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Autore: ___scream    07/09/2015    5 recensioni
[30 kiss otp challenge - raccolta - slash - newtmas]
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1- Un bacio al sapore di whisky
2- Un bacio sussurrato
3- Un bacio pieno di odio
4- Un bacio al cinema
5- Un bacio e poi addio
6- Un bacio fasullo
7- Un bacio al ballo scolastico
8- Un bacio sotto la pioggia
9- Un bacio da nerd
10- Un bacio magico
11- Un bacio al sangue
12- Un bacio alla sposa
13- Un bacio non voluto
14- Un bacio che uccide
15- Un bacio animalesco
16- Un bacio alla tua anima gemella
17- Un bacio in televisione
18- Un bacio a Dio
19- Un bacio sulla strada di casa
20- Un bacio sotto i fuochi artificiali
21- Un bacio da musical
22- Un bacio alla fine del mondo
23- Un bacio alla persona sbagliata
24- Un bacio davanti ai genitori
25- Un bacio incestuoso
26- Un bacio che mi ricorda la mamma
27- Un bacio che mi ricorda mio padre
28- Un bacio che vorrei dimenticare
29- Un bacio indecente
30- Un bacio dato per 30 volte
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Newt, Thomas, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Genere: Sovrannaturale, Romantico, Triste 
Words: 12.065 (mi dispiace tanto, è venuta fuori una cosa enorme omd)
Raiting: Giallo 
Pairing: Newt/Thomas, slash 
Warning: AU, Fluff, possibile OOC, Werewolf!Newt, Human!Thomas 
Note: *s'inginocchia* MI DISPIACE TANTISSIMO PER IL RITARDO ENORME CON CUI HO POSTATO. Queste settimane sono state a dir poco sfiancanti, tra i compiti, il season finale di Hannibal (sigh, il mio cuore è distrutto), il debito di matematica (che ho passato per un soffio) e tante altre cose.. insomma, non ho avuto un attimo di pausa per scrivere! E' venuta fuori una cosa largamente vergognosa, 30 dannate pagine di Word piene di cazzate, in poche parole. Che dire, Teen Wolf mi ha completamente assorbita da tempo e ora vedo lupi mannari ovunque, quindi mi sono detta 'why noooot?', e okay. Ringrazio calorosamente tutte quelle personcine che hanno recensito/messo fra i preferiti/seguite/ricordate questa storia. Davvero, mi rendete una persona felicissima cwc Be', che dire, buona lettura! (spero). 
DISCLAIMER: non mi appartengono, non scrivo a scopro di lucro e bla bla bla ceh avete capito no? 


 



KISS ME LIKE YOU WANNA BE LOVED

So you can keep me inside the pocket of your ripped jeans




 

Il lupo lo fissava dritto negli occhi, senza ringhiare o altro.
Thomas era immobilizzato al terreno, le mani che artigliavano l'erba e la paura che gli annebbiava la vista. Cercò di rallentare il battito del suo cuore, senza successo.
Il lupo si avvicinò, lentamente, come se avesse sentito il suo terrore. Con la mente un po' più lucida, Thomas si rese conto che era veramente così. Gli animali sentivano la paura umana, non era di certo una novità.
Passo dopo passo, si ritrovò il muso del lupo ad un centimetro dal suo naso. Non serrò gli occhi, continuando a ricambiare lo sguardo dell'animale.
Il canide gli diede un colpetto sulla guancia. Poi, tirò fuori la lingua, leccandogliela. Sorpreso, Thomas ridacchiò per il contatto.
Con le zampe, lo esortò a sdraiarsi sulla schiena. Il ragazzo era ancora terrorizzato a morte, ma c'era qualcosa nel comportamento dell'animale che lo tranquillizzava.
Si sdraiò sulla neve, decidendo di non fare resistenza (più che altro per evitare qualche reazione violenta), osservandolo dal basso. Il lupo si sdraiò a sua volta, accanto a lui, posando una zampa sul suo costato. Trattenne il respiro, la paura che aumentava. L'animale cominciò ad annusarlo, facendogli il solletico. Quando rise, alzò la testa. Si ammutolì, alzando le mani in segno di resa. Il lupo non fece una piega, continuando a strusciare il muso sul suo collo. Lo leccò ancora una volta, ma Thomas si trattenne dal ridere apertamente. La paura se n'era quasi andata, si sentiva.. a suo agio.
Alzò lentamente una mano, immergendogliela nel pelo biondo cenere, e mosse la testa verso quel contatto.
“Fai le fusa, eh?”, si ritrovò a sussurrare, avvicinando di sua spontanea volontà il viso verso quello del lupo, che gli leccò il naso. Rise, non potendosi trattenere.
Era morbido. Molto più dei pupazzi che aveva suo fratello, a casa. E profumava. Fece scivolare la mano per tutta la schiena dell'animale, prima di concentrarsi sul pelo sotto il suo muso. Era una mossa azzardata. D'altronde, il lupo avrebbe potuto infuriarsi e per lui sarebbe stata la fine.
Ma c'era qualcosa di familiare in quel lupo; come se fosse.. umano. Si insultò appena lo pensò, decidendo di svuotare la mente.
Solo pensare ai pericoli che stava correndo, gli si stringeva il cuore dalla paura.
Dopo quelle che sembrarono ore, il lupo si alzò sulle zampe, tendendo le orecchie. Thomas si mise a sedere, osservandolo mentre si guardava intorno. Poi, gli occhi dell'animale tornarono nei suoi. Un ultimo colpetto sulla sua guancia con il muso, poi si girò e cominciò a correre verso il bosco.
Thomas si sentì triste.

 

 

*

 

 

Quando gli dissero che c'era un nuovo studente alla WCKD High School, si strozzò col pane che stava mangiando.
“Cosa?”, tossicchiò. “Sta succedendo veramente qualcosa di nuovo?”, continuò, mentre Teresa ridacchiava per la sua reazione.
“Ehi!”, esclamò Brenda, osservando tutti loro. “Se è carino, è mio”, disse.
Minho alzò gli occhi al cielo, addentando il pollo che aveva nel piatto. “Spero che sia dell'altra sponda, non sopporterei i tuoi sproloqui su di lui ventiquattro ore su ventiquattro”, borbottò. La ragazza gli fece il verso, infilando la forchetta nella sua insalata.
Thomas finì il suo panino in pace, con Teresa appoggiata al suo braccio che beveva una Sprite.
“Devo ripassare Biologia”, disse, poi, interrompendo il silenzio che si era creato al tavolo. “Quella stronza m'interrogherà di sicuro”. Nonostante le parole che aveva detto, non accennò ad alzarsi dalla sua sedia. Minho la fissò con un sopracciglio alzato, continuando a mangiare il suo pollo e aggredendo le patatine fritte con ferocia. Thomas sospirò, guardandosi intorno.
Non aveva raccontato a nessuno dei suoi amici il suo incontro ravvicinato con il lupo. Voleva che fosse un suo segreto.
“A cosa stai pensando, Tom?”, gli chiese Teresa, alzando lo sguardo.
Scosse la testa. “A niente in particolare”, fu la sua risposta.
“Niente in particolare”, ripeté, così tanto sottovoce che nessuno lo sentì.

 

Il nuovo studente se ne stava lì, in piedi davanti alla cattedra. Fissava tutti con uno sguardo freddo e calcolatore.
Era alto, con un fisico asciutto. Vestito completamente di nero, sembrava più magro di quanto già non fosse.
Thomas dovette farsi violenza psicologica per distogliere lo sguardo – cosa che non riuscì a fare.
La cosa che lo colpì più di tutte, erano i capelli: erano della stessa tonalità di colore del lupo con cui aveva familiarizzato il giorno precedente. Identici. Era da quand'era tornato a casa il pomeriggio precedente, che non faceva altro che trovare in giro qualsiasi cosa che gli ricordasse l'animale. Ne sentiva la nostalgia. Deglutì rumorosamente, scostando lo sguardo con uno scatto della testa. Il movimento non sfuggì al nuovo studente, che spostò la sua attenzione su di lui.
Il professore si schiarì la voce, sorridendo alla classe. “Il est votre nouveau camarade de classe”, disse. Quando nessuno fiatò, continuò. “Son nom est Isaac Newton”. Poi, sospirò, rassegnato. “Avete almeno capito l'ultima frase? Come farete al test?!”, esclamò. La classe ridacchiò, scambiandosi degli sguardi complici.
Isaac sorrise al professore, cominciando a parlare in un francese fluente e perfetto. Sembrava quasi che fosse la sua lingua madre. Perfino l'insegnante ne era sbalordito.
“Bene, vai a sederti, Isaac!”, gli disse, dandogli una pacca sulla spalla. “In quanto a voi”, si rivolse alla classe, indicandoli con un dito. “Aprite il libro a pagina 236”.
Isaac si sedette proprio di fianco a Thomas, quando aveva dieci posti liberi a disposizione. Il moro lo guardò con la coda dell'occhio, prima di concentrarsi sugli appunti che aveva sotto al naso.
“Non ho il libro, potresti condividerlo con me?”, chiese Isaac, sorridendogli. Thomas si perse a fissare quei denti dritti e bianchi – così bianchi da risultare quasi accecanti. Era un sorriso perfetto, che stava davvero bene sul suo viso. “Hm, certo.. Isaac? Giusto?”, rispose.
“Ugh, sì, ma non chiamarmi così”, mormorò, andando velocemente alla pagina che aveva indicato l'insegnante.
“È il tuo nome.. come dovrei chiamarti, scusa?”.
“Newt”, rispose il biondo, prontamente. “È un soprannome che usano in pochi – in realtà solo i miei genitori. Se vuoi .. puoi usarlo anche tu”.
Newt.
Mh.
Scivolava bene fra le sue labbra.
Newt.
“Okay, Newt”, disse, sorridendo. “Ma non usare l'evidenziatore sul mio libro”.

 

Alla fine scoprì che Newt era un tipo silenzioso, che parlava raramente. Non sprecava la voce per parole o frasi senza senso, e quasi detestava le persone logorroiche – Minho, per esempio.
L'asiatico non si lasciò sfuggire l'occasione di far entrare il biondo nel loro gruppo di amici, usando la scusa che fossero in pochi.
Newt sorrideva accondiscendente ad ogni parola che sfuggiva dalle labbra di Minho, restando però sempre al fianco di Thomas.
Sembrava timido, all'apparenza. In realtà, era solo diffidente. Sembrava che quasi rifiutasse il contatto umano.
"Stasera ti va di uscire, Isaac?”, chiese Minho, su di giri. “Io e gli altri andiamo a prendere qualcosa da mangiare al Burger King e poi andiamo sulla pista di pattinaggio”.
Brenda si aggiunse alla conversazione, passando una mano sul braccio del nuovo studente. “Non puoi mancare!”, esclamò, mettendosi una ciocca di capelli dietro all'orecchio.
Newt sorrise per l'ennesima volta, passando lo sguardo su ognuno di loro. Fissò Thomas negli occhi, passandosi la lingua sul labbro inferiore. “Se viene Tommy, consideratemi dei vostri”.
Minho lasciò un'occhiata che recitava 'Te l'avevo detto' a Brenda, che fissò Thomas con gli occhi infuocati.
Il ragazzo non si lasciò scalfire dalla minaccia presente nello sguardo dell'amica, annuendo. “Vengo anch'io, stasera”.
“Allora è andata!”, decise Minho, sollevando le braccia. “Ci troviamo alle otto fuori dal Burger”.
Newt guardò ancora Thomas, districandosi lentamente dalla presa della ragazza, che non intendeva mollare il suo braccio. Si avvicinò al moro, fissandolo da sotto in su.
Thomas si sentì avvampare e si schiarì la gola. “Allora.. io vado, così non perdo il pullman”, si congedò, allontanandosi, camminando all'indietro. Minho lo salutò con un cenno della mano, trascinando via Brenda.
L'ultima immagine che vide, prima di girarsi, fu lo sguardo bollente da parte di Newt.

