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Autore: TimeKeeper    11/09/2015    0 recensioni
[La Leggenda degli Uomini Straordinari]
Era un pomeriggio più caldo della gelida, media estiva inglese. Il sole era sorto ormai da qualche ora, e restava ad osservarci sfacciato, mentre scendevamo dal calesse che ci aveva accompagnato fino alla casa indicata dal Signor M. Era una magnifica palazzina bianca in Fenchurch Street, che spiccava violentemente tra gli alti e degradati edifici dell’East End, avvolta da un’aura di silenzio e mistero.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Strophe the Third


Voglio restarmene qui con te

E non mai più partirmene

Da questo palazzo della tetra notte […]

Io prenderò qui il mio riposo eterno,

e scoterò dal giogo delle stelle funeste

questa carne stanca del mondo.


 

Qualsiasi cosa…

Il pavimento smise di tremare, come se un enorme gigante avesse stretto tra le sue braccia quel castello dimenticato da dio, impedendogli qualsiasi movimento; le detonazioni erano cessate di colpo, senza spiegazione. Un silenzio innaturale aleggiava nella stanza.

«Ma che diavolo…» sussurrò Angel, stringendomi più forte a sé. Aveva circondato le sue spalle con il mio braccio sinistro, in modo da sorreggermi ed aiutarmi a camminare. Il suo volto era imperscrutabile, ma i suoi occhi tradivano una preoccupazione profonda; sapeva sempre spiegare ogni fenomeno, fosse esso stato chimico, fisco o soprannaturale, e quando non lo sapeva fare significava che i guai stavano bussando alla nostra porta.

Sentii le forze ritornarmi di colpo direttamente dal cuore con una silenziosa esplosione all’interno del mio corpo. Angy fu scaraventata contro una libreria dall’onda d’urto di quell’enorme potere che si era liberato dentro di me. Mi sentii leggera, serena… potente. Potevo percepire ogni fibra dei miei muscoli pulsare e lavorare ad un ritmo forsennato, vedevo anche la più piccola particella di materia, gli atomi all’interno di una goccia di sudore; vedevo la vita in ogni cosa: in ogni fiore che nasceva, in ogni tazza di tè, in ogni vita tolta.

La stanza sparì lentamente, inghiottita da una luce dorata, e una melodia di campane a vento mi avviluppò e mi cullò dolcemente; una voce cantava, diceva qualcosa, ma non capii. Sentivo solo l’enorme potere che mi circondava, mi conquistava, fuori e dentro di me. Percepii un dolore intenso, lacerante, proprio al centro del mio petto…


 

«Tutto comincia e poi finisce…»

Sentii una voce di uomo, profonda e sofferente: “Non ti sei mai chiesta perché loro non si sono sottratti alla morte? Loro ti hanno salvato perché continuassi a vegliare sul portale e sul tempo stesso… E’ per questo che sei viva: tu sei la custode del tempo”

«Inizia, cresce e poi perisce…»

Ci fu una lunga pausa, un pianto soffocato ed ancora quella voce “Tu sei nata e cresciuta per badare che nessuno cambi i piani del tempo. Esisti per far sì che l’ordine venga mantenuto”

«Mai quest’ordine è stato violato…»

Vidi dei volti, tanti volti… uomini e donne segnati dallo stesso destino. Poi Angel, la mia Angel “Sei appena entrata nelle ombre, devi abituartici. E’ il nostro destino, possiamo solo accettarlo” “Credi… credi che io possa riuscirci?” “Certo. Anche se ti costerà un dolore che nemmeno puoi immaginare.” “

«E’ perché il guardiano ha sempre vegliato…»

Vidi mia madre, che mi accarezzava il viso e mi abbandonava “Io non voglio che tu vada via” “Anch’io vorrei non dovermene andare, piccola mia. Ma non posso restare, un giorno capirai…”


 

Mi sentii di nuovo mancare. La luce scompariva lentamente, lasciando i contorni della stanza liberi di mostrarsi; quella melodia bellissima sfumava fino a tornare silenzio. Un silenzio totale, completo, addirittura l’orologio aveva smesso di battere. I fiocchi di neve fuori dalla finestra, restavano immobili nel vuoto, senza cadere, e il vento non smuoveva le nuvole o gli strati superficiali del ghiacciaio. Sentii l’abbraccio caldo di Angel avvilupparmi, mentre cedevo inesorabilmente alla forza di gravità; lentamente cominciai a riacquistare l’equilibrio.

