4 – RITORNO
Il tempo è
qualcosa di così effimero, nulla può essere
più veloce e lento. Nulla può renderti
più felice e triste; qualcosa di
misurabile, ma allo stesso tempo incomprensibile ai nostri occhi. Non
c’era più
niente che Eragon ricordava più volentieri dei tempi in cui
la sua famiglia era
felice e libera da pensieri difficili.
Ma il tempo va avanti e
se tu non sei pronto a seguirlo
lascerà di te solamente miserie.
Poco tempo dopo il
primo compleanno di Aiden era a arrivata
una missiva per Eragon; recava la firma della regina degli elfi e
chiedeva al
nuovo “Capitano dell’Ordine” di recarsi
ad Alagaesia perché tre anni erano
passati e nessuna delle uova che aveva lasciato si era schiusa e tutti
speravano di ricevere nuove uova, magari più avvezze a
scegliere un compagno.
Il cavaliere allora ne
aveva parlato con Murtagh,
trovandolo restio ad accompagnarlo, ma alla fine il moro aveva
capitolato. Così
avevano preparato le poche cose che gli sarebbero servite ed erano
partiti.
Alla corte elfica
avevano trovato un’Arya entusiasta di
vederli e una regina buona, intelligente e carismatica; non era mai
stata più
sicura del suo ruolo e fiduciosa nelle sue capacità. Avevano
parlato molto
nella settimana che avevano passato nella capitale elfica e
così Eragon aveva
sincerato che nella sua antica terra andava tutto bene; nulla turbava
la pace
che avevano così faticosamente conquistato.
Lì avevano
anche fatto il cambio delle uova, con la
speranza che queste avessero scelto presto un compagno che andasse ad
ingrossare le fila dei Cavalieri.
Ma il loro viaggio non
si era concluso, avevano
proseguito verso Urbaen; alla volta di un’altra regina.
***
Il grande salone era
illuminato da mille candele che
riflettevano la propria luce sul pavimento dorato; le grandi vetrate
colorate
lasciavano entrare la luce bronzea del tramonto tingendo di mille
colori le
pareti bianche.
I cortigiani della
regina affollavano la sala, senza però
essere una presenza veramente opprimente. L'unica cosa che esisteva per
Murtagh
era la regina, seduta sul trono bianco. E per lei l'unico che esisteva
era il
Cavaliere Rosso; era ovvio che la sala fosse per loro così
poco affollata se
esisteva solo l'uno per l'altra e viceversa.
I boccoli neri di
Nasuada ricadevano sulle di lei spalle
in volute leggere, scontrandosi contro l'abito dorato che indossava.
Non era
cambiata molto in quei due anni, solo i suoi tratti erano
più maturi... e
belli. La carnagione scura che brillava tra tutto quell'oro, assorbendo
la luce
e convogliandola su di se.
Quando si
alzò e corse verso il cavaliere finendo nelle
sue braccia non era più la regina, ma solo una ragazza
perdutamente innamorata;
non c'era niente di sconveniente nell'abbraccio che l'accolse, nessuna
dama
avrebbe sparlato di lei. L'avrebbero solo invidiata. Quella era solo la
rappresentazione più sublime dell'amore.
Eragon ne fu
sopraffatto.
La gelosia si
impadronì così velocemente delle sue membra
che temette di stritolare Aiden, che se ne stava appollaiato tra le sue
braccia
e osservava la scena senza parlare.
Murtagh strinse la
presa attorno alla vita della regina e
le posò un bacio sulla fronte, beandosi di quei piccoli atti
che non aveva
potuto avere nei suoi confronti per un tempo, che in quell'attimo gli
parve
infinito. «Mi sei mancata tantissimo» le
sussurrò all'orecchio.
«Anche
tu» fu la risposta della regina, la cui voce era
incrinata dall'emozione, ma i cui occhi non versarono nemmeno una
lacrima; non
avrebbe potuto mostrarsi così debole davanti al suo popolo.
«Sono molto
felice che siate venuti qui» disse
staccandosi da Murtagh «Eragon, è così
bello rivederti! Cavalieri sono molto
curiosa di ascoltare le vostre avventure in questi due anni,
perciò spero che
vi uniate a me per la cena e spero di estendere la mia
ospitalità anche ai
giorni seguenti».
***
Eragon strinse i pugni
e si trattenne dal scaraventare il
tavolo di mogano fuori dalla finestra, cosa piuttosto difficile
considerando
che il tavolo superava di gran lunga le dimensioni della finestrella
che c'era
nella sua camera.
Era stata una giornata
orribile, come prima cosa quella,
quella... reginetta aveva dato per scontato che Murtagh fosse suo e
seconda
cosa, ancora peggiore della prima, Murtagh non aveva in alcun modo
sanato
quell'idea malsana!
E ora lui si trovava da
solo, da solo perché il moro si
era trasferito nelle stanze della regina, ad essere arrabbiato con il
mondo
intero ma soprattutto con se stesso. Lui non aveva diritti su Murtagh
ed era
stupido prendersela con Nasuada, lei che se ne era innamorata molto
prima di
lui.
L'unica cosa che si
poteva rimproverare era la libertà
che si era preso nell'immaginare un futuro per loro tre, come famiglia.
Lui,
Murtagh e Aiden; nessuna Nasuada a turbare quella quiete.
Era stato stupido
pensare che il Cavaliere Rosso non
provasse più niente per la regina, era stato stupido
insistere per riportarlo
ad Alagaesia ed era ancora più stupido pensare che Murtagh
non meritasse quella
felicità che sembrava avere in compagnia della regina.