 

Stava aspettando il pullman da venti minuti, quando una signora anziana si fermò davanti a lui, squadrandolo.
“Giovanotto, non sai che c'è lo sciopero dei mezzi?”, gli disse.
Thomas spalancò gli occhi dalla sorpresa. “No .. Dio, no che non lo sapevo..”, sospirò, passandosi stancamente una mano sul viso.
“Be', ti conviene incamminarti ora, se non vuoi rimanere qua fino alle tre di stanotte!”, replicò, cominciando ad allontanarsi.
Si morse l'interno della guancia. “Grazie!”, gridò alla signora, che si girò a fargli un cenno della mano.
Cominciò ad incamminarsi verso casa, le cuffie nelle orecchie e la musica ad un volume ragionevole.
Una macchina lo affiancò, seguendo la sua velocità. Si fermò, squadrando la vettura. Il finestrino oscurato si abbassò, rivelando la presenza di una faccia conosciuta. Si tolse gli auricolari.
“Vuoi un passaggio?”, gli chiese Newt, tirando giù gli occhiali da sole per guardarlo negli occhi.
“No.. hm.. non ti preoccupare. Faccio un po' di camminata, almeno.. mi tengo in forma”, buttò lì, declinando l'offerta. L'idea di stare in macchina con Newt lo faceva agitare più di quanto fosse consueto.
“Non essere stupido. Fra poco pioverà, ti beccherai un raffreddore”.
“Come..? Le previsioni davano sole!”.
Newt si limitò a scrollare le spalle, non dando nessuna risposta. “Allora? Sali di tua spontanea volontà o ti ci devo trascinare?”, lo incitò.
Thomas sospirò, sconfitto. Fece il giro dell'auto, salendo sul posto del passeggero, di fianco al biondo, che si rimise gli occhiali da sole sul naso.
“Non ti senti un po' deficiente ad andare in giro con gli occhiali da sole?”.
Newt rise all'insulto. “Mi piacciono”.
“Bah, contento tu..”.
Cominciò a piovere. Senza farsi vedere, ricontrollò le previsioni meteorologiche su Internet, trovando il disegno stilizzato del sole. Inarcò un sopracciglio. Come aveva fatto Newt a prevedere che avrebbe piovuto?
Magari visita un sito diverso dal mio, ipotizzò, lasciando perdere.
Quando passarono davanti al bosco, Thomas smise di respirare per un momento. Fissò gli alberi innevati, la distesa bianca che era il terreno. Il flash della lingua del lupo che gli leccava la guancia e la morbidezza del suo pelo, lo fecero rilassare. Si chiese se lo avrebbe mai rivisto.
“A cosa stai pensando?”.
La voce di Newt lo riportò alla realtà.
“..hm..?”, mugugnò, spaesato.
“Stavi fissando il bosco come in trance”, gli fece notare. “A cosa pensavi?”.
“Oh, uh.. a niente. Niente di particolare”, rispose, guardando la strada davanti a sé. Strinse le cuffie fra le dita, arrotolandole attorno all'iPod.
Niente di particolare”, ripeté Newt, in un tono strano. “Contento tu..”, gli fece il verso, facendogli roteare gli occhi.
Era un tipo simpatico, dopotutto. Un po' fastidioso, ma non così tanto. Decise che gli piaceva.
“A destra, poi sempre dritto”, gli indicò, riconoscendo la strada di casa sua. “Al semaforo a sinistra”.
In pochi minuti, fu sul vialetto di casa. Ringraziò e fece per scendere quando Newt gli afferrò il polso, facendolo voltare.
Erano a due centimetri di distanza. A Thomas venne la pelle d'oca al ricordo del lupo del giorno prima, che aveva messo il muso alla stessa distanza.
Sentiva il respiro caldo di Newt sul viso, come sentiva gli sbuffi del canide. Era come se la scena l'avesse già vissuta. Come se fosse un flashback.
“Io.. io dovrei entrare”, si ritrovò a sussurrare, gli occhi incollati alle labbra del ragazzo. “Sì, dovrei proprio entrare”, ripeté poi, più convinto.
Newt lasciò la presa sul suo polso. “Ti passo a prendere dopo”, gli disse, quando lui era già sugli scalini di casa sua.

Stava per ribattere, ma l'auto partì, lasciandolo di sasso sulla soglia di casa.

 

 

La serata al Burger King si rivelò.. interessante. Minho non la smetteva di parlare – come al solito – mentre Brenda non faceva altro che gli occhi dolci a Newt, sbattendo le ciglia ricoperte di fucsia. Aris e Teresa chiacchierano amichevolmente con il biondo, chiedendogli della sua infanzia e dell'Inghilterra.
“Io .. amo gli Inglesi!”, se ne uscì Brenda, masticando una patatina fritta e spalancando gli occhi.
“Ma sono tutti precisini”, replicò Minho. “E freddi”, aggiunse. Poi, fece l'occhiolino a Thomas. “Ieri eri proprio d'accordo con me, Rendy”.
Brenda arrossì. “Non dire.. cavolate, Minho!”.
Newt sogghignò, posando una mano sul ginocchio di Thomas, che sobbalzò. L'inglese si avvicinò al suo orecchio con le labbra. “Non fingere che non ti faccia piacere”, mormorò.
“Smettila”, mimò con le labbra, “di flirtare con me”.
Newt sorrise di nuovo, appoggiandosi allo schienale della sedia.
“Allora, ragazzi, che ne dite di andare subito alla pista di pattinaggio?”.
Thomas non aveva mai amato Teresa così tanto come allora.

 

 

Si strinse nella sua felpa, passandosi le mani sulle braccia, per scaldarsi.
Newt frenò davanti al vialetto di casa sua, come quel pomeriggio, girandosi per guardarlo in faccia. Non disse niente, limitandosi a poggiare una mano sul suo braccio. Spalancò la bocca quando sentì un calore improvviso invaderlo per tutto il corpo. Era come stare a contatto con un termosifone.
Dio, come fai ad essere così caldo?”, mormorò, tirandoselo addosso. “Sei una fottuta stufa”.
Newt ridacchiò, facendosi più vicino. “Ci sono molti altri modi in cui ti potrei trasmettere più calore di così”, sussurrò il biondo, strofinando la punta del naso fra i capelli mori dell'altro.
“Alt. Ehi”, lo avvertì Thomas. “Ti ho detto di smetterla di flirtare con me”.
“Sei tu che mi stai usando come calorifero”, si difese Newt. “Ho tutto il diritto di flirtare, dopo questo!”.
Thomas roteò gli occhi, districandosi dalla presa. “Grazie per il passaggio”. Aprì la portiera, uscendo dall'auto. Trattenne un lamento quando il freddo lo investì più di prima.
Corse fino alla porta d'entrata, tirando fuori le chiavi. Quando si girò, per salutare l'ormai amico, le sue ossa e i suoi muscoli si gelarono.
Newt aveva gli occhi gialli.
Sbatté le palpebre, confuso e spaventato. Quando riaprì gli occhi, l'auto stava sgommando via.

È la stanchezza, Thomas, si disse. È la stanchezza e quel dannato compito di biologia.

 

 

*

 


Il lupo tirò fuori la lingua, sdraiandosi a pancia in su.
Thomas rise di gioia, affondando una mano nel pelo del collo esposto e facendola scendere lungo la pancia.
“Sembri più un gatto che altro”, gli disse, continuando ad accarezzarlo. Poi, il canide starnutì, strofinando una zampa sugli occhi.
Con gli arti, fece stendere Thomas sulla schiena, come il primo giorno. Questa volta, si sdraiò accanto a lui, il muso di fianco alla sua testa e la zampa sinistra sul petto del ragazzo.
Chiuse gli occhi, cullato da quel respiro profondo. Il pelo dell'animale gli trasmetteva così tanto calore che fu tentato di togliersi il cappotto, rimanendo con la felpa e basta.
Si tirò più vicino al suo nuovo amico, cominciando ad accarezzargli le orecchie pelose. Gli occhi del lupo erano ambrati, e lo fissavano con quella che sembrava curiosità.
Poi, un pensiero gli attraversò la testa.
E se quel lupo fosse..- non finì neppure di pensarlo, scuotendo mentalmente la testa.
I lupi mannari non esistono, lo sanno tutti.
Il pelo è morbido e biondo, ma cerca di non pensarci. Dio, gli sembra di essere in un fottuto film di serie B, in cui l'essere umano fa amicizia – o s'innamora – di quello che crede un nuovo compagno di classe e poi boom, si scopre che è una creatura sovrannaturale. Centenaria.
Non era in Twilight, non c'era nessun vampiro o nessun licantropo – perché, semplicemente, non esistono, non esistevano prima e non esisteranno mai. Almeno, questo era quello che pensava Thomas. Come non esiste il Dottore di Doctor Who, non esistono neppure i lupi mannari. E un tizio che viaggia in una cabina blu gli sembrava più credibile di ragazzi che si trasformano in lupi giganteschi.
Il lupo si agitò, come se avesse sentito i suoi pensieri. Strofinò il muso sulla sua guancia, e gli sembrò di sentirlo sospirare.
Poi, le orecchie del canide si tesero, e in due secondi fu sulle quattro zampe. “Che succede?”, gli chiese Thomas, mettendosi a sedere.
Il lupo ringhiò a qualcosa nascosto fra gli alberi della foresta. Il ragazzo, spaventato, balzò in piedi, indietreggiando.
L'animale si girò verso di lui, il ringhio attenuato. Guardava ripetutamente lui e lo spazio dietro al suo corpo, facendo un segno con il capo.
Scappa.
Thomas indietreggiò sempre di più, nascondendosi dietro ad un albero. Non andò così tanto lontano da non sentire il ringhio che il lupo emise contro un altro della sua specie.
Rabbrividì, mentre un terrore cieco prendeva possesso del suo corpo. Dopo pochi minuti, si rese conto che non era spaventato per la sua incolumità.
Era spaventato per il lupo. Non voleva che gli succedesse qualcosa. Si sentì male solo al pensiero.
Degli ululati, altri ringhi. Poi il silenzio. Una sensazione di disagio afferrò lo stomaco di Thomas, stritolandolo.
Dopo quella che considerò una buona parte di tempo, uscì dal suo nascondiglio e vagò per il bosco, pronto a correre via a qualsiasi rumore.
Tornò dov'era prima con il lupo, non trovando nessuno. Camminò anche più in là. Non c'era traccia del suo amico.
Con la tristezza e la preoccupazione che gli inondavano il cuore, imboccò la strada di casa.

