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Autore: cartacciabianca    08/02/2009    2 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Veleno sulla lama da lanciare, con cui colpire

-Maestro- Altair s’inchinò, umile.

Tharidl era solito volto alle vetrate, attraverso le quali il sole buttava i suoi raggi nella sala, illuminando come da tempo non accadeva.
-So perché sei qui, senza che ti fu chiesto- disse il vecchio senza voltarsi. –Altre scuse, or dunque…- sospirò.
Altair strinse i pugni. –I miei atteggiamenti sono stati pessimi, e vengo a portarvi le mie scuse prima che prendiate decisioni affrettate- abbassò il capo, e l’ombra del cappuccio si allungò oltremodo sul suo viso. –Vi prego- sottinse stringendo i denti.
-Non ho mai pensato di punirti, Altair- parlò il Maestro. –Quello che è successo ha mosso in tutti noi emozioni e paure differenti. La gente era spaventata, e lo è ancora. Trattenendo il Frutto nelle nostre mani, le avevamo dato fiducia, ma ora, il popolo di Masyaf ci si rivolta contro…- proferì grave.
Altair mosse un passo avanti. –Tutto ciò è assurdo- commentò. –Elena non era pronta, e voi lo sapevate. Che battesse Corrado era impossibile! Non mi basta sapere che avete fiducia in lei, volevate forse sbarazzarvi del Tesoro gettando la sua carne tra le lame? È assurdo…-.
-Ah!- Tharidl si voltò. –Mi sembrava che fossi qui per scusarti, non per rinnovare le tue accuse- lo riprese seccato.
Altair fece un gesto di stizza. –Elena è mia allieva, mi sono sentito in dovere di partecipare alla scelta di ciò che ne sarebbe stato del suo destino!-.
-Allora non comprendi a pieno quale sia il mio compito, come non comprendi il tuo- gli rispose Tharidl avvicinandosi.
L’assassino rimase immobile. –Siete stato voi ad affidarmi questo peso, che giorno dopo giorno durante il suo coma ho sentito morirmi dentro! Dire che sono stufo è dire poco! Vi chiedo solo di darmi delle risposte, nient’altro…- enunciò.
Il vecchio tacque, pensieroso. –Per ora ti basti sapere che volevo darle la possibilità di saldare i debiti di Corrado. In fondo, ho pensato che il suo odio per quell’uomo l’avrebbe aiutata in combattimento, e per una gran parte dello scontro è andata come speravo… Nessuno avrebbe potuto prevedere quello che accadde dopo, tanto meno io, che dall’alto delle mura non mi sono accorto assolutamente di nulla. Se ti stai chiedendo se rimpiango le mie scelte, ebbene sì. Elena è importante non solo per gli interessi della confraternita…- le sue parole si persero nell’aria della sala.
L’Angelo si voltò. -Ho ripetuto a quella ragazza che il rancore non è alleato in combattimento. Ho insegnato ad Elena a mantenere il controllo sulle sue escandescenza, e lei ha rispettato i miei ammaestramenti. Non avrebbe mai assecondato la sua rabbia, mai…è tutto- disse avviandosi.
-Non ti accuso di questo, anzi te ne sono riconoscente, ma non abbiamo finito- proruppe Tharidl sedendosi sullo sgabello.
Altair si girò, lentamente, confuso. –Sarebbe?- domandò sorpreso.
-A differenza di come credevi, non ho intenzione di lasciare a Corrado il Potere di Dio senza neppure lottare per riaverlo. Altair, voglio che sia tu ad occuparti di Monferrato e della sua vita. Deve pagare per aver violato il confine della nostra città, di averci strappato le vite di molti dei nostri fratelli. Ne sei disposto?- Tharidl alzò un sopracciglio e cominciò a scrivere su una pergamena.
Altair annuì convinto, tornando di fronte alla scrivania. –Come rifiutare…- borbottò tra sé.
-Ottimo-.
-E la ragazza?-.
Tharidl rise. –Aspettavo con ansia questa domanda…- portò la piuma nell’inchiostro.
Altair trattenne il sussulto. –è rischioso, non riuscirebbe a…-.
Il vecchio poggiò il pennino e si mise a braccia conserte. –Vogliamo cominciare da capo?- disse guardandolo serio.
Altair emise un gran sospiro. –No- concluse.
-Ebbene, voglio che cominci le prime nozioni con la spada corta e i pugnali da lancio non appena si sveglia. Quando avrà appreso le tecniche base, sarete pronti a partire per Acri. Il resto lo apprenderà sul campo…- Tharidl riprese a trascrivere.
L’assassino si strinse le cinghie del guanto. –E…- provò a dire, ma il vecchio lo interruppe.
-A tempo debito il rafik verrà informato, ed Elena farà ritorno per l’evenienza. Ti raggiungerà una settimana più tardi, durante la quale voglio che sia tutto pronto per l’assassinio- proferì.
-Una settimana non le basterà per riprendersi, se la conosco bene…- commentò Altair sorridendo malizioso.
Il Maestro alzò lo sguardo. –Nessuno qui la conosce abbastanza, Altair. Tanto meno tu, che con lei sembri avere un rapporto anche troppo poco aperto. Sei il suo Maestro, invece di ridurti ad insegnarle nel metodo più rigido che abbia mai visto, parlale, consigliale; non mi sembra di chiedere molto…- borbottò il vecchio.
Altair s’insospettì. –Sapete qualcosa che io non so?- domandò.
-Sì, molte cose; ora ricevi il tuo congedo-.
Altair alzò le spalle. –Maestro- salutò inchinandosi, poi lasciò la sala.

-Ma che ti è preso?- gli chiese Fredrik quando Rhami finì con la schiena a terra.
L’assassino gli porse la mano, e Rhami l’afferrò saldamente.
Fredrik lo tirò su di colpo, e Rhami per poco non scivolò di nuovo. –Scusa- disse guardando in alto, dove i colombi si appollaiavano sul tetto.
-Sei distante- commentò Adel seduto sullo steccato dell’arena. –C’è qualcosa che ti turba, fratello?-.
