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Autore: Vitya    13/09/2015    3 recensioni
Tutti invidiavano Sasuke: era il più affascinante, il più intelligente, il più bravo in tutto. Nessuno avrebbe mai pensato che stesse attraversando un periodo tanto difficile. In tutto questo, però, c'era un ragazzo dai capelli biondi al suo fianco. E, soprattutto, c'era un posto dove si sentiva in pace con se stesso, un bar dove facevano un caffè davvero buonissimo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nagato Uzumaki, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Buonasera a tutti.
La depressione da fine vacanze si fa sentire ç_ç  Sapere che domani ricomincia la scuola mi uccide, sul serio, e quest'anno sono pure d'esami >.< 
Ragione per cui questo capitolo è in ritardo, e per cui credo che i prossimi avranno una cadenza un po' meno vicina l'uno dall'altro. Spero comunque di riuscire a limitare il più possibile i tempi d'attesa, soprattutto ora che sono all'inizio e che non ho nulla da studiare (in teoria avrei ancora trenta pagine di matematica per le vacanze da finire, ma dettagli). 
Andando al capitolo, vi giuro che non sapevo cosa scrivere. Nemmeno la più pallida idea. In realtà doveva esserci solo la prima scena, ma non potevo pubblicare un capitolo di due pagine e mezza, quindi ho dovuto allungare il brodo aggiungendo parti nuove. Non volevo anticipare ciò che ci sarà nel prossimo aggiornamento perché farò un salto temporale, e ci tenevo a farlo in due capitoli distinti.
Detto ciò, penso che andrò a dormire, dato che domani dovrò svegliarmi presto. Come sempre, ringrazio quelle anime pie che mi seguono e recensiscono, le vostre parole sono ciò che mi spingono ad andare avanti <3
Un bacione a tutti, buona lettura :*
 
Cap 18: La dura vita di Minato Namikaze

L'uomo sospirò, infilando la chiave di casa nella toppa. Che giornata pesante, non vedeva l'ora di farsi un bagno e sdraiarsi sul divano. Abbassò lo sguardo sulle buste della spesa, notando l'immensa, disastrosa macchia verde che spiccava sui suoi pantaloni e la camicia celeste. Avrebbe dovuto metterli in lavatrice prima che Kushina li vedesse, altrimenti avrebbe avuto appena il tempo per dare a suo figlio un ultimo saluto prima di morire. Era stato un incidente, un suo alunno aveva urtato per sbaglio il tavolo con i colori e un barattolo di vernice gli era finito addosso. Non era la fine del mondo, anzi, a scuola gli studenti era abituati a vederlo sporco di pittura, spray, china o qualunque altra cosa usata per colorare. Anche i suoi colleghi non ci davano più peso, così aveva affrontato la riunione pomeridiana senza problemi. A quel punto, il suo piano originale prevedeva di non dare troppo nell'occhio mentre attraversava il parcheggio e filare dritto a casa, cercando di non sporcare anche i sedili della macchina. Solo quando aveva acceso il motore si ricordò di un piccolo, per niente insignificante particolare: doveva andare a fare la spesa. La sua spaventosa metà aveva un'udienza in tribunale e avrebbe finito di lavorare tardi, e in frigo non era rimasto più niente di commestibile. Sarebbe stato più saggio farsi una doccia, cambiarsi i vestiti e poi andare a fare la spesa, ma così avrebbe sicuramente beccato in pieno il traffico dell'ora di punta. Aveva fatto spallucce, pensando che era abbastanza di buonumore per affrontare una simile figuraccia e si era quindi diretto al supermercato. Non l'avesse mai fatto: ogni persona che aveva incrociato, dalla prima all'ultima, l'aveva fissato come se fosse un pazzo scappato dal manicomio. Mentre spingeva il carrello con nonchalance, ignorando le occhiate poco amichevoli di chi aveva intorno, le madri tenevano stretti i bambini e gli uomini evitavano in ogni modo di entrare in contatto con lui. Ma il momento peggiore era stato quando si era diretto alla cassa per pagare: la commessa l'aveva osservato piuttosto preoccupata, come se da un momento all'altro tirasse fuori dal portafogli dei post-it e pretendendo di pagare con quelli. Persino i clienti in coda dietro di lui non gli avevano staccato gli occhi di dosso per un istante. Minato aveva regalato loro un sorriso forzato, reprimendo l'impulso di scavarsi una fossa e sotterrarsi lì davanti a tutti.