 

 

*

 


“Ehi, Thomas, cos'è quel muso lungo?”, gli chiese Minho, prima che entrassero a scuola.
“Ho dormito male stanotte”, rispose. Era una mezza bugia.
“Uh. Fatto le ore piccole con Isaac, eh?”, se ne uscì l'amico, facendo quel movimento con le sopracciglia, che gli faceva venire i brividi.
“Non farlo mai più”, disse, puntandogli un dito contro. “E no”, aggiunse. “Non ho fatto le ore piccole con N-Isaac”.
“Se lo dici tu.. comunque, Brenda ha deciso di darci un taglio. Ha capito che Isaac non è lontanamente interessato a lei”.
A quella notizia, Thomas si sentì sollevato. Si insultò da solo quando se ne rese conto. Si disse che era perché era preoccupato per Brenda: non voleva che soffrisse o che perdesse tempo così. Cercò di convincere se stesso, senza risultati. 
“Uhm. Be', buon per lei”.
Aprì il suo armadietto, infilandoci dentro i libri e tirando fuori quelli che gli servivano per la prima ora. Quando lo chiuse, si trattenne dall'urlare dallo spavento.
“Gesù Cristo!”, esclamò, una mano sul petto.
“Ehm, no, solo Isaac”, esordì Newt, sorridendo divertito. “Dovresti prendere un paio di occhiali”.
“Che cosa ti sei fatto?”, gli chiese immediatamente, avvicinando una mano al suo viso. Un graffio e qualche livido erano presenti sulla fronte, mentre un taglio più o meno profondo gli sfigurava una guancia.
“Hm, padre imbranato”, buttò lì. “Stavamo sistemando l'anta della cucina al piano di sopra e.. be', diciamo che mi ha fatto cadere dalle scale, inciampando a sua volta”.
Thomas corrugò la fronte, scettico. Passò un dito sul taglio della guancia, e Newt sibilò dal fastidio. “Scusa”.
“Niente. Ormai non fa neppure più male. Brucia e basta”.
Vedere in che condizioni era ridotto il viso di Newt, a Thomas venne in mente il lupo.
Con tutti i ringhi che aveva tirato ieri pomeriggio, c'era stato di sicuro uno scontro.
E se.. - Thomas, smettila!, si sgridò nella testa.
"Be', Tommy, vuoi andare insieme a me nella classe di Biologia, o spendere il nostro tempo divertendoci in molti altri modi?". 
Thomas sospirò. Il lupo era così dolce nei suoi confronti, mentre Newt non faceva altro che flirtare e fare allusioni sessuali nei suoi confronti. Non poteva essere quell'animale gentile che incontrava ogni pomeriggio nel bosco. E poi, i lupi mannari non esistono.
Lo ripeté per duecento volte nella testa, mentre camminava accanto all'amico.

 

 

*

 

 

In poco tempo, entrarono in una routine semplice e abituale.
Newt andava a prenderlo alle otto meno un quarto, per poi andare insieme a scuola;  tornavano insieme, sempre nell'auto del biondo. Thomas si faceva lasciare sul vialetto di casa, poi, quando l'auto e il suo guidatore erano ormai lontani, camminava fino al bosco. Aspettava cinque o dieci minuti, e passava il pomeriggio in compagnia del lupo.
Non gli diede mai un nome. Non era il suo animale domestico. Era un suo amico, forse quello più speciale che avesse.
L'idea che Newt fosse un lupo mannaro – lo stesso lupo con cui passava la maggior parte del tempo tutti i giorni – lo abbandonò pochi giorni dopo, ma mai del tutto. Certe volte, non poteva non notare come certi comportamenti di Newt rispecchiassero quello di un animale. Non che mangiasse solo carne cruda, ma quando la cucinava, la sua era sempre un po' al sangue. Erano cazzate del genere che lo facevano fermare a riflettere. Poi, era sempre, in qualche modo, protettivo, sia nei suoi confronti che in quelli dei nuovi amici che sei era fatto. Newt riusciva sempre a prevedere quando qualcosa stava per accadere o quando il tempo cambiava. Certe volte, in mattinate di sole, arrivava a scuola con l'ombrello. Quando gli veniva fatto notare, si giustificava dando la colpa al suo essere inglese, ma il moro sapeva che c'era qualcos'altro sotto. Ne era convinto, per qualche motivo.
Si ritrovò a passare sempre più tempo insieme a lui. Nonostante la diffidenza e la leggera antipatia che provava nei suoi confronti inizialmente, in poco tempo si rese conto che Newt era una persona fantastica. Si stava davvero affezionando a lui, e aveva questo brutto presentimento che la cosa non sarebbe finita bene.
Cercava sempre di non pensarci, ma tutto quello che riusciva a vedere alla fine del tunnel erano tante lacrime e basta.
E forse, anche una buona quantità di sangue.

 

Thomas stava sistemando i suoi libri nell'armadietto, quando un rumore di passi lo fece allarmare.
L'orologio appeso alla parete segnava le sette e mezza di sera, non c'era nessuno a scuola se non il guardiano. Era dovuto restare lì per una punizione datagli dall'insegnante di Biologia, per una cosa che non aveva fatto.
“Woah, guarda chi c'è!”, esclamò quello che riconobbe come Janson, il classico bullo della scuola. “Edison! Da quanto tempo, hm?”.
Ignorali.
Ignorali, non ti faranno niente. Non hanno il coraggio.
Chiuse l'armadietto, cominciando ad incamminarsi verso l'uscita.
“Dove pensi di andare, hm?”, chiese uno dei compagni di banda del bullo. “Noi non abbiamo neppure iniziato a divertirci!”.
Gli altri risero, e Thomas sentì una morsa di paura e fastidio ancorargli lo stomaco. Fece per sorpassarlo, ma il ragazzo lo prese per un polso, spingendolo indietro. Senza mollare la presa, glielo storse, facendogli cadere tutti i libri. Sentì lo schiocco dell'osso e  gridò dal dolore, mentre Janson si metteva dietro di lui. Gli tirò un calcio alle gambe, facendolo cadere sulle ginocchia.
“Hm, e qua si vede tutta la tua natura da frocetto”, commentò, facendo ridere gli altri. “Stai sempre appiccicato a Newton, eh? È il tuo ragazzo?”. Gli tirò un altro calcio, alla testa. Si sentì stordito, finendo completamente sul pavimento. “Pensa alla faccia del tuo bel fidanzatino quando ti troverà così, fuori dalla scuola, domani mattina!”, esclamò, facendo un sorriso forzato, palesemente finto, che andava da orecchio ad orecchio e mostrava tutta la sua malignità e stupidità. “Faremo in modo che sia il primo ad arrivare in questa merda di scuola, in modo da godersi lo spettacolino”.
“Hm, se fossi in Tommy, preferirei vedere la faccia del mio ragazzo mentre squarcia la gola a morsi a dei bulletti da quattro soldi codardi e vigliacchi”.
Thomas si girò verso la voce, tirando un sospiro di sollievo – non riuscì a trattenersi.
Newt era lì, appoggiato con la spalla al muro, che si guardava le unghie, non curante. Thomas, che aveva imparato a conoscerlo bene, riuscì a vedere come il nervoso scorresse dentro le sue vene, insieme al sangue.
“Oh, due in un colpo solo!”, gridò Janson, ai suoi amici. “Finiremo su internet, ragazzi; saremo gli eroi che hanno migliorato l'America cominciando a far fuori tutti questi frocetti di merda”.
Newt sbuffò una risata ironica. “Amico, non li vedi i telegiornali? L'America ama i froci. Li ama così tanto da produrre sempre più serie tv con scene porno fra due o più persone dello stesso sesso! O - vogliamo parlare della legalizzazione dei matrimoni gay in tutti i cinquanta stati? Penso che finireste tutti quanti su dei cartelli, con la faccia scarabocchiata da una X rossa, al prossimo gay pride”.
Janson lo fissò confuso. Il blaterare di Newt lo aveva fatto distrarre. Così, il biondo pensò più ai fatti.
E Thomas si sentì morire quando vide quegli occhi che pensava di conoscere in tutte le sfumature, diventare ambrati. Spalancò la bocca e ringhiò. Non fece un verso simile. Era un ringhio vero e proprio. Le zanne brillarono alla luce delle lampade, mentre Janson e gli altri mollarono la presa su Thomas e cominciarono a correre verso l'uscita, urlando. 
Newt, che non ritrasse né le zanne né fece cambiare il colore dei suoi occhi, si avvicinò a Thomas.
“No”, mormorò lui, strisciando indietro. “Ti prego – no”.
“Non ti farò del male, Tommy. Sono io”, disse, calcando l'ultima parola. “Sono Newt”.
Allungò una mano verso il suo viso. Thomas guardò gli artigli, poi gli occhi ambrati del suo amico.
Gli artigli freddi si posarono sulla sua guancia, facendolo rabbrividire.
“Sei conciato malissimo”.
Cercò di alzarsi in piedi, non riuscendoci. Le gambe gli tremavano e gli dolevano; si teneva il polso destro, cercando di muoverlo il meno possibile.
“Vieni qui”. Newt lo sollevò fra le braccia come se non pesasse niente, portandolo fuori dalla scuola.
"Dio, sono così imbarazzato”, si lasciò sfuggire Thomas.
Newt lo guardò confuso. “Come, scusa..?”.
“Mi stai portando in braccio. Come una fottuta ragazza”.
“Tu mi stai dicendo che, dopo essere stato picchiato e dopo aver scoperto che sono un lupo mannaro, l'unica cosa di cui ti preoccupi è che ti sto portando in braccio?”.
“Non ho detto questo!”, replicò Thomas. “Sto dicendo che è imbarazzante. E, per tua informazione, avevo già qualche sospetto”.
Newt lo lasciò giù, aiutandolo ad entrare nella sua auto. Gli chiuse la portiera, salendo poi sul sedile del guidatore. Mise in moto la macchina, prima di girarsi a guardarlo. “Oh, lo so”.
Thomas non si era ancora reso conto del tutto che Newt era un lupo mannaro. Uno vero. E che quelle creature esistevano veramente.
Senza pensarci, avvicinò una mano ai capelli dell'amico. Esitante, la immerse in quei fili biondo cenere.
Li trovò morbidi. Morbidi come il pelo del lupo con cui passava la maggior parte dei pomeriggi. Era lui. Lui era il lupo. Cristo.
Quando superarono il vialetto di casa sua, Thomas corrugò la fronte. “Dove stiamo andando?”.
“A casa mia”, rispose. “I miei genitori sono via fino a dopo domani. Sono andati da mia zia in Inghilterra, da ormai cinque giorni”.
“Se me lo dicevi.. ti ospitavo a casa mia, magari”.
Newt ghignò. “Mi piace stare in casa da solo. Sai, dopo che nascondo per tanto tempo le zanne, cominciano a farmi male”, spiegò. “Da solo, posso girare per casa per quello che sono veramente”.
Thomas deglutì rumorosamente. “Potresti..”. Prese un bel respiro, guardando fuori dal finestrino e ritiraendo la mano. “Potresti farlo anche ora. In auto. "Tanto, a quest'ora, penso che non ci sia nessuno in strada”.
Il biondo spalancò gli occhi, sorpreso. “Me lo lasceresti fare?”.
Thomas sospirò. “Sì, Newt. Sei.. quello che sei. Mia nonna mi ha sempre detto di non vergognarmi di quello che sono. E.. tu sei un licantropo. Non devi vergognartene”.
Cosa sono, magari. Penso che tua nonna che non comprendesse l'essere un dannato mostro, nella sua frase”.
“Oh, andiamo! Tu non sei un mostro, mettitelo in quella cazzo di testa”.
Newt sembrò ancora più sorpreso. Accostò la macchina, girandosi verso di lui. “Sono un dannato licantropo, Tommy. Una di quelle creature di cui tutti hanno una dannata paura! Ci fanno film horror sulle persone come me!”.
Thomas rimase senza parole.
“Non fraintendermi. Certe volte, amo essere un lupo mannaro. Sono più forte, più veloce, più.. affascinante? Sì, penso di sì. Riesco a sentire e vedere meglio. Ma, altre volte.. non vorrei altro che essere come te”, confessò. “Un essere umano, Tommy. Un dannato essere umano”.

