>

 

Rumiko sospirò e, poi, sorrise bonariamente, lasciandosi riscaldare il viso dal tenue sole autunnale. Quelle scalmanate la portavano sempre su di giri, sia che si trattasse di pura gioia che di estrema paura. La loro visione della vita era così semplice e spontanea... Un po', sinceramente, le invidiava. Ed ora, per colpa di Kugirakawa, non aveva più nulla da fare. Forse avrebbe provato giusto un secondo la nuova pista e poi sarebbe filata dritta a casa.

Sì, se rientro presto, almeno evito di farmi scoprire inutilmente. Ehi, ma... un momento! Quello non sarà mica...?

Uno skateboard verde acido tagliò bruscamente verso le rampe, schivando con estrema agilità tutti gli ostacoli che incontrava di volta in volta lungo la sua corsa forsennata. Lo skater, irresponsabile fin dentro al midollo, non indossava alcun indumento di protezione, per cui era facilissimo distinguerne i lineamenti ferini.

Kotaro...

Rumiko sentì il ritmo del suo cuore accelerare di colpo e sapeva di essere anche arrossita, perché le orecchie, sotto il casco, le bruciavano inequivocabilmente. Pensandoci bene, teneva in serbo la comoda scusa di dover aiutare Reo a far pace con il suo caro amico... Ignorare una simile contingenza favorevole sarebbe stato uno spreco imperdonabile.

<< Ehi, Hayama-kun! >>

Il ragazzo ci impiegò più di qualche secondo a mettere a fuco l'immagine assurda che aveva di fronte. Si trattava di Rumiko, quasi sicuramente, eppure non sembrava affatto lei. Indossava una magliona sdrucita che le arrivava fin quasi alle ginocchia, un pantalone di viscosa nero pieno di cuciture e, come se non bastasse, calzava un paio di rollerblade da urlo. Che diavolo stava succedendo? Era forse uno scherzo?

<< Natsu-chan! Non mi sarei mai aspettato di vederti qui... così. >>

<< Hahaha... ci credo! Se vuoi, adesso ti spiego. >>

<< Magari. >>

Rumiko gli raccontò pressappoco ogni cosa, di come lei e Reo avessero stipulato un'alleanza favorevole per entrambi, del Derby che le mancava da morire, dei suoi genitori preoccupati e severi, ma non di Tomomi... quello era ancora un argomento troppo difficile da affrontare.

<< Wow, incredibile! >> Kotaro si agitava tutto, in preda a chissà quali rapidissimi pensieri, all'apparenza, incoerenti. << ...quindi era per questo che mi sembrava di... ma sì, ma sì, pensa te, hahaha... Lo scoiattolo ce l'avevo, tipo, addosso! Hahaha... Le cose che saltano fuori all'improvviso... Però pure Reo, quello stupido! >>

<< Ehm, Hayama-kun? >> Rumiko lo guardava esterrefatta e faticava molto a stargli dietro, non essendo avvezza a simili picchi euforici. Per apprendere realmente come gestire Kotaro, infatti, servivano anni ed anni di dura gavetta sul campo che solo i suoi fratelli e Reo potevano vantare. << ...Parleresti più lentamente, così riesco a capire anche io? >>

<< Sì, sì, certo, certo! Scusa! >> Ma, intanto, continuava a girare a destra e a manca come una trottola.

<< ...Dicevo che già quando ti ho visto la prima volta, ho sentito che, forse, non era proprio la prima! C'era qualcosa di familiare in te, però non mi sarei mai aspettato di trovarmi faccia a faccia con lo “scoiattolo blu”! Ho visto un sacco delle tue gare! >>

<< Scoiattolo blu, eh? Ho sempre trovato quel soprannome davvero imbarazzante e speravo che dopo la mia “scomparsa” fosse scomparso anche lui, ma a quanto pare, resiste ancora. >>

Era nato innanzitutto perché Rumiko indossava sempre una parrucca blu durante le gare. Il paragone con lo scoiattolo dipendeva dalla sua capacità di sgusciare velocemente tra due avversarie allineate, come se stesse risalendo i rami frondosi di un albero. La gente del Derby sapeva essere piuttosto creativa, anche troppo, per i gusti di Rumiko.

<< Ma che dici? É un soprannome divertentissimo! Il mio, invece, è “Raijū”, chi pensi stia messo peggio? >>

<< Cioè, saresti il coniglio elettrico? >>

<< Già... >>

Rumiko scoppiò a ridere in faccia a Kotaro senza farsi troppi problemi e lui ne rimase positivamente impressionato. Per qualche strana ragione, non si sentiva preso in giro - come sarebbe facilmente accaduto se una qualsiasi altra persona avesse reagito in quel modo al suo alias sportivo - anzi, gli veniva quasi voglia di accompagnare Rumiko nella risata.