Rhami si abbassò il cappuccio, scosse la testa e i capelli tornarono scompigliati come gli piacevano tanto. –Sul serio, io…- borbottò a bassa voce.
Fredrik rinfoderò la spada. –è per la ragazza, non è così?- sorrise.
Adel si schiarì la voce, e Rhami gli lanciò un’occhiataccia. –Sì, sono solo… preoccupato- sbottò fissando storto Adel.
-Si riprenderà, ormai tutti lo sanno. Adha si è occupata delle sue cure personalmente, non vi è da temere- gli disse Fredrik.
Rhami si voltò a scrutare la torre della fortezza, raggiungendo con gli occhi azzurri le finestre dell’infermeria. –Sì, forse avete ragione…-.
-Forse?- Adel scese dalla staccionata e venne verso di lui. –Respira, è viva! Non devi essere in pena-.
Fredrik aggrottò la fronte. –Potresti andare da lei, più tardi- consigliò rivolgendosi a Rhami.
Adel scoppiò in una risata. –Non ci pensare neppure!- disse piegandosi dalle risate. –Quelle stanze sono vietate a tutti tranne Adha e Marhim- confessò.
Rhami gli volse uno sguardo sconvolto. – Elena si trova nell’infermeria ora, ma…Marhim?! Perché? Com’è possibile, quando l’hai visto? Quando è successo? - gli si avvicinò, e Adel fece un passo indietro.
-Non ne sono certo, ma ho ascoltato una delle damigelle di Adha, l’altra sera nella mensa. Ha detto di aver visto Marhim dormire con lei. Nient’altro…-.
-Dormiva con lei?- si aggiunse Fredrik, altrettanto sorpreso. –Questa, poi…- sospirò.
Rhami rinfoderò la lama, abbassando lo sguardo. –Assurdo, non ci credo. Quel novizio, lui…- digrignò.
Fredrik gli cinse le spalle. –Sta’ calmo, va bene? Sono solo voci, per di più da una donna pettegola come Luisa - lo consolò.
Rhami si divincolò e lasciò la recinzione. –Continuate senza di me- disse e si avviò dentro la fortezza.
-Stolto! Altair sarà qui a breve! Dobbiamo riprendere l’allenamento! Rhami!- tentò di fermarlo Adel.
Fredrik si mise in posizione sfoderando la lama corta. –Lascialo andare, magari gli farà bene…- disse. –Forza, sta’ pronto!- Fredrik si avventò sull’assassino, ma Adel schivò con facilità di lato.
Rhami attraversò la sala del Maestro, ma vide Altair venire verso di lui, diretto fuori dalla stanza.
-Mastro Altair- Rhami s’inchinò proseguendo oltre.
Altair lo bloccò afferrandolo per il cappuccio, e Rhami tornò indietro.
-Dove vaghi, ragazzo?- gli domandò accigliato.
-Vago, dove vago?…- parlottò. –Ero diretto nella mia stanza- Rhami si sfilò alcuni pugnali da lancio senza che Altair se n’accorgesse. –Avevo intenzione di allenarmi con i lanci, ma ho dimenticato di prendere i coltellini!- rise voltandosi, mostrando i foderi vuoti.
Altair annuì poco convinto. –Poco male, fa’ in fretta- passò oltre e raggiunse Fredrik e Adel nel campo.
Rhami salì le scale che seguivano le pareti della torre, e si fermò solo all’altezza del quarto piano. Le porte dell’infermeria erano chiuse, ma Rhami scansò un battente lentamente.
Delle voci venivano da dentro.
-Passerà anche questa notte, ma non posso fare nulla per i lividi. Non mi sorprenderei se aprisse gli occhi, ma stesse ancora dormendo. Quel colpo alla testa non ci voleva…- dichiarò Adha.
Rhami si affacciò ancora, entrando del tutto.
Assieme ad Adha, ai piedi del letto di Elena c’era anche Marhim. I due gli davano le spalle, così Rhami poté muovere alcuni passi verso di loro senza essere visto.
-Quanto tempo, fino ad allora?- domandò Marhim guardando la donna.
Adha si pulì le mani su uno straccio che aveva in grembo. –Uno, due giorni, se tutto va bene…- sospirò grave.
-Solo un’ultima cosa- fece Marhim prima che Adha si voltasse.
Rhami si nascose nell’ombra di un armadio abbastanza spesso da coprirlo.
La donna attese.
Marhim esitò qualche istante, indugiando con gli occhi su di Elena, dormiente. –Sta soffrendo?- le chiese.
Adha tornò dov’era, affianco al ragazzo e gli poggiò una mano sulla spalla. –Sì, e più di quello che possiamo immaginare. Se non il veleno, allora sono i fatti a tormentarle il sonno-.
Detto quello, Adha lasciò la stanza spedita.
Rhami emerse dall’ombra e si avvicinò a Marhim, ancora volto dall’altra parte.
Marhim si girò, trovandosi Rhami a pochi centimetri.
Rhami teneva uno sguardo serio, quasi collerico e Marhim indietreggiò. –C’è qualcosa che non va?-
Gli occhi di Rhami mandarono un celere barlume, e l’altro assassino capì al volo. –va bene, non c’è bisogno di essere aggressivi- disse allontanandosi verso l’uscita.
Marhim si lasciò la porta aperta alle spalle e scese le scale quasi correndo.
L’Angelo si avvicinò alla ragazza.
Elena aveva il volto girato di profilo, i capelli raccolti in una treccia che si era offerta di farle Lily quella stessa mattina. Sembrava dormire tranquillamente, ma il suo petto si alzava e si abbassava con irregolarità.
Una fasciatura candida le avvolgeva le tempie, premendo sul punto in cui Elena aveva battuto la testa sulla roccia, quella notte. Le braccia lungo i fianchi, i pugni chiusi.
Il viso contratto in un espressione sofferente, che neppure stesse ancora lottando sotto la pioggia. Rhami si sedette sul bordo del letto, continuando a fissarla, sperando che si svegliasse in quell’istante. Chissà quali sogni, quali incubi straziavano la sua mente mentre era incosciente di quello che accadeva dalla parte del mondo reale. Lo scontro le aveva lasciato lividi ovunque sulle parti scoperte del corpo: braccia, collo… macchie bluastre che Rhami non aveva mai visto. In fine, notò un paio di occhiaie profonde, che sicuramente erano dovute al liquido che le scorreva nelle vene e che Adha aveva fatto il possibile per eliminare. –Dannato…- sottinse.
