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Autore: Liz    07/02/2009    14 recensioni
Per voi lui non ha tangibilità, è un’esistenza che si fa chiamare Maverick sui forum e nelle chat, e il cui detto è “Sono troppo vecchio per queste stronzate!”.
Vi siete conosciuti per caso, non ne conoscete né l’aspetto né il nome, ma ci parlate da mesi e solo con lui riuscite a sentirvi bene. Suvvia, quella sensazione di totale abbandono, di completa appartenenza e dipendenza… com’era la vita prima di Maverick? Neanche lo ricordate.

Reila odia Evan largamente ricambiata fin dal giorno in cui sono nati; le loro vite persistono così, in questo equilibrio stabile e bilanciato, ormai da anni.
Ma che fare quando si scopre che il proprio amante virtuale, alias “uomo dei sogni”, è proprio Evan?
Ci sono diverse scelte: buttarsi dal balcone, buttare lui già dal balcone, fare finta di nulla o cambiare radicalmente.
Evan sa cosa fare, ma per Reila ognuna di queste opzioni è sbagliata. Che sia il destino a scegliere ancora una volta, quel destino che li ha voluti anche vicini di casa…!
E forse, se ci si impegna, anche nel proprio nemico si può trovare un’occasione per crescere.
>>DAL CAPITOLO 19 [ULTIMO CAPITOLO] "Il cuore di Reila andò a fuoco nel sentire come l’aveva chiamata: “amore”. La bionda alzò il viso raggiante e gli diede un leggero bacio sulla bocca, alzandosi in punta di piedi quanto più poteva per raggiungerlo."
GRAZIE A TUTTI!!
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4-  Promesse (oneste ma grosse)

 

N

on esiste una persona più stupida di lei: da bambina non capiva quando gli altri bambini la escludevano dal gioco, e crescendo si era ritrovata a ridere di sé stessa quando gli altri la prendevano in giro; insomma, la sua ottusità faceva davvero prudere le mani ad Evan.

Perché si ostinava a mostrarsi sempre felice? Era impossibile che non fosse mai triste.

Allora perché in 26 anni l’aveva vista piangere o arrabbiarsi sul serio pochissime volte? Certo, quando litigava con lui si irritava parecchio… ma non era mai del tutto seria, ne era sicuro.

In fondo non gli aveva mai detto “ti odio” o rivolto insulti: troppo spesso si era trovato a pensare che lei reagisse solamente alle sue provocazioni, senza sentire davvero quei sentimenti.

Che fosse davvero solo colpa sua, quell’avversità che andava avanti da un ventennio?

Comunque, il tempo passava, come quando arrivati a un certo punto della propria vita, ci si guarda indietro ripensando alla scuola, alle estati e agli amici e non puoi fare altro che dire: sembra ieri.

Se ripercorrendo la tua vita vieni preso da nostalgia e amarezza, allora vuol dire che hai vissuto un’esistenza che valeva la pena di vivere: questa era la filosofia di Evan.

Ed Evan non aveva rimpianti, tranne che inspiegabilmente per le ultime tre settimane: settimane in cui lui e Reila si comportavano come sconosciuti.

Era stato lui a cacciarla di casa, ad urlarle contro; e, in fondo, non c’era niente di strano che si comportassero così tra di loro: questo ignorarsi vicendevolmente da sempre si sarebbe potuto definire armonia.

Però, chissà come, ora c’era una nota che stonava.

~

«Te ne vai già?» chiese la donna un po’ afflitta, avvolgendo il proprio corpo nel piumone caldo.

«Sì, scusa. Stasera ho una cena in famiglia» rispose Evan distratto, rivestendosi.

Emy sbuffò scontenta per farlo sentire in colpa, ma lui non le diede corda.

«Quindi fino a domani non ci vediamo…»

«Non ti basta mai, eh» rise lui, malizioso.

«Non volevo dire questo! E se è per questo, sei tu quello che vuole sempre farlo!» ribatté indispettita.

«Sarà, ma tu non ti tiri mai indietro» Il ragazzo si chinò su di lei e la salutò con un bacio sulla fronte, prima di uscire di casa.

Evan stava con Emy da un anno.