«Angel – sussurrai, cercando alzare la testa e guardarla negli occhi – cosa… cosa è successo?»

«Non lo so» ammise, candidamente, mentre mi reggeva al suo petto cercando di farmi rimanere in piedi.

La stanza sembrava ritornata normale, eppure mi rendevo conto di vederla in un modo nuovo, più preciso e completo. I miei sensi si erano acuiti in una maniera impressionante; percepivo distintamente la presenza di un piccolo insetto immobile a mezz’aria accanto alla finestra della camera accanto, l’odore dei colori ad olio che emanava la tela di Dorian, ogni singola cellula della pelle di Angel.

Era tutto così stupendo, affascinante.

Sentii un’altra fitta dolorosa al petto; gemetti portandomi una mano al punto dove la pelle mi doleva come se fosse stata a contatto con il fuoco vivo: anche la percezione del dolore era aumentata.

«Sei ferita? – mi chiese Angel preoccupata – Fammi vedere» ordinò poi, aprendomi la camicia poco sopra il seno. Il movimento del tessuto sulla mia pelle era una sensazione completamente nuova.

Lì, proprio accanto al medaglione d’oro che portavo sempre con me, era comparso un tatuaggio; un marchio a fuoco con un serpente che si mordeva la coda ed al centro una carabina ed una spada incrociate.

«Il tatuaggio…» sussurrò lei, scostando il medaglione, per vederlo meglio.

Abbassai la testa e osservai il disegno; era proprio identico a quello del mio amuleto: «Posso… avere qualche informazione in proposito, miss Mayfair» intervenni, con il mio proverbiale sarcasmo.

Angel mi scoccò un’occhiata di rimprovero; le sembrava incredibile che potessi scherzare anche in una situazione del genere: «Questo era il motivo per cui non riuscivamo a utilizzare il tuo potere - mi spiegò la mia amica – era il pezzo mancante del nostro enigma…»

Sentii un vuoto improvviso e poi il pavimento riprese a tremare scaraventandoci entrambe a terra. Quel limbo silenzioso e senza tempo che si era creato pochi istanti prima, scomparve all’istante riportandoci nella situazione di partenza: una nuova esplosione aveva frantumato una delle colonne portanti delle fondamenta e la nostra torre stava pericolando rischiosamente verso il crollo. Quell’attimo di stasi era terminato; i miei sensi erano tornati quelli di sempre, come se quella che si era appena conclusa fosse stata una specie di cerimonia per la consegna di un nuovo potere: prego, la messa è terminata, andate in pace. Eravamo di nuovo in quella stanza, lottando per la sopravvivenza in un castello che lentamente stava andando in frantumi.

«Andiamocene» urlò Angel trascinandomi via.

«NO! – le gridai in risposta, piantando i piedi – mi hanno dato il potere perché salvassi Dorian!»

«Che cosa?» rispose voltandosi e cercando di non perdere l’equilibrio sul pavimento instabile.

«Ho chiesto di avere il potere di salvare Dorian e me l’hanno dato… io non me ne vado di qui senza di lui»

«Iris è una pazzia! Anche se ora hai il tatuaggio, non sai se funzionerà – rispose Angel scansando con un movimento improvviso una semicolonna che era precipitata per la scossa - Non puoi pensare di venire a capo di un potere in due minuti. Non puoi farcela!»

