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Autore: Asuna_Yuuki    09/09/2015    2 recensioni
"I Ragnarǫk indicano, nella mitologia norrena, la battaglia finale tra le potenze della luce e dell'ordine e quelle delle tenebre e del caos, in seguito alla quale l'intero mondo verrà distrutto e quindi rigenerato."
Come potete ben immaginare, la storia sarà basata sulla mitologia nordica, in particolare quella vichinga. Mi sono documentata prima di iniziare a scrivere, ma naturalmente non sarà perfettamente coerente con la vera e propria tradizione scandinava.
La storia è incentrata sulle vicende di Rena, una giovane elfa delle tenebre, che dopo un gesto eroico verrà esiliata dal suo regno di origine e si ritroverà obbligata a iniziare una nuova vita, o meglio, a sopravvivere nel regno dei suoi nemici: gli elfi della luce. L'esilio di Rena si rivelerà in realtà una fortuna inaspettata per tutti e nove i mondi, in quanto detentrice di un oscuro segreto, di cui sono al corrente solo gli abitanti della sua terra e altri popoli altrettanto malvagi e subdoli, che si ritroveranno allo stesso tempo ingannatori ed ingannati.
Nella speranza che la storia vi piaccia, vi auguro una buona lettura!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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9.
 
 
(Aleksander)
 
Una volta terminato il concilio straordinario ad Asgard, i miei genitori ed io tornammo all’ingresso dell’Yggdrasil, scortati dalla guarnigione di soldati che gli dei ci avevano gentilmente concesso di portare. Per farlo, Odino aveva creato per noi un ponte di cristallo, che dal cancello dal quale si poteva entrare all’interno dei palazzi dove dimoravano gli Aesir, conduceva fino al passaggio, il quale fluttuava nel limpido cielo che circondava Asgard. Mio padre era rimasto in silenzio durante tutto il viaggio di ritorno, probabilmente preoccupato e pensieroso. Una volta ritornati ad Alfheim, salimmo sulla carrozza trainata da due cavalli bianchi che ci aveva trasportati all’ingresso dell’Yggdrasil dalla reggia, alla quale ora stavamo facendo ritorno. Finalmente mio padre ruppe il silenzio, facendo sobbalzare per la sorpresa mia madre, intenta ad osservare distrattamente alcuni alberi in fiore accanto ai quali stavamo passando:
 
-Aleksander.-
 
Mi girai verso di lui, esortandolo a continuare con un piccolo cenno del capo. Lui tacque per qualche istante prima di terminare finalmente la frase:
 
-Se Odino deciderà di credere a ciò che ho letto nella mente di quella giovane Dokkalfar, ossia l’esistenza di una presunta alleanza tra Svartalfaheim, Jotunheim e i Vanir, inizierà una battaglia senza precedenti. Nel caso in cui non dovessi farcela, il trono passerà a te all’istante.-
 
Le possibilità che il trono sarebbe passato a me nel giro di pochi anni erano minime, in quanto la vita dei Liosalfar, specialmente quelle degli elfi delle stelle, era molto lunga e a mio padre restavano come minimo un centinaio di anni. Non avevo mai preso sul serio le noiosissime lezioni che avrebbero dovuto prepararmi a ricoprire la carica di sovrano, le uniche alle quali avevo partecipato attivamente e con piacere erano quelle di combattimento: ero diventato un imbattibile spadaccino e un discreto arciere grazie ad esse. Improvvisamente mi pentì di non essermi mai impegnato fino in fondo per apprendere le nozioni, impartite pazientemente da vari precettori, riguardo l’economia, la politica estera o la storia del nostro popolo. Nel caso in cui mio padre fosse caduto in battaglia, era infatti usanza che il re combattesse tra le prime fila e che il principe non prendesse parte alla battaglia per evitare di lasciare il trono vuoto, mi sarei rivelato un pessimo re e avrei trascinato senza dubbio il mio popolo nella miseria. Non ero affatto pronto.
 