Era una donna abbastanza bella, alta e sottile, con la pelle diafana e gli occhi color delle foglie; teneva i capelli castani corti, in una pettinatura tuttavia femminile che le dava un’aria da birichina.

Era una di quelle ragazze che avreste potuto trovare sedute nel parco ad ammirare il cielo, pensando all’amore vero e a romanticherie del genere “i sogni son desideri”.

Stavano insieme da un anno, ed Emy era innamorata pazza di Evan.

~

Tornare in quel minuscolo paesino di periferia lo faceva sempre sentire a disagio.

Non che i ricordi legati a quel luogo fossero tristi: ripercorreva sempre con piacere la strada che ogni mattina per 20 anni era stato costretto a fare per andare a scuola, tornava negli ampi prati dove da piccolo giocava con gli amici e andava a salutare i suoi vecchi vicini di casa che ogni volta lo accoglievano con calore, offrendogli una torta di mele o pere o arance o coltivate da loro. Era un paesino così, dove tutti conoscevano tutti e tra le abitazioni c’erano ettari di campi o boschi.

Però, non gli piaceva passare davanti a casa sua. Non ci entrava, no: aveva giurato non ci avrebbe messo mai più piede in vita sua.

Ma il solo passarci di fianco, anche l’ignorarla, lo facevano tremare come quando da piccolo passava notti insonni accovacciato nell’ombra, ad ascoltare lamenti e continui cigolii metallici proveniente dalla stanza da letto della madre.

Senza rallentare minimamente l’andamento della macchina passò davanti a quella casa bianca, dai muri leggermente rovinati e con le finestre sempre chiuse ed oscurate, fino ad arrivare ai “quartieri alti” (anche se le differenze economiche tra gli abitanti erano minime).

Si fermò davanti a una villetta bianca con le inferriate di legno e il tetto rosso scuro, parcheggiando nel vialetto, in coda alla macchina che riconobbe essere quella dei suoi nonni paterni.

Bussò sommessamente alla porta di casa Lewis, e fu subito accolto dal sorriso splendente della signora Celestine, così simile a quello della figlia che il cuore gli si strinse in una morsa dorata.

«Evan, caro! Ti stavamo aspettando tutti!» gli disse la padrona di casa, baciandolo su entrambe le guance con le labbra rosso scarlatto.

«Mi scusi, ma ho fatto un po’ tardi sul lavoro» si giustificò lui, osservando il nuovo taglio elegante che troneggiava sulla testa della signora: da quanto si ricordava, Celestine Lewis aveva il vizio di cambiare acconciatura una volta al mese, dato che si stancava facilmente di tutto. Tranne del marito, ovviamente.

«Oh, che motivazione inflazionata! Anche mia figlia la usa di continuo… voi giovani, sempre impegnati!» rise la signora bionda, chiudendo gli occhi azzurri sottolineati dalla linea scura dell’eye-linear. I due si diressero verso la sala da pranzo, da dove provenivano un profumo di arrosto delizioso e delle voci allegre.

«Prego Evan, siediti pure di fianco a Reila» lo diresse Celestine, senza smettere di sorridere.

Il ragazzo diede un bacio e un saluto ai propri nonni e al signore Ector Lewis, seduto a capotavola, e poi si sedette di fianco alla bionda senza degnarla di uno sguardo.

Ogni anno, i Lewis invitavano a cena i signori Williams coi quali avevano un’amicizia che durava da decenni, e che ogni volta, puntualmente, si portavano dietro Evan. Così per una sera, lui e Reila dovevano fare finta di mettere da parte i loro rancori e mangiare alla stessa tavola come vecchi amici.

«Allora» esordì Ector «come procede il lavoro Evan? Hai un ristorante se non sbaglio»

Evan deglutì a stento: il signor Lewis era parecchio rigido e considerava una persona in base al successo che stava avendo o aveva avuto in vita. Insomma, doveva fare assolutamente bella figura per non essere calciato fuori dalla finestra.

«…Tutto bene. Gli affari sono molto proficui… s-stiamo pensando di allargarci anche altrove» rispose agitato, inserendo qualche piccola bugia qua e là.

Ector annuì compiaciuto: era andata bene!

«Siamo molto orgogliosi di nostro nipote» intervenne il signor Williams, bonario e lieto come sempre «Ha seguito il suo sogno ed è arrivato lontano!»

