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Autore: gateship    07/09/2015    3 recensioni
Un quindicenne con il sogno di diventare medico, un altro che, ne è sicuro, diventerà il primo consulente investigativo al mondo. Dei fumetti che diventano realtà, un'esagerata incomprensione nei confronti della chimica, un Natale freddo, e un inverno che si preannuncia ancora più gelido.
[Teen!Lock] [John!Lock]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Compagni di Stanza


La prima ora dentro le mura del Curie non era stata poi così male, rifletté John, mentre, armato di chiavi, si dirigeva spedito verso la sua nuova camera.

La professoressa di lettere aveva parlato loro del programma che avrebbero seguito, quella di scienze del comportamento. Quella di educazione fisica aveva fatto battutine prive di un qualsivoglia umorismo. Oh, e quello di arte li aveva fissati uno ad uno come degli schiavi in attesa si essere venduti.

E il giorno dopo, naturalmente, le prime lezioni. La composizione delle classi pronta di prima mattina, consegnata durante la colazione.

Si fermò davanti alla camera 221. La sua stanza, tutta sua.

Niente sorelle rompiscatole o padri che usavano il rasoio elettrico alle ore più impensabili.

Non aveva mai visto una scuola così di lusso.

Persino i bagni privati.

Fece girare la chiave dentro la serratura, aprì la porta, e fu subito investito da una nuvola di fumo. Si addentrò nell'appartamentino tossendo, cercando di diradare la nebbiolina con una mano.

E una testa riccioluta gli comparve davanti.

“Sherlock?!?”

“John” disse il ragazzo a mo' di saluto, tappando il becher dal quale usciva il fumo con il libro di chimica “Che ci fai qui?”

“Io?! È la mia camera, Sherlock!”

“Come, scusa?” chiese il ragazzo, mentre il fumo del suo esperimento cominciava a diradarsi.

“Siamo nella 221. È la mia camera.”

“No, è il salottino. Che è mio.”

“Ma che...?”

Sherlock sbuffò. Ragazzini, sempre i soliti. “Io sono nella 222. Tu nella 221. Sono comunicanti, ricordi? Bagno e area di studio in comune. È come avere un 221b.”

“No!!”

Sherlock in tutta risposta gli sventolò le chiavi della camera in faccia.

“Intendi dirmi che tu sei...” borbottò John fissandolo stralunato.

“Il tuo nuovo compagno di stanza, esatto.”

John non ebbe nemmeno la forza di sorprendersi.

Sherlock Holmes. Il suo nuovo coinquilino.

Suonava sorprendentemente bene.

Watson sospirò, guardandosi attorno, “Allora dovremmo mettere a posto tutto questo casino.”

Sherlock gli lanciò un'occhiata mortificata, “Non è disordine. Sono le mie cose.”

L'altro sentì le gote infiammarsi, “Oh.”

“Ma...” il ragazzo si schiarì la gola “Se vuoi non vedo perché io non possa mettere in ordine.”

John si guardò attorno, provette accatastate sull'orlo del divanetto. Becher, beute, piastre petri e quant'altro sul termosifone. Sul piccolo tavolino, l'esperimento che Sherlock stava conducendo. Ed era solo il primo giorno. “Già” disse annuendo “Forse dovresti farlo.”

 

Quella sera, Sherlock, il ragazzo che apparentemente si era eletto a suo nuovo coinquilino, era stravaccato sulla poltrona, tuta del pigiama e vestaglia di lino blu scuro, tra le mani un libro di chimica che leggeva sottovoce.

John, poco distante, era disteso sul suo letto, un romanzo alzato sopra la testa.

Era passato un giorno.

E quel ragazzino si era catapultato nella sua vita, un nome assurdo, capelli impossibili. Lo aveva dedotto in un attimo, aveva iniziato a fare esperimenti nel loro salottino, in un liceo snob, per di più.

Ed era già diventato tutto perfettamente normale.

“Sai in che classe ti metteranno?” chiese John, interrompendo il lungo, ma rilassato, silenzio.

“No”

John sbuffò. Non era di certo loquace, quel suo nuovo amico. “Ma l'indirizzo sì, vero?”

“'Ovviamente”, rispose Sherlock monosillabico, mentre continuava a leggere imperterrito il suo libro.