-Padre, io non - -
 
-Non avrai altra scelta. Se rifiuterai di prendere il mio posto, Alfheim cadrà nell’anarchia.-
 
Mia madre da sola non avrebbe mai retto il peso di un regno, anche se la nostra terra fu governata più volte da regine con figli eccessivamente giovani, i quali mariti erano stati assassinati o uccisi in guerra. Fortunatamente erano più o meno tre secoli che non si verificavano battaglie di alto calibro: i Jotunn e i Dokkalfar si erano arresi e rassegnati a vivere nella pace, o almeno così sembrava. Mia madre non era tuttavia di carattere forte come le precedenti regine, né tantomeno esperta delle questioni di cui mio padre si occupava tutti i giorni. La battaglia che ci aspettava sarebbe stata difficile e avrebbe avuto due esiti: la salvezza o la distruzione completa del nostro mondo. Tuttavia sospettavo che mio padre, anche nel caso in cui fossimo riusciti a sventare il complotto e il conseguente Ragnarok, non sarebbe sopravvissuto a tutti gli scontri, in quanto stavolta avrebbe avuto contro non solo sciocchi giganti o subdoli elfi dell’oscurità, ma persino divinità, seppure minori.
 
-Pensate davvero che Odino avrà l’ardire di attaccare per primo? Se la congiura non fosse reale ci troveremmo comunque di fronte a una guerra di alta portata.- feci, guardando mio padre.
 
Lui non rispose, limitandosi a sospirare e a prendere la mano a mia madre, che aveva silenziosamente iniziato a singhiozzare. Era la prima volta che la vedevo piangere e mi fece uno strano effetto. Rimasi a osservare mio padre abbracciarla, cosa che faceva solamente quando non erano visti da nessuno, probabilmente per mantenere un certo contegno. Non mi era mai mancato nulla dalla mia nascita, ero cresciuto con tutti i privilegi possibili e con una buona istruzione, ma ci sarebbe sempre stato qualcosa che la mia posizione non mi avrebbe mai potuto garantire: l’amore sincero di una donna, tanto sincero quanto quello che mia madre provava verso mio padre. Sapevo bene che la mia ricerca sarebbe stata quasi impossibile: è difficile trovare una donna che ami quello che sei e non quello che hai, quando sei un principe.
 
 
 
 
 
 
 
 
Una volta tornato a palazzo, mio padre mi esortò ad andare nella mia stanza, mentre lui si ritirò nella propria con mia madre che ancora non aveva smesso di piangere. Mi accompagnò una delle più fidate guardie del palazzo, che ultimamente fungeva soprattutto da mia guardia del corpo: Caitlin. Aveva iniziato come pattugliatrice dei boschi, fino a diventare prima guardia della cittadella, guardia del palazzo ed ora era incaricata di proteggere direttamente la mia famiglia. Avevamo instaurato un bel rapporto durante il suo primo anno di servizio a palazzo, anche se lei tendeva ad essere particolarmente fredda, probabilmente per “portarmi rispetto”, quando io non le avevo mai richiesto di farlo: prendeva molto seriamente il suo incarico. Nonostante ciò, più di una volta ero riuscito a strapparle un sorriso durante alcune delle nostre conversazioni, ultimamente sempre più frequenti, degne di un’amicizia di vecchia data. Una volta arrivato davanti la porta della mia camera, la invitai ad entrare, dato che sarebbe dovuta fermarsi fuori di essa.
 
-Non mi sembra affatto il caso.- rispose lei, posizionandosi addosso alla parete dell’ampio corridoio. Risuonò nell’aria un leggero rumore metallico, causato dallo scontro tra l’armatura della guardia e il muro in pietra. Rimase girata di profilo a guardare davanti a sé, con una mano posata sull’elsa della spada, impreziosita con un rubino e i capelli biondi che le ricadevano lungo le spalle. Non le avevo mai chiesto quanti anni avesse, ma probabilmente avevamo la stessa età, a giudicare dalla sua pelle pura, candida, priva di difetti o rughe, che invece avevano iniziato a fare capolino sui volti dei miei genitori.
 