Gli occhi di lui indugiarono non solo sul volto di lei, ma nonostante l’interesse, Rhami si alzò tornando dritto.
Rimase di stucco quando notò che la mano di Elena si era aperta, e il suo bel palmo bianco era rivolto verso l’alto.
La tentazione di accarezzare quella pelle così candida era troppo forte, e Rhami le sfiorò le dita con le sue.
Appena ci fu il contatto, il pugno di Elena tornò a chiudersi minaccioso.
Rhami lasciò l’infermeria, scacciando le stupidaggini che gli erano passate per la mente.

Il caldo diventava sempre più insopportabile, e su di lei raggiava una luce accecante. Il tutto accompagnato da dei suoni familiari: voci lontane, clangori metallici, ali che sbattevano, vento che alzava la polvere.
Elena si riebbe lentamente, riacquistando coscienza delle mille parti che componevano il suo corpo stanco, adagiato su un materasso comodo e morbido. Le lenzuola le scivolarono dalle gambe spazzate via da una folata improvvisa, e le venne la pelle d’oca.
Un brivido le attraversò la schiena, ed Elena si tirò su col busto di colpo.
Aprì gli occhi, e impiegò diversi secondi ad abituarsi al chiarore intenso di quel luogo.
Dalle finestre entrava la luce del buon giorno, assieme al frastuono cittadino.
Stormi di colombi svolazzavano da parte a parte della fortezza, ed Elena ascoltò anche i gemiti e le voci degli assassini che si allenavano nel cortile interno.
Inspirò a pieni polmoni l’aria mattutina e assaggiò con lo sguardo il cielo azzurro che si stagliava per leghe e leghe all’orizzonte.
Le intemperie avevano abbandonato Masyaf, e si erano spostate altrove, laddove Corrado avrebbe custodito il Frutto dell’Eden.
Elena si guardò attorno, e riconobbe il largo corridoio qual era quello dell’infermeria.
La sala era vuota di gente, eppure, si disse la ragazza, dopo l’attacco molti erano rimasti feriti. Si passò le mani tra i capelli, e li spostò di lato, sulla sua spalla.
Fece per alzarsi, ma mosso appena un muscolo, le porte infondo alla sala si socchiusero.
Elena tornò giù con la schiena, chiuse gli occhi.
I passi venivano verso di lei, e si arrestarono al fianco del letto.
-So che sei sveglia- sorride Marhim, guardandola.
Elena non riuscì a trattenere una risata, anche se avrebbe voluto che il suo scherzetto durasse ancora un po’.
Si alzò d’un tratto e, con grande sorpresa di Marhim, Elena si lanciò ad abbracciarlo.
Marhim la strinse per i fianchi. –Sono contento di vederti così allegra!- confessò.
Elena non riuscì a fermare le risate, che si mescolarono a lacrime di gioia. –Altrettanto…- mormorò commossa.

Chissà quanto tempo era passato, si chiese la ragazza camminando a fianco del suo amico.
Marhim la stava accompagnando alla sala mensa, affinché recuperasse del tutto fermezza sulle gambe ed energie.
Nel tragitto incontrarono assassini e saggi, che però non le rivolsero alcuno sguardo intimidatorio, rabbioso o chissà che cosa come lei si aspettava. La cosa la infastidiva ancora di più, mettendola a disagio.
Marhim le servì la colazione sorridente, e rimase accanto a lei durante tutto il pasto.
La sala mensa era vuota, in un angolo c’era una donna che spazzava silenziosamente il pavimento, ma che preferiva farsi i fatti suoi.
Marhim era seduto vicino a lei, che timidamente saggiava cucchiaio dopo cucchiaio di quella roba orribile, ma per la fame non avrebbe lasciato un cereale uno.
Il ragazzo la fissava, senza aprire bocca.
Elena finì alla svelta, sapeva che c’erano molte cose da fare e da recuperare, e non avrebbe sopportato l’idea di non tornare a rimediare ai suoi sbagli.
-Hai ancora fame?- le chiese.
Elena scostò la scodella. –Fame di vendetta- pronunciò.
Marhim rise. –Avanti, qui tutti hanno superato quello che è successo, dovresti fare altrettanto- le disse.
Elena, sbigottita, si voltò. –Non capisco! Come è possibile che tutti abbiano già dimenticato? Quello che ho fatto è stato imperdonabile… ho perso, vi ho deluso…- una nuova espressione afflitta si disegnò sul suo volto.
Marhim le venne più vicino. –Veramente, devi sapere che non è stata affatto colpa tua se hai perso quello scontro-.
Elena alzò gli occhi azzurri e li puntò in quelli di Marhim, che continuava a sorriderle, sapendo che le sue prossima parole avrebbero portato pace nell’animo di Elena.
-Avanti, ti ascolto- sbottò la ragazza incrociando le braccia sul tavolo.
Lui no attese altro. –Quando i nostri medici ti hanno visitata, hanno trovato un ago- disse d’un fiato.
Elena si riscosse. –Veleno?- balbettò incredula.
Marhim annuì grave. –Era un veleno che aumentava in te il senso del dolore, un erba che viene da terre lontane, che non si trova facilmente. I suoi effetti sono l’ampliamento dei sensi percettivi, e posso scommettere che dal momento in cui l’ago ti ha passato la schiena, hai cominciato a sentire dolore anche dalla pioggia che cadeva su di te- si fece triste.
Elena, sbigottita, non poté crederci.
Quale essere senza onore avrebbe architettato una cosa simile? Quale? Se un giorno lei e Corrado si fossero rivisti, giorno in cui qualcuno l’avrebbe incaricata di ucciderlo, avrebbe chiesto il nome di colui che quella notte piovosa l’aveva avvelenata. Quell’uomo sarebbe morto subito dopo Corrado.