<< Natsu, che dici se ci facciamo qualche giro sulle rampe? Ormai sei qui... e, poi, sono troppo curioso di vedere da vicino come pattina lo scoiattolo blu! >>

<< D'accordo, ma ti prego, non chiamarmi così! >>

<< Hahaha.. roger! >>

 

 

 

 

 

 

L'odore di chiuso, stantìo, misto a sudore ed altro cominciava a divenire insopportabile. Reo teneva il viso premuto contro il cuscino, per non essere costretto ad inalare quel puzzo nauseabondo. Probabilmente erano le sue sensazioni ad avere qualcosa di distorto, perché non era possibile che l'aria fosse divenuta davvero così pesante, fumosa e mefitica come lui la percepiva.

Brividi di freddo avevano ormai ampiamente rimpiazzato gli spasmi dell'eccitazione, facendosi beffe di tutte le giustificazioni che soltanto poco prima gli erano sembrate tanto convincenti. I vestiti, lanciati senza mira nel bel mezzo della concitazione, non sapeva dove fossero andati a finire, ma di sicuro, giacevano a terra, in qualche punto imprecisato di quell'indegna e lercia moquet, insieme al cadavere muto che, una volta, doveva pur essere stato il suo senso del pudore.

Da un lato, si sentiva veramente deluso, quasi mortificato nei confronti di un'immagine ideale che gli sarebbe piaciuto preservare più o meno intatta più a lungo possibile; dall'altro, invece, avvertiva l'istinto destarsi nuovamente sotto la pelle nuda, cercando ancora una volta di accendere la miccia da cui tutto era cominciato.

Le mani di Ryūji fra i suoi capelli, un secondo dopo arpionate ai fianchi, lungo la schiena, fra le scapole, nell'incavo delle cosce, a tratti morbide, a tratti vigorose, in un gioco di velocità alternate davvero estenuante, non gli lasciavano tregua e cominciavano ad infastidirlo. Per quanto fosse un fastidio dal retrogusto piacevole e per quanto l'istinto sembrasse gradire molto, era giunto il momento di metterlo a tacere.

<< Ehi, dai, smettila. Se fai così non riesco a pensare! >>

Ryūji sorrise nel buio e Reo lo riconobbe anche se non poteva vederlo.

<< E a cosa dovresti pensare, Reo-chan~ ? >>

<< Prima di tutto, a dove diavolo hai fatto sparire i miei vistiti! >>

<< Hai così tanta fretta di indossarli? >> E di nuovo Ryūji si abbandonava su di lui, con movimenti fin troppo perfetti per essere casuali. Del resto, conosceva già abbastanza bene il suo corpo, anche se non gli era mai stato così vicino.

<< Sì, devo tornare a casa. >>

<< Dai, resta ancora un po'. Non andartene in questo modo, fa davvero una brutta impressione. >>

Un'impressione che, forse forse, non era poi così lontana dalla cruda realtà. Purtroppo, più tempo passava dall'orgasmo, più la mente di Reo tornava cinicamente lucida. In poche parole e senza inutili orpelli ad abbellire il quadro della situazione, lui e Ryūji avevano semplicemente scopato. Era stato bello, certo, perché Ryūji possedeva una discreta creatività e gli aveva riservato davvero l'immensa delicatezza promessa due anni e mezzo prima. Ma oltre a tutta una serie di violente scariche elettriche, precedute da una buona dose di dolore, non aveva sentito nulla. E avrebbe dovuto immaginarlo molto prima di finire a braghe calate, perché per Ryūji non sentiva più nulla. Una prima volta davvero squallida, rispetto al suo sogno romantico. Niente candele accese, niente Sinatra in sottofondo, niente rose sparse sul talamo, niente amore... però si dice che la vita è ciò che ti accade quando sei troppo impegnato a fare progetti o, nel suo caso, a fantasticare cliché smielati dimenticando che il desiderio sessuale non sempre combacia con quello mentale e non sempre ha la determinazione di attendere la coincidenza perfetta.

<< Ryūji, onestamente... >>

<< Non serve che tu vada avanti, ho capito benissimo. Oggi abbiamo fatto una follia e stai per dirmi che non si ripeterà. Ma a me piace pensare che, col tempo, se me ne darai la possibilità, riuscirò a farti innamorare di nuovo. >>

Reo prese a massaggiarsi le tempie con i polpastrelli, mentre la vista gli si offuscava sempre più a causa della stanchezza. Se si fosse trattenuto ancora, probabilmente avrebbe preso sonno e quell'eventualità lo terrorizzava. A prescindere da tutto, non avrebbe mai dormito accanto ad una persona che non amava.