-Che figura di merda … - commentò fra sé, sospirando.
Per fortuna adesso era tutto finito. Ora era a casa, doveva solo sistemare ciò che aveva faticosamente comprato e poi sarebbe filato dritto in bagno a levarsi quella pittura verde ormai secca. Appoggiò le buste di plastica sul tavolo della cucina, iniziando a raccogliere le cose che andavano in frigo. Finite queste, si avvicinò al lavello per sistemare i detersivi. Si accorse però di due tazzine sporche di caffè abbandonate nel lavandino. Strano, forse Naruto aveva invitato qualche amico. E ora che ci faceva caso: dov'era suo figlio? Era così preso dalla sua esperienza al supermercato che non si era accorto di quell'insolito silenzio che regnava in casa. Possibile che fosse uscito? No, avrebbe chiuso la porta con le mandate, invece gli era bastato mezzo giro di chiave per aprire.
-Forse sta dormendo – pensò l'uomo, addentrandosi in corridoio.
Si avvicinò silenziosamente alla stanza del ragazzo cercando di non svegliarlo. La porta di legno era chiusa, quindi la sua ipotesi doveva essere esatta. Decise di allontanarsi per non disturbarlo, ma la sua attenzione fu subito richiamata da una voce sconosciuta. Chi aveva parlato? Non era la voce di Naruto. Che ci fossero dei ladri? Ma tutto in casa era in ordine, o meglio, in disordine come al solito. Anche volendo, cosa avrebbero potuto rubare in camera di suo figlio? Afferrò la maniglia della porta con il cuore a mille, già pronto ad aggredire un possibile ladro, e l'abbassò piano, aprendo appena uno spiraglio.
Ciò che vide lo lasciò a bocca aperta. Naruto, nudo, sopra un altro ragazzo che non aveva mai visto prima di allora, anche questi nudo. Si baciavano appassionatamente, e Minato non riuscì a formulare alcun pensiero logico davanti le loro bocche unite, così come le loro mani. Ma ciò che più di ogni altra cosa lo sconvolse, fu la mano di quello sconosciuto sulla natica di SUO FIGLIO.
-OH CRISTO SANTO! - esordì appena riacquistò abbastanza lucidità per parlare.
I due si voltarono di scatto, e vide la sua progenie pietrificarsi davanti il suo sguardo azzurro. Inoltre, in quella nuova posa che avevano assunto, vide anche qualcos'altro che avrebbe di gran lunga preferito ignorare.
-Papà!! - sbottò sorpreso, fissandolo imbarazzato.
-Io … no, cioè … volevo … – mormorò confuso, prima di chiudersi di colpo la porta alle spalle.
O dio, cosa aveva appena visto!
***

-Oh merda! - sbottò il biondo, alzandosi dal letto sfatto.
Raccolse in fretta le sue mutande da terra, tentando di non inciampare mentre se le infilava.
-Perché non abbiamo mai un attimo di pace? - ribatté Sasuke, sedendosi sul bordo del materasso, cercando con lo sguardo la propria biancheria, finita in chissà quale angolo della camera.
-Vado a parlargli – mormorò il più giovane appena ebbe finito di “vestirsi”.
-Per dirgli cosa? - gli domandò sarcastico il moro.
L'altro l'ignorò bellamente e uscì dalla stanza ancora mezzo nudo, coperto solo dai boxer. Trovò suo padre in cucina, con le spalle rivolte alla porta aperta sul corridoio, appoggiato con entrambe le mani al grande tavolo di legno. Naruto fissò la sua schiena tesa e iniziò a torturarsi le mani indeciso sul da farsi, non avendo la più pallida idea di come affrontare la situazione.
-Papà … -lo chiamò flebilmente.
Minato si voltò, sconvolto il viso, incrociando con lo sguardo gli occhi imbarazzati del ragazzo, quest'ultimo rosso di vergogna fin sopra ai capelli. Non che lui non fosse in imbarazzo: ormai Naruto era un adulto, era normale che facesse certe cose, ma fra pensare che “probabilmente” le faceva ad averne la prova schiacciante c'era una bella differenza. Che fare? Nessuno dei due sembrava propenso a rompere quel silenzio maledettamente imbarazzante. Decise allora di ascoltare per una volta il suo buon senso e fare ciò che saggiamente gli suggeriva: scappare il più lontano possibile!