Il moro non disse niente, guardando davanti a sé. Si sentiva inutile, impotente. Newt rimise in moto l'auto, senza aggiungere una sola parola.

 

“Prendi il mio letto, io dormo sul divano”, gli disse Newt, dopo cena.
Non si era mai sentito così a disagio in sua compagnia. Aveva mangiato poco, spilucchiando la pasta. Il polso destro era fasciato, e Newt gli aveva disinfettato la ferita sul suo labbro e sul suo mento. Il lupo aveva fissato tutto il tempo la porta della cucina, le braccia incrociate e la mente lontana. 
“No, non se ne parla”, protestò Thomas, afferrando la coperta dalle mani del biondo e dirigendosi verso il divano nero, di pelle.
“Non posso lasciarti dormire sul divano”, insistette Newt.
“Allora dormi insieme a me”.
Cercò di non portarsi una mano alla bocca, mordendosi il labbro dal nervosismo. Newt sembrò preso di sorpresa. Poi, sospirò.
“Okay. Va bene”.
Si diresse verso le scale, salendo al piano superiore. Thomas prese un bel respiro, l'ennesimo della giornata, seguendolo.
Era la prima volta che Thomas vedeva la camera di Newt.
I muri erano dipinti di rosso, e una grande libreria campeggiava per la maggior parte del muro. Poster di varie band o film, erano appesi alle pareti e un grande giradischi era vicino alla scrivania. Thomas ci si avvicinò.
“Funziona?”.
Newt annuì. “Preferisco ascoltare la musica lì, piuttosto che nel lettore cd”.
“Ma.. scusa la domanda.. quanti anni hai?”.
Newt rise, buttando la testa all'indietro. “Non faremo questa conversazione!”, disse. “Davvero! Ho diciassette anni”.
“Oddio, mi sembra la parodia di Twilight..”, commentò Thomas, ridacchiando.
“Be', io mi trasformo in un lupo.. ma niente a vedere con Stephenie Meyer”.
Risero entrambi, ritrovando parte della complicità persa.
“No, ma.. seriamente, quanti anni hai?”.
“Diciassette come te, Tommy”, rispose quello, roteando gli occhi.
“E vivrai per sempre?”.
Il licantropo aprì un cassetto, ignorando la sua domanda, lanciandogli un paio di pantaloni della tuta, una maglietta anonima e un paio di mutande. “Vai pure a farti una doccia”, gli disse, indicandogli il bagno.
Il moro annuì, lasciando cadere il discorso, prendendo i vestiti e dirigendosi dove l'amico gli aveva indicato.
Si prese il suo tempo, rilassando i nervi sotto il getto caldo della doccia. Cercò di baganre il meno possibile la fasciatura, avvolta da una busta di plastica.  Non usò nessun bagnoschiuma di quelli presenti, limitandosi a darsi una sciacquata. Uscì dalla doccia completamente rilassato, e si sentì a casa.
Infilò i vestiti che Newt gli aveva offerto, uscendo dal bagno.
Quello che vide sul letto, lo fece urlare di sorpresa. “Newt – Cristo santo”.
Il lupo gli rivolse uno sguardo che sembrava mortificato, scendendo dal letto e dirigendosi verso di lui. Thomas si sedette per terra a gambe incrociate, mentre l'animale – Dio, Newt – strusciava il muso sul suo collo e sulla sua guancia. Lo leccò più e più volte, prima di tirarsi indietro.
Thomas lo accarezzò, avvicinando il viso al muso dell'amico. “Ti amo”, si lasciò sfuggire. Erano due parole che non aveva mai pensato, in compagnia di Newt. Erano semplicemente uscite dalla sua bocca, e rimase quasi shockato quando si rese conto che erano vere, sincere. Dio, amava Newt e il lupo. Li amava entrambi. 
Il lupo sembrò capire, fissandolo con gli occhi ambrati spalancati. Ululò, prima di ritrasformarsi. Thomas aveva la bocca aperta, mentre il lupo diventava sempre di più umano.
Newt lo fissò, avvicinandosi al suo volto come aveva fatto Thomas giusto qualche minuto prima. Lo baciò, circondandogli il viso con le mani, gli artigli che scattarono.
Thomas aprì gli occhi, trovando quelli gialli di Newt. “Mi ami?”, chiese quest'ultimo, fissandolo come se fosse la cosa più preziosa al mondo.
L'umano annuì, confermandolo un'altra volta. Era una cosa naturale da dire. Amava il lupo e si era innamorato anche di Newt.
Dio, Tommy, questo non dovevi dirlo”.
Dopo quest'ultima affermazione, Newt lo sollevò, trascinandolo a letto. Lo fece sdraiare sulla schiena, baciandolo ancora sulle labbra.
“Il lupo sta ululando”, confessò, il respiro corto.
“Cosa.. cosa significa?”.
“Significa che ti ha scelto come compagno, Tommy”.
Questi spalancò gli occhi. “I lupi sono..”.
“Monogami, sì”, completò il biondo per lui.
Gli vennero le lacrime agli occhi. “Mi hai scelto per tutta la vita”.
Newt annuì. “Sì, Tommy”, confermò. “Ti ho scelto per tutta la vita”.

 

*

 

Era strabiliante come le cose fossero cambiate in pochi giorni.
Dopo la realizzazione che Newt era un lupo mannaro e che aveva fatto di lui il suo compagno, stargli lontano era ancora più difficile di prima.
Finivano per passare la maggior parte del tempo insieme, sia a casa che a scuola. Newt sapeva essere molto persuasivo, ed era riuscito a convincere la segretaria a cambiargli tutti gli orari, in modo da stare con Thomas tutto il giorno. Quest'ultimo non poteva che esserne onorato.
Quel giorno erano seduti al tavolo della mensa, e Minho stava blaterando qualcosa su un film che era andato a vedere con suo cugino, quando Newt s'irrigidì sulla sedia.
Thomas se ne accorse, voltandosi verso di lui, uno sguardo interrogativo dipinto sul viso. “Newt, che succede?”, gli chiese.
Minho si fermò dal parlare, guardando preoccupato i due.
“Stanno parlando di te”, disse Newt, quasi in un ringhio.
“Chi?”.
Il licantropo indicò con un cenno della testa il tavolo al centro della mensa, quello delle 'persone popolari'. Era composto dalle cheerleaders e dalla squadra di lacrosse della scuola.
“Non m'importa cosa dicono”, replicò Thomas, alzando le spalle.
“A me sì”, insistette Newt. “Soprattutto quando fanno commenti inappropriati”.
“Newt, calmati”.
Il ragazzo non gli diede ascolto, e Thomas soffocò un grido di sorpresa quando vide gli artigli scattare nella mano nascosta sotto al tavolo, posata sul suo ginocchio. Si rese conto che stava diventando anche più caldo.
“Newt- Newt, ti devi calmare. Non puoi farlo davanti a tutti”, gli sussurrò, così piano che nessuno al tavolo riuscì a sentirlo, se non il diretto interessato. 
“Stanno parlando di qualcosa che è mio. Solo mio”, continuò il lupo mannaro. “Non posso ignorarli, non si devono permettere di sputare una parola su di te, chiaro?”.
Okay, adesso Thomas stava cominciando ad avere paura.
“Isacc, basta”, disse, in tono fermo, ingoiando il terrore sempre più crescente. “Smettila!”.
Lo sguardo di Newt si rischiarò e gli artigli svanirono. Si girò verso Thomas, che aveva gli occhi puntati nei suoi.
“Scusa”, mormorò, seppellendo la testa nel suo collo. “Scusami tanto, non- Dio”.
“È tutto okay”.
“Il tuo battito cardiaco – posso sentirlo. Ti ho spaventato”.
“Non così tanto. Stai tranquillo”.
Gli altri ragazzi al tavolo avevano ricominciato a parlare, non origliando più. Thomas fu grato di questo: ci mancava solo che venissero a sapere qualcosa che andava tenuto segreto.
“Usciamo?”, propose, al suo ragazzo, intrecciando le dita con le sue. “La prossima ora è quella di ginnastica e ho voglia di saltarla”.
Newt annuì vigorosamente, alzandosi e tirando su anche Thomas.
“Noi usciamo. Saltiamo l'ora di ginnastica”, informò gli altri, prendendo lo zaino.
Minho e Aris alzarono il pollice in su, mentre Teresa e Brenda li salutarono con le voci allegre.
Uscirono dalla scuola, attenti a non farsi scoprire, andando nel giardino sul retro. Non ci andava mai nessuno, visto che quello principale era più rigoglioso e grande. Andarono sotto ad un albero, nascosti da occhi indiscreti.
Appena si sedettero, Newt rilasciò andare le zanne, sospirando di sollievo. Gli occhi divennero ambrati come sempre, e gli artigli scattarono un'altra volta. Thomas, però, non aveva paura. Aveva imparato ad amare ogni cosa di Newt, sia del lupo che dell'umano.
Si rilassò fra le sue braccia, sospirando felice. Gli avvenimenti di qualche minuto prima erano già stati dimenticati da entrambi.
Newt seppellì il naso nei capelli mori dell'umano, stringendolo a sé.
“Cosa comporta, essere il compagno di un licantropo?”, chiese Thomas, curioso. “Un compagno umano, intendo”.
“In che senso?”.
“Mi.. ehm..mi dovrai trasformare?”, chiese, spaventato dalla risposta.
“No, se non lo vuoi”.
“Ma voi siete immortali. Tu vivrai per sempre, Newt. Io morirò, prima o poi”.
Newt sospirò, non volendo avere quella conversazione – né in quel momento, né mai. “I compagni dei lupi mannari si dividono in tre categorie: Alpha, Beta e Omega, come la nostra stessa specie”, cambiò discorso.  Ogni volta che decideva di raccontargli di più della sua specie, Thomas si elettrizzava. Voleva sapere e conoscere tutto.
“Tu cosa sei?”.
“Sono un Beta. Seguo gli ordini del capo del mio branco, un Alpha”.
“E io.. io cosa sono?”.
“Un Beta, come me. Siamo legati, il mio status sociale è anche il tuo”. Il suo tono di voce fece intendere a Thomas che la conversazione era finita.
Chissà perché non ne vuole parlare, si chiese. In un modo o nell'altro, devo sapere tutto quanto. Dannazione, c'è anche la mia vita di mezzo.
Rabbrividì al pensiero, chiudendo gli occhi e addormentandosi fra le braccia del suo compagno.