«Da sola no… ma con te sì»

Il pavimento sembrò stabilizzarsi, evidentemente l’effetto dell’ultima esplosione era concluso. Il fuoco provocato dalle detonazioni e propagato all’interno dei laboratori, stava iniziando a farsi largo sui tappeti del corridoio; il suo calore cominciava ad infestare l’aria e a renderla densa. Angel mi strinse forte la mani tra le sue, guardandomi in volto, preoccupata. Pregai perché capisse che non potevo andarmene, che non avrei mai potuto farlo.

Tu l’avresti fatto per me…

La sua espressione divenne decisa e risoluta: «E va bene… hai in mente qualcosa?» disse annuendo con un unico cenno del capo.

«Dobbiamo tornare indietro nel tempo e distruggere chiunque ci fosse in questa stanza prima che uccida Dorian»

Angel inumidì le labbra con la punta della lingua, unendole poi in un gesto nervoso: «Nei libri che ho trovato si parla solo di viaggi tra secoli, non di spostamenti momentanei»

«Questo non mi aiuta» le dissi, stringendo le sue mani ancora più forte.

«Va bene, va bene… pensa Angel» disse rivolta a se stessa, alzando gli occhi al cielo in cerca di una risposta.

Le lasciai le mani ed andai alla porta per controllare quanto tempo ci restava prima che il fuoco invadesse la stanza; cercai di non guardare il cadavere di Dorian ancora appeso alla parete dal suo stesso stiletto e cacciai la testa fuori dall’uscio. Il fuoco stava divorando il tavolino circolare dell’anticamera, circa a metà del corridoio.

«Angel… ti consiglio di trovare una soluzione»

«Sì, sì, sto pensando» mi rispose lei, portandosi le mani alle tempie.

«Allora pensa più in fretta. Vorrei ricordarti che io non ho la protezione degli spiriti»

Chiusi la porta, sperando che servisse a qualcosa e tornai di nuovo davanti alla mia amica. Il caldo si stava facendo insopportabile; una goccia di sudore scivolò lentamente dalla mia fronte morendo tra le ciglia, come un collirio fastidioso.

Angel sembrò illuminarsi: «Esatto!» disse, allargando gli occhi dalla felicità.

Arricciai le ciglia in un’espressione di domanda: «Esatto… che?»

«Per quello non trovavo il modo, non c’è un modo!»

«Benissimo…» la interruppi, preoccupata.

«No, no, non hai capito. Non vuol dire che non possiamo fare nulla, ma che non c’è nessuno che può dirci come farlo! Vedi, per invocare uno spirito c’è una specie di procedura da seguire e anche per convincerlo a fare ciò che vuoi che faccia ci vanno parole specifiche, azioni, un certo comportamento… a te questo non serve: il Tempo non è uno spirito capriccioso che bisogna ingraziarsi»

«Mi stai dicendo che io devo solo desiderare di tornare indietro nel tempo e… accadrà?» chiesi, stupita di tanta semplicità.

«Con la dovuta concentrazione e volontà d’animo…»

«Ma il talismano, la filastrocca e tutta quella storia degli specchi?»

Angel alzò gli occhi al cielo, come se la risposta fosse ovvia: «Quelle sono procedure per utilizzare un Varco Temporale che è una specie di rottura nella linea spazio-tempo; qui parliamo di uno spostamento di pochi minuti…»

«Un po’ come portare indietro le lancette di un orologio» intervenni, cercando di semplificare la sua spiegazione.

«Esattamente! Il talismano e il tatuaggio sono come il permesso di poter utilizzare questo potere»

«Quindi devo solo imporre al tempo di tornare indietro… come bere un bicchiere di Whiskey» ironizzai.

