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Autore: Isidora Anadiomene    09/09/2015    2 recensioni
Ho deciso, per questa volta, di raccontare un'Ichigo diversa, un'Ichigo con un problema che accomuna molte ragazze e che ha accomunato anche me e che si fa ancora un po' sentire.
Il mio intento è quello di trasmettere speranza. Per una volta, voglio scrivere una storia, nella quale vinca la forza, perché, dopo il buio, ci possono essere la luce e la vita.
"Finché c'è vita, c'è speranza... per quanto amare possano essere le acque"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Weight.♦



Due mesi dopo
 
Ryou portò alla bocca la tazza di tè con cautela, beandosi del calore emanato dal liquido troppo caldo. Il contatto del tè con le labbra lo portò a stringerle, mentre distoglieva lo sguardo dal libro che stava leggendo. Poggiò la tazza sul tavolo, indeciso se continuare la lettura o meno, l’Aleph di Borges lo attraeva parecchio, ma sentiva il bisogno di prendersi una pausa. Chiuse il libro e riprese in mano la tazza, soffiando sul tè. Una calma insolita lo avvolgeva e sentiva su di sé un tepore rincuorante.
Ricordò con un sorriso malinconico a quanto sua madre piacesse il tè e di quanto lui lo detestasse senza saperne il motivo. Quel sapore particolare lo disgustava, ma vedere la mamma prenderlo nei momenti più disparati della giornata lo rasserenava. Non sapeva che, anni dopo, avrebbe imparato a farselo piacere, giusto così… per associare qualcosa di concreto ad un ricordo.
Ryou faceva fatica a separare i ricordi dal dolore. Trovava fastidiosa questa sua incapacità, perciò aveva adottato delle strategie: ogni ricordo doveva avere una sua rappresentazione nella realtà. Bere il tè era la mamma, i grafici delle funzioni algoritmiche erano papà insieme all’odore del bagnato nelle umide giornate di pioggia, le mani sporche di farina e il modo che aveva di portare l’orologio erano Kei. Cercava di averne uno per ogni persona, preso sempre dalla paura di dimenticare.
Fu in quel preciso istante che una domanda gli balenò nella testa. Ichigo cos’era? Che cosa concreta era? In effetti, era tante cose, Ichigo. Era così tante cose che faceva paura persino elencarle. Avrebbe dovuto farlo? Sì, avrebbe dovuto.
Si voltò verso gli spogliatoi, probabilmente Ichigo era andata già via. Da quando era arrivata Reiko, c’erano stati numerosi cambiamenti nei turni e Ryou non riusciva mai a ricordarli. Era strano: lui che aveva sempre avuto una buona memoria si perdeva in sciocchezze.
La porta dello spogliatoio si aprì e ne uscì un’Ichigo sorridente.
“Ryou-kun, ho comprato un bellissimo libro, l’altro giorno. Appena lo finirò, ti informerò. Penso che potrebbe piacerti!”
Ryou rise piano, era bello il modo in cui Ichigo esprimeva i suoi pensieri. Senza preavviso, Ichigo lasciava libera la sua interiorità.
“Perché stai ridendo?” gli chiese, perplessa.
“No, nulla. Mi ha fatto ridere il modo in cui lo hai detto. Piuttosto oggi esci con Atsushi?”
Il tono di voce sembrò incrinarsi. Atsushi da un mese a quella parte aveva iniziato a chiedere ad Ichigo di uscire e lei… aveva accettato. Da quello che aveva potuto capire, erano usciti quattro volte.
Una parte di lui si odiava. Perché non aveva detto a nessuno – Keiichiro aveva intuito da solo – dei suoi sentimenti? A quest’ora, Atsushi e Ichigo non uscirebbero insieme.
“No. Usciamo domani, ma siamo solo amici” rispose Ichigo con tranquillità.
Ed eccolo che giunse: il Ryou desideroso soltanto di difendersi da Ichigo e dalla sofferenza.
“Oh, beh, sicura che sia così? Mi sembrate abbastanza affiatati” la nota di sarcasmo non sfuggì.
Ichigo si irrigidì e la sua controparte per l’atteggiamento di Ryou sbucò fuori.
“Non è divertente, Ryou, per niente. Questo sarcasmo a cosa è dovuto di grazia?”
“Niente sarcasmo. Mi permettevo di dire la verità”
Ryou si alzò ed Ichigo si sforzò di rimanere immobile. La sua altezza la sovrastava e la inquietava.
“Affiatati o meno, non sono affari che ti interessano” si inacidì, incrociando le braccia al petto e assumendo un’espressione contrita.
“Non ho mai detto che mi interessasse infatti”
Ichigo lo guardò truce. Ad un occhio più attento di quello di Ryou, quella malcelata aria ferita sarebbe stata palese.
Il giorno dopo
 