“Quale?” spinse John con un sospiro.

“Scientifico potenziato.”

“Oh. Io scientifico classico,” disse un po' deluso il ragazzo. Il suo unico amico, e non potevano stare in classe assieme. Magari qualche lezione, se erano fortunati.

Sherlock non commentò, limitandosi a sospirare.

Dopo qualche minuto passato in silenzio, John rotolò sul letto e si mise su un fianco, “Cosa stai facendo?”

“In che senso?” chiese brusco il ragazzo, alzando la testa dal libro.

John sorrise. “La tua faccia.”

“Sì?” chiese Sherlock scrutandolo.

“Stai tenendo il broncio.”

“No”

“Oh, si invece,” insistette John con un ghigno.

Lui lo fulminò con lo sguardo, “Mi annoio. E la tua conversazione era palesemente noiosa.”, disse, come per giustificarsi

L'amico si alzò dal letto, dirigendosi verso la valigia. “Che ne dici se giochiamo a Cluedo?”

 

 

Con il senno di poi, fare usare quel Cluedo a Sherlock non era stata affatto una buona idea. Peccato che il senno di poi venisse sempre... poi. [1]

Era stato grazie a quel gioco che ne aveva avuto conferma: Sherlock Holmes e gli omicidi erano fatti l'uno per l'altro.

Perché non era possibile che la vittima si fosse suicidata buttandosi dal tetto di un palazzo altro tre piani... salvo poi per non essere morta e aver falsificato il tutto.

 

Contro ogni previsione, quella mattina non fu John ad essere di malumore. Fu Sherlock, che per metà colazione gli lanciò occhiatacce e tenne quello che Watson aveva presto definito 'il broncio alla Sherlock Holmes', perché nessun altro sapeva tenere le labbra inclinate verso il basso e gli occhi pietosamente teneri quanto lui.

“Tu russi.”

Il thè gli andò di traverso, ustionandogli la trachea. Tossendo, John lo guardò arrossito, “Come, scusa?”

Sherlock lo guardo serafico. “Tu russi. Russare significa emettere durante la notte un rumore cupo in corrisp-”

John scosse la testa, bevendo un bicchiere d'acqua a piccoli di sorsi e cercando di non uccidersi, “So cosa vuol dire russare”, rispose con voce roca “È che io non russo.”

“Sì, invece.”

“No, per niente.” Russare? Come russare? Harry in tutti quegli anni non gliene aveva fatto parola. Ma d'altro canto... lui e Harry di certo non parlavano molto.

Sherlock in tutta risposta sospirò, chinandosi a prendere dalla borsa in pelle – che non assomigliava neanche lontanamente a quelle prestabilite dal regolamento – il cellulare. Lo accese, sotto lo sguardo allibito di John, e, dopo aver toccato qualche tasto, il suo nuovo coinquilino poté chiaramente ascoltarsi emettere degli strani versi durante il sonno. “Hai qualcosa da aggiungere?” chiese Sherlock pazientemente, un piccolo sorriso che ora si era sostituito al broncio sherlockiano.

“Io non russo.” gli ripeté John senza convinzione “Io non russo!!” insistette, diventando rosso scarlatto sotto lo sguardo divertito dell'amico.

 

 

Dopo aver scoperto che effettivamente non erano in classe assieme, ma che avrebbero frequentato le ore di educazione fisica e storia nella stessa aula, John si diresse verso la lezione di matematica.

Algebra.

Geometria Analitica.

Geometria.

Poliedri.

Sfere.

Perché improvvisamente sembrava tutto lontano anni luce?

“È il primo anno anche per te, vero?” disse una voce calda alle sue spalle. John si girò per vedere un ragazzo di circa quindici anni, il naso leggermente a patata, gli occhi e i capelli color cioccolato.

“Greg Lestrade, piacere.” si presentò il giovane tendendogli la mano.

Watson la afferrò con un sorriso; forse non sarebbe stato poi così solo.

 







Notemie

[1] Non è mia, l'ho presa dal libro "Melody Malone: The angel's kiss", che è in inglese, ma che, se amate DW e River, dovete leggere!


Perchè sì, io e Sherlock frequentiamo lo stesso indirizzo, oh yiss!
High five Sherly.
E buona vigilia di compleanno al nostro hobbitdoctor preferito!

 

  
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