 

 

Mancavano dieci ore alla luna piena.
Thomas era preoccupato, ma non quanto Newt.
“Mi vuoi dire cosa succede durante la luna piena?”.
Il licantropo sospirò, affondando gli artigli nei palmi delle mani. “Per un lupo mannaro che ha già scelto il compagno, passare la luna piena da solo è.. è quasi come essere dilaniato vivo”.
“Be', problema risolto: passerò la luna piena con te”.
Newt ringhiò, ma lui non fece una piega, sedendosi per terra a gambe incrociate. “Non capisci? Se passi la notte di luna piena con me, ti farò del male. Lui ti farà del male”.
“Lui.. intendi il lupo, vero?”.
Newt annuì, gli occhi ambrati che lo fissavano doloranti. “Non ho il controllo del lupo, durante la  luna piena. Ti ritiene il suo compagno. Tenterà di violentarti, di farti suo. Di sua proprietà, in modo che nessuno possa metterti le mani addosso. Marcherà il suo territorio”.
Thomas prese un respiro profondo, avvicinandosi di più al ragazzo. Gli prese le mani, portandosele alla bocca. Baciò ogni artiglio, ogni nocca e ogni dito. “Va bene”, mormorò, poi. “Mi va bene diventare il compagno ufficiale anche del lupo, Newt”.
“Non sai cosa vuol dire”, gemette l'altro, sofferente. “Non posso- non posso permetterlo. Rischierei di trasformarti, Tommy. Di farti diventare come me- e so che non lo vuoi. Almeno, non ora. Non vuoi diventare un licantropo e io non posso correre il rischio”.
“So prendere le mie decisioni da solo, Newt”.
Non sai cosa vuol dire!”, urlò, scattando avanti.
Thomas si ritrovò sdraiato sulla schiena, Newt sopra il suo corpo, che si reggeva con le braccia tese accanto alla sua testa. Aveva gli occhi socchiusi e un'espressione sofferente sul viso. Scostò qualche ciocca di capelli mori con un artiglio, avvicinandosi poi con le zanne. Passò le zanne sulla pelle del suo viso, facendole appena sentire. Scese lungo il collo, baciandolo. Tracciò una linea di saliva con la lingua dalla base fino all'orecchio. Posò le labbra su di esso.
“Non farmelo fare, Tommy”, implorò, quasi. “Non permettere al lupo di farti male. Non voglio che la tua prima volta sia così, violentato da un mostro. Voglio essere umano, voglio avere il controllo delle mie azioni e sentire ogni tua emozione”.
Thomas gli prese il viso fra le mani, avvicinandolo al proprio. Newt aprì gli occhi, guardandolo con quello che lui sentiva che fosse amore. “Okay”, sussurrò. “Va bene. Non farò niente”.
Newt sospirò di sollievo.
“Ma”, aggiunse Thomas. “La prossima luna piena, la passeremo insieme. Che tu lo voglia o no”.
“Tommy-”.
“Io ho scelto anche il lupo, Isaac. Ho scelto anche lui. Ho scelto te, in qualsiasi tua forma. Sono il tuo dannato compagno per la vita”.
Non dissero più niente. Restarono sdraiati sul pavimento dello scantinato della casa di Newt per tutto il pomeriggio, fino a quando il sole non tramontò.
Thomas baciò Newt sulle labbra, ispirando il suo profumo. “Ti amo”.
Il licantropo lo strinse a sé, prima di intimargli di andarsene. “Ti amo anch'io”, disse quando ormai aveva la mano sulla maniglia della porta.
Thomas gli sorrise leggermente, uscendo dallo scantinato. Lo sentì salutare sua madre, poi, il vuoto.
La luna piena sorse ventiquattro minuti e cinquantaquattro secondi dopo.
E lì, fu solo dolore.

 

Nei due giorni seguenti, Newt restò nello scantinato, a graffiarsi le braccia e il petto nudi, sentendo l'agonia della prima luna piena da licantropo legato, passata senza compagno.
“Tesoro, stai bene?”, chiese sua madre, aprendo la porta e scendendo le scale. I tacchi ticchettavano sul pavimento sporco di sangue.
S'inginocchiò verso il figlio, passandogli una mano sul braccio. Scendeva per vedere come stesse ogni trenta minuti.
Newt scosse la testa, dolorante. Sentì un po' del dolore scivolare via dal suo corpo, gemendo.
Sua madre gliene stava portando via un po', per fargli sentire anche il minimo sollievo.
“Basta”, mormorò, fermandola. “Fra poco passerà”.
“Perché non hai permesso a Thomas di passare la luna piena con te?”.
Prese un respiro per cercare di parlare, sentendo tutte le costole tendersi. Fece una smorfia di dolore. “È umano, mamma. Avrei rischiato di ucciderlo”.
“Oh, tesoro, sai che non è così”, gli disse la donna, tirandolo su e appoggiandogli la schiena al muro freddo. “Sei un lupo così bravo, Isaac”.
“Avrei perso il controllo, e non voglio fargli del male”, ribadì, con fatica.
Si sentiva meglio, con la presenza della madre accanto a sé.
“Continuo a dire che non è vero. Hai sempre trattato Thomas con gentilezza e rispetto, anche il lupo lo adora. Lo adorate entrambi”.
“Il lupo è possessivo. Avrebbe finito per ucciderlo”.
“Il lupo è innamorato, non possessivo”.
Newt non replicò, chiudendo gli occhi e facendo dei respiri profondi. “Sta passando”.
Sua madre fece per avvicinare la mano di muovo, ma lui la scansò. “No. Guarirò da solo”.
Sua madre sorrise, accarezzandogli i capelli biondi. “Sono così fiera di te, Isaac. Davvero, davvero, fiera di te”.
Detto questo, si alzò e salì le scale, uscendo dallo scantinato.
Newt pianse; il lupo ringhiò.

 

*

 

Ventidue ore dopo, la porta dello scantinato si aprì di nuovo.
Newt alzò la testa in direzione della luce. Inspirò, gemendo di felicità quando riconobbe l'odore.
“Tommy”, soffiò, alzandosi in piedi. I suoi occhi riuscivano a vedere perfettamente anche al buio, e si sentì sollevato quando vide quei capelli neri e quel viso che adorava.
Lo raggiunse, circondandogli la vita con le braccia e seppellendo il viso nell'incavo del suo collo. “Mi sei mancato”.
“Anche tu. Tantissimo”, rispose Thomas, e Newt fu così felice di sentire la sua voce che quasi rischiò di svenire. “Dio, puzzi”, disse poi, ridendo. “Andiamo a farci un bagno, lupetto”.
Newt storse il naso al soprannome, seguendo comunque il compagno. Annusò l'aria, notando che sua madre e suo padre erano fuori casa.
Thomas lo trascinò su per le scale, tenendolo per mano. Una volta in camera sua, Newt fece per buttarsi sul letto, ma Thomas lo fermò.
“Prima il bagno. Altrimenti dovrò cambiare le lenzuola”, gli ordinò, un dito puntato sul suo petto.
Il licantropo sorrise lievemente al tono. Thomas era un degno compagno.
Il ragazzo si diresse in bagno, aprendo l'acqua della vasca. Versò dentro il bagnoschiuma, per far uscire le bolle. Si tolse le scarpe e le calze, abbandonandole in un angolino, prima di tornare in camera.
Newt lo fissava con curiosità e aspettativa. Dopo la devastante luna piena, voleva passare più tempo possibile con Thomas, in tutti i modi possibili.
L'umano si avvicinò, passando le dita sulle clavicole e sui bicipiti. La mano scivolò giù lungo il petto, e il lupo implorò per un contatto più possessivo.
Newt lo zittì. In quel momento non erano licantropo e compagno umano, ma erano solo due ragazzi che si amavano, sovrannaturale a parte.
La mano di Thomas cadde sulla sua cintura, che cominciò a slacciare. Una volta tolta, la buttò sul letto, prendendolo poi per mano e trascinandolo in bagno, dove l'acqua aveva raggiunto un livello ragionevole. Chiuse il rubinetto, girandosi verso il compagno e togliendogli i pantaloni, seguiti dai boxer neri che indossava. Gli lasciò una lunga occhiata di apprezzamento lungo tutto il corpo. Poi, gli fece segno di entrare nella vasca, prima di cominciare a togliersi lui stesso i vestiti.
Newt non si mosse, continuando a fissarlo.
“Vuoi un invito scritto o cominci ad entrare? Arrivo subito”, disse, ridacchiando. “E puoi comunque guardarmi da lì”, aggiunse.
Il biondo sembrò riprendersi, entrando nella vasca e sedendosi. Thomas si tolse gli ultimi indumenti, sedendosi dietro Newt, le gambe che gli circondavano la vita. Si allungò prendendo il bagnoschiuma profumato e spalmandoselo sulle mani. Posò i palmi sulle spalle di Newt, cominciando a massaggiare. Sciolse tutti i nervi, e il ragazzo gettò la testa indietro, appoggiandola alla sua spalla. “Sei teso,”, gli fece notare. “È ancora per la luna piena?”.
“È stata abbastanza devastante, sì”, confermò l'altro.
“Dio, è tutta colpa mia. Dovevo passarla insieme a te, invece me ne sono andato”.
“Te l'ho chiesto io”.
“Lo so, ed è per questo che sei un completo idiota”.
Newt sbuffò una risata, girando il volto per baciarlo sulle labbra. “La prossima luna piena”, promise, anche se non del tutto convinto.
“La prossima”, ripeté Thomas, tornando a massaggiargli le spalle.
Restarono in silenzio per la maggior parte del tempo che seguì; gli unici rumori nella stanza erano quelli dei loro respiri e dell'acqua che si muoveva ad ogni loro movimento.
Newt aveva ancora la testa appoggiata alla spalla di Thomas, che lo abbracciava stretto. Era un sollievo riaverlo lì, dopo due giorni e mezzo passati in agonia. Thomas passò le mani sul suo petto, pulendogli le ultime tracce di sangue – che era fuoriuscito dai graffi che si era fatto durante la luna piena, completamente rimarginati – e di sudore, ispirando poi l'odore della sua pelle profumata.
Lo risciacquò con l'acqua intorno a loro, prima di prendere lo shampoo. Aveva posizionato tutti i prodotti sul bordo della vasca, in modo di non dover spostarsi o alzarsi per prenderli. Ne spremette un po' sulla mano, prima di cominciare a spalmarlo sulla testa del compagno, accarezzandogli i capelli e modellandoglieli, come si fa con i bambini piccoli. Rise, alzandoglieli tutti ritti in piedi. Ricevette un colpetto offeso sul braccio, ma notò che anche Newt sembrava divertito.
Lasciò un bacio rumoroso sulla sua guancia, ridendo allo schiocco. Glieli risciacquò, massaggiandoglieli.
“Ecco, ora sei tutto bello pulito e profumato”, gli disse, stringendolo a sé.
“Grazie, mamma”, rispose l'altro, sogghignando.
“Mh, pensavo che avessi tanti kink, ma quello della mamma non me lo aspettavo proprio da te”.
Newt si girò, prendendogli il mento fra le mani e baciandogli le labbra. “Se magari hai finito di trattarmi come un bambino, posso mostrarteli tutti”.
Thomas gli tirò un colpo sul braccio. “Devi riposare, domani c'è scuola”, gli disse. “E sei stanco. Per quanto mi piacerebbe, credimi, hai bisogno di recuperare le forze”.
“Sono un lupo mannaro, posso resistere giorni senza riposare”, insistette Newt, strusciando il naso sul suo collo.
Thomas gemette, prima di riscuotersi. “Fuori, ora”, ordinò. “E andiamo subito a dormire, okay? Resto qua con te, ho portato anche il pigiama”.
Newt sbuffò, prima di annuire.
Dopo essersi asciugati e vestiti, tornarono in camera. Thomas sbadigliò rumorosamente, buttandosi sul letto e facendo segno al ragazzo di sdraiarglisi accanto.
“Sarebbe bello dormire con te trasformato”, buttò fuori l'umano, accarezzandogli i capelli. “Ma preferisco così. Anche se ho un debole per il lupo. Penso di adorarlo”.
Newt si sentì felice come non mai: Thomas amava la parte mostruosa, animale, di sé. Thomas lo amava, amava tutti e due.
Il lupo fece le fusa.

