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Autore: Ortceps    10/09/2015    3 recensioni
In questa FF Eragon e Murtagh non sono fratelli.
Sono passati due anni dalla caduta dell’impero; la vita di Eragon sembra scorrere serenamente lontano da Alagaesia, ma il destino sembra volerlo mettere nuovamente alla prova, questa volta in un ruolo diverso da quello di eroe. Dovrà dare prova di se stesso come padre.
Dalla storia:
Ma alla fine si sa, che ti piaccia o no è sempre quella furia impazzita che noi chiamiamo destino a presentarsi alla tua porta e a scaricarti un figlio. Della serie “Din-don; apri questa dannatissima porta e prenditi questo dannatissimo bambino” per poi aggiungere con un sorriso da sberle “Congratulazioni sei diventato padre!”
Va bene, forse non era andata proprio così. Ma alla fine il concetto era quello e lui si era ritrovato a crescere un bambino, senza avere la minima idea di cosa fare.
*
La prima persona a cui aveva pensato di lasciare il piccolo era stata Nasuada e immaginare a come sarebbe potuta andare se lo avesse portato da lei gli metteva i brividi.
“No Nasuada, non sono tornato perché ti amo; volevo solo chiederti se potevi occuparti di mio figlio, mio e di un’altra donna… Addio”
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4 – RITORNO

Il tempo è qualcosa di così effimero, nulla può essere più veloce e lento. Nulla può renderti più felice e triste; qualcosa di misurabile, ma allo stesso tempo incomprensibile ai nostri occhi. Non c’era più niente che Eragon ricordava più volentieri dei tempi in cui la sua famiglia era felice e libera da pensieri difficili.

Ma il tempo va avanti e se tu non sei pronto a seguirlo lascerà di te solamente miserie.

Poco tempo dopo il primo compleanno di Aiden era a arrivata una missiva per Eragon; recava la firma della regina degli elfi e chiedeva al nuovo “Capitano dell’Ordine” di recarsi ad Alagaesia perché tre anni erano passati e nessuna delle uova che aveva lasciato si era schiusa e tutti speravano di ricevere nuove uova, magari più avvezze a scegliere un compagno.

Il cavaliere allora ne aveva parlato con Murtagh, trovandolo restio ad accompagnarlo, ma alla fine il moro aveva capitolato. Così avevano preparato le poche cose che gli sarebbero servite ed erano partiti.

Alla corte elfica avevano trovato un’Arya entusiasta di vederli e una regina buona, intelligente e carismatica; non era mai stata più sicura del suo ruolo e fiduciosa nelle sue capacità. Avevano parlato molto nella settimana che avevano passato nella capitale elfica e così Eragon aveva sincerato che nella sua antica terra andava tutto bene; nulla turbava la pace che avevano così faticosamente conquistato.

Lì avevano anche fatto il cambio delle uova, con la speranza che queste avessero scelto presto un compagno che andasse ad ingrossare le fila dei Cavalieri.

Ma il loro viaggio non si era concluso, avevano proseguito verso Urbaen; alla volta di un’altra regina.

***

Il grande salone era illuminato da mille candele che riflettevano la propria luce sul pavimento dorato; le grandi vetrate colorate lasciavano entrare la luce bronzea del tramonto tingendo di mille colori le pareti bianche.

I cortigiani della regina affollavano la sala, senza però essere una presenza veramente opprimente. L'unica cosa che esisteva per Murtagh era la regina, seduta sul trono bianco. E per lei l'unico che esisteva era il Cavaliere Rosso; era ovvio che la sala fosse per loro così poco affollata se esisteva solo l'uno per l'altra e viceversa.

I boccoli neri di Nasuada ricadevano sulle di lei spalle in volute leggere, scontrandosi contro l'abito dorato che indossava. Non era cambiata molto in quei due anni, solo i suoi tratti erano più maturi... e belli. La carnagione scura che brillava tra tutto quell'oro, assorbendo la luce e convogliandola su di se.