-Elena, ascoltami- Marhim schioccò le dita, e la ragazza tornò in se, assumendo un’espressione meno corrotta dalla rabbia.
Marhim curvò le spalle. –Quello che più ci preme, in questo momento, è il fatto che chi ti avvelenato è ancora qui nella fortezza. Era uno di noi, Elena- sottinse.
Elena scattò in piedi, ma Marhim la prese per il polso facendola sedere di nuovo.
-Calma, il Maestro se ne sta già occupando- aggiunse. –Nella fortezza svolazza libera una spia, ma nessuno ci da il permesso di aggredire nessuno, tutto chiaro?- le chiese.
Elena mormorò un lieve sì, pensando che, chiunque fosse, l’avrebbe pagata!
-Lascia, faccio io- Marhim prese il piatto e lo riportò in cucina, lasciando sola la ragazza nella sala mensa.
Elena si guardò attorno, stava con i propri pensieri, ma d’un tratto, dall’ombra comparve una figura bianca e familiare.
Rhami fece qualche passo verso di lei, ed Elena si alzò sorridendo.
-Allora le voci sono vere- fece Rhami proferendo un leggero inchino col capo.
Aveva il cappuccio alzato a celargli il volto, ma gli occhi di ghiaccio erano i diamanti del solito sguardo da lupo.
Elena si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. –Sì, sono viva, così pare- bisbigliò timida.
Da quando Elena gli era saltata addosso durante l’allenamento comune, non aveva più il controllo sulle sue guance nel vedere Rhami così vicino.
Era scattato qualcosa, una molla che aveva innescato un meccanismo arrugginito: ora Rhami le appariva con colori e sfumature differenti. Da una parte sentiva di temerlo, ma dall’altra di esserne attratta. Poteva una persona essere il tuo peggior amico o il tuo miglior nemico? Si chiese.
Rhami si limitò a sorridere. –Come ti senti?- le chiese affettuoso.
Elena tornò a sedersi di fianco, e Rhami gli si accomodò di fronte. –Molto meglio, grazie-.
Rhami si scompigliò i capelli. –Ho saputo di quello che è davvero successo- disse, ed Elena sapeva si stesse riferendo all’ago, al veleno e alla spia.
-Ti ricordi di quando ci siamo visti la prima volta?- le chiese allungandosi verso di lei.
Elena ci pensò poco, perché ricordava ogni dettaglio. – Jarhéd – ipotizzò.
Rhami annuì, convinto e sorridente. –Non ho alcun dubbio, e questa volta non lascerò correre le cose. Non voglio che quello lì ti faccia ancora del male, ma più di qualunque altra cosa, deve pagarla cara- strinse i pugni sul tavolo.
Elena rimase in silenzio, non sapendo come intervenire.
Rhami la guardò di nuovo, ma trattenne il furore. –Insomma, ci sono stato male sapendo della spia, certo… ma mi sembra così ovvio che sia lui!- gridò.
Elena sobbalzò. –Puoi- balbettò.
-Scusa- sottinse lui. –So che stai passando un brutto momento, e che i tuoi incubi ancora ti assillano, quindi scusa se ho urlato, e…-.
La ragazza scosse la testa. –No, mi chiedevo se potevi raccontarmi cos’era successo nella vostra missione, quella volta. Tutto quanto, forse posso aiutarti…- bisbigliò con un filo di voce.
Rhami le venne ancora più vicino. –Ecco, eravamo a Damasco per occuparci di un generale di poco conto. Se quell’uomo fosse ancora vivo, oggi molte delle truppe di Saladino sarebbero stese sul campo di battaglia. Era un vero pezzente, da quanto risultato dalle indagini di Garik. Invece di pensare ai suoi soldati, a strategie decenti o meglio, seguire alla lettera i comandi di Saladino, se la spassava. Il potere, come si dice, gli aveva dato alla testa. Insomma, il succo è che Jarhéd doveva occuparsi delle sentinelle, io dell’assassinio e Garik delle indagini. Il poveretto è senza una gamba, l’hai visto anche tu, ma ti posso giurare che…-.
Elena non era d’accordo. –Ma scusa- disse guardandolo. –Se Jarhéd ha mandato in rovina la missione per conto di Saladino, cosa c’entra con Corrado?-.
Rhami ci rifletté. –Hai ragione, non ci avevo pensato. Comunque la missione non andò a rotoli. Riuscii a togliere la vita a quel bastardo, ma qualcuno allertò le guardie prima del dovuto. Scappammo dalla città, ma i soldati ci seguirono anche oltre le mura fino ai primi appostamenti degli arcieri nel Regno. A quel punto ci hanno sorpresi ad un posto di blocco. Il resto lo conosci…-.
Elena lo guardò avvilita, e Rhami abbassò lo sguardo, ripensando forse ai giorni di dolore cui però doveva essere abituato. –Ti hanno ferito? Dove?- chiese la ragazza.
Rhami si mise di profilo, indicando una lunga cicatrice bianca che correva dalla tempia al mento. –Una spada- disse, poi si tolse il guanto e arrotolò la manica della veste fino alla spalla.
Ad Elena le luccicarono gli occhi.
I muscoli erano scolpiti sulla pelle scura come in una statua di marmo. Sodi e brillanti anche al chiarore tenue della sala mensa.
Rhami le mostrò un foro che andava ad attraversargli l’avambraccio da parte a parte. –Una freccia. La punta è rimasta dentro una settimana, debbo ad Adha la vita. Sono così contento che sia tornata- fece afflitto. –O molti assassini non sarebbero qui- aggiunse.
Prima che Rhami potesse coprirsi il braccio, Elena allungò una mano e gli accarezzò la cicatrice rosata che aveva un buffa forma tonda.
Rhami la osservò divertito.
Scottava come se avesse la febbre. Elena si disse che l’assassino passava gran parte della giornata sotto il sole, cui calore passava attraverso il tessuto della veste. Era un bollore piacevole al tatto, e la ragazza non riuscì a staccarsene, sfiorando non solo lo sfregio, ma anche il resto del braccio, fino al polso.
Elena si riscosse, scansandosi. –Scusa- balbettò.