<< Posso usare il bagno? Ho bisogno di una doccia. >>

<< Certo, prenditi il tempo che vuoi. Io resterò qui ad aspettarti, fingendo che tu non abbia comodamente evitato di rispondere al mio commento. >>

<< Saggia decisione. >>

Com'era possibile che riuscisse a mantenersi così distaccato anche dopo quello che aveva appena fatto? E addirittura durante... Reo sospettava fosse a causa di tutto il tempo trascorso con Seijuro.

Non importava quanto si sforzasse di evitarlo; indipendentemente dalla sua volontà, almeno due, tre volte al giorno - sì, adesso le contava per disperazione - finiva sempre col pensare a lui. L'umiliazione scottava ancora, era fin troppo recente, ma questo forse rendeva le sue elucubrazioni sul capitano ancora più interessanti. Chissà come sarebbe stato condividere l'intimità con una persona tanto spigolosa? Da un certo punto di vista, Ryūji era anche più temibile di Seijuro, perché vestendosi da angelo, era stato capace di conquistare assoluta fiducia, fallendo poi miseramente nel rispettarla. Seijuro, invece, almeno negli atteggiamenti, non riservava grosse sorprese. Era inquietante, imprevedibile, talvolta crudele, spietato con i nemici - e, occasionalmente, anche con gli amici - ma proprio in virtù di questo, nessuno osava avvicinarglisi troppo. Possedeva una sorta di scudo repellente, una misura precauzionale che serviva più agli altri che a lui; era come un leone in gabbia, si potrebbe dire, protetto dal mondo - ma magari era il mondo a proteggersi da lui - dietro solide sbarre di ferro. Chiunque si fosse permesso di violarle infilandoci dentro un braccio o qualcos'altro, avrebbe semplicemente dimostrato di essere un imbecille sprovveduto. E Reo, in tutta onestà, un po' da imbecille si era comportato, lasciando che le emozioni prendessero il sopravvento, sperando segretamente in chissà quali risvolti a tinte rosa. Con Seijuro, il rosa restava soltanto una pallida imitazione del rosso, senza ragion d'essere, priva di verve. Proprio non faceva al caso suo.

Andare d'accordo con il leone o, per lo meno, non rimanere invalidi, alla fine, era possibile... Bastava mantenersi sempre al di qua della sua prigione.

 

La doccia non fu rapida, perché Reo si crogiolò con tutta calma nell'acqua bollente, lasciandosi vincere dal suo tocco senza forma, capace di attenuare sia il dolore fisico che il senso di sporcizia morale.

Quando uscì dal bagno, trovò Ryūji addormentato e fu felice di non essere costretto a salutarlo.

Se non fosse stato per un residuo bruciore tra le natiche che, ad ogni scalino, gli ricordava come fossero realmente andate le cose, avrebbe potuto benissimo immaginare di essersi congedato indenne da una semplice chiacchierata fra vecchi conoscenti. La serenità che era certo di aver perso per sempre, infatti, si rinnovava sorprendentemente ad ogni ulteriore passo verso la Hall, suggerendogli che, alla fin fine, quando la psiche è isolata, al corpo si può chiedere di fare qualsiasi cosa, senza pagarne grosse conseguenze.

 

 

 

 

 

 

I primi tre percorsi filarono lisci, senza alcun intoppo. Rumiko era rilassata, allegra e spensierata come non le capitava ormai da molto tempo. Solo che strafare dopo una prolungata inattività era troppo anche per un fisico scattante come il suo. Cadde alla fine di una curva a gomito finendo con tutto il peso sul polso destro.

Kotaro si precipitò ad aiutarla e, nel mentre, poté bearsi della vasta gamma di improperi che, come un fiume in piena, abbandonavano liberamente le labbra perfette dello scoiattolo blu.

<< Maledizione, fa un cazzo di male assurdo! >>

<< Sta' tranquilla, sembra che non ci sia nulla di rotto. Forse, però, è meglio se ti porto al pronto soccorso. >>

Rumiko si ritrasse allarmata, sia perché l'idea di finire col gesso e doverlo poi giustificare a casa la terrorizzava, sia perché le mani calde di Kotaro attorno al suo polso la mettevano leggermente in difficoltà.