L'aveva guardata per
tutta la sera con occhi dolci, sorridendole
così apertamente da far spuntare le fossette che aveva sulle
guance e che Aiden
aveva ereditato. Lo stesso sorriso che Eragon riservava a lui e che si
era
illuso ricambiasse.
Era stato cieco a
pensare che quei mesi passati insieme
significassero più di una semplice amicizia, era stato
ingenuo a voler credere
che le risate che avevano condiviso potessero essere quelle di due
giovani che
si riscoprono innamorati. Tutto ciò che aveva visto nel
comportamento di
Murtagh era qualcosa che non esisteva, ma che solo la sua mente
infatuata aveva
prodotto.
Non c'era niente a
legarli, se non Aiden, ma nemmeno lui
era una ragione abbastanza forte da far ricambiare al moro sentimenti
che non
provava.
È tutto
ciò fu confermato la mattina seguente.
Un leggero bussare lo
riscosse dal martoriare col
coltello una delle pesche che gli avevano portato per colazione
«Avanti» disse,
cercando di non far trasparire il proprio turbamento dalla voce. I
capelli
ricci del Cavaliere fecero capolino dalla soglia, accompagnati dalla
risata
squillante di Aiden, che aveva dormito con una governate.
«Buon
giorno» fece Murtagh, posando a terra il figlio che
si precipitò sul tappeto con una nave giocattolo stretta
nella mano, pronto per
una sessione intensiva di gioco.
«Giorno»
rispose Eragon, ingoiando finalmente il pezzo di
pesca.
«Passato una
buona nottata?» Chiese ancora Murtagh.
«Favolosa»
rispose piatto il castano, ripensando a quanto si era rigirato nel
letto al
pensiero di lui con Nasuada e di quanto fosse stato così
cieco da non capire
che quello in cui sperava era impossibile.
«Bene!" Fece
il più grande sedendosi difronte a lui
"perché ti volevo parlare di una cosa»
«Ti
ascolto» ma l'unica cosa che voleva fare in quel
momento era premersi le mani sulle orecchie e fuggire lontano. Lontano
da
quelle parole che non potevano portare nulla di buono, lontano dalle
speranze
infrante di avere una famiglia e lontano dalla seconda persona di cui
si era
innamorato e che lo aveva respinto.
«Io stavo
pensando di venire a vivere qui» un altro
pezzettino di lui si staccò e andò ad
accartocciarsi ai suoi piedi, ma la sua
espressione rimase neutra.
Avrebbe voluto urlargli
che non lo poteva lasciare solo,
che non si doveva azzardare a distruggere il loro piccolo paradiso, ma
disse
solo: «Vuoi abbandonare Aiden come stavi per fare quando
l'hai portato da me»
calcò su quel 'da me' per
sottolineare il fatto che quando aveva avuto più bisogno di
aiuto non era
andato da Nasuada, ma da lui.
«Abbandonarlo?!»
Murtagh sembrò disgustato al solo
pronunciare quella parola, scosse la testa «no, no. Nasuada
sarebbe felice se
rimanesse con noi e di poterlo allevare come se fosse sua
madre»
Quando pensi che non
possa andare peggio la vita si
prende la briga di dimostrarti il contrario.
«È
anche mio figlio! Non puoi portarmelo via»
strinse i pugni lungo i fianchi, non poteva
portargli via anche quella parte di famiglia.
«Mi hai
frainteso, puoi restare anche tu se vuoi e
comunque potrai vedere Aiden quando vorrai» come se quelle
due opzioni fossero
anche solo lontanamente considerabili. Non sarebbe restato
lì solo per vedere
la felicità di Murtagh e sentire crescere il proprio dolore;
ma non aveva
nemmeno intenzione di tornare ad Alagaesia così spesso da
mantenere il proprio
posto di padre.
«Non
rimarrò» diede un'occhiata ad Aiden, che giocava
tranquillo sul tappeto ricamato; l'ultima cosa che voleva era lasciarlo
lì, ma
non gli sarebbe stato utile in nessun modo se fosse restato
lì ad aspettare
qualcosa - qualcuno - che non sarebbe mai arrivato.
«Anzi»
proseguì «vado via subito, avevo comunque
intenzione di ripartire per salutare Arya; tanto il nostro compito
è concluso.
Fammi un favore, dì agli elfi che ci incontriamo fra tre
giorni all'ultimo avamposto»
«Perché
tutta questa fretta?» Sbottò Murtagh, mentre
l'altro già infilava i pochi averi che aveva portato con se
in una bisaccia e
si allacciava la cintura della spada alla vita.
«Perché
così presto?» Sussurrò lui di rimando;
perché non
poteva stare un secondo di più con la consapevolezza di
essere di troppo. «Perché
devo andare»
Si chinò
verso Aiden e lo prese in braccio, il bimbo gli
afferrò il labbro inferiore tra le dita sottili.
«Allora ci vediamo presto,
Aiden. Fa il bravo, altrimenti lo verrò a sapere»
aggiunse con tono scherzoso.
«Papaa»
soffiò il bambino stringendogli le braccia al
collo, come se avesse intuito che qualcosa non andava. Quell'abbraccio
ad
Eragon sembrava qualcosa di definitivo, una conclusione. Ma per lui
tutti gli
abbracci che aveva ricevuto erano la conclusione di qualcosa, mai uno
che fosse
completamente disinteressato - a parte suo figlio, ovviamente.
Rimise giù
il bambino e si avviò alla porta, solo quando
fu di due passi oltre di essa le parole di Murtagh lo raggiunsero:
«Ho fatto
qualcosa di sbagliato?»
«No»
non si girò verso di lui, temendo che incontrare i
suoi occhi neri avrebbe mandato all'aria ogni suo proposito di
andarsene. «È
solo colpa mia»