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Autore: Velvetoscar    13/09/2015    6 recensioni
Louis, con suo sommo orrore, frequenta un'università d'élite in cui Zayn Malik è un nome che conta, Niall Horan non sta zitto un momento, ci sono pianoforti dappertutto, e Harry Styles, l'unico figlio maschio di un ex cantante rock strafatto e pazzo clinico, ha un sorriso perfetto e due occhi spenti. [Larry/minor-Ziam]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 20.

Niall martella con le mani sul pianoforte come fosse un tamburo. Anche se ha pure quello. Suona la musica più caotica del pianeta, senza sosta, ed è strafatto e ride di niente in particolare e, beh. Dal canto suo potrebbe ammazzarlo sul serio perché ha un altro esame tra una settimana e deve studiare, cazzo.

Per questo prende una decisione basata puramente su questioni di logica e null’altro.

“Vado a studiare da Harry,” urla per sovrastare il rumore, e gli occhi arrossati di Niall gli sorridono.

“Okay,” risponde, e continua a suonare.

Benedetto ragazzo. Wow.

Louis si carica la borsa in spalla, lanciandogli un’ultima occhiataccia. “Torno più tardi.”

“Salutami il tuo raga-“

Si sbatte la porta alle spalle.

Con la mente ancora ferma agli eventi del giorno prima – Louis che parla a Harry di sua madre, Harry che lo ascolta, Harry che gli chiede la sua opinione, Harry che lo chiama per nome con voce dimessa e che gli dice un ‘grazie’ che forse ha fatto brillare ancora di più la luna –, Louis si avvia verso le stanze di Harry.

E anche se sa che le loro ripetizioni sono tra tre ore o poco più… decide di provarci ugualmente. Perché ieri è andata proprio bene. Quindi perché oggi dovrebbe essere diverso?

Una volta raggiunto l'appartamento, apre piano la porta e prega che ad accoglierlo non ci siano scene di sesso selvaggio. Sbircia esitante nel salotto, e, no, non c’è nessuno, è sterile, salvo gli spartiti che ancora giacciono sul pavimento e l’assoluta e vasta quantità di tutto quello che occupa ogni angolo.

Sta giusto per andare verso la camera da letto di Harry, quando qualcuno bussa alla porta.

Harry si è chiuso fuori? È Niall? Si è dimenticato qualcosa?

Apre la porta con cautela, lanciando uno sguardo fuori e – oh. Un hipster.

Per nulla colpito, apre completamente la porta, fissando il ragazzo dall’alto in basso apertamente, come a giudicarlo. I suoi vestiti sono trasandati con maestria ed è un ragazzo bellissimo ed esotico, il prodotto di un sacco di soldi, e Louis cerca di non ridere quando nota la scritta ‘anarchy’ tatuata sul suo polso.

“Salve. Sono, ehm, qui per Harold,” dice il ragazzo, leggermente titubante, quasi come se fosse potenzialmente incerto se questa sia la porta giusta o meno.

Delizioso.

“Non è qui,” risponde senza tante cerimonie, e gli chiude la porta in faccia prima che venga proferita un'altra parola. Che bella sensazione. Con un sorrisetto orgoglioso, si volta, sentendosi soddisfatto.

E poi il sorriso gli scivola via dalla faccia perché c’è Harry, in piedi di fronte a lui, che osserva la scena accigliato.

Beh, merda.

Il ragazzo ha visto Harry dietro di lui mentre parlava? Adesso busserà di nuovo perché sa che Louis stava mentendo?

“Scusa?” gli chiede, imperioso, incrociando le braccia al petto. Ha i vestiti più casual che Louis gli abbia mai visto addosso – jeans troppo stretti e una t-shirt nera con dei bottoni sul colletto. Sembra stanco, come se non avesse dormito – o perlomeno come se non avesse dormito tranquillamente – e Louis lo guarda a bocca aperta e con occhi sgranati.

“Ehm-“

“Non avevi nessun diritto di cacciare un mio ospite,” infierisce, tagliente. Lo fissa come un falco con la sua preda. Cosa che gli fa tornare in mente Cleopatrick e, mh, cazzo. Si era dimenticato di lui. Harry è proprio un disastro di persona, eh?