<< No, no, va benissimo così!Ci metterò un po' di ghiaccio e addio. >>

<< Ne sei sicura? Io non ho problemi a... >>

<< Assolutamente, niente ospedale. >>

E poi sarebbe troppo imbarazzante farmi beccare lì dalle ragazze per un errore così stupido...”

<< Mi dispiace tantissimo, Natsu-chan! Se non ti avessi chiesto di seguirmi... >>

Kotaro sembrava decisamente mortificato e Rumiko credette di sciogliersi sotto quello sguardo colmo di sincera apprensione.

<< Non dirlo neppure! Sono stata io ad esagerare e, comunque, non me ne pento. Pattinare è la mia droga, non posso farne a meno per troppo tempo, altrimenti vado in crisi d'astinenza e questi sono i risultati, haha.. >>

<< Capisco cosa intendi. Sai, Natsumi, conoscerti in questo modo è decisamente meglio. >>

Rumiko arrossì di nuovo, maledicendosi per avere sempre delle reazioni così immediate e palesi.

<< Davvero? Credevo che la mia versione più... femminile fosse anche più... ehm... at-attraente. >>

E adesso balbettava anche, perfetto.

<< Ma proprio per niente! Cioè, sì, sei molto... come dire... ed anche prima eri... uhm... p-però... >>

Beh, non che lui fosse messo tanto meglio.

<< ...non offenderti, a pelle mi sembravi un po' ipocrita ed io odio le tipe ipocrite. Insomma, davi l'impressione di non crederci più di tanto neanche tu, quindi meglio così, hehe... >>

Una faticaccia enorme, da buttarci il sudore.

<< Credo tu abbia ragione. >> Rumiko sorrise per stemperare l'imbarazzo e decise di deviare la conversazione verso un argomento che le stava molto a cuore. << ...Hayama-kun, ehm, va bene se ti chiamo per nome? >>

Quello fu il turno del ragazzo di arrossire.

<< S-sì, certo, nessun problema. >>

<< Bene, allora, Kotaro... per favore, rispondi ai messaggi di Reo, so che ieri notte te ne ha mandati in continuazione. É vero che, a volte, può essere un gran rompiscatole egocentrico con la voce troppo alta, ma tiene davvero molto a te e si è pentito di non averti coinvolto nella sua vita. >>

Kotaro fece spallucce e distolse lo sguardo da Rumiko. Non gli piaceva essere raggirato in quel modo. La storia del nome era servita solo ad ammorbidire il terreno per piantarci dentro la bomba. Davvero un bel caratterino, quella Natsumi, anzi...

<< Rumiko, mi spiace dovertelo dire, ma questi non sono affari tuoi. >>

<< In un certo senso, invece, sì. Ufficialmente, resto pur sempre la fidanzata di Reo. >>

<< Che fai, sfotti? E, poi, anche se vi amaste come Romeo e Giulietta, per me non cambierebbe nulla. Le faccende tra fidanzati sono separate da quelle tra amici. >>

<< Va bene, però sappi che Reo in questo periodo ha davvero bisogno di te. Oggi, ad esempio, è andato ad incontrarsi con il suo ex e non l'ho sentito molto... >>

<< Aspetta, aspetta, aspetta!! Ex?! Mi stai dicendo che aveva il ragazzo?! >>

<< Ehm... >>

Dannazione! Mi sa che ho fatto un casino! Però Reo, anche tu...!

<< Benissimo, aggiungiamo anche questa alle cose che ignoravo del mio presunto migliore amico. Che fenomeno, potrebbe fare la spia per com'è bravo a nascondersi! >>

<< B-beh, comunque in questo caso è comprensibile che non te ne avesse parlato! Temeva di essere giudicato male e... >>

<< Sì, d'accordo, ma dopo che mi ha confessato di essere gay?! >>

<< Probabilmente non ci ha pensato, il fidanzamento risale alla seconda media e negli ultimi giorni gli sono capitate molte cose difficili da digerire. >>

<< Alle medie non frequentavamo lo stesso istituto, forse anche per questo non mi sono accorto di nulla. Però, anche così... non mi sta bene! >>

<< Kotaro, cerca di perdonar... >>

<< No! E per me l'argomento si chiude qui. Ti accompagno alla metro? >>

Rumiko socchiuse gli occhi e si massaggiò il polso con la mano illesa. Il bilancio di quel pomeriggio pendeva decisamente verso il negativo: era caduta in curva come una principiante e, invece di aiutare Reo, gli aveva addirittura peggiorato le cose.