Il fuoco stava cominciando a divorare la porta della stanza; le sue assi scricchiolavano come calpestate da un piede invisibile. Mi asciugai la fronte con la mano e respirai a fondo un paio di volte. Guardai fuori dalla finestra la neve scendere implacabile e silenziosa; era uno spettacolo magnifico quella distesa bianca ed intatta. Per un istante pensai che sarebbe stato un bel posto per morire, quella stasi completa, una tomba d’acqua solida, poi mi ricordai di Angel, di Dorian, di mia madre e di tutti quelli che mi amavano o lo avevano fatto in passato; non potevo deluderli, dovevo essere forte e dimostrare che ero una degna erede della famiglia Kingson-Cheaney… la nuova Custode del Tempo. Ce l’avrei fatta.

«Sono pronta» sussurrai con voce decisa.

Il fuoco aveva ormai quasi completamente carbonizzato la porta e stava prendendo possesso dei tappeti persiani e delle tende; presto sarebbe arrivato al triclino e poi al letto.

«Penso io al fuoco – mi disse Angel, portandosi a qualche passo da me – tu concentrati e focalizza il momento al quale vuoi ritornare»

«Ma non sappiamo quanto tempo prima l’abbia ucciso» affermai preoccupata, ma Angel già non mi ascoltava più. Aveva chiuso gli occhi e stava davanti a me, immobile, con la schiena rigida e le mani chiuse vicino al petto. All’improvviso, una specie di cerchio appena visibile, prese a vorticare attorno a noi; si allargava e si stringeva molto velocemente, come se cercasse di trovare la grandezza giusta, poi si bloccò circondandoci entrambe, all’altezza delle spalle. Da quel cerchio cominciarono a crearsi due semisfere che si unirono sopra e sotto di noi, creando una barriera leggermente luminescente. Il fuoco continuava a conquistare ogni parte combustibile della stanza, ma non riusciva a penetrare nella sfera che Angel aveva creato.

Concentrati! M’intimò senza abbandonare la sua posa statica, usando il pensiero.

Inspirai una grande quantità d’aria e la rilasciai chiudendo gli occhi. Pensai intensamente a cosa facevo, ma soprattutto per chi lo stavo facendo; il pensiero del cadavere di Dorian inchiodato al muro, della sua pelle ridotta a brandelli s’insinuò violento nella mia mente e una lacrima mi scivolò sulla guancia.

Non sei concentrata… mi ripeté Angel, introducendosi brutalmente nei miei pensieri. Affronta le tue paure: non pensare di poterlo fare, convincitene.

Strinsi di più le palpebre, sentivo tutti i miei muscoli tesi; desiderai di tornare indietro, forse sussurrai anche un comando, ma non accadde nulla. D’un tratto la voce di Dorian si accese nella mia testa…


 

Allora, vediamo se hai imparato”

Calcio contro la spalla destra, mano sinistra sotto la canna per sostenere il peso, mano destra sul grilletto, testa che segue la linea del mirino”

E gli occhi?”


 

Sorrisi al vuoto sussurrando la risposta: «Tutti e due aperti»


 

Bravissima… ora colpisci il bersaglio”


 

«Grazie Dorian…»

Aprii lentamente gli occhi, rilassai i muscoli della schiena e distesi ogni nervo per entrare in sintonia con il mio potere.

Indietro! Ordinai muovendo leggermente le labbra.

Il fuoco attorno a noi smise di muoversi; le fiamme rosseggianti che lambivano i pavimenti, le tende di broccato e i mobili, non si ritirarono né si mossero a ritroso, spinte da una forza invisibile, ma semplicemente si bloccarono, come ritratte da uno strano pittore. Percepii con violenza il ritorno dei miei sensi affinati; l’odore di ogni singolo filo dell’intrico prezioso che formava i tappeti, la magnificenza dell’insieme confuso di atomi che componevano le fiamme, la complessità dei cunicoli che una tarma aveva scavato nel legno della libreria accanto a me.

Angel aprì gli occhi e liberò dall’impegno lo spirito che ci stava proteggendo; prima che la sfera brillante sparisse, vidi il suo minuscolo centro di materia.

