WE ARE OUT FOR PROMPT - WINTER IS COMING WEEK 31 AGOSTO - 6 SETTEMBRE
Titolo: nec spec, nec metu
Personaggi: Isabella d'Este; Lucrezia Borgia [menzionata]; Francesco Gonzaga [menzionato]; Cesare Borgia [menzionato]. Lucrezia Borgia/Francesco Gonzaga [menzionati].
Prompt © Ornella Della Rovere: Isabella e Lucrezia, ambientazione originale (a tua scelta se far l'angst al loro primo incontro, o anni dopo): la diffidenza, l'invidia, l'odio (?). Insomma, la rivalità con la cognata Borgia.
Note: Il titolo è il motto latino di origini stoiche di Isabella. Letteralmente significa "né con speranza, né con timore". L'episodio è ambientato a Borgoforte, in provincia di Mantova, a fine ottobre dell'anno 1505.
[Per correttezza, scrivo che è un poco riveduta dall'originale, nonostante sia rimasta perlopiù identica. Ho solo cambiato qualche parola e l'ordine di un passaggio o due, per rendere il tutto più scorrevole.]
OoOoOoOoOoO
Nell’intimità
della Grotta[1], Isabella tiene la lettera contro
la fiammella della candela affinché il fuoco possa consumarla
senza lasciarne traccia. Quasi vorrebbe che, assieme
all’inchiostro, le righe dell'informatore le venissero cancellate
dalla mente, ma in quella stanza nulla viene dimenticato.
Isabella spazia con l'occhio sui cimeli dell’antichità che
la circondano, che solitamente ammira ogni volta con lo sguardo innamorato,
affamato della prima; ora quasi non li vede, scivolando sui marmi, sui bronzi, persino
oltre il muro celato dagli arazzi - protezione dal freddo umido
che già si insinua dalle fessure nelle pareti.
Il fodero[2] pesante tiene un
piacevole tepore addosso, ma nulla può contro l’infuriare, sotto la pelle, di un’ira che
la lambisce come una fiamma gelida.
Giochi, sollazzi e risi, a Borgoforte[3]: suo marito si diverte
a fare il gran signore sotto gli occhi bianchi[4] di sua cognata.
Lui, lo può perdonare.
Deve,
poiché assieme sono la macchina
che infonde la vita a quell’antica terra sul fiume, divisa tra
loro quanto il letto
matrimoniale; dei rancori coniugali, Isabella non è abbastanza
sciocca da non costringersi a mandar giù il boccone amaro.
Però, si riserva il diritto di pungolare le amorose ferite
che Francesco ostenta, quando dopo l'ennesima avventuretta torna da
lei, in cerca di un perdono che non
chiede.
Ma lei, la Borgia che profana le ombre[5] belligere di
Borgoforte, lei, nessuna legge la costringe a farsela piacere.
Non ha mai
provato alcun trasporto per la moglie di suo fratello - la duchessa
giovane, che ostenta i gioielli della sua santa madre, siede sul
palchetto ducale, convinta, col sangue privato[6] elevatosi solo
grazie ai soprusi di quel suo selvatico Valentino, di esserne degna.
Le dita grassocce di Isabella si stringono sulla carta,
sbavando l’inchiostro e creando rughe sottili sulla superficie liscia e
giallastra.
La immagina, agghindata in quel piatto color morello che tanto pare
apprezzare (e il ricordo di uno scherzo crudo della sua Emilia quasi le piega le
labbra in un sorriso di disprezzo. Quasi); la vede al braccio del Marchese, le
sembianze di un angelo biondo sceso a confortare[7] che a malapena celano la tentatrice inconsapevole
al disotto.
Oh, non che la ritenga capace di sedurre il suo Signor Marito. Non di proposito.
Francesco mal
sopporta una femmina il cui ingegno
cammina davanti al suo; la malsopporta, ma gli occorre, quanto in
passato gli occorreva un grembo fertile che generasse i suoi figli.
Ma per il
sollazzo, è una caccia riposante cercare la donna
remissiva, l’agnella che si fa condurre nel letto su un sentiero
lastricato di letterine leggiadre. Una creatura che, non priva di
cervello, manca di volontà: che nulla di più concreto sia
riuscita a combinare, per quel fratello imprigionato per cui pare
portare tanto amore, che sprecar parole vuote con sognatori più
sognatori di lei, a
cui piace giocare il ruolo del Salvatore, ne è chiaro indizio.
Isabella continua quell’immaginazione, li disegna sui prati
verdi sulle rive del Po, come una pittrice: i veli bianchi sul capo di lei a
nascondere la bella chioma, il passo lieve sull’erba in dolce contrasto con quello
pesante da soldato del suo Gonzaga.
Che bella scenetta bucolica, degna di un pastorale: una
coppia bella, immersa nella natura, scintillante di ori e avvolta da quell’aura vaga
del principio dell’amore. Due ragazzini che danzano in un miraggio in cui
quell’innamoramento è destino, la primavera al principio dell’inverno[8].
La lettera brucia, brucia e Isabella brucia con lei di quel
fuoco freddo e pallido, giallo come i suoi occhi, catturati dalla luce. La sua
mente lavora.
Non li disturberà: che si godano il loro idillio campagnolo
lontano dagli occhi gelosi della Marchesana. Che sbocci il loro fiore, che
motti vengano sussurrati e biglietti scambiati; che si chiamino tra loro con nomi
diversi dai propri, e immaginino di indossare altri volti, come maschere.
La realtà li raggiungerò e ghermirà, avvizzendo i loro
petali tra le dita; e Francesco si riscuoterà dall’instupidimento,
tornando al letto matrimoniale –magari sognando quello che aveva perduto, ma
non è il solo ad aver perso e non è l’unico a sognare.
E che Lucrezia si cullasse di portar sola quel sicuro
dolore.
Isabella osserverà da lontano con mille occhi, e sarà segreto, il gusto della rivalsa.
E dolce.
OoOoOoOoOoO
GLOSSARIO:
[1]: Un appartamento di Isabella, dove la Marchesana conservava la sua collezione di oggenti antichi (o presunti tali).
[2]: Il fodero è una veste semplice, invernale.
[3]: Allora, un comune in provincia di Mantova che fungeva da difesa militare.
[4]: Così descritti dal contemporaneo Niccolò Cagnolo da Parma. Con "bianco" si intende probabilmente un grigio tendente al celeste, o al verde.[5]: Una mezza citazione da "Orgoglio e Pregiudizio" di Jane Austen.
[6]: Così definito da un corrispondente coevo.
[7]: Una mezza citazione dalla splendida Maria Bellonci.
[8]: L'episodio è ambientato alla fine di ottobre del 1505.