-Ti ho invitata io, Caitlin, non ti stai intrufolando senza il mio permesso.- replicai, mantenendo la porta aperta con una mano e lo sguardo quasi supplicante diretto verso di lei –Ti prego, devo assolutamente parlare con qualcuno.- 
 
A quel punto, l’elfa si girò verso di me, puntando gli enormi occhi azzurri dritti nei miei, mantenendo un’espressione seria. Non sapevo se definirla “amica” o “conoscente”, fatto sta che nel nome del nostro rapporto non riuscì a negarmi l’aiuto che le avevo chiesto. Dopotutto avevo solamente bisogno di parlare con qualcuno. Entrò nella mia stanza dopo aver controllato più volte che non ci fossero altre guardie nei paraggi e senza fare alcun rumore, per evitare di segnalare la propria presenza. La esortai diverse volte a sedersi sul sofà o su una poltrona, ma lei preferì rimanere in piedi.
 
-Come preferisci.- dissi io, avvicinandomi al caminetto per accenderlo. Non faceva nemmeno particolarmente freddo, ma il camino acceso mi faceva sentire in qualche modo più tranquillo, probabilmente grazie al rassicurante scoppiettare delle fiamme. Caitlin non proferì parola per un po’, rimase impettita accanto alla porta, con ogni muscolo del suo corpo in tensione. Era evidentemente agitata, perciò decisi che forse sarebbe stato meglio parlare immediatamente ed evitare di farla attendere. 
 
-Come sai, sono stato ad Asgard perché mio padre doveva discutere di, come ha detto lui, “faccende importanti” con Odino. Non mi aveva detto nulla riguardo una sua recente scoperta, sono venuto anche io a sapere tutto poco meno di un’ora fa.- cominciai, sedendomi a gambe incrociate davanti al caminetto e dandole, forse non troppo educatamente, le spalle –Ricorderai senz’altro la Dokkalfar che hai tu stessa scortato nelle segrete.-
 
-Certamente.- rispose lei e, a giudicare da come mi era giunta la sua voce, si avvicinò a me –Ricordo che Lord Dain le lesse la mente non appena giunse a palazzo e che dopo mi era parso un po’ preoccupato. Riguarda questo la sua “recente scoperta”?-
 
Il suo tono di voce denotava così tanta sicurezza che più che una domanda vera e propria, sembrava un quesito retorico, come se fosse già a conoscenza della risposta. A quel punto mi limitai ad annuire, mentre lei si sedeva accanto a me, cercando di non provocare troppo rumore con la propria armatura particolarmente ingombrante.
 
-Si.- risposi, aggiungendo subito dopo –C’è un complotto tra Dokkalfar, Vanir e Jotunn. Non si sa per quale motivo o come, ma vogliono dare inizio al Ragnarok.-
 
Indubbiamente la notizia l’aveva spaventata, ma rimase composta. A tradirla fu la sua espressione facciale, da serena e imperturbabile a stupita, quasi incredula. Quasi istintivamente strinse con forza la mano sull’elsa della spada, girandosi verso di me.
 
-Già, incredibile eh? Vogliono proprio annientare noi e loro stessi.- borbottai, avvicinando le mani al fuoco, anche se non sentivo freddo. Lei scosse la testa, sospirando. Era probabilmente tanto sconcertato quanto chiunque fosse presente al concilio: la malvagità a volte va a braccetto con la follia, ma arrivare a voler distruggere ogni cosa esistente mi sembrava un atteggiamento troppo folle anche da parte dei Dokkalfar.
 
-Cosa ha deciso di fare Odino? Attacchiamo?- chiese lei, alzando il tono di voce in maniera brusca –Io di certo non voglio rimanere con le mani in mano mentre questa gente squilibrata complotta contro di me, di te, o contro gli Aesir.-
 
Alzai un angolo della bocca, colpito dalla sua audacia. Era proprio questo il tipo di elfi che mio padre voleva avere come proprie guardie: valorosi e pronti a tutto pur di salvare il loro popolo. Posai la mano su quella della ragazza, che stava stringendo con ancora più forza l’elsa, probabilmente per la rabbia. A quel punto lei allentò la presa, forse tranquillizzata da un po’ di calore umano. La sua espressione corrucciata si distese un minimo e lei abbassò lo sguardo, rialzandosi in piedi.
 