I nonni di Evan lo consideravano come un figlio.

Quando lui era ancora piccolo, appena potevano lo portavano via dalla madre e lo ospitavano a casa loro per un po’, fino a quando la madre non si accorgeva della sua assenza: a volte passavano ore, altre addirittura giornate.

Lo aiutavano nello studio e nella vita, lo coinvolgevano nei loro ricevimenti e lo trascinavano in vacanza con loro: facevano di tutto per non farlo essere triste ed Evan era molto grato loro per questo affetto incondizionato.

«Oh, anche noi siamo fieri della nostra Reila! È la punta di diamante di un’azienda pubblicitaria molto importante e…»

Mentre Celestine continuava a lodare la sua discendenza, Evan guardò di sfuggita Reila: stava mangiando silenziosa e composta, senza una virgola fuori posto, come se fosse tranquillissima e a suo agio.

In un istante gli occhi nocciola di lei incontrarono i suoi, che si scostarono subito.

Evan sperò che lei non si fosse accorta che la stava fissando e pregò che gli altri non si rendessero conto di quel profondo imbarazzo che le aveva letto nell’espressione.

Tornò ad ascoltare la conversazione, che nel frattempo era stata deviata sul giardinaggio.

 

«Oh, quanto vorrei diventare nonna anche io! Da tanto tempo mancano le risate infantili e lo scalpiccio di piccoli  piedini in questa casa!» esclamò rammaricata Celestine, servendo il dolce a ciascuno «Chissà quando Reila ci vorrà fare questo regalo!»

«Mamma…» borbottò innervosita la ragazza, completamente simile a un pomodoro.

«Sono sicura che una bella ragazza come lei abbia schiere di pretendenti!» disse la signora Williams credendo di aiutare Reila, mentre invece aveva solo peggiorato le cose.

«Si sbaglia, signora! Mia figlia ha avuto pochissime storie e al momento non mi risulta abbia nessuno! Purtroppo è così…»

«Ma come? Alla sua età, ai miei tempi, io avevo già avuto due figli!» esclamò esterrefatta la signora.

«Gliel’ho detto, mia figlia è troppo imbranata…!»

«MAMMA!» urlò indignata Reila, mentre Evan scoppiava a ridere.

«Tu invece Evan…? Hai la fidanzata?» chiese maliziosa Celestine.

«Eh?» si bloccò lui all’istante. Guardò titubante Reila, che osservava fisso nel suo piatto sempre più rossa. Apple… o meglio Reila, non sapeva di Emy. Avrebbe pensato al tradimento? Oh, ma che gli importava!

In fondo non avevano fatto nulla di che. Solo un bacio innocuo, e anche un po’ troppo casto.

Evan si schiarì la voce «Sì, sto con una ragazza da un anno» ammise alla fine.

Celestine esultò sincera «Ecco! Vedi Reila, prendi esempio da Evan!»

Il moro si voltò verso Reila e si pietrificò.

Lei lo guardava sorridente, genuinamente interessata e felice per lui.

Tutto si sarebbe aspettato, tranne una reazione del genere. Le aveva appena rivelato di aver fatto parte di un “tradimento” e lei sorrideva contenta per lui.

Era davvero stupida!

«Non sapevo questo, Evan. È una cosa molto bella amare qualcuno, vero?» domandò la bionda incuriosita.

«S-sì» balbettò lui, senza sapere come reagire. Sentiva solo la solita avversione verso la stupidità di quella lì crescere, come ogni volta che la vedeva.

«Certo che è strano, ragazzi» commento Ector.

I due lo guardarono stupiti «Che cosa?»

«Ah, anche noi l’abbiamo notato stupefatti!» intervenne il signor Williams.

«Ora che ci penso… da quando riuscite a stare nella stessa stanza senza lamentarvi? Siete anche seduti vicini!» chiese Celestine.

Reila ed Evan si guardarono sbalorditi.

«Vero. Ogni volta finivate per litigare…» precisò Ector.

I due ragazzi si osservarono in silenzio, mentre la loro pelle si colorava di imbarazzo.

«È forse successo qualcosa?» domandò la signora Williams preoccupata.