-Ho scordato di comprare la farina, mi sa che devo tornare al supermercato – esordì, lanciando un'occhiata eloquente al giovane – Credo che fra andare e tornare perderò circa mezz'ora, forse anche di più … - continuò ad alludere, marcando col tono di voce le ultime parole.
-Già, mamma aveva detto che voleva fare una torta – rispose l'altro, intuendo le sue reali intenzioni.
-Quindi … ora vado – concluse Minato, incamminandosi verso l'ingresso.
Il giovane Uzumaki lo seguì fino alla porta d'ingresso come un cane fedele con il padrone, continuando ad annuire.
-Ci vediamo fra un po' … - mormorò l'adulto, piantando i propri occhi azzurri in quelli del figlio.
Gli occhi di Naruto erano molto più grandi dei suoi e, nonostante fossero del suo stesso colore, avevano ereditato la forma di quelli di Kushina. In più, dalla madre avevano preso anche un'incredibile espressività. Il Namikaze poté leggere facilmente l'immensa gratitudine che il giovane aveva nei suoi confronti, anche se era troppo imbarazzato per esprimerla a parole. Tuttavia, lui era pur sempre il genitore; come tale aveva un preciso ruolo educativo e doveva assicurarsi che il ragazzo fosse consapevole delle sue azioni. C'era una domanda che doveva fargli, anche se avrebbe di gran lunga preferito evitare un simile discorso.
-Naru – lo chiamò, posandogli le mani sulle spalle per rassicurarlo.
Lo fissò intensamente, sorridendogli benevolo. Doveva metterlo a suo agio, anche se lui per primo aveva bisogno di qualcuno che lo tranquillizzasse.
-Papà? - domandò di rimando il figlio, ricambiando con un lieve sorriso. A quel punto, Minato si convinse a sganciare la bomba.
-Ti servono dei preservativi? - domandò serio, cercando di apparire naturale – Se vuoi te li posso andare a comprare. -
Il cambiamento sul volto del ragazzo fu drastico e repentino. Il sorriso scomparve mentre le labbra si incurvavano verso il basso; le guance, quasi tornate al colorito originale, riacquistarono in un attimo la tinta dei pomodori maturi mentre gli occhi si riempirono di vergogna.
-Noo! - rispose a gran voce, così all'improvviso che il padre fece un passo indietro lo spavento.
-Dovete usarli, è importante – cercò di convincerlo il genitore, osservando l'altro scuotere veementemente il capo a destra e a sinistra.
-Li usiamo, stai tranquillo – lo rassicurò l'Uzumaki, agitando confusamente la mani davanti al viso – adesso però vai. -
-Sul serio? Naruto guarda che-
-VAI VIA! - lo cacciò il giovane, spingendolo fuori di casa con tutta la vergogna che aveva in corpo.
Chiuse di colpo la porta d'ingresso appoggiandovi contro le spalle mentre sospirava. In fondo al corridoio, una risata divertita richiamò la sua attenzione. Sasuke, ormai completamente vestito, aveva assistito alla scena in silenzio, godendosi l'imbarazzo del fidanzato mentre sbatteva il padre fuori di casa.
-Che hai dai ridere?! - sbottò irritato il biondo, incrociando le braccia al petto. Reazione isterica che fece divertire il moro ancora di più.
 
***

-Che hai da ridere?! - sentì gridare da dietro la porta d'ingresso.
-È isterico come sua madre – commentò fra sé il padre, sconsolato. Minato appoggiò le spalle alla dura superficie di legno, sorridendo divertito; chi avrebbe mai pensato che suo figlio l'avesse sbattuto fuori di casa? Era sicuro che prima o poi sarebbe stata Kushina a farlo, in una delle sue “pacatissime reazioni”. A proposito di Kushina: doveva chiamarla! Si sarebbe scatenato l'Inferno se avesse scoperto che Naruto approfittava della loro assenza per portare un ragazzo a casa. Come minimo l'avrebbe costretto a raccontargli tutto nei minimi dettagli, per poi nascondere delle telecamere in giro per i corridoi. E la cosa più terrificante era che non stava affatto esagerando.
-Devo fermarla prima che rientri dal lavoro … - si disse, deciso ad intercettare quell'imminente uragano dai capelli rossi.