“Lo so,” risponde, incrociando anche lui le braccia e alzando le spalle, per nulla contrito. “Eppure l’ho fatto lo stesso, hai visto?”

Harry lo fulmina. “Digli di tornare.”

“Non sono il tuo fantoccio.”

“Diglielo.”

“Non lo farei nemmeno se volessi. E lo sai perché?” gli fa, gli occhi stretti in un’occhiataccia, mentre si avvicina di un passo a Harry, che indurisce ancora di più lo sguardo. “Perché quelle persone di cui ti circondi non sono altro che arpie. E tu puoi fare di meglio, babbeo impedito e ninfomane che non sei altro. Quindi sì, quando posso li caccio, e non mi scuserò con te per questo, e non farò finta che mi dispiaccia!” Detto questo, Louis tira su col naso e si volta, sentendosi vittorioso e risoluto. Resiste all'impulso di battere un piede a terra.

Il cipiglio di Harry si calma. “Che vuol dire che posso fare di meglio?” chiede, e il suo tono è sorpreso e confuso e preso alla sprovvista, e tutte quelle cose che a Louis fanno sciogliere le braccia e poi gliele fanno cadere ai fianchi, il volto che si gira verso quello di Harry.

“Quello che ho detto,” dice gentilmente, prima che la voce riacquisti la sua forza, e si scansa i capelli dagli occhi. “Ora. Non mi chiedi perché sono qui?”

Harry abbassa la testa, trascina i piedi. “Perché sei qui?” borbotta al pavimento, e adesso si sta abbracciando lo stomaco, la luce catturata dalle borse sotto i suoi occhi.

“Perché devo studiare e Niall è un coglione. Ieri mi è piaciuto stare qui. Quindi. Mi fai rimanere?” chiede, e un sorriso che gli affiora sulle labbra.

La testa di Harry scatta in alto prima di ricadere dov’era, i piedi che accarezzano il pesante tappeto persiano. “Beh. Mi stavo tipo preparando per la giornata. Cioè, non ho lezioni o altro, perché ho già finito tutto. Sto solo… facendo delle cosette e riguardando le mie canzoni. Quindi, boh, okay, va bene,” dice senza una pausa, armeggiando con il suo orologio.

Louis fa un gran sorriso. Vittoria.

“Splendido!” esclama, e subito si precipita in camera di Harry. “Andiamo qui, va bene? Si sta bene. Mi piace,” sorride, e si sistema nella sua sedia.

Harry lo segue, gli occhi attenti, ma quasi sorride? È un'espressione piacevole, qualunque essa sia, quindi Louis si accomoda per bene sulla sedie e gli sorride assonnato.

“Hai finito la canzone?” chiede.

“Sì.”

“Posso sentirla?”

Harry si volta, cammina fino alla finestra, e guarda fuori. “Sì.” Il sole gli batte sulla pelle, sui capelli, sugli occhi inquieti. “Tra un po’ però. Non adesso, okay?”

“Sì. Va bene,” risponde sommesso, e guarda il ragazzo di fronte a lui, inondato dalla luce dorata.

E poi comincia a studiare e Harry comincia a perdere tempo, setacciando i suoi fogli, scrivendo messaggini sul cellulare, e tirando fuori dei libri consumati dagli scaffali per leggerli, alto e incredibilmente elegante – considerato anche il suo abbigliamento casual – incorniciato dalla finestra.

Sembra la personificazione stessa dell’oro: il sole che piove attraverso le finestre alle sue spalle fa meraviglie con il suo corpo, e il libro è così delicato e così fragile nelle sue mani bianco panna dalle unghie perfettamente curate e chiare. Le ciglia luccicano alla luce e la punta del naso è rosa e le labbra sono splendidamente cremisi e-

Okay. Forse i libri di testo non sono l’unica cosa che Louis sta studiando.

Si costringe a distogliere lo sguardo.

“Vai d’accordo con tuo padre?” chiede all’improvviso Harry nella sua profonda voce musicale da qualche parte sul pavimento, di punto in bianco, e ha ancora in mano il libro che a quanto pare sta solo facendo finta di leggere; Louis trasalisce completamente.