Quando si alzò e corse verso il cavaliere finendo nelle sue braccia non era più la regina, ma solo una ragazza perdutamente innamorata; non c'era niente di sconveniente nell'abbraccio che l'accolse, nessuna dama avrebbe sparlato di lei. L'avrebbero solo invidiata. Quella era solo la rappresentazione più sublime dell'amore.

Eragon ne fu sopraffatto.

La gelosia si impadronì così velocemente delle sue membra che temette di stritolare Aiden, che se ne stava appollaiato tra le sue braccia e osservava la scena senza parlare.

Murtagh strinse la presa attorno alla vita della regina e le posò un bacio sulla fronte, beandosi di quei piccoli atti che non aveva potuto avere nei suoi confronti per un tempo, che in quell'attimo gli parve infinito. «Mi sei mancata tantissimo» le sussurrò all'orecchio.

«Anche tu» fu la risposta della regina, la cui voce era incrinata dall'emozione, ma i cui occhi non versarono nemmeno una lacrima; non avrebbe potuto mostrarsi così debole davanti al suo popolo.

«Sono molto felice che siate venuti qui» disse staccandosi da Murtagh «Eragon, è così bello rivederti! Cavalieri sono molto curiosa di ascoltare le vostre avventure in questi due anni, perciò spero che vi uniate a me per la cena e spero di estendere la mia ospitalità anche ai giorni seguenti».

***

Eragon strinse i pugni e si trattenne dal scaraventare il tavolo di mogano fuori dalla finestra, cosa piuttosto difficile considerando che il tavolo superava di gran lunga le dimensioni della finestrella che c'era nella sua camera.

Era stata una giornata orribile, come prima cosa quella, quella... reginetta aveva dato per scontato che Murtagh fosse suo e seconda cosa, ancora peggiore della prima, Murtagh non aveva in alcun modo sanato quell'idea malsana!

E ora lui si trovava da solo, da solo perché il moro si era trasferito nelle stanze della regina, ad essere arrabbiato con il mondo intero ma soprattutto con se stesso. Lui non aveva diritti su Murtagh ed era stupido prendersela con Nasuada, lei che se ne era innamorata molto prima di lui.

L'unica cosa che si poteva rimproverare era la libertà che si era preso nell'immaginare un futuro per loro tre, come famiglia. Lui, Murtagh e Aiden; nessuna Nasuada a turbare quella quiete.

Era stato stupido pensare che il Cavaliere Rosso non provasse più niente per la regina, era stato stupido insistere per riportarlo ad Alagaesia ed era ancora più stupido pensare che Murtagh non meritasse quella felicità che sembrava avere in compagnia della regina.

L'aveva guardata per tutta la sera con occhi dolci, sorridendole così apertamente da far spuntare le fossette che aveva sulle guance e che Aiden aveva ereditato. Lo stesso sorriso che Eragon riservava a lui e che si era illuso ricambiasse.

Era stato cieco a pensare che quei mesi passati insieme significassero più di una semplice amicizia, era stato ingenuo a voler credere che le risate che avevano condiviso potessero essere quelle di due giovani che si riscoprono innamorati. Tutto ciò che aveva visto nel comportamento di Murtagh era qualcosa che non esisteva, ma che solo la sua mente infatuata aveva prodotto.

Non c'era niente a legarli, se non Aiden, ma nemmeno lui era una ragione abbastanza forte da far ricambiare al moro sentimenti che non provava.

È tutto ciò fu confermato la mattina seguente.

Un leggero bussare lo riscosse dal martoriare col coltello una delle pesche che gli avevano portato per colazione «Avanti» disse, cercando di non far trasparire il proprio turbamento dalla voce. I capelli ricci del Cavaliere fecero capolino dalla soglia, accompagnati dalla risata squillante di Aiden, che aveva dormito con una governate.

«Buon giorno» fece Murtagh, posando a terra il figlio che si precipitò sul tappeto con una nave giocattolo stretta nella mano, pronto per una sessione intensiva di gioco.

«Giorno» rispose Eragon, ingoiando finalmente il pezzo di pesca.