«Eeeeeeh?! No, assolutamente! Sarà la stanchezza…!» si giustificò prontamente Reila, mentre Evan la osservava ancora senza riuscire a spiccicare una parola.    

~

Nel viaggio in macchina di ritorno Evan e Reila rimasero in un silenzio tombale.

Reila ripensava continuamente alle parole di sua madre.

        Da quand’è che riusciamo a stare vicini? Da quando le sue parole sono in grado di rallegrarmi o di… ferirmi?

Mentre pensava a ciò, guardava il cielo di novembre farsi sempre più nuvoloso: le stelle sparivano piano, una a una, tentando invano di vincere le nuvole grigie.

Non trovo risposta. Forse semplicemente non c’è, per i moti del cuore.

Ma io davvero voglio avvicinarmi ad Evan?

Lo scrutò attentamente mentre guidava con lo sguardo azzurro perso sulla strada: magari anche lui stava pensando alle stesse cose.

Tornare indietro è impossibile, non riesco più a vederlo come nemico e… non voglio perderlo. Rimanere soli è… orribile.

Io voglio conoscerlo.

Ora nutro il desiderio di conoscere questa persona… vorrei davvero riuscire a far parte della sua vita.

Reila chiuse gli occhi, cullata dal rombo monofonico del motore.

Vorrei sapere cosa pensa di questa assurda situazione. Mi piacerebbe sapere se in casa ha ancora cibo e se il lavoro va bene. Sono curiosa di conoscere la sua ragazza, i suoi amici, e il suo carattere.

È la prima volta che penso a lui così… non voglio perderlo, in nessun caso.

Ma se l’unico modo per non perderlo è essergli di nuovo nemica… non ci riuscirei mai: l’affetto che ancora provo per quel lato di lui che è Maverick è più forte di me.

Aprì le palpebre.

Nevicava.

Guardò con gli occhi sbarrati i fiocchi di neve, il paesaggio in bianco e nero che stava coprendo. Ne seguiva la discesa confusa, il loro sparire sull’asfalto grigio.

Si trovò scioccamente a riflettere su come la vita dei fiocchi di neve fosse breve e destinata a essere inghiottita in mezzo a altri miliardi di fiocchi.

Non riesco a non pensare che non voglio perderlo. Di sicuro… finora è successo tutto per questo. Per mio puro egoismo.

La macchina si fermò sotto le loro case, ma nessuno dei due scese: Reila rimase avvolta nel proprio cappotto, sprofondata nel calore morbido del sedile; Evan tolse le mani dal volante e se le portò sulle gambe, chiuse in un pugno.

All’improvviso il suo cellulare squillò: lui lo strinse in mano e dopo aver studiato arrabbiato lo schermo lampeggiante bloccò la chiamata, premendo il tasto rosso.

Prese un respiro profondo ed alzò il viso con decisione «Senti, Reila. Non so che cosa tu abbia creduto...» si interruppe «…e non so nemmeno cosa tu abbia capito. Ma non riusciremo mai a diventare amici. Almeno non così facilmente»

«Eh?» fu l'unica cosa che la bionda fu in grado di dire.

«Se mi sono comportato così gentilmente con te è perché quando ti guardavo io vedevo Apple, non Reila: io aiutato la ragazza che ho conosciuto su Internet, sia chiaro. La storia delle chiavi mi ha riportato alla realtà, e mi ha fatto capire che chi avevo davanti non era altro che te: una stupida sconclusionata»

«...ma davvero pensi questo di me? Sul serio... mi ritieni una stupida?» chiese Reila, rattristata «Eppure, ero io quella con cui hai passato quei due giorni, non Apple»

«Allora potevi anche evitare di mentirmi! Si può sapere perché l'hai fatto?»

«Io… non lo so. Però non riesco a essere forte come te. Non riesco a pensare di arrabbiarmi di nuovo con te... le tue parole mi fanno un effetto diverso, ora che so che sei Maverick: quando mi dici che sono scema, non mi arrabbio più. Mi rattristo»

Lui sorrise, amareggiato «Non è così facile neanche per me. Spesso mi sono ritrovato a chiedermi cosa stessi facendo con te... ma mi rispondevo che eri Apple e...»