“Come?” chiede, colto di sorpresa, fissando il profilo luminoso di Harry.

Quello non alza lo sguardo dal libro. “Ho notato che lo chiami per nome. E hai detto che non gli piaci. Perché?”

Sono domande così severe e personali, eppure Louis trova che, al di là dello shock, non gli importa più di tanto. Quindi fissa Harry, alza le spalle, e gioca con le spirali del suo quaderno.

“Non ci troviamo. Secondo lui sono irritante e rumoroso. E immaturo.” Fa una pausa, traffica con la frangia. “Ma sinceramente, credo che il motivo principale per cui non gli piaccio è che sono gay.”

Harry reagisce con tutto il suo corpo, trema, ma è un momento così sottile e difficile da cogliere che dubita che qualcuno oltre lui se ne sarebbe accorto. Il che, sì okay, forse Louis ha proprio bisogno di trovarsi un hobby e piantarla di farsi ossessionare da Harry. Forse.

“Non è colpa tua,” dice Harry piano, senza alzare mai lo sguardo.

“Questo io lo so. Lui no.”

“Hai provato a parlargli?”

E perché tutte queste domande?

Louis fa oscillare la gamba, tamburella con la penna. “Più o meno. Ma non ne vuole sapere, fidati. Ma comunque non me ne frega un cazzo, quindi. Chissene.”

La testa piegata e riccia finalmente si solleva dalla pagina. “È tuo padre.”

“È una persona cattiva,” risponde semplicemente, con forza.

Harry torna a guardare il suo libro.

Ancora silenzio.

Louis strimpella un motivetto sul bracciolo della poltrona.

Vede Harry deglutire. Poi:

“Lo sai chi è mio padre?”

La domanda è posta con tanta di quella delicatezza e leggerezza, che Louis per un attimo pensa di essersela solo immaginata. Ma no, Harry l’ha detta di sicuro, e si sta mordicchiando il labbro, le sopracciglia che si stringono tra di loro, mentre continua a fissare senza battere ciglio la stessa pagina.

Harry non ha mai parlato di suo padre a Louis. Mai. Non direttamente, almeno. E Louis questo lo sa, Harry sa che Louis questo lo sa, e ogni cosa sembra importante in questo momento, mentre lo stomaco gli si torce e resiste all'impulso di raggiungere Harry, strappargli il libro di mano, prendergli le spalle, e trovare un po’ di realtà sotto le ombre.

Resta invece sulla poltrona, stringendo la matita così forte che teme di spaccarla a metà. “Sì,” risponde sinceramente.

Harry annuisce, principalmente tra sé e sé. “Sono sicuro che ne avrai sentite di tutti i colori.”

“Sì,” ripete.

Harry si morde il labbro con più forza.

“Io-“ si interrompe, batte le palpebre. Alza lo sguardo dal libro ma fissa il muro, gli occhi spalancati e inespressivi, con un tocco di paura negli angoli. “Non so se è una brava persona oppure no,” ammette a bassa voce, con un sussurro, con talmente tanto timore e tanta di quella confusione che Louis deve fisicamente trattenersi dal raccoglierlo tra le sue braccia e scacciare via i suoi demoni con il suo abbraccio.

Cazzo. Di fronte a lui ci sono i frammenti più frastagliati e deboli di Harry. E fa male. Fa fisicamente male.

Louis non dice niente, lo guarda e basta e mette a tacere le proprie pungenti emozioni. “Come sta?” osa chiedere, invece di ‘dov’è?’.

Ma immagina che la risposta sarebbe stata più o meno la stessa:

“Non lo so.”

E non cosa voglia dire – di certo non è possibile che sia sparito dalla circolazione da tutto questo tempo?? – ma non gli piace la sensazione che gli dà, o il peso che grava sulle spalle di Harry, le cui ossa robuste sembrano così tanto fragili, alle volte. Sta per aggiungere qualcosa, sta per dire che ha il diritto di dire che suo padre non è una brava persona, che Des non merita la sua lealtà, che è un figlio migliore di quanto lo sia Louis, ma in quell'istante il cellulare di Harry squilla e lo agguanta immediatamente, strabuzzando gli occhi.