 

 

*

 


“Dove state andando?”, chiese Thomas, rivolto ai suoi genitori.
“Cena di beneficenza”, gli ricordò suo padre, aggiustandosi la cravatta. “Io e tua madre staremo fuori anche la notte, Sally e John ci hanno invitato a restare a casa loro”.
“Ti ho lasciato degli avanzi di pizza nel microonde, devi solo accenderlo”, gli disse sua madre, avvicinandosi per baciare l'aria delle sue guance. “Rossetto”, si giustificò.
Suo padre uscì di casa, grugnendo un saluto, a braccetto con sua madre.
Appena la porta si chiuse, Thomas sfrecciò su per le scale, in camera sua. Newt era già seduto sul letto, che sfogliava un libro preso dalla mensola.
“Come- sei entrato dalla finestra, vero?”.
Il licantropo annuì. “Non sono come i vampiri, non ho bisogno di essere invitato in una casa per entrarci”.
Fu lì che si rese conto che Newt non era mai entrato in casa sua, figurarsi nella sua camera. Era sempre stato Thomas ad andare da lui, sia a cena che comunque a dormire. Forse perché i genitori del biondo erano molto più comprensivi, essendo a loro volta lupi mannari legati.
“I vampiri esistono?”.
Il ragazzo scosse la testa. “Si sono estinti molti decenni fa. I cacciatori hanno fatto una strage. Però, secondo me, alcuni sono sopravvissuti. Ho sentito storie.. raccapriccianti, nelle Amazzoni”, spiegò. “Mh, comunque non è più un mio problema, anche se vorrei tanto scoprire la verità e trovarne qualcuno, capisci?. Lupi mannari e vampiri andavano particolarmente d'accordo. Alcuni erano pure i consiglieri degli Alpha di qualche branco”.
“I tuoi genitori ne hanno mai visto uno?”.
Era curioso, dannatamente curioso. Ora che era a conoscenza dell'esistenza di creature sovrannaturali, non poteva fare a meno che chiedere per saperne sempre di più.
“Mia madre. Al liceo”, rispose. “Erano amici. Si chiamava Jack, è stato lui a far conoscere i miei genitori”. Il sorriso che si era formato sulle sue labbra si trasformò in una smorfia. “I cacciatori lo catturarono vivo. Ho sentito che ci fecero degli esperimenti, sul suo corpo. Mia madre e mio padre avevano tentato di salvarlo, invano. Hanno ritrovato la sua testa e il suo braccio nel loro giardino, quando ancora abitavano in Francia”.
Thomas spalancò la bocca, alla rivelazione. “È.. orribile. Perché mai dovrebbero fare questo?”.
Newt scrollò le spalle in risposta. “Sono spaventati dalle cose che non conoscono. Ora che i vampiri sono stati apparentemente eliminati, siamo noi i prossimi della lista. Smaniano dalla voglia di collezionare le nostre dannate zanne”. Appena finì la frase, mostrò le sue, ringhiando.
Thomas non riuscì a trovare le parole per replicare qualcosa. Si sedette accanto a lui sul letto, stringendogli la mano. Con l'indice dell'altra, gli accarezzò il viso. “Qui sei al sicuro”, bisbigliò, al suo orecchio. “Nessuno ti farà mai del male, Newt”.
Lui sorrise, passandogli una mano sulla guancia, in una carezza. “Non è questo che mi preoccupa”, rivelò.
“E allora cosa?”.
Newt distolse lo sguardo, girandosi verso la finestra e guardando fuori, lontano. “Sanno come catturare un lupo mannaro”, rispose, prendendo un bel respiro. “Catturando il loro compagno”.
Thomas rabbrividì dal terrore, spalancando gli occhi.
“I lupi mannari legati sono diversi da quelli ancora.. scapoli. Diventano più forti, più determinati”, continuò. “Ma”, aggiunse, “hanno anche un punto debole, che quelli scapoli non hanno”.
“Il loro compagno”, mormorò Thomas.
“Esatto. E i loro cuccioli. Tocchi il figlio o il compagno di un lupo mannaro, e sei morto per tutti quelli della nostra specie”. Una mano raggiunse quella del moro, stringendola. “Non succederà a noi, Tommy”.
“Certo, io non posso avere figli. Non toccheranno i nostri cuccioli perché non esisteranno”, borbottò lui, ridacchiando per sdrammatizzare.
Newt sorrise, prima di tirarlo su in piedi. “Andiamo a vedere un film, ti va?”.
L'Uomo Lupo?”, propose Thomas. Newt gli diede un colpetto con la mano sul braccio, facendolo ridere. “Okay, allora L'alba dei Morti Viventi. Non ci sono lupi mannari, lì”. Fece una pausa. "Gli zombie esistono?". 
"Tommy, stai zitto". 

 

 

Dormire con il lupo era come dormire con una stufa. Il pelo gli teneva così caldo che non aveva bisogno neppure delle coperte, nonostante fossero in pieno Febbraio.
Newt gli leccò la guancia, facendogli il solletico. Era un modo per marcarlo, per lasciargli il segno indelebile della sua presenza sul corpo. Thomas non vedeva l'ora della prossima luna: voleva legarsi ufficialmente al lupo mannaro, in tutti i modi possibili. Voleva essere a tutti gli effetti il compagno Beta del suo lupo.
Affondò il viso nella pelliccia del lupo, ispirando profondamente. Profumava di aghi di pino, di inverno e di Newt. Il suo bellissimo e stupendo Newt, il suo ragazzo.
Il lupo ringhiò, ma Thomas non fece una piega; toccò le zanne con le dita, facendole poi scivolare sul muso. Newt abbassò la testa sul suo collo, cominciando a leccarlo. Con le zampe stracciò il tessuto della maglietta che usava come pigiama, e Thomas lo aiutò a toglierglielo dalle spalle. Una volta buttata lontano, il lupo tornò a leccargli la pelle, mordendo delicatamente quella del petto. Il ragazzo gemette, inarcando la schiena.
“Newt, Dio, se non ti trasformi ora giuro che me ne vado”, riuscì a dire con difficoltà.
E poi, non c'era più pelliccia, ma pelle calda. Newt tornò su con le labbra, baciandolo sulla bocca.
Non fu come Thomas si era sempre aspettato.
C'erano occhi gialli, zanne, artigli che si sentivano a malapena sulla pelle, facendolo gemere e rabbrividire. Fu meno animalesco di quanto si era mai aspettato da quando stava con Newt, ma d'altronde la luna piena era ancora molto lontana.
Il lupo mostrò tutto il suo lato possessivo, lasciando marchi ovunque sul suo corpo. Non che a Thomas non facesse piacere, anzi.
In quegli ultimi anni, non si era mai immaginato a perdere la verginità con un ragazzo, ma, dopotutto, non credeva neppure nei lupi mannari – e si era ritrovato ad essere il compagno di uno di loro.
Quando sentì le zanne affondare nella pelle delicata della sua gola, si sorprese. Si era aspettato di tutto, ma non quello. Non un morso.
Ma non ci fu spazio per la preoccupazione. Si fidava di Newt. Ciecamente. Gli avrebbe affidato la sua stessa vita tra le mani, e il biondo era a conoscenza dell'incertezza di Thomas sul voler diventare come loro.
Non l'avrebbe mai morso per trasformarlo contro la sua volontà. Non era così che Newt si comportava, e nemmeno il lupo.
Non era così che un licantropo si comportava nei confronti del proprio compagno. E Newt non era l'eccezione.

 

“Mi dispiace, per quello”, si scusò il licantropo, il respiro ancora altalenante. Passò l'indice sulla pelle morsa, prima di avvicinarsi e sostituirlo con la lingua. “Così dovrebbe guarire più velocemente”.
“Non mi trasformerò, vero?”.
“No. Per chi mi hai preso, Tommy? Non l'avrei mai fatto contro la tua volontà, dannato idiota”.
Thomas si sentì rassicurato, e poggiò la testa sul petto niveo dell'altro, abbracciandolo. Sospirò, felice. “Durante la prossima luna piena non sarà così, vero?”.
Sentì Newt scuotere la testa in segno di negazione. “Non sei obb-”, cominciò, ma venne interrotto da Thomas, che alzò lo sguardo verso di lui. “Voglio”, insistette. “So che sarà più.. rude, ma so che il lupo non mi farà del male. So che tu non mi farai del male”.
“Mai”, promise, gli occhi gialli specchiati nei suoi.
Thomas si perse ad osservare gli artigli della sua mano sinistra, baciandone ciascuno. “Sei così bello, Newt. Così bello”, sospirò, lasciando un bacio su un artiglio bianco. “Il mio lupo”, bisbigliò poi, sorridendo subito dopo. “Il mio lupo”, ripeté, la voce più alta.