-Figurati, anche io vado fiero del fatto che non ci serve una stufa, nella camera- rise lui svolgendo la manica. Si legò con cura i lacci del guanto.
-Adha- cominciò Elena. –Non è sempre stata qui?- domandò ammirando come l’assassino stringeva le cinghie.
-No- rispose. –Non si sa molto di lei, ma è certo che lei ed Altair si conoscevano già da molto. Poi, chissà perché, Adha ha lasciato questo regno per un altro. È ricomparsa da qualche mese, poco dopo la morte di Al Mualim. C’è chi dice che sia stata in Italia, altri suppongono che abbia una famiglia in Inghilterra, o persino in Francia. Ecco tutto- Rhami tornò a guardarla.
Rimasero in silenzio a fissarsi negli occhi, che entrambi avevano di un azzurro innaturale, contemplandosi a vicenda.
All’improvviso, le porte della cucina sbatterono, e Marhim li raggiunse.
Elena si scostò con violenza alzandosi, e Rhami, dopo di lei si sollevò lentamente.
I due assassini si scambiarono un’occhiata buffa, che ad Elena fece ridere.
Marhim aggrottò la fronte. –Come mai sei qui?- interrogò il compagno.
Rhami gonfiò il petto. –Per lo stesso motivo per cui ci sei tu-.
A quelle parole Marhim strinse i denti. –Sarebbe?-.
Rhami e Marhim erano molto differenti tra loro, e quelle differenze li rendevano entrambi belli e affascinante, pensò Elena arrossendo.
Rhami aveva l’aspetto di un vero e proprio Angelo della Morte: la veste lunga e bianca, i coltelli da lancio sulla cintura e negli stivali. Una spada corta, e una lama nel fodero sicuramente più professionale di quella che portava Marhim.
Marhim aveva l’aspetto di uno dei tanti soldati di Masyaf, eppure si ostinava a farsi chiamare assassino. Di rango basso, Marhim era vestito con una tunica bianca fino alle ginocchia dal cappuccio grigio, esattamente come Elena quella mattina.
Ora che ci rifletteva, chissà che fine avevano fatto le sue vesti da assassina…
-Insomma- disse la ragazza facendo un passo indietro. –Io… io vado- balbettò andando verso l’uscita della sala.
Rhami e Marhim la guardarono sorpresi, poi quest’ultimo si apprestò a seguirla.
-Elena, aspetta!- le disse prendendola per la mano.
Elena si voltò divincolandosi. –Scusa, ma ora devo davvero andare- erano sulle scale, e la ragazza puntava al piano terra. –Ci vediamo più tardi, ciao- si avviò.
Marhim la seguì con lo sguardo, fin quando Elena non scomparve in uno dei corridoi.
-Non è andata come speravi- Rhami gli cinse una spalla. –Eh?- sorrise malizioso.
-Lasciami stare- sbottò il ragazzo.
Rhami alzò le spalle e si calò il cappuccio sul volto. –Quello che fai è rischioso, credi che non abbia capito?- lo rimproverò.
Marhim guardò altrove. –Fatti i fatti tuoi!- digrignò.
-E se…- Rhami si mise a braccia conserte. –E se entrassi in competizione?- tenne quel sorriso maligno.
Marhim sobbalzò. –Non so di cosa parli- disse serio, ma Rhami si allontanò ridendo.

-Maestro- Elena s’inchinò.
Tharidl si alzò dalla scrivania e le venne incontro. –Elena! Stai bene, grazie al cielo. Non ero stato avvertito del tuo risveglio, non sai che gioia- le pizzicò la guancia affezionato.
Elena arrossì, ma non disse nulla.
Tharidl la prese sotto braccio accompagnandola accanto alle vetrate. –Speravo che venissi da me, Elena. Ci sono tante cose di cui vorrei parlarti-.
Elena si staccò da lui e poggiò il palmo sul vetro della finestra. –Veramente, vorrei prima chiedervi una cosa, se posso…- mormorò.
Il vecchio annuì, restando dritto e fiero. –Dimmi pure-.
Elena si voltò a guardarlo. –Maestro, quando mi diceste la verità su questo luogo, quando mi parlaste di mia madre e di mio padre, accennaste che mio fratello, quando era in fasce, portava questa collana- Elena strinse il ciondolo con forza. –Tuttora sono turbata. Se voi sapevate che costui, quando Kalel lo lasciò a voi, era figlio di mio padre, dunque la vostra memoria nel tempo non si dev’essere affievolita così da dimenticare il suo volto e da poterlo riconoscere oggi, adulto, tra tutti questi assassini. Maestro, voi sapete chi è e pretendo di sapere se è ancora qui, vivo…- Elena si sentì gli occhi inumidirsi. –Vi prego-.
Tharidl si girò verso l’interno della sala. –Elena, quello che vai dicendo è vero. So chi è e so chi e cosa è diventato- proferì grave. –Nonostante tu ti senta sola, e in difficoltà, non sono tenuto a rivelarti quel nome. Ti basti sapere che è vivo, è vicino e lontano allo stesso tempo. Il suo corpo vaga per la fortezza, ma la sua anima accompagna giorno dopo giorno i volti degli uomini che ha ucciso all’infermo. Cammina nell’aria, si assenta nel momento del bisogno, ma sa risorgere dalle ombre quando sa che sei in difficoltà. Elena, non rimuginare che sia un pazzo se tengo al sicuro questo segreto, piuttosto cerca di capirmi. Questo ragazzo, ormai uomo, non sa della tua esistenza come tu fin ora non sapevi della sua. Voglio che le cose restino come sono, quiete senza ulteriore discordia tra i miei discepoli. La pace ci ha accompagnati nel cuore e nello spirito per molti anni, e non per essere pignolo, ma essa è andata a spegnersi il giorno in cui hai fatto la tua comparsa- concluse.
Elena era sbigottita. –Mi state accusando dei mali che sono accaduti negli ultimi giorni? È causa mia? Giusto nel momento in cui mi stavo convincendo del contrario, voi venite a darmi la causa di tutto?- pianse.
-Non fraintendere le mie parole-.
-Allora spiegatevi meglio!-.