“Pronto?” Il suo volto si indurisce.

E poi sbianca.

“Arrivo,” dice solo, prima di ficcarsi il cellulare nei jeans e scattare fuori dalla camera da letto.

“Co- Harry!” lo chiama Louis, balzando fuori dalla sue sedia, e correndogli dietro.

Lo trova a infilarsi la giacca, facendo scivolare i piedi negli stivali, e ha le guance pallide e incavate, e ha gli occhi tanto, tanto spalancati, e sembra talmente sconvolto che mentre si prepara alla bell'e meglio, Louis non può che guardarlo, le braccia molli ai fianchi.

“Chi era?” chiede, mentre Harry compone un numero sul cellulare.

Lo ignora, portandoselo all’orecchio. “David? Vienimi a prendere a scuola. Adesso.” E poi ha il cellulare di nuovo in tasca e supera Louis velocemente.

“Harry,” riprova, e segue la sua scia mentre quello comincia a ficcare tutti gli spartiti in una borsa. Osserva i suoi movimenti frenetici, disorientato. “Harry, che succede? Che stai facendo?”

Lui continua a ignorarlo, e non è nemmeno sicuro che l’abbia sentito. Ma quando la borsa è pronta e Harry la afferra con una presa strettissima e sta per uscire dalla porta, Louis gli si para davanti e gli prende un braccio, la mano che brucia la lana pesante della giacca di Harry.

“Mi puoi rispondere?! Non sono invisibile, cazzo!” quasi urla, e gli occhi di Harry incontrano i suoi, come se per la prima vola.

“Devo andare, Louis.”

“Questo lo capisco, lo so, d'accordo, okay? E non ti chiederò i dettagli. Ma porca troia, fai avanti e indietro come un colibrì e sembra che ti sia appena venuto un infarto e non so che cazzo sta succedendo, ma potresti almeno dirmi se stai bene? Se va tutto bene?”

Lui si sofferma sull’espressione di Louis, lento e indagatore, e nelle sue iridi si forma qualcosa che ricorda la comprensione. O è un senso di colpa? Pietà? Il nulla?

“Va tutto bene,” lo calma gentilmente, e Louis sospira di sollievo. “Più che bene, perfino.”

Le sopracciglia di Louis si inarcano. “Sì? Meglio?”

Harry annuisce. “Sì,” dice piano.

Ed eccola lì. Questa frazione di secondo in cui, mentre la mano di Louis indugia ancora nella piega del suo gomito, Harry imita il tocco, sfiorando il braccio di Louis. Ed è così breve e impalpabile che potrebbe essere stato un caso o un gioco di luce, ma Louis lo sente, l’ha sentito, e sente un'inequivocabile esplosione tra le costole mentre Harry comincia a districarsi e a scivolare via.

“Ci vediamo domani?” gli dice dietro, quando Harry sta per chiudere la porta.

Harry si guarda alle spalle, il viso visibilmente rilassato come non lo era da mesi, un sorrisino fermo sulla bocca. “Sì,” annuisce, e poi il suo sguardo si sofferma ancora per un attimo su di lui prima di voltarsi e andarsene.


NdT. Di solito pubblico in orari semi-strategici per assicurarmi che lo vedano più o meno tutti subito ma ho un'ansia terrificante oggi, quindi ecco qua così un pensiero in meno lol. La canzone di questo capitolo: Awkward Duet dei Sons and Daughters. Un consiglio da parte mia che non c'entra un cacchio, è che oggi deliro ed è stata una giornata di tanta solitudine e una consolazione l'ho trovata ed è la seguente: se siete a vostro agio a leggere in inglese (l'autrice non acconsente a traduzioni), fiondatevi subito – se non l'avete già fatto – su ao3 e cercate 'Relief next to me'. Davvero, fate un piacere a voi stessi. Comunque! In quanto alla storia, capitolo corto ma spero di pubblicare a breve il prossimo che invece è parecchio lungo, perché Velvetoscar mi vuole morta, o perlomeno mentalmente danneggiata.

Un bacione grande grande a tutti quanti, mandatemi un abbraccio che oggi sono triste. :/
   
 
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