«Anche per me vale lo stesso, non sai quanto. Ma non riuscirei mai a... » si interruppe, decidendo di non mostrare completamente i suoi pensieri «Evan. A te va davvero bene tornare come prima? E se... ricominciassimo? »

«Cosa vuoi dire? »

«Se mettessimo da parte l'orgoglio, tutti i litigi... se diventassimo amici»

«Reila, ti ho già detto che è... »

«Piano piano. Ci sforzeremo di essere amici, o quanto meno di non sbranarci più» insistette la bionda.

«Non lo so»

«Qualcosa è cambiato, Evan, e anche noi dobbiamo cambiare. Non fa niente se alla fine... ma chi è che continua a chiamarti?!» domandò lei alla fine, irritata dal continuo suonare del cellulare di Evan.

«Non ti interessa!» le urlò lui improvvisamente scontroso, mentre chiudeva l’ennesima chiamata. Reila si fece piccola piccola e un profondo dispiacere le si dipinse sul viso.

 «… uffa, e va bene, scusa» si arrese lui alla fine.

«Eh?»

«Va... va bene. Proviamoci, se per te è così importante»

«Dici davvero?» chiese Reila, incredula. Davvero… la stava accettando?

«SI!!» esclamò lui, tra l’imbarazzo e il nervosismo «Ora vattene sennò…»

Reila però non si mosse ancora. Lo guardò seria e scandì bene le parole «È una promessa?»

Evan esitò un attimo «Sì, è una promessa. Vattene ora»

«Ok!» esplose lei, gioiosa «allora a domani!» lo salutò allontanandosi.

Evan la osservò correre sotto la neve, entrare in casa, sparire dietro il portone, fino a quando le luci del suo appartamento non furono accese.

      Sarà davvero la cosa giusta da fare? Mi sono arreso senza fare tante storie.

Ma anche io, come lei, non riesco più a odiarla completamente: un lato di lei è Apple, la mia Apple!

Ora nutro il desiderio di conoscere questa persona… vorrei riuscire a far parte della sua vita, riuscendo piano piano ad apprezzarla.

È terribilmente stupida. Sacrificherebbe se stessa per gli altri in cambio di nulla, non ha il minimo senso dell’orgoglio e si preoccupa sempre per niente. È testarda, si impiccia di affari che non la riguardano.

Per venti anni siamo andati avanti a litigate ogni giorno.

Ma sono sempre vent’anni e sono sempre discorsi: che sia un rapporto anche il nostro, dopotutto?

Non so, ma penso che sarà difficile… Merda, ho ceduto senza pensare!

~

«Reila! Cosa ci fai ancora in ufficio? Tutti se ne sono andati da un pezzo!»

Reila fece un notevole salto, spaventata dalla voce improvvisa di Alex «Ah… stavo sistemando le ultime cose per la presentazione di domani! Stavo andando via proprio ora» rispose lei, cercando di rimanere tranquilla.

 «Vedo… abiti lontano da qui?»

Reila si soffermò un attimo ad osservare il ragazzo che, la fissava appoggiato allo stipite della porta del suo ufficio. Si sentì arrossire leggermente «No… è poco più di mezz’ora a piedi»

«Quindi non usi la macchina?» continuò Alex.

«Non sempre…» rispose la bionda, sentendosi sempre più imbarazzata «Essendo nata in un paesino piccolo sono abituata a camminare»

«Ah, che bello» disse lui, senza troppo entusiasmo. «E dimmi… sei innamorata di qualcuno?» chiese alla fine, diretto. Alex odiava i giri di parole e gli eufemismi, meglio andare subito al sodo per risparmiarsi inutile sofferenze.

«CHE?» urlò Reila, sconvolta. Aveva cercato di essere tranquilla, ma a una domanda del genere non riusciva a trattenersi.

Alex la squadrò spazientito, così Reila tirò un lungo sospiro per calmarsi e, abbassando gli occhi, rispose «No… ora non ho più nessuno» Lui la guardò sorpreso. Sembrava quasi una confessione «Ora… sono sola»

Un silenzio innaturale scesa tra i due.

Appena la ragazza si rese conta delle sue parole cominciò ad arrossire violentemente e giocherellare imbarazzata con un lembo della giacca «Ah! Mi scusi… no, scusami! Non dovevo…»

«Allora che ne diresti di uscire con me?» buttò fuori lui tutto d’un fiato.