Tharidl sospirò. –Ti offro l’occasione di redimerti, perché sono certo che in te si sta combattendo ancora una dura battaglia, Elena. Altair ti addestrerà alle ultime nozioni con i pugnali e la spada corta, affinché tu sia pronta al meglio a scontrarti con le guardi che ti attendono ad Acri-.
-Acri?- mormorò confusa.
Tharidl assentì. –Ora non preoccuparti, fa’ ciò che ti viene ordinato di fare- tornò alle vetrate, accanto a lei e liberò una colomba dalla gabbietta.
Il piccione si levò in cielo, portando stretto alla zampetta il messaggio.
Elena osservò l’uccello fin quando non fu troppo distante, ma voltandosi notò che Tharidl era scomparso.
Elena si avviò sulle scale, e ad un tratto si trovò di fronte al suo Maestro.
Altair nascose lo stupore di vederla in piedi e fece un passo indietro. –Elena- disse solo.
La ragazza si strinse nelle spalle. –Sì, pare di sì…- sottinse.
-Hai già parlato con il Maestro?- le chiese.
-Sì, e sono pronta per cominciare-.
Altair annuì e le fece strada fino al cortile.
Halef e Fredrik si fecero da parte, uscendo dall’arena ed Elena entrò.
-Come sicuramente non sai, la spada corta preferisco che venga usata in situazioni di estremo bisogno. È facile da utilizzare, ma anche poco conveniente- le disse l’assassino sfoderando la piccola lama.
-Il suo taglio è tozzo, fatale, certo, ma anche poco preciso. Con questo genere di lame bisogna acquistare la massima precisione in ogni affondo, o potresti non ottenere l’effetto desiderato. Al contrario, con un colpo ben assestato il tuo avversario non avrà sangue sufficiente nelle vene per tornare a combattere- rise.
Elena ci trovava ben poco da ridere.
Altair le venne vicino e gliela porse. –Quando partiremo ti consegnerò la tua, ma per ora ti presterò questa. Allora, il pugno stretto qui, il pollice più aperto, e la lama deve seguire il fianco del polso, tutto chiaro?- Altair le sistemò le dita sull’impugnatura, ed Elena strinse la presa.
L’assassino si allontanò ed estrasse la spada standar dal fodero. – Sarebbe sciocco insegnarti a contrastare un’altra lama corta, per tanto cercherò di essere modesto, ma tu non mollare, qualunque cosa accada- le suggerì.
La ragazza annuì poco convinta.
Altair fece un balzo avanti e la disarmò con un solo attacco.
La piccola lama volò in aria e si conficcò nella terra fuori dal recinto.
Elena rise portandosi una mano alla bocca.
-Sapevo che sarebbe successo…- sbuffò l’assassino.
Halef raccolse l’arma dal suolo e la porse ad Elena.
-Grazie- fece lei, e il fratello di Marhim tornò all'esterno del campo.
-Allora il concetto non ti è chiaro- sbottò Altair tornando di fronte a lei. –Avanti, tieni il pugno stretto! So che è difficile, ma non abbiamo molto tempo-.
Elena fece aderire meglio la lama al suo polso, e notò che il taglio seguiva la forma del suo braccio fungendo come da protezione ad esso.
Con il gomito così esposto, si disse la ragazza, una guardia ne avrebbe approfittato. Inoltre, anche il suo fianco destro era molto scoperto agli attacchi avversari.
Provò a spostare la lama in diverse pose, e sorrise nel vedere che con movimenti fluidi e regolari poteva contrastare qualunque affondo.
-Ottimo, è proprio quello che stavo per dirti…- Altair la contemplò in silenzio mentre Elena fendeva l’aria e schivava il suo nemico immaginario, simulando tutti i possibili contrasti.
Dopo poco, la ragazza si fermò, accorgendosi che tutti gli occhi del cortile erano puntati su di lei. Arrossì anomala e abbassò la guardia.
-Magari- suggerì l’assassino suo Maestro. –Se cominciassimo l’allenamento come si deve- rise.
Elena gli si avvicinò, e Altair iniziò con i primi affondi.
Il suo Maestro concatenava attacchi differenti tra loro mettendo alla prova i suoi riflessi, di fatti durante lo scontro, le diceva che con nessun altra arma nell’armamentario di un assassino bisognava dimostrare intuito e scioltezza.
Per il primo quarto d’ora Elena si limitò a parare, ad allenare la resistenza delle gambe e delle braccia. Ad un tratto, non riuscendo a deviare l’attacco dell’assassino, Elena si vide costretta ad abbassarsi e a rotolare di lato, finendo con la schiena sulla staccionata. –Ahio…- borbottò.
La lama corta scivolò finendo ai piedi dell’Angelo.
-Va bene, per ora può bastare. È tempo di passare all’attacco, e sono sicuro che gradirai oltremodo- Altair le porse una mano e l’aiutò a tirarsi su.
Elena recuperò l’arma e tornò in posizione.
Attaccare le venne più semplice. Come con la spada lunga, Elena tenne il piede sinistro avanti, ma passare attraverso la difesa del suo maestro sarebbe stata sempre un’impresa impossibile.
Altair faceva scivolare le due lame l’una sull’altra tutte le volte che lei provava un affondo, e quella era la tecnica base che aveva appreso durante i suoi primi allenamenti.

Il sole andava a nascondersi oltre la valle. Il cielo si tinse di tutte le più stupefacenti combinazioni di colori, fino a diventare un uniforme massa scura punteggiata di pallini luminescenti.
-Non ci siamo- le disse Altair.
Il pugnale da lancio era finito addosso alla parete, oltre il manichino di paglia.
Elena curvò le spalle afflitta. –Non riesco, sono negata-.
-Invece no- Altair le porse un altro coltello, ed Elena lo strinse tra le dita. –Da quanto ho saputo, Alice eccelleva in queste arti di omicidio- disse.
Il suo maestro era appoggiato al manichino vicino. –Forza, prova ancora e piega di più le ginocchia. Serve lo slancio, non solo di polso come credono molti- le propose.
Elena annuì e prese un respiro profondo.