-Devo andare a parlare con quella Dokkalfar.- disse, sistemando meglio i capelli in modo che le ricadessero sulle spalle –Tanto tra poco dovrei avere il turno nelle segrete.-
 
Istintivamente allungai una mano per prenderle una caviglia: la cosa peggiore sarebbe stata quella di farle intendere che fossimo al corrente di tutto. La pregai con uno sguardo di non fare nulla, e lei capì al volo, rimettendo a malincuore nel cassetto le proprie intenzioni. Mi alzai da terra e mi offrì di accompagnarla nella prigione, dato che al momento non avevo nulla da fare.
 
-Dovrei essere io ad accompagnare te in giro, non il contrario.- fu la sua risposta, accompagnata da una risata.
 
L’avevo sentita ridere poche volte, e devo ammettere che quel suono fosse particolarmente piacevole: né troppo debole, né troppo sguaiato. Risposi con un sorriso, prima di osservarla uscire dalla mia stanza, sperando che la sua precedente battuta non servisse per farmi tranquillizzare, mentre in realtà sarebbe a breve andata nelle segrete a interrogare di nascosto l’elfa oscura.
 
 
 
 
 
 
(Astrid)
 
In realtà a lasciare Asgard erano stati solo i Liosalfar: a noi Valchirie avevano ordinato di rimanere, per avere anche il nostro parere riguardo le parole di Lord Dain. Si era scatenato un vero e proprio putiferio: Tyr che inneggiava alla guerra, Vor, dea della saggezza, che cercava di farlo stare in silenzio, la dea dell’amore Sjofn aveva iniziato a piangere pensando a tutti gli uomini che sarebbero morti in guerra, lasciando da sole le loro mogli, la maggior parte delle Valchirie discuteva tra di loro, ignorando i richiami dei generali della loro legione, mentre Thor e Odino cercavano di riportare ordine. Quando il fracasso e il chiacchiericcio terminarono, finalmente il Padre degli Dei proferì parola, facendo segno al dio del tuono di non interromperlo.
 
-Prima di passare ai voti, vorrei precisare una cosa.- disse, posando di nuovo la mano sul bracciolo del trono e osservando i presenti –A mio giudizio non è cosa saggia intraprendere una guerra di portata tanto alta, solamente per la scoperta di Lord Dain, per giunta non del tutto attendibile. Può darsi che sia una trappola, che ci sia stato un malinteso, ma può anche darsi che nei tetri palazzi dei Jotunn e dei Dokkalfar si stia davvero progettando l’inizio del Ragnarok. Forseti, tu che sei il dio della giustizia, dicci cosa pensi riguardo la questione.-
 
Il dio rimase per un attimo in silenzio, spostando lo sguardo sul trono vuoto del padre Baldr.
 
-Sono d’accordo con te, Odino. Non sarebbe saggio dare inizio a questa guerra, non avendo la certezza che esista un complotto.-
 
Si sentì qualche sussurro di assenso all’interno della sala, ma vennero brutalmente ammutoliti dal tuonare della voce di Tyr, che si alzò di colpo dal trono, agitando con forza un pugno:
 
-Vile, Forseti, sei un vile!-
 
L’altro rimase in silenzio, guardandolo senza battere ciglio: il dio della guerra era solito insultare e sbraitare in quel modo. Thor ordinò a Tyr di sedersi e di aspettare il proprio turno per parlare, altrimenti non si sarebbe giunti a nessuna conclusione. Noi Valchirie saremmo state interpellate per ultime e avremmo espresso un solo voto per legione, che i generali avrebbero comunicato. Conoscevo bene le mie sottoposte: non si sarebbero mai tirate indietro. Infatti, quando Odino ci chiese di consultarci, nessuna di loro prese la posizione di Forseti. La sala era invasa da parole, alcune volte da grida lanciate più che altro da Thor e Tyr e di sottofondo era chiaramente udibile il sottile singhiozzare di Sjofn. Da quello che ero riuscita a captare, avevo intuito che la maggior parte dei presenti avrebbe preferito non entrare in guerra. Dopo un lasso di tempo che a me parve un’eternità, mentre in realtà erano trascorse poco più di tre ore, Odino si alzò in piedi, alzando una mano per zittire dei e Valchirie. Immediatamente tutti tacquero, voltandosi verso il Padre degli dei, in attesa che desse inizio alle votazioni. L’ansia presente in sala era palpabile.
 