«Passato una buona nottata?» Chiese ancora Murtagh. «Favolosa» rispose piatto il castano, ripensando a quanto si era rigirato nel letto al pensiero di lui con Nasuada e di quanto fosse stato così cieco da non capire che quello in cui sperava era impossibile.

«Bene!" Fece il più grande sedendosi difronte a lui "perché ti volevo parlare di una cosa»

«Ti ascolto» ma l'unica cosa che voleva fare in quel momento era premersi le mani sulle orecchie e fuggire lontano. Lontano da quelle parole che non potevano portare nulla di buono, lontano dalle speranze infrante di avere una famiglia e lontano dalla seconda persona di cui si era innamorato e che lo aveva respinto.

«Io stavo pensando di venire a vivere qui» un altro pezzettino di lui si staccò e andò ad accartocciarsi ai suoi piedi, ma la sua espressione rimase neutra.

Avrebbe voluto urlargli che non lo poteva lasciare solo, che non si doveva azzardare a distruggere il loro piccolo paradiso, ma disse solo: «Vuoi abbandonare Aiden come stavi per fare quando l'hai portato da me» calcò su quel 'da me' per sottolineare il fatto che quando aveva avuto più bisogno di aiuto non era andato da Nasuada, ma da lui.

«Abbandonarlo?!» Murtagh sembrò disgustato al solo pronunciare quella parola, scosse la testa «no, no. Nasuada sarebbe felice se rimanesse con noi e di poterlo allevare come se fosse sua madre»

Quando pensi che non possa andare peggio la vita si prende la briga di dimostrarti il contrario.

«È anche mio figlio! Non puoi portarmelo via»  strinse i pugni lungo i fianchi, non poteva portargli via anche quella parte di famiglia.

«Mi hai frainteso, puoi restare anche tu se vuoi e comunque potrai vedere Aiden quando vorrai» come se quelle due opzioni fossero anche solo lontanamente considerabili. Non sarebbe restato lì solo per vedere la felicità di Murtagh e sentire crescere il proprio dolore; ma non aveva nemmeno intenzione di tornare ad Alagaesia così spesso da mantenere il proprio posto di padre.

«Non rimarrò» diede un'occhiata ad Aiden, che giocava tranquillo sul tappeto ricamato; l'ultima cosa che voleva era lasciarlo lì, ma non gli sarebbe stato utile in nessun modo se fosse restato lì ad aspettare qualcosa - qualcuno - che non sarebbe mai arrivato.

«Anzi» proseguì «vado via subito, avevo comunque intenzione di ripartire per salutare Arya; tanto il nostro compito è concluso. Fammi un favore, dì agli elfi che ci incontriamo fra tre giorni all'ultimo avamposto»

«Perché tutta questa fretta?» Sbottò Murtagh, mentre l'altro già infilava i pochi averi che aveva portato con se in una bisaccia e si allacciava la cintura della spada alla vita.

«Perché così presto?» Sussurrò lui di rimando; perché non poteva stare un secondo di più con la consapevolezza di essere di troppo. «Perché devo andare»

Si chinò verso Aiden e lo prese in braccio, il bimbo gli afferrò il labbro inferiore tra le dita sottili. «Allora ci vediamo presto, Aiden. Fa il bravo, altrimenti lo verrò a sapere» aggiunse con tono scherzoso.

«Papaa» soffiò il bambino stringendogli le braccia al collo, come se avesse intuito che qualcosa non andava. Quell'abbraccio ad Eragon sembrava qualcosa di definitivo, una conclusione. Ma per lui tutti gli abbracci che aveva ricevuto erano la conclusione di qualcosa, mai uno che fosse completamente disinteressato - a parte suo figlio, ovviamente.

Rimise giù il bambino e si avviò alla porta, solo quando fu di due passi oltre di essa le parole di Murtagh lo raggiunsero: «Ho fatto qualcosa di sbagliato?»

«No» non si girò verso di lui, temendo che incontrare i suoi occhi neri avrebbe mandato all'aria ogni suo proposito di andarsene. «È solo colpa mia»

   
 
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