I bracieri nel cortile erano accesi, le pattuglie vagavano sullo stesso tracciato e le sentinelle, dall’alto delle mura, scrutavano oltre le ombre della notte.
Elena si portò la mano che stringeva il pugnale al fianco sinistro e, dopo aver piegato impercettibilmente le gambe, lo scagliò nuovamente addosso alla pietra.
-Visto?!- si voltò isterica verso l’assassino.
Altair alzò il mento. –Ancora- sbottò serio estraendo un nuovo coltellino dallo stivale.
Elena provò di nuovo una decina di volte, finché il suo maestro non terminò l’equipaggiamento.
-Forza, va’ a prenderli- le disse indicando i quindici pugnali buttati a terra alle spalle del manichino.
Elena, sbuffando, s’incamminò.
La distanza dal punto di lancio al manichino erano almeno dieci metri! Come poteva solo sfiorarlo? Durante le ore precedenti Altair le aveva impartito le nozioni basilari su come scagliarlo, ed Elena poteva vedere i coltellini roteare verso il suo avversario di paglia accompagnati da un lieve fruscio.
Si chinò a raccogliere i pugnali uno ad uno, raggruppandoli nella mano sinistra.
Fredrik si avvicinò ad Altair. –Come proceder?- gli chiese indicando con un cenno del capo la ragazza.
-Bene, per essere il primo giorno. Credo che ti toccherà prestarle il cavallo prima di quanto immagini- rise l’assassino.
Fredrik rimase serio. –Intendevo… credi che sia pronta?- gli occhi verdi balenarono sotto il buio del cappuccio.
Altair incrociò le braccia. –Sinceramente no, ma chi sono per battere contro la parola del Maestro- borbottò seccato.
-Se mandasse tutto in fumo? Non puoi rischiare di perdere la vita in missione solo per tornare indietro a rimediare ai suoi danni, Altair. È questo che devi sbattere in faccia al Maestro, e forse quel vecchio saprà guardare la verità con altri occhi- gli disse Fredrik.
-Ho provato, ma sostiene che Elena possa essermi utile. Non so dove impiegarla… potrebbe cavarsela con gli interrogatori, in un modo o nell’altro…- pensò ad alta voce Altair.
L’altro scosse la testa. –D’altro canto, non lascerete la città prima di una settimana massimo, quindi hai tutto il tempo per darle qualche nozione anche su questo- proferì.
I due assassini rimasero in silenzio a guardarla, mentre Elena contava che mancava un coltellino ai quindici che aveva scagliato.
La ragazza cominciò a dimenarsi per trovarlo.
A quella vista Altair si lasciò sfuggire un sorriso diverso dal solito. –è così giovane…- mormorò.
-Lo era anche sua madre, eppure non mi sembra così indietro- commentò Fredrik.
-Lo so- fece Altair staccandosi dal manichino.
-Se avesse cominciato prima, credi che la situazione sarebbe diversa?- gli domandò.
Altair non sapeva cosa rispondere, e si limitò a sospirare.
-Comunque- proseguì Fredrik. –Adha ti cercava. Non so per quale ragione, ma ha detto di dirti che ti aspettava nella biblioteca-.
Altair lanciò un’ultima occhiata alla ragazza, ancora intenta nella ricerca.
Estrasse il quindicesimo pugnale dalla cintura e, con grande sorpresa di Elena che si voltò spaurita, lo scagliò contro il manichino, colpendolo in pieno petto. In fine si avviò verso l’ingresso della fortezza.
Elena fece un passo verso il manichino, e osservò il pugnale perfettamente piantato nella paglia in posizione verticale. Meravigliata, lo estrasse e lo girò tra le mani.
Il manico di quel coltellino era differente dagli altri. Intarsiato in un metallo bianco, forse argento, terminava con tre piume. Sfaccettature e decorazioni si snodavano nel punto in cui la lama era incastrata nell’impugnatura.
Lo aggiunse agli altri e si diresse verso il punto di lancio, ma si accorse che il suo maestro si era volatilizzato.
-Non preoccuparti, tornerà tra poco- le disse Fredrik che la fissava.
Elena si nascose meglio sotto il cappuccio, e si avvicinò al secondo manichino lì affianco. Conficcò i pugnali uno per uno nel petto di paglia, tenendone in mano uno alla volta.
Si mise in posizione, e decise che nell’attesa si sarebbe avvantaggiata per conto suo.
Il primo lancio non andò come avrebbe dovuto, e si apprestò ad afferrare un altro coltello.
Anche questo fallì, ed Elena si sentiva osservata dallo sguardo dell’assassini alle sue spalle.
Fredrik si scoprì il volto, ed Elena, voltandosi a recuperare un medesimo coltello, notò che aveva i capelli biondi, brillanti. Occhi verdi come l’acqua delle spiagge italiane e un viso giovane che tradiva la sua età, superiore ai venticinque anni. La barba bionda e lasciata crescere non troppo.
Elena si volse, perché Fredrik si era accorto che lo sguardo di lei aveva indugiato troppo.
La ragazza riprese ad allenarsi, concentrandosi esclusivamente sul pugnale nella mano e il manichino di fronte a lei.
-Marhim- Fredrik lo salutò.
Elena, colta alla sprovvista, si fece scivolare il coltello che cadde a terra. –Marhim!- Si voltò.
Marhim le sorrise. – fai progressi!- rise vedendola così impacciata.
Elena si sistemò meglio i capelli nel cappuccio, arrossendo.
Fredrik strinse la spalla di Marhim, poi si allontanò lasciandoli soli.
Marhim le si avvicinò. – E così parti per Acri- le disse venendole affianco.
Elena si chinò a raccogliere la piccola arma. –Sì- mormorò.
-Questo posto sarà vuoto, senza di te- gli scappò di bocca.
Elena gli lanciò un’occhiata interrogativa.
-Intendo- Marhim si passò una mano tra i capelli. –non ci sarà nessuno ad addestrarsi nel cortile. Domani parte anche mio fratello per Alhepo assieme ad Adel e altri. Mi sentirò piuttosto solo- sorrise poco convinto.
Elena incrociò le braccia. –Perché non vai con loro?- gli chiese.