«Eh?»

«Sarebbe sconveniente che un superiore portasse a cena una dipendente?» ripeté lui.

«Eh… no… non credo!» esclamò lei, confusa ed emozionata.

Alex sorrise soddisfatto «Bene. Allora andiamo a cena fuori insieme!» disse e correndo la prese per mano, mentre la conduceva fuori dall’ufficio.

 

 

 

 

 

 

 

Note totalmente inutili

Cavolicchio o_o 12 recensioni, 39 preferiti!! Santo cielo, spero di non dover deludere tutte queste persone!! ç___ç

C’è chi ama Alex mah XD io personalmente lo odio, ma forse perché SO. Vedremo, è un personaggio molto complesso, ossessionato dalle apparenze perfette e dall’essere superiore a tutti… ehehehe.

C’è chi ha buon gusto in fatto di musica *_* o meglio, c’è chi ha i miei stessi gusti, che non so se definire belli XD Reila è una canzone stupenda, sapendo poi la storia tristissima che c’è dietro… ç__ç oh Ruki, certe fan non sono definibili se non come animali v_v Praticamente, riassumendo in 2 parole: la canzone “Reila” è dedicata alla defunta fidanzata del cantante del gruppo, morta suicida per i continui maltrattamenti e persecuzioni da parte delle “fan” che la accusavano di non essere all’altezza di lui… sigh. Leggete il testo tradotto: è poesia.

C’è chi non conosce la dama da bereSacrilegio!!! XD scherzo. In teoria vendono proprio il gioco apposta, ma si può fare benissimo artigianalmente: prendi un campo da dama, al posto delle pedine dei bicchierini (piccoli, non voglio coma etilici sulla coscienza XD) e al posto dei colori ci sono i tipi di alcol :) che ne so, vodka contro rum. Chi mangia la pedina avversaria beve! C’è anche la roulette, ma non ho mai capito bene la dinamica XD principio applicabile anche al poker *_*

C’è chi ritiene il cambiamento di Reila ed Evan improvviso: Se ci avete fatto caso, è Evan che comincia i discorsi. È lui che rivolge la parola a Reila, e sempre lui che la invita a casa sua. Reila si limita a subire: non è che non le importi, ma semplicemente… lo saprete più avanti. Evan invece s’è spiegato in questo capitolo, e spero che ora sia abbastanza chiaro ^_^

C’è chi si chiede perché Reila non abbia bruciato le chiavi nell’acido e perché non abbia reagito ad Evan: Bè… non sapeva che fare. Non sapeva neanche perché ha nascosto di poter tornare a casa. Io lo so, lei lo saprà, e anche voi lo saprete. Aspettate.

C’è chi domanda perché Evan se l’è presa! Lui ha una pessima reputazione di Reila, credo sia chiaro. Si è arrabbiato perché ha creduto che lei lo considerasse uno scemo, da poter prendere in giro così. Insomma, è molto permaloso XD

C’è chi crede che Reila l’abbia fatto perché è innamorata di Evan o_o niente di più erroneo. Reila non ama assolutamente Evan ed Evan non assolutamente Reila. Come detto sopra, saprete più avanti la spiegazione (che sarà legata alla psicologia di Reila XD) E prima che qualcuno fraintenda in qualche modo il sorriso di Reila nel sapere che Evan ha una ragazza… non c’è nessun “doppio senso”: anche questo lo saprete più avanti!

C’è chi mi fa i complimenti, mi dice di essersi innamorata di questa storia…Io non merito tanto ç//////ç sono così felice che piaccia, ma davvero non ho tutto questo talento XD sono tre frasi messe insieme con una trama inconsistente. Io ringrazio davvero tutti, di cuore.

Spero comunque che possa continuare a piacere, a essere così tanto commentata e preferita!!

Scusate se aggiorno non molto spesso, ma la scuola, gli amici, la famiglia… x_x muoio!!

A proposito :) dichiaro festa nazionale per chi come me non ha nemmeno un’insufficienza sulla pagella *O*

 

 “…Evan” “sì?” “tuo padre… se n’è andato quando avevi 5 anni, giusto?”

Alla prossima!! ^_____^

 

 

 

 

   
 
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