Prese il cellulare dalla tasca dei pantaloni chiari, rendendosi conto solo in quel momento che non si era cambiato i vestiti. Si sbatté una mano in fronte, dandosi dell'idiota; era scappato così in fretta da dimenticarsi della figuraccia che aveva fatto al supermercato. Perché quel giorno non gliene andava dritta una?
-Pronto? - esordì una voce gentile dall'altro capo del telefono.
-Amore – rispose Minato, nella speranza di addolcirla il più possibile – Hai finito in tribunale? -
-Sì, sono uscita poco fa. Quel bastardo del giudice Uchiha ha rimandato l'udienza – sbuffò lei, per niente entusiasta del rinvio – Sto andando in ufficio a posare i documenti, fra dieci minuti dovrei essere a casa. -
-NO! Non tornare a casa – la bloccòò immediatamente, nel panico più totale.
-Perché no? -
-Perché … - mormorò il Namikaze, in cerca di una scusa plausibile per la sua risposa – perché pensavo che, dato che siamo entrambi liberi, potremmo andare a vedere quelle nuove tende per la cucina che ti piacciono tanto – continuò, consapevole di essersi appena condannato a morte.
-Mi sono rovinato da solo – pensò, mentre il viso si contorceva in una smorfia di dolore.
Andare a comprare le tende con Kushina, infatti, era una lenta agonia. Sua moglie adorava quelle stoffe, per lui inutili, che aveva montato dietro ogni maledetta finestra della loro dimora. Andare a comprarne di nuove significava passare almeno dieci minuti per ogni articolo esposto, valutandone colore, ricamo, fantasia, qualità del tessuto e decine di altri dettagli per lui più che insignificanti. Tuttavia, pur essendo consapevole di quanto fosse temibile fosse una simile proposta, era certo che la sua adorabile consorte non avrebbe mai rifiutato un'offerta del genere.
-Davvero? - domandò la donna, entusiasta – In effetti è proprio ora di cambiarle, quelle che abbiamo sono troppo vecchie – gli diede ragione.
-S-Sì, pensavo proprio a questo – rispose Minato, immaginando il sorriso smagliante che, ne era certo, era comparso sul viso dolce di sua moglie.
In fondo, così l'avrebbe fatta felice dopo una giornataccia di lavoro, salvando il suo unico figlio. Anche se si sarebbe beccato un cazziatone epocale per come aveva sporcato i vestiti, ne valeva la pena.
-Ogni tanto un sacrificio si deve pur fare … - commentò fra sé, preparandosi al peggio.
***

Il giovane dai capelli biondi, nonostante l'ora tarda, stava ricopiando alcuni schemi di filosofia dal quaderno di Sasuke. Intanto Kurama se ne stava comodamente acciambellato sulle sue gambe, prendendosi una coccola fra una riga e l'altra. Di solito dopo cena passava un po' di tempo al computer o, dopo alcune giornate molto stancanti, andava dritto a dormire. Tuttavia, non voleva dimenticare tutte quelle nozioni che il moro gli aveva pazientemente spiegato … prima che iniziassero a baciarsi. Un bacio aveva tirato l'altro e da lì le cose erano andate avanti senza freni. Il solo pensiero lo faceva sorridere come un ebete: aveva fatto l'amore con Sas'ke. Era stato così bello, così dolce, così … fantastico. Sì, “fantastico” era la parola giusta. Tutto l'imbarazzo iniziale era sparito nel giro di pochi minuti, giusto il tempo che iniziassero a familiarizzare l'uno col corpo dell'altro. Quando poi aveva visto Sasuke completamente nudo, la voglia di familiarizzare col suo corpo era aumentata a dismisura.
-Che spettacolo della natura - commentò fra sé il giovane, sospirando.
Sollevò lo sguardo dal quaderno che aveva davanti per posarlo sul letto attaccato al muro, dove, qualche ora prima, lui e l'Uchiha si erano deliziati della reciproca compagnia. Non poté negare di essere stato un po' in ansia, almeno finché la sua mente era stata in grado di pensare. Per l'altro si era trattata della prima volta con un ragazzo e aveva temuto che potesse avere dei ripensamenti. Si era quindi ricordato il saggio consiglio che Hidan gli aveva dato un paio di giorni prima e si era messo d'impegno affinché l'altro non potesse pentirsi della sua scelta. E, dovette ammettere, anche Sasuke l'aveva lasciato pienamente convinto della sua decisione, che si fosse messo d'impegno o meno.