«Perché è fermo?» mi chiese Angy, avanzando verso di me.

«Sta aspettando…» risposi con voce lenta e soffusa, come se quello stato di stasi fosse la mia pace, il mio karma.

«Cosa sta aspettando?»

Solo ora vedevo tutto chiaro, ora che ero nel limbo senza tempo dove i miei poteri potevano scatenarsi: «Di sapere quanto andare indietro».

Angel rimase con la bocca socchiusa, in un’espressione sorpresa e preoccupata allo stesso tempo. Le sue sopracciglia erano leggermente sollevate e le pupille all’interno delle iridi castane, si erano ristrette come in reazione ad una luce violenta. Evidentemente la mia sicurezza l’aveva in qualche modo turbata.

Le posai una mano sulla spalla, sentendo sotto i polpastrelli l’intricato intreccio delle fibre di lana: «Stai tranquilla» le sussurrai.

Lei riunì le labbra carnose, rilassando il viso, e annuì lentamente. Le ciocche che le erano sfuggite dalla lunga treccia si erano fatte più folte e ora cadevano più decise sul viso e sul collo; ne scostò un paio portandole dietro le orecchie ed indietreggio di un passo per lasciarmi spazio e concentrazione. Il rumore del pavimento sotto il suo peso era bellissimo perché completamente nuovo.

Chiusi gli occhi, scorrendo nella mente qualsiasi possibile indizio sul momento in cui l’assassino di Dorian aveva lasciato quella stanza: dal cadavere non si potevano avere constatazioni, nello stato in cui era; tracce di sangue in cui contare gli isotopi radioattivi rimanenti non ce n’erano o, se ce ne fossero state, il fuoco le aveva cancellate. Pensai alle esplosioni: se erano cominciate solo molto dopo che avevo raggiunto quella stanza, significava che la Lega non era entrata da molto ed era stato sicuramente un componente della Lega stessa a compiere quella vendetta. In effetti, avevamo cominciato ad udire gli spari solo quando avevamo raggiunto il salone dove avevamo caricato le armi… la mia mente si fermò di colpo sull’immagine del grande salone: la corsa di Angel, la mia esitazione… quell’ombra riflessa nello specchio. Chi altri poteva aver utilizzato quel passaggio se non una persona che proveniva dalle torri?

«Touché» mormorai, aprendo gli occhi.

L’uccisore di Dorian aveva lasciato la torre poco prima che noi salissimo la seconda scala a chiocciola; questo significava che sarebbe bastato tornare indietro fino all’entrata nel castello ed evitare ogni tappa, ogni esitazione, per raggiungere la stanza in tempo.

Vidi Angel sorridere; evidentemente aveva seguito tutto il mio ragionamento.

«Bene, ora ritorneremo a prima che vedessimo il corpo senza vita della guardia, fuori dalla porta sfondata; allora non avremo che pochi minuti per raggiungere questa stanza. Questo significa niente soste e niente incertezze…»

«E niente armi per te» concluse lei, evidentemente preoccupata.

«Non ti preoccupare per me, me la caverò… ora rilassati e ricordati: qualsiasi cosa succeda, appena ti renderai conto di essere là fuori, corri»

«Va bene» disse lei, allentando i muscoli del torace, tentando di rilassarsi.

Respirai a fondo cercando di percepire l’aura di potere che mi circondava, la sentii scorrere in onde fluide sulla mia schiena, sul torace. Alzai la testa con decisione per imporre la mia volontà una seconda volta.

Indietro!


 

Quella volta non mossi neppure le labbra. Tutto intorno a me divenne buio: mi sentii risucchiare da un vortice invisibile e caddi in un baratro senza fine; poi una luce apparve in lontananza, sempre più forte, più violenta. La pelle prese a scottare nel punto in cui era apparso il tatuaggio, sembrava prendere fuoco. Poi tutto svanì: un freddo pungente ferì la mia pelle, il vento gelido soffiava sul mio viso, non ero più sospesa nel vuoto, ma sentivo i piedi poggiare su un terreno morbido.