<< Grazie, ma non ne ho bisogno. Fre tre fermate mi aspetta Reo, visto che deve accompagnarmi a casa per farsi vedere dai miei. >>

<< Ok, allora... ciao. >>

<< Ciao. >>

Prima che Rumiko potesse sparire oltre il cancello del parco, Kotaro la raggiunse spingendo a più non posso sullo skate. Voleva parlarle ancora un secondo, perché credeva si fossero salutati troppo freddamente. Di solito se ne sarebbe infischiato, però Rumiko sembrava riuscire a sovvertire il suo ordine mentale. Ed anche fisico... gli metteva a soqqadro lo stomaco, però non era un malessere troppo spiacevole. Si portava dietro strani brividi ed una voglia irrefrenabile di rannicchiarsi in un posto caldo, magari con lei accanto.

<< Rumiko! >>

La ragazza si volse di scatto ed oscillò appena. Forse quel richiamo improvviso l'aveva spaventata. I capelli, ora liberi dal casco, le volarono intorno al capo formando una voluminosa raggiera dorata. Kotaro si fermò un istante ad osservarli, soffocando l'impulso di affondarvi le mani.

<< Kotaro? Cosa c'è? >>

<< Ehm... >>

Perché, all'improvviso, aveva la gola così secca?

<< Rumiko, senti, io... capisco la tua preoccupazione per Reo, ma... non posso fare finta di niente e buttare sempre tutto giù. Non credo di essere considerato davvero da lui e, anche se può sembrare un discorso da mocciosi, per me è importante. >>

Rumiko annuì e si riavviò qualche ciocca troppo fastidiosa portandola dietro le orecchie.

<< Hai ragione ad essere arrabbiato ed io, di certo, non posso convincerti a parlare con Reo se non te la senti ancora, però... almeno pensaci, ok? >>

<< Sì, ci penserò. Come va il polso? >>

<< Fa male e si è gonfiato, ma sui roller mi sono ammaccata molte volte peggio di così. >>

<< Quindi va meglio del previsto, credo, haha. >>

<< Decisamente! Comunque, adesso dovrei proprio andare, perciò... >>

<< Certo, ti lascio, ci vediamo! >>

<< Ciao. >>

<< E-ehi, no, aspetta un altro secondo! >>

<< Si? >>

<< Rumiko, mi... mi daresti il tuo numero? Così, magari, qualche volta... se vuoi... ci organizziamo per fare altre due rampe. Senza cadere, possibilmente! Haha.. >>

Rumiko immaginò di sentire i cori angelici e di volteggiare nell'aria con le alette da Cupido. Le venne da ridere, ma si sforzò di non farlo perché avrebbe potuto essere fraintesa.

<< Con molto piacere, Raijū! >>

 

 

 

 

 

 

NOTE:

 

Salve a tutti! Come state? Tristi per la fine delle vacanze? Io sì, tremendamente ;-;

Con questo capitolo la storia subisce un definitivo cambio di rating: rimarrò fissa sull'arancione, perché il giallo proprio non mi si addice e, poi, attira i moscerini. Scherzi a parte, inizierò a descrivere circostanze più intime, anche se non esattamente nel dettaglio, quindi mi è parso necessario alzare un pochino la sbarra... Potrebbe anche capitare, ma ne dubito fortemente, ora come ora, qualche capitolo quasi rosso. In tal caso, mi premurerò di specificare tutte le avvertenze all'inizio, per consentire una lettura consapevole e senza “rischi”. So che molti(?) di voi se lo stanno chiedendo: dove diavolo è finito Akashi? Vi assicuro che tornerà nel prossimo aggiornamento.

Ringrazio, come sempre, chiunque abbia letto fin qui, chi mi segue, chi ha inserito questa storia addirittura tra le preferite e, ovviamente, dedico una menzione speciale alle ragazze che hanno commentato i capitoli precedenti. Siete gentilissime a spendere tempo e parole per questa storia! Scrivetemi a fiotti, vi supplico! Hahaha... Meglio tagliar corto, prima che diventi patetico!

Alla prossima <3

 

  1. Helter Skelter = scivolo a spirale tipico dei parcogiochi inglesi. É anche il titolo di una canzone dei Beatles, tristemente nota per il massacro compiuto in suo nome da Manson e la sua “family”. Ho scelto questo titolo perché, da un lato, Rumiko si trova concretamente sulle rampe scoscese di un parco, dall'altro perché Reo si trova metaforicamente su uno scivolo da cui non riesce a scendere ed è costretto a completare la corsa fino in fondo.

  2. Gdr= Gioco di ruolo, ma suppongo lo sappiano anche le pietre ^^”

 

 

 

 
   
 
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