 

Il suo lupo.

 

 

*

 


La luna piena stava sorgendo. Era questione di minuti, ormai.
Newt lo guardava preoccupato, mentre Thomas aspettava seduto accanto a lui, sul pavimento dello scantinato di casa Newton.
I genitori del ragazzo erano usciti, pur restando nei paraggi, per evitare possibili tragedie.
“Sei sicuro, Tommy?”.
Il moro annuì. “Dannatamente sicuro”.
Newt annuì, poco convinto. “Scusami in anticipo”.
La luna sorse, e il licantropo trattenne il respiro. Gettò la testa all'indietro, ululando. L'ululato si trasformò poi in un ringhio basso, minaccioso, rabbioso.
Poi, si trasformò.

 

 

*

 


Era marchiato.
Marchiato a vita.
Era il compagno Beta di un lupo mannaro Beta. Ufficialmente. Il suo odore era cambiato, risultando intoccabile. Newt non gli si staccava da dosso un attimo, e non poteva dire che gli dispiacesse. Passavano tutta la giornata insieme, ed era quasi comico pensare che, per i lupi mannari, loro equivalevano ad una coppia di persone sposate.
Brenda e gli altri non fecero commenti sul loro improvviso comportamento, limitandosi a fare versi fintamente schifati – Minho, più che altro – e squittii imbarazzati – Teresa.
Newt era un lupo protettivo e possessivo. Squadrava chiunque osasse toccare ciò che era suo; in questo caso, Thomas.

 

Teresa era sul letto della camera di Thomas, le gambe incrociate e il libro di biologia aperto su esse. Teneva in mano una matita, e fissava il suo migliore amico con un cipiglio curioso che gli inarcava le sopracciglia.
“L'avete già fatto?”, sputò fuori, poi, facendo cadere Thomas dalla sedia.
“Cosa..?”, tossì, fissando la ragazza con gli occhi spalancati.
“Andiamo, Tom!”, esclamò lei. “Hai visto il tuo dannato collo? Alzare il colletto della camicia e usare il correttore di tua madre non aiuta a nascondere tutti quei.. marchi”.
“Non sono comunque affari tuoi”, mugugnò Thomas, riaprendo il libro e sistemandosi con le spalle contro la libreria.
“Oh, ed è qui che ti sbagli! Questi sono affari miei”, disse. “Sei il mio migliore amico, Tom. Devo sapere tutto, nei minimi dettagli!”.
“Stai pur certa che quelli non te li dirò mai!”.
“AH!”, urlò, indicandolo. “Quindi l'avete già fatto!”.
Thomas sospirò, esasperato. Si prese la testa fra le mani, prima di strofinarsi gli occhi. “Sì”, si decise ad ammettere.
“E com'è stato?”.
“Ma i cavoli tuoi mai, hm?”.
Teresa si limitò ad alzare le spalle, ghignando. Dio, era così simile a Minho, quando lo faceva, che a Thomas venivano i crampi dal terrore.
Sospirò per l'ennesima volta. “È stato.. strano”.
Non poteva certo dirle che ormai era il compagno legato di un lupo mannaro, che quando c'era la luna piena era tutto molto più animalesco e il licantropo non faceva altro che marcare il suo territorio, facendogli anche quasi male.
“Non è bravo a letto?”.
“Oh, no no”, negò Thomas. “Lo è fin troppo!”, esclamò, arrossendo subito dopo. “Intendevo strano nel senso positivo. Non mi sono mai sentito così.. vulnerabile? Sì, vulnerabile”.
“Non ti ha fatto male, vero? Insomma, non ti ha costretto o altro?”, domandò Teresa, leggermente preoccupata. “Perché se dovesse essere così, ha i giorni contati”.
“Non mi ha costretto”, replicò, esasperato. “Non lo farebbe mai”, aggiunse, sorridendo lievemente. Sentiva già la sua mancanza, ed erano passate solamente due ore dall'ultima volta in cui si erano visti. Il padre di Newt lo aveva trascinato alla ricerca di tracce sulla sopravvivenza dei vampiri, e sarebbero stati via fino al giorno seguente.
“Dimensioni?”.
Thomas scoppiò a ridere, gettando la testa indietro. “Non te lo dirò mai, Teresa!”, esclamò, quasi le lacrime agli occhi.
“Okay, okay”, si arrese la ragazza. “Ho capito”. Alzò le mani in segno di resa, un sorriso che le increspava le labbra. “Sono felice per te, Tom”, disse, poi. “Davvero, davvero felice”.

Thomas sorrise allegramente. “Lo sono anch'io”.

 


Il telefono vibrò sul comodino, svegliando Thomas.
Lo afferrò, rispondendo. “Newt..?”.
Sì, sono io, Tommy”.
“Non sai quant'è bello sentire la tua voce”, gridò, quasi, tirandosi su a sedere. “Stai bene? Mi stavo preoccupando”.
Sono ferito e non riesco a rigenerarmi. I miei genitori sono a casa, non lo sanno. Puoi venire a prendermi?”.
Gli si strinse il cuore. “Dove sei?”, chiese immediatamente.
In pochi minuti, fu già nell'auto di sua madre, a picchiettare il volante con le dita dall'ansia. Arrivò nel posto indicatogli da Newt, trovandolo accasciato contro il tronco di un albero.
“Newt!”, gridò, precipitandosi da lui. Gli prese il viso fra le mani, prima di notare la macchia di sangue che si stava espandendo sulla sua maglietta grigia. “Cosa ti hanno fatto? Dio, cosa ti hanno fatto?”.
Si sentiva male, quasi come se fosse lui a perdere sangue.
“Cacciatori”, rispose.
“Cosa?! Cacciatori?”, ripeté.
“Dobbiamo andarcene. Devi portarmi a casa, mia madre ha l'antidoto per l'aconito. Ti prego, Tommy”.
“Sì.. sì, subito”. Si affrettò a tirarlo su, e si diressero velocemente alla macchina. Lo infilò nei sedili posteriori, sdraiato, prima di raggiungere di corsa quello del guidatore e sgommando via.
“Newt? Newt, devi parlarmi, okay? Parlami, ti prego. Di' anche cose a caso, ma devi farlo, va bene?”.
“Cosa dovrei dirti, Tommy? Sono stato dannatamente sparato!”.
“Urla, basta che emetti dei suoni e non mi muori sul sedile dell'auto di mia madre!”.
L'ansia stava prendendo il sopravvento, e lui fece qualche respiro profondo per calmarsi. Newt non poteva morire, non ora che erano legati.
Arrivarono a casa del licantropo in tempo record, sua madre già fuori dalla porta. La sentì chiamare suo marito, prima di correre verso l'auto e tirare fuori il figlio, prendendolo in braccio come se non pesasse niente.
Li seguì dentro casa, mentre il padre di Newt sgomberava il tavolo. La donna lo sdraiò su di esso, aprendo una valigetta in cerca dell'antidoto. Lanciò in terra qualche scatolina, prima di trovare quella che cercava.
“Tienilo fermo”, disse a suo marito, che prese prontamente le spalle del figlio. Tirò fuori una siringa, con l'ago più grosso che Thomas avesse mai visto. Poi, si girò proprio verso di lui.
“Puoi aiutarlo, sai? Tocca la sua mano, la sua pelle, i suoi capelli. La tua presenza gli infonde di sicuro sollievo”.
Dopo quelle parole, si fiondò dal compagno, prendendogli la testa fra le mani e accarezzandogli i capelli.
Il cuore gli si spezzò quando Newt cominciò ad urlare, dopo che sua madre gli iniettò il siero. Un ringhio spaventoso gli uscì dalla bocca, facendolo tremare dal terrore. Gettò la testa all'indietro, ululando. Cominciò a dimenarsi, mentre la madre gli estraeva la pallottola dalla spalla. Le urla si amplificarono, interrotte da ringhi e ululati addolorati.
“Thomas, allontanati!”, urlò la donna. “Allontanati subito!”.
Thomas indietreggiò, fino a sentire il bancone della cucina premere sulla sua schiena.
Newt si trasformò in forma completa, un ringhio mostruoso che uscì dalla sua bocca. La donna ringhiò in risposta, gli occhi gialli e le zanne in bella mostra. Si avvicinò al figlio, che non le diede ascolto. I suoi occhi incontrarono quelli di Thomas, che fece un passo in avanti, verso il lupo.
Il ringhio che ne seguì, lo fece immobilizzare.
Sono il suo compagno, si ricordò. Il suo compagno Beta. Posso calmarlo.
“Isaac”, provò. “Isaac, sono io. Ti prego, sono io”.
Un altro ringhio, poi il lupo gli balzò addosso, atterrandolo. Urlò non appena gli artigli gli graffiarono la pelle, facendo uscire sangue.
“Isaac, no!”, urlarono i suoi genitori, precipitandosi dal lupo, cercando di tirarlo via.
Un altro taglio, all'altezza della spalla, lo fece strillare ancora di più. Gli artigli affondarono nella pelle, cercando di recidere il più possibile.
Poi, si fermò.
Thomas non si era neppure reso conto di star piangendo. Newt si fermò e lo fissò ancora, lo sguardo dolorante. Tirò fuori la lingua, leccando la ferita, ricoprendola di saliva. Si ricucì di poco, ma faceva ancora troppo male.
Si ritrasformò immediatamente, il foro che il proiettile aveva scavato nel suo corpo completamente risanato.
“Tommy, oddio, Tommy”, gemette, prendendogli il viso fra le mani per controllare che stesse bene. “Tommy, mi dispiace, Dio, mi dispiace. Sono un mostro, oddio, oddio..”.
Suo padre lo tirò su, trascinandolo nello scantinato. Newt era troppo sconvolto per protestare.
La donna si avvicinò a Thomas, che aveva gli occhi serrati e le lacrime che scorrevano ancora sul suo viso.
“Thomas, va tutto bene”, gli disse. “Thomas, guardami”.
Il ragazzo ubbidì, specchiandosi negli occhi verdi che ormai conosceva.
“Va tutto bene. La ferita si risanerà presto. Mi hai capito bene?”. Annuì in risposta. Poi, si sentì sollevare e posare su un letto. Il sonno stava prendendo il sopravvento e aveva ancora il corpo scosso da tremiti di paura.
“Ti pulirò e ricucirò la ferita. Fatti pure una bella dormita, okay?”.
Lui mugugnò, i singhiozzi che ancora percuotevano la sua cassa toracica. Chiuse gli occhi, sprofondando in un sonno pieno di incubi.