Il ragazzo abbassò lo sguardo. –Non saprei… odio ammetterlo, ma Halef è di qualche grado superiore a me, ed è per questo che nessuno mi ha chiesto se potevo andare con loro. Però non mi sono fatto avanti pensando che saresti rimasta anche tu- confessò.
Elena non riuscì a decifrare il suo volto. Gli occhi di Marhim erano due pozzi castani in cui ci si poteva perdere sul serio, in quel momento. L’assassino teneva le braccia lungo i fianchi, la schiena dritta. Eppure, si disse Elena, c’era qualcosa forse nel suo atteggiamento, nelle sue parole insolite, nel suo tono sicuro ma timido… chissà.
-Mi spiace, ma non posso farci nulla- si limitò a dire lei. –Non sai quanto aspettavo questo momento- aggiunse lei felice.
-Come mai?- Marhim le venne ancora più vicino.
In quel momento fu lei ad abbassare il viso. –Assisterò al meglio il mio maestro affinché Corrado non viva un giorno di più- digrignò.
Marhim allungò una mano e le strinse il braccio. –Che cosa ti avevo detto? Niente ripicca, anzi, vedi di controllare il tuo rancore quando ti troverai faccia a faccia con lui ma Altair dirà che non è il momento-.
Elena era confusa, alzò lo sguardo. –Non sarà il momento?- ripeté. –Che vuol dire?-.
-Sai- cominciò lui avviandosi al manichino porta pugnali. Ne estrasse uno e si posizionò. –Un assassino è vigile sulle proprie emozioni, questo è certo, ma devi sapere che ci viene insegnato, seppur sia rischioso, ad aspettare l’ultimo buon momento per colpire- proferì scagliando il coltellino, che andò a colpire il manichino sul piccolo braccetto tozzo.
Marhim, per nulla soddisfatto e imbarazzato, curvò la schiena. –Ma che diavolo…- borbottò.
Elena cominciò a ridere, e gli andò affianco.
-Vuoi fare una gara?- le chiese lui guardandola dall’alto.
Elena annuì.
Marhim piegava le ginocchia, e anche quando i suoi muscoli si tendevano fino all’ultimo, il suo volto restava tranquillo e sereno.
Elena, al contrario, stringeva i denti come nel sopportare un dolore amaro: quello della sconfitta. Per di più, il buio della notte non aiutava mica!
Finché, per la prima volta durante tutta la partita, un coltellino colpì il manichino nel centro esatto della fronte.
-Grandioso!- fecero all’unisono i due.
-Aspetta- dissero ancora insieme. –L’hai lanciato tu?- si domandarono.
Alle loro spalle sentirono una presenza schiarirsi la voce, e Rhami si fece avanti. –Veramente sono stato io- sbottò orgoglioso.
Marhim lanciò all’assassino un’occhiataccia, mentre Rhami si apprestava a recuperare il suo pugnale.
Elena stette in silenzio quando l’Angelo le venne accanto. – è stato divertente vincere facile- rise sarcastico.
-Nessuno ti ha invitato- ruggì Marhim.
Rhami alzò le spalle e si allontanò tra le ombre. Elena lo seguì con gli occhi, e la cosa parve innervosire Marhim.
-Ma cos’ha di tanto interessante, quello lì?- proruppe Marhim.
Elena tornò a guardare l’amico. –Di cosa parli?-.
-Insomma, è così odioso quando si crede chissà chi!- Marhim sembrava sconvolto.
-Ora sei tu quello che non riesce a controllarsi- le labbra di lei si allungarono in un sorriso.
Marhim prese fiato con calma. – hai ragione, scusa. M’innervosisce- aggiunse.
Elena scoppiò in una risata. –Invece io lo trovo divertente. Anzi, vi trovo entrambi divertenti!-.
Marhim fu consolato solo in parte da quelle parole, perché Elena si stava riferendo anche a Rhami.





Salve gentili ascoltatori.
Qui radio Elika che vi parla, e vi ringrazia per la calorosa partecipazione.
Su questo capitolo non ci sono pesanti chiarimenti da fare, a parte il fatto che Elena lotterà con tutte le sue forze per scoprire chi sia poi suo fratello! Spero che sia stato di vostro gradimento, e ovviamente sono obbligata dal mio buon senso a ringraziare alcuni di voi!

Saphira87: tra la mia e la tua fan fiction c’è una botta e risposta impressionante! Entrambe corriamo come delle matte alla scoperta del prossimo capitolo, che, per quanto mi riguarda, invento sempre sul momento! Spero che la mia storia continui a piacerti nonostante i gravosi errori di grammatica e le parole senza senso che compaiono ogni tanto nel testo. Ti prego, continua a recensire nel modo unico che sai fare solo tu, ma, soprattutto, sbrigati a posare l’11esimo capitolo della tua FIC!!!

Lilyna_93: hai seguito la mia storia fin dall’inizio, ne hai assaporato la scrittura confusionaria e ne hai compreso l’anima! A te un bacio per la pazienza che hai quando su MSN ti anticipo un botto di cose! La coccarda d’oro va ai tuoi consigli sul capitolo “gli angeli degli incubi” che senza il tuo aiuto non sarebbe mai uscito così lungo e appassionante! Oddio, non so che altro dire! Be’, un incoraggiamento per la tua rete internet che ultimamente fa un po’ cilecca, ma spero che continuerai a recensire e a tirarmi su il morale con le frasi del tipo: “AMO LA TUA FAN FICTION”!!!

Angelic Shadow: l’unico maschietto che sta leggendo la mia fiction, un gran simpaticone che sta mettendo su una gran bella avventura su uno dei giochi più incredibili dell’anno! Sono sicura di poter spacciare la voce sulla tua fic, Angelic, così cambi un po’ aria (le mie recensioni stanno diventando monotone XD). Con te non so da dove cominciare: ti sono debitrice per esserti avventurato nella mia scrittura trascurata e i molti punti poco chiara, ma anche per molto altro! Buona fortuna col 7imo capitolo della tua fiction, che io aspetto con ansiaaaaa!!!
   
 
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