-Chissà quando potremo rifarlo – si chiese il biondo, piuttosto impaziente.
Accarezzò con delicatezza la testa del micio che aveva fra le gambe, sorridendo nel vederlo così calmo. Scosse il capo, sospirando; doveva tornare a concentrarsi sulla filosofia. Una volta finito di copiare quegli schemi sarebbe andato a letto e allora avrebbe potuto fantasticare quanto voleva, anche se dubitava che avrebbe facilmente preso sonno quella notte. Chissà se sulle lenzuola era rimasto il suo buonissimo odore, quel misto di mandorla, fumo e dopobarba che gli dava alla testa. Avrebbe passato la serata a sniffare le coperte pur di trovarne un po', già lo sapeva. Che ci poteva fare se il profumo dell'Uchiha era tanto intossicante?
Le sue profonde meditazioni furono però interrotte da qualcuno che bussava alla porta. Pochi secondi dopo, suo padre fece capolino dietro la superficie di legno.
-Ha imparato a bussare – commentò ironicamente il ragazzo, voltandosi sulla sedia girevole della scrivania.
-Ti disturbo? - gli domandò l'adulto, notando i libri e i quaderni aperti sulla scrivania.
-No, sto solo copiando degli appunti – mormorò in risposta, accarezzando la testa di Kurama che, intanto, si era sollevato per controllare cosa fosse successo.
-Posso parlarti un attimo? - gli chiese Minato, ottenendo un cenno affermativo in risposta.
L'uomo entrò nella stanza richiudendosi la porta alle sue spalle. In un primo momento si avvicinò al letto, pensando di sedercisi su; subito dopo, ricordandosi cosa era successo su quel materasso quello stesso pomeriggio, optò per la sedia dove suo figlio abbandonava i vestiti. La liberò dai jeans e dal cumulo di magliette che vi troneggiavano, sistemandola vicino a quella del ragazzo.
-Allora era qua la bestiaccia – esordì il genitore, lasciando una grattatina sotto il musetto del gatto.
-Stasera ha voglia di coccole – rispose Naruto, osservando l'animale sdraiarsi nuovamente su di sé.
Gli accarezzò piano la schiena, sentendo il suo soffice pelo arancione scorrergli fra le dita. Risollevò lo sguardo sul viso di suo padre, incrociando due determinati occhi azzurri. Decise allora di rompere quel silenzio che si era instaurato fra loro, interrotto solo dai rari miagolii di Kurama.
– Hai detto a mamma quello che è successo oggi? - gli chiese, riportando la sua attenzione sulla palla di pelo che aveva in grembo.
-Secondo te, se gliel'avessi parlato ora sarebbe di là tutta tranquilla a fare i piatti? - gli domandò ironico l'altro.
-Proprio no – ammise il più giovane, scuotendo il capo – Grazie per non averglielo detto. -
-Se vuoi saperlo, ho fatto anche di più: l'ho intercettata mentre usciva dal lavoro, sarebbe tornata a casa troppo presto. -
-Hai preso tempo per me? - domandò Naruto, incredulo.
-Sì – sospirò l'uomo, ancora provato per l'esperienza mistica che aveva affrontato – L'ho portata a comprare le tende per la cucina. -
-Oh no, papà – protestò il ragazzo, quasi commosso da un simile sacrificio – Non dovevi arrivare a tanto. -
-Ormai è andata – concluse il Namikaze, con un sospiro più profondo – Cambiando discorso … - esordì, fissando il figlio dritto in volto – Il ragazzo di questo pomeriggio … è il tuo fidanzato? Un tuo amico? - domandò, posando le mani sulle ginocchia.
-Beh … non è proprio il mio fidanzato, o almeno non ancora – rispose l'altro, iniziando a gesticolare come suo solito – Stiamo uscendo da un po' – continuò a spiegare, un po' in difficoltà.
-Che tipo è? - chiese il padre, sinceramente incuriosito.
-È interessante – rispose subito il giovane, senza pensarci nemmeno un attimo – è affascinante, intelligente, è … - si bloccò, incrociando il sorriso benevolo di suo padre.
Avrebbe voluto dire che era “fantastico” e “con un corpo da favola”, ma preferì omettere questi particolari. Però, dopo quello che aveva visto quel pomeriggio, forse si era già accorto da solo di quell'ultima qualità.
-Sembri molto preso da lui. Ti piace