 

 

Quando si svegliò, si ritrovò nella sua stanza. La spalla gli faceva ancora male. Spostò la maglia, trovando la fasciatura. Un profumo familiare lo svegliò completamente.
Newt era lì, la testa appoggiata al materasso, seduto sul pavimento. Passò una mano fra i suoi capelli, per svegliarlo. La paura era svanita completamente, sostituita da un sentimento di apprensione. Quello che lo aveva aggredito non era Newt, era solo il lupo sotto l'effetto devastante dell'aconito.
Il licantropo tirò su la testa di scatto, spalancando gli occhi.
“Tommy..”.
Thomas notò che aveva gli occhi lucidi. Una lacrima scese da quello sinistro, che lui si premurò di asciugare. Si spostò verso il muro, facendo spazio nel letto accanto a sé. Picchiettò sul materasso. “Vieni qui”, sussurrò, la voce roca dal sonno.
Newt si infilò sotto le coperte, prendendolo fra le braccia e baciandogli la testa. “Mi dispiace”, sussurrò. “Dio se mi dispiace, Tommy. Sono un mostro, un fottuto abominio. Dovresti recidere il legame e lasciarmi morire alla prossima luna piena-”.
“Smettila”, lo interruppe, innervosito. “Smettila di dire tutto questo. Non c'è niente di cui scusarti e non devi dire di essere un mostro”.
“Ti ho aggredito!”, esclamò. “Ho ferito il mio compagno, la mia vita. Ti ho ferito e questo fa di me una creatura orribile, dannazione!”.
Non eri tu!”, urlò Thomas, prima di cominciare a tossire. “Non eri tu- e Dio, Newt, smettila. Devi smetterla”.
Rimasero entrambi in silenzio, i loro cuori che battevano all'impazzata. Thomas sospirò, cercando di calmarsi.
“Questo non è niente”, disse, indicandosi la spalla. “Non è assolutamente niente. Non eri tu e non era neppure il lupo. Era l'aconito, che ti ha fatto impazzire. E l'ho capito. Ho capito tutto quanto. So che tu non mi farai mai volontariamente del male. Lo so. Non mi hai fatto male durante la luna piena, o in qualsiasi altra occasione”, continuò. “Questo è stato un incidente. E sta già guarendo. Quindi smettila di trattarmi come Cenerentola, perché non lo sono. Non sono una fottuta principessa, Cristo santo. Sono un ragazzo, sono il tuo compagno. E come tale, dovresti sapere che sono abbastanza forte”.
“Lo sei fin troppo, Tommy. Sei forte, coraggioso.. sono così fortunato ad averti e mi dispiace, mi dispiace così tanto-”.
“Basta con le scuse”, lo interruppe ancora.
“Okay”, acconsentì, poco convinto, Newt. “Scusa”.
Thomas ridacchiò, tirandogli un colpetto sul braccio. Si girò, in modo da avere il viso del biondo davanti al suo. “Ti amo così tanto, Isaac Newton”.

Newt sorrise, avvicinandosi per baciarlo. E sì, Thomas si sentiva veramente felice, anche con una spalla rotta.

 

 

*

 

 

Dopo quell'incidente, le cose sembrarono sistemarsi.
La luna piena seguente, il lupo sembrò quasi scusarsi, trattando Thomas con infinita delicatezza.
Per un certo periodo, Newt aveva smesso di mostrarsi per quello che era veramente, trattenendo le zanne, gli artigli e gli occhi gialli. Thomas si era sentito deluso da quel comportamento, ritenendo che Newt non lo ritenesse abbastanza forte per sopportare tutto quello.
Così, dopo una piccola breve litigata, capì che non era proprio per il motivo che aveva pensato, anzi: Newt aveva paura di spaventarlo. E quello lo fece incazzare ancora di più.
Ci mise non poco tempo a convincerlo che no, non aveva paura di lui, ma alla fine ci riuscì. Newt non si vergognava più di mostrarsi come il lupo mannaro forte e gentile che era, e lui era nettamente più felice.
I genitori di Thomas ancora non sapevano quello che c'era fra i due, ed avevano convenuto entrambi di starsene in silenzio, per il momento, sapendo dei pregiudizi che i due avevano sulle coppie omosessuali. Ovviamente, non potevano sapere che quello che legava i due era qualcosa per cui potevano addirittura morire.
Così avevano deciso di rimanere zitti e far finta di essere amici – che poi, erano davvero poche le volte in cui Newt si trovava a casa di Thomas, era più quest'ultimo che andava dai Newton.
“Tommy, tutto okay?”. La voce del biondo lo distolse dai suoi pensieri. 
Erano sdraiati sopra la neve, nel bosco. Thomas non aveva freddo, grazie al calore del ragazzo, che lo teneva stretto a sé, come se avesse paura di vederlo volare in alto, come un palloncino. 
Thomas alzò la testa, posandola sul petto dell'altro e sorridendo. “Certo. Incredibilmente okay”.
Ed era veramente così. Andava veramente tutto okay.

 

*

 

Dicono che tutte le cose devono finire, prima o poi.
Thomas aveva sempre pensato che se ne sarebbe accorto, se qualcosa di terribile era in arrivo. In qualche modo, avrebbe sentito che tutto stava andando a rotoli.
E invece, accadde tutto troppo velocemente, senza che gli si fosse data la possibilità di accorgersene o di gestire il tutto. Di trovare una soluzione.
La casa dei Newton era vuota. Completamente vuota. Le luci erano spente – cosa che non succedeva mai – e l'auto che Newt usava spesso, non era parcheggiata fuori nel vialetto. Era tornato tutto come quasi un anno prima, quando quella villa era ancora inabitata, quando attendeva solamente di essere riempita da delle persone.
E Thomas giurava che quelle persone c'erano state veramente. Lo giurava, lo sapeva. Tutti lo sapevano, dannazione!
Il calore della pelle di Newt sopra la sua, le sue labbra morbide e la sua risata. Tutte quelle cose erano esistite, no?
Si sentì quasi svenire dal sollievo quando, lontano, trovò il suo ragazzo. Cominciò a correre, il sorriso sulle labbra. Gli buttò le braccia al collo, ma non si sentì stringere.
Confuso, si separò. “Ehi, tutto a posto?”.
Newt aveva gli occhi lucidi e guardava lontano, in un punto indefinito dietro le sue spalle.
“Newt?”. Gli passò una mano sul viso, mentre l'altro tirava su col naso.
“Devo andare”, sussurrò, facendo un passo indietro“L'Alpha ci ha chiamato”, continuò, guardandosi la punta delle carpe. “Dobbiamo andarcene e seguirlo nei suoi territori. La guerra incombe su di noi, Tommy. E non- noi dobbiamo rimanere fedeli al branco, capisci?”.
“No”, rispose subito Thomas, la voce strozzata. “No, che non capisco. Di quanto tempo si tratta? Due giorni? Una settimana, al massimo?”.
Newt gli prese il viso fra le mani, gli artigli che erano scattati in entrambe. Appoggiò la fronte alla sua, serrando gli occhi.
No, pensò l'umano. No, Dio. Ti prego, dimmi che..
“È per sempre, Tommy”, mormorò il licantropo. "Non potremo più tornare qui". 
Si sentì come mancare l'aria. Boccheggiò, in cerca di ossigeno. Poi, s'illuminò. “Racimolo le mie cose e sono pronto per venire con te”, disse, tirando su col naso, districandosi dalla presa di Newt, che non replicò.
Lo fissava con lo sguardo triste e distrutto. “Cosa?.. Non penserai mica che io rimanga qui, vero?!”, urlò, sorpreso e infuriato.
“Non puoi venire, Tommy. Siamo in guerra, non posso permettere che ti facciano del male”.
“Sono il tuo dannato compagno, Newt!”, esclamò, puntandogli un dito contro. “Non puoi lasciarmi indietro. Non puoi.. recidere il legame!”.
Newt spalancò gli occhi. “Non ho intenzione di recidere il legame! Sarebbe fatale per entrambi!”, rispose, alzando la voce. “Ma non puoi stare in un branco di soli lupi mannari, Tommy. Non puoi venire con me”.
“Allora mordimi, fammi diventare come te! Non ho intenzione di rimanere a casa e prendere i panni del vedovo”.
“No. Tommy, fidati di me. Andrà tutto bene. Tutto filerà per il meglio. Prima o poi ci rivedremo”.
Quelle parole, dette quasi meccanicamente, lo fecero soffrire e incazzare ancora di più. Spintonò Newt, facendolo indietreggiare.
Prima o poi ci rivedremo?!”, ripeté. “Davvero, Isaac? Questo è tutto quello che hai da dirmi? Che prima o poi ci rivedremo, che non morirai fatto a pezzi da un Alpha o da un altro Beta?!”.
“Cerca di capire..”.
“Cerca di capire tu!”, continuò Thomas, furente. “Sono il tuo compagno. Siamo fottutamente legati, Cristo santo. E tu mi stai lasciando indietro. Mi stai abbandonando”.
“Ti sto proteggendo”, corresse Newt, la voce calma, benché spezzata. “Non pensare che io non stia soffrendo, Tommy. Sai cosa vuol dire per un lupo mannaro doversi allontanare dal suo compagno? Agonia. Solo dolore e altro dolore. Ma devo. Devo farlo per proteggere sia te che me. Questa è una promessa, Thomas”, aggiunse poi. “Ti prometto che ci rivedremo. Che staremo ancora insieme. Ma non adesso”.
Thomas non si rese conto di star piangendo fino a quando un singhiozzo non venne su dalla sua gola. “No..”, sussurrò, impotente.
Newt si avvicinò, prendendogli di nuovo il viso fra le mani. I suoi occhi ambrati si riflettevano in quelli di Thomas. Avvicinò le loro labbra in un bacio salato dalle lacrime che entrambi stavano versando. Il moro si strinse a lui, aggrappandosi alle sue spalle. Strattonò il suo maglione nero, mentre singhiozzava furiosamente.
“Ti amo”, mormorò Newt. “Non ti sto abbandonando, Tommy. I lupi sono monogami", gli ricordò. "Sei il mio compagno per la vita". 
Thomas annuì freneticamente, tirando su col naso. “Ti amo anch'io”, balbettò, la testa che gli girava.
Poi, un ululato. E Thomas sapeva che era finita.
Un ultimo bacio, il cosiddetto bacio dell'addio. “La promessa, Tommy, intendo mantenerla”.
Si strinsero un'ultima volta, i loro cuori ricolmi del dolore più atroce che potessero provare.
Newt si allontanò di qualche passo, prima di correre verso la foresta. Thomas lo guardò trasformarsi nel lupo dal pelo biondo cenere.
L'ululato che sentì, gli fece drizzare i capelli. Era un ululato furioso, spezzato, addolorato.
La luna sorse, e con sé, si trascinò via Newt.
Thomas si sentiva vuoto. Poi, però, si ricordò della promessa.
Newt aveva promesso. Un lupo mannaro mantiene sempre le promesse che fa.
Era successo tutto così velocemente che Thomas non ebbe tempo di realizzare. Cominciò semplicemente a camminare verso casa, la testa che girava e il cuore che sanguinava.
Ce la posso fare, pensò. Ce la devo fare.

 

Ne avevano affrontate tante. Questo non era altro che un altro punto della lista. E lui lo avrebbe affrontato a testa alta, come sempre. 

  
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