“Ryou! Lo hai fatto di proposito, dì la verità!” tuonò Kei, arrivandogli alle spalle.
“A fare cosa? Kei, non posso fare tardi, devo andare in facoltà” rispose svogliatamente. Il sopracciglio che inarcò fece irritare maggiormente Keiichiro che desiderò ardentemente apostrofarlo in maniera poco gentile.
“Hai cambiato il turno di Ichigo per non farla uscire con Atsushi nel pomeriggio. È inutile mentire, ti ho smascherato!”
“Non sapevo dovessero uscire” disse con un’alzata di spalle.
“Balle. Ichigo mi ha detto che lo sapevi e, per non farti scoprire, ho dovuto dire a Zakuro di non venire per reggerti il gioco! Quanti anni hai? Dodici?” continuò impietoso.
Doveva ammettere ciò che aveva fatto. Stavolta lo avrebbe fatto cedere.
Ryou iniziò a dare i primi segni di cedimento, quando salì sulla moto senza guardarlo.
“Ryou, rispondi. Non ti faccio andare via, finché non confessi, evidentemente non ti è chiaro”
Lo tirò piano per un braccio e Ryou scese dalla moto, si appoggiò ad essa e gli riservò una delle sue occhiate torve e vagamente inquietanti che non lo scomposero minimamente.
No, stavolta, proprio no. Era diventata una questione di principio, doveva farlo cedere.
“Sì, va bene? L’ho fatto di proposito! Grazie di avermi coperto. Ora mi fai andare via? Sono in ritardo!”
Rimontò sulla moto e non gli diede modo di rispondere. Accese il motore, farfugliando un “ci vediamo stasera”.
Keiichiro sorrise trionfante. Prese il telefono e chiamò Zakuro. Divertirsi alle spalle di Ryou era alquanto emozionante. Per questa volta, aveva battuto il genio.
 
“Ti comporti da pazzo, Ryou” proruppe Zakuro, sedendosi davanti a lui.
Ryou la guardò, assumendo un’espressione vagamente scettica. “Ah?”
“Sì, ti comporti da pazzo. Che succede?” continuò Zakuro, schioccandogli le dita davanti al viso. Ryou decise di mantenere una certa compostezza solo per non cedere due volte, nel corso di una sola giornata, alla voce della sua coscienza.
“Sto leggendo un trattato per l’Università. Da quando è follia?” disse, ridendo, con un sopracciglio inarcato.
Zakuro sorrise vittoriosa e risultò quasi inquietante. “Kei mi ha detto cosa stai combinando”
Ryou strinse le labbra, quello era un complotto, una congiura contro la sua sanità mentale. Una vocina nella sua testa gli ricordò che per il bene della sua mente avrebbe dovuto ammettere a se stesso la verità.
“Kei dovrebbe imparare a farsi gli affari suoi. E tu non sei da meno”
“Dovresti ringraziarci. Ti abbiamo evitato una figuraccia. Sto iniziando a dubitare della tua intelligenza emotiva, sai?” ridacchiò sommessamente, innervosendolo ancora di più.
“Dubitane pure. Ora… che ne dici di tornare a casa? Possibilmente portati Kei. Così mi lasciate un po’ in pace e posso continuare a leggere? È un lavoro importante, non posso perdere tempo” ribetté perentorio.
In teoria – sì, solo in teoria – Zakuro avrebbe dovuto lasciarlo respirare. Ma in pratica…
Si alzò e si avvicinò al suo orecchio. “Se non vuoi che racconti questa storia a Purin che sai bene ti perseguiterà, ti conviene smetterla con tutti questi giochetti, chiaro?”
Stava iniziando a dubitare anche lui della sua intelligenza e, di certo, non solo emotiva.
 
.
Ichigo era tante cose, troppe cose. Era l’odore dei biscotti al cioccolato che piano piano stava riiniziando a mangiare, anche se con difficoltà. Era il suo profumo delicato che lasciava una scia leggera appena gli passava accanto, il modo di portare il vassoio con le ordinazioni dei clienti, come faceva fatica a contare il resto da dare, il suo odio per la fisica che lui amava, l’informarlo sui libri appena letti che, la maggior parte delle volte, piacevano anche a lui. Era i libri di Banana Yoshimoto e Murakami Haruki, quella passione per l’Islanda nata grazie a quel gruppo che, negli ultimi tempi, ascoltava spesso.
Ichigo era un universo nel quale si sarebbe perso volentieri, se non avesse avuto paura.
Era la voglia di vederla, ma anche di desiderare di far sparire i suoi sentimenti per lei. Era il modo in cui si lamentava per i turni che le erano affibbiati, la sua passione per l’arte.
Ma era anche il modo in cui lo stava guardando, infastidita per ciò che era accaduto due giorni prima.
La vide arrivargli vicino a passo spedito. “Io e Atsushi siamo solo amici” disse con aria severa.
Optò per la freddezza, come da copione. “Va bene, Ichigo, sono contento che tu abbia trovato un nuovo amico” le disse, riservandole un sorrisetto sarcastico.
Ichigo lo stava odiando. Non riuscì a trattenersi.
“Se non ti interessa, perché ti comporti in questo modo? Sai a cosa mi riferisco. Sei scontroso e antipatico, a stento mi rivolgi la parola! Cosa c’è che non va?”
Ryou si alzò in piedi. “Mi interessa solo che tu non illuda Atsushi, ti è chiaro?”
Ichigo gli diede una leggera spinta sul braccio della quale si vergognò subito dopo.
“Atsushi lo sa, glielo ho detto!” disse, alzando di poco la voce.
“Ichigo, sei veramente una sciocca. Tu piaci ad Atsushi. Come hai fatto a non accorgertene?” rispose acidamente. No, questa volta no. Non avrebbe messo da parte la sua emotività, stava scoppiando. Ichigo lo faceva esplodere di rabbia, passione, desiderio… lo estenuava.
“Non lo avevo capito… mi dispiace” balbettò, presa in contropiede.
“Ah, non lo sapevi? Un ragazzo ti chiede spesso di uscire e tu non pensi a niente? Un ragazzo, tra parentesi, con il quale non hai nessun rapporto in particolare? Diamine, Ichigo, sai come funzionano i rapporti tra le persone o no?”
Stava esagerando e lo sapeva, ma non riusciva a smettere.
Le prese il volto tra le mani senza indugio e premette con veemenza le labbra sulle sue. Smise di pensare, perché esisteva solo lei. Prima che Ichigo potesse anche solamente muoversi si allontanò da lei.
Ichigo lo guardò spaesata, non riusciva a muoversi. Gli occhi puntati in quelli cerulei di Ryou. Avrebbe voluto baciarlo di nuovo, baciarlo sul serio.
“Io… non so, perché l’ho fatto. Ho… sbagliato”
“Lo puoi fare di nuovo… se vuoi” sussurrò Ichigo, abbassando lo sguardo.
“Domani dobbiamo dimenticare” disse piano. Cosa cercava Ichigo? La paura vinse anche quella volta.
“Sì”
Le si avvicinò nuovamente e, mentre lei dischiudeva piano le labbra, si sentì saturo e vuoto al tempo stesso. All’inizio fu delicato, ma la passione era troppo forte e temette di cedere.
Le sfiorò il fianco e il maglioncino di Ichigo si alzò di poco. Le dita toccarono la pelle calda e morbida, poteva sentirne la consistenza. Lentamente, il corpo di Ichigo stava ritornare quello di un tempo… quel corpo che, in qualunque modo, avrebbe desiderato sempre.
Ichigo si aggrappò al suo collo e gli accarezzò la nuca. Non pensò a nulla, se non a quelle labbra tanto desiderate.
Ryou le lasciò una scia di baci bollenti sulla guancia e poi per tutto il collo. Di colpo si arrestò.
Ichigo si allontanò di riflesso. Prese la borsa, senza proferire parola. Arrivò alla porta e senza voltarsi, disse: “A domani, Ryou”
Ryou distolse lo sguardo per non vederla varcare la porta, ma il rumore della sua chiusura lo fece vacillare. Si sedette. Che cosa aveva fatto?

 
  
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