-Quanti a favore della guerra?- domandò, scrutando successivamente ogni angolo della sala per contare le braccia alzate, che erano appena cinque: il mio, quello di Tyr, quello di Vidar, dio della vendetta, Eir e Thor.
 
Mi voltai con sorpresa verso gli altri generali delle altre legioni, cercando di capire se la scelta fosse stata presa per saggezza o vigliaccheria. Thor guardò nella mia direzione, sbalordito quanto me e stavolta protestò insieme a Tyr, che aveva di nuovo iniziato a sbraitare, accusando i presenti di codardia, i quali rimasero in completo silenzio, festeggiando internamente il mantenimento della “pace”. Odino rimproverò entrambi e quando riuscì a placare gli animi infuocati delle divinità, mi indicò:
 
-Astrid.-
 
Con un briciolo di riluttanza e rabbia feci un inchino profondo, mormorando nel frattempo un non troppo sincero: -Per servirla.-
 
-Domani ti recherai ad Alfheim per avvertire gli elfi della nostra decisione.- ordinò lui, liquidando successivamente il concilio.
 
Tutti gli dei, uno per volta, svanirono in uno sbuffo di vento dai loro troni, per poi ricomparire chissà dove all’interno dell’immenso palazzo di Asgard. Thor, rimasto da solo all’interno dell’enorme sala, congedò tutte le legioni eccetto la mia: evidentemente voleva dirmi qualcosa. I vari generali con i loro sottoposti sfilarono davanti al dio del tuono, esibendosi in un inchino colmo di rispetto, per poi lasciare il palazzo a cavallo dei loro destrieri: lupi di incredibili dimensioni, capaci di librarsi nell’aria senza bisogno di ali. Una volta da soli, Thor sussurrò qualche parola che non riuscì ad udire, probabilmente nella lingua degli Aesir, e in seguitò le sue dimensioni si ridussero in pochi istanti, finchè non divenne alto esattamente quanto me. Quando fu davanti a me, mi posò una mano sulla spalla e intercettò il mio sguardo con i suoi occhi blu magnetici e che talvolta sembravano quasi accendersi per poi spegnersi immediatamente, come se all’interno delle iridi si scatenassero dei lampi.
-Astrid.- disse, e la sua voce risuonò all’interno della sala vuota –Non sono d’accordo con la decisione presa poc’anzi, a mio parere bisogna indagare. E’ per questo che voglio affidarti un compito importante. Pensi di riuscire a portarlo a termine?-
 
-Qualsiasi cosa, per il dio del tuono.- risposi, chinando appena il capo.
 
Lui alzò un angolo delle labbra e le sue iridi per qualche istante presero a brillare. Allontanò la mano dalla mia spalla e indietreggiò di un passo, senza distogliere lo sguardo da me:
 
-Voglio che tu trovi informazioni riguardo questa faccenda, tu sola, senza la legione al tuo seguito: dareste troppo nell’occhio. Ti concedo però di scegliere qualche alleato, mi rendo conto che potrebbe essere un compito troppo gravoso per una persona sola, anche se eccellente come te.-
 
Mi stava lusingando per convincermi ad accettare o pensava davvero quelle cose? Non c’era bisogno di utilizzare mezzucci subdoli perché io obbedissi, l’avrei fatto a prescindere. Diedi uno sguardo alle Valchirie della mia legione, rimaste perfettamente sull’attenti nonostante io non le stessi controllando. Ero affezionata ad ognuna di loro, le avevo addestrate a lungo e i frutti del lungo allenamento erano senz’altro ben visibili: disciplinate, coraggiose, agguerrite, devastanti nel combattimento. Sarebbe stato difficile separarmi da loro, eppure avrei dovuto farlo, le avrei affidate nelle abili mani della seconda in comando, Hnoss. Dopo qualche attimo di silenzio, tornai a guardare la divinità di fronte a me, che mi fissava in attesa di una risposta con le braccia incrociate al petto. Sarebbe stato difficile ottenere quelle informazioni in assoluta segretezza, infatti avrei dovuto trovare qualche alleato tra le numerose schiere dei Liosalfar il giorno seguente, quando avrei annunciato a Lord Dain la codarda decisione degli Aesir.  
 
-Accetto l’incarico, signore.- 
   
 
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