«Iris!» mi chiamò forte una voce familiare.

Aprii gli occhi e mi trovai in mezzo ad una distesa gelata. Davanti a me Angel mi scuoteva, avvolta nel cappotto di visone grigio; il cappuccio le era scivolato dalla testa per i violenti scossoni che mi stava dando. Realizzai dove mi trovavo e una morsa mi strinse lo stomaco.

«Muoviamoci» le dissi, terrorizzata all’idea di non arrivare in tempo.

Lasciai cadere lo zaino con le armi e le munizioni mentre cominciavamo a correre verso la porta sfondata; sarei stata sicuramente più veloce senza quel peso. Angel mi precedeva di qualche metro; aggirammo il corpo della guardia ed entrammo. L’aria diaccia ci colpì per la seconda volta, come uno schiaffo incorporeo. Slacciammo i lunghi cappotti e li abbandonammo strada, correndo a perdifiato verso la scala a chiocciola. Non credo di aver mai corso così veloce in tutta la mia vita.

«Forza, forza» continuavo a sussurrare, con il fiato rotto dallo sforzo.

Salimmo i gradini della prima scala e ci precipitammo nel grande salone; i colpi di mitraglia non s’erano ancora accesi. Buon segno.

Percorremmo anche la seconda scala a chiocciola in silenzio, accompagnate solo dai nostri passi e dal rumore sommesso dei nostri respiri ansanti. I miei sensi erano tornati normali per una seconda volta, evidentemente si acuivano soltanto quando utilizzavo i miei poteri.

Al bivio prendemmo la scala di sinistra.

«Qualsiasi cosa ci sia lì dentro, lascia che sia io ad occuparmene – mi disse Angel, saltando due gradini ed arrivando al termine della scala – tu libera Dorian e inizia ad andartene»

«Io non ti lascio da sola» protestai col fiato che mi rimaneva.

«Non è il momento per essere testardi»

Superammo l’anticamera che conduceva alla prima stanza del corridoio; ormai si scorgeva la fine e ancora gli spari non erano cominciati. Raggiungemmo la piccola porta che conduceva alla stanza: una voce di donna proveniva dall’interno: «Avevi detto che volevi affrontare il tuo demone…»

La voce di Angel esplose nella mia testa: Ora!


 

Appena sfondammo la porta Angel scatenò un’onda di potere che scaraventò la persona che era in piedi davanti a noi, direttamente contro la parete di fronte. Tutti i mobili della stanza furono colpiti dallo spostamento d’aria che la mia amica aveva creato; i più leggeri andarono in mille pezzi, i più pesanti si limitarono a spostarsi di qualche metro. Mi fermai sulla soglia a contemplare quello spettacolo di potenza inaudita; i vetri si erano frantumati all’istante lasciando entrare il vento gelido e qualche fiocco di neve. E lì a terra, in mezzo ai resti di un siparietto di legno scuro, giaceva quello che sarebbe stato l’assassino di Dorian.

Era una bella donna, giovane ed affascinante; i suoi lunghi capelli castani, tendenti al rosso, erano legati da una mezza coda e ricadevano morbidi sulle spalle. Teneva i grandi occhi azzurri fissi su Angel, pronta a sferrare un attacco mortale. La riconobbi solo dopo aver visto i canini affilati spuntare dalla bocca aperta in un urlo muto.

Mina Harker.

Pensa a Dorian… mi ricordò la mia amica, preparandosi a colpire ancora la vampira.

Entrai nella stanza, timorosa di vedere ancora una volta il cadavere putrefatto, con la paura che fossimo arrivate tardi, ma quando mi voltai verso la sinistra, lo vidi lì… vivo.

«Iris…» sussurrò alzando le sopracciglia scure e perfette.

Quando udii la sua voce chiamare il mio nome, ebbi un sussulto. Era lì, il mio principe oscuro era vivo e mi stava parlando, ancora una volta. Una vampata di gioia pura mi nacque nel petto e riscaldò tutto il mio corpo.

«Ma come avete…»

«Shh - gli intimai quando cercò di chiedere spiegazioni; sarebbe venuto il momento, avevamo tutto il tempo del mondo – ora dobbiamo andarcene da qui»

Presi con entrambe le mani lo stiletto che lo teneva bloccato al muro e con uno strattone lo estrassi dal suo corpo; Dorian gemette appena, mentre un rumore sordo mi avvertiva che Angel aveva inchiodato Mina al muro con il suo incantesimo. Mi voltai e vidi la mia amica stringere il pugno in una morsa letale, proprio come aveva fatto con il maggiordomo, ma con molta più violenza, furia. Vidi Mina sospesa a mezz’aria che si contorceva, incapace addirittura di urlare, ma le sue mani non erano sul collo o la bocca, come avevo già visto con l’uomo che Angel aveva minacciato, ma stringevano un punto vicino allo sterno, in un tentativo disperato di penetrare nella cassa toracica; allora realizzai che Angel stava stringendo nel pugno il suo cuore.

Abbandonai Dorian, lasciando cadere lo stiletto e mi piazzai tra Angel e il corpo di Mina, che stava lentamente perdendo le forze.

«Basta così» le dissi, guardandola dritta negli occhi. Non c’era minaccia nella mia voce, solo una semplice richiesta.

Angel mi guardò incredula: «Lei ha ucciso Dorian» obbiettò tenendo stretta la morsa intorno al cuore di Mina. Dietro di me, la sentivo soffrire in silenzio.

«Dorian è vivo, abbiamo fatto quello per cui siamo venute. Uccidere un componente della Lega ci metterà nei guai»

Angel continuava a guardarmi, senza allentare il pugno.

«Abbiamo sovvertito abbastanza le leggi del mondo per oggi - aggiunsi, poggiandole una mano sulla spalla, come avevo fatto prima di tornare indietro nel tempo – non può nuocerci in questo stato»

Molto lentamente, Angel abbassò la mano rilasciando la presa sull’organo vitale della vampira. Dietro di me il suo corpo cadde con un tonfo, in uno stato d’incoscienza. Dorian allentò la tensione sui nervi e raccolse il suo stiletto.

«Tu sei troppo… buona» mi sussurrò Angel cominciando ad avviarsi verso la porta. Dorian ci guardò entrambe: i suoi occhi erano pieni di domande, aveva lo sguardo di chi accetta quello che vede solo perché aspetta di risvegliarsi. I suoi lunghi capelli neri erano impeccabili come sempre; l’unica nota stonata nel suo aspetto ero lo stiletto, privo della sua solita custodia che lo avrebbe fatto assomigliare in tutto e per tutto ad un bastone da passeggio. Entrambi mi guardarono in attesa che li raggiungessi: le due persone che amavo erano salve. Il vento gelido che entrava dalla finestra rotta mi accarezzava dolcemente e qualche fiocco di neve cadde ai miei piedi. Mi sentii felice ed appagata, piena di una contentezza calda ed acquietante.

Il viso di Angel divenne di colpo una maschera di terrore, sentii un respiro dietro di me; non feci in tempo a muovermi che un paio di mani mi bloccarono le braccia dietro schiena, immobilizzandomi completamente.

«La pietà non ti porterà da nessuna parte» mi sussurrò una voce di donna a pochi centimetri dall’orecchio sinistro. Mina si era finta svenuta per sferrare quell’ultimo attacco.

Dorian fece immediatamente un passo verso di me, ma Angel lo bloccò con una mano; sapeva che quella donna non aspettava altro che una scusa per affondare i suoi denti nel mio collo.

Non fare mosse avventate… mi disse Angel, entrando nei miei pensieri.

«E’ arrivata la cavalleria, vero tesoro? - disse Mina, puntando le sue iridi azzurrine su Dorian – Hai promesso a tutte e due amore eterno affinché ti salvassero?»

Dorian alzò lo stiletto all’altezza del viso, ma non parlò; si voltò verso Angel, che chiaramente gli aveva intimato il silenzio, e tornò a guardare Mina.

«Hai amato anche loro per qualche ora come hai fatto con me?» chiese di nuovo, evidentemente nel tentativo di farlo reagire e poter finalmente mettere fine alla sua vita.

«Lui non ti ha mai amato… - sussurrai, senza un barlume di lucidità – non l’ha mai fatto»

Sentii la stretta di Mina farsi più serrata e i suoi denti penetrare violentemente nella carne del mio collo; il sangue mi scorreva via, succhiato dalla sua bocca famelica. Il mio cuore batteva fortissimo, poi sempre più lentamente, mentre mi veniva sottratto ogni liquido vitale.

Un’onda d’urto violentissima ci sbatté contro la parete e il colpo allontanò Mina dal mio corpo. Caddi a terra, mentre il sangue continuava a scorrere dal mio collo sul petto e il cuore si sforzava di pompare ancora, inutilmente. Le immagini cominciarono a sfocarsi a tratti: sentii le delle urla di dolore e qualcuno mi sollevò da terra e mi adagiò in un altro punto, issando la mia schiena con entrambe le braccia in un tentativo di tenermi sveglia. Lentamente misi a fuoco il volto latteo di Dorian, i suoi occhi scuri preoccupati.

«Iris, forza…» mi sussurro scotendomi appena.

Sapevo di avere un corpo, ma non riuscivo a comandarlo. Cercai di distendere un braccio per accarezzare i suoi capelli neri, ma non ci riuscii.

«Iris devi stare sveglia… sei una maledetta testarda… perché gliel’hai detto?»

Volevo rispondergli che l’avevo fatto perché era vero, che non ci avevo pensato, che non doveva preoccuparsi: sarebbe andato tutto bene, avremmo sistemato tutto… ma dov’era Angel? La mia Angel?

Produssi un debole suono, molto lontano da qualsiasi cosa fosse conosciuta con il nome di parola.

«Chérie… mi senti? Non puoi andartene perché devo raccontarti di Venezia… ci sono stato, sai? E’ davvero come la immaginavamo…»

Tentai di sorridere, ma nessun muscolo mi rispondeva più. Il volto di Dorian stava perdendo velocemente nitidezza e si stava trasformando in un buio senza fine; credetti di aver chiuso gli occhi e tentai di riaprirli, ma mi accorsi che in realtà semplicemente non vedevo più nulla. Anche i suoni si stavano spegnendo. Percepivo solo eco lontane…

«Non respira!»

Un rumore di vetri infranti. Il calore improvviso di un corpo contro il mio, due braccia che mi circondavano e poi una voce nella mia testa, chiara e decisa.

Vivi! M’impose.

Uno scoppio improvviso all’interno del mio corpo mi riportò alla vita; la luce tornò violenta a ferirmi gli occhi. Mi resi conto di essere sdraiata a terra, la testa appoggiata al petto di Dorian che stava cercando di sollevarmi. Poi di nuovo il buio, un calore terribile tutto intorno a me e un dolore accecante in un punto indefinito vicino alla spalla sinistra. Qualcuno mi stava sollevando e portando via; sentivo il mio cuore battere molto lentamente, troppo adagio. Raccolsi tutte le mie forze ed aprii gli occhi: vidi un alto soffitto a cassettoni e i capitelli di alcune colonne, poi ancora il buio. Un rumore sordo e continuo, come le eliche di un aereo. Ma non avevo appena visto un salone? Mi adagiarono su una superficie soffice e mi coprirono. Sentii una voce…

«Non ti preoccupare… è finita»

Allora mi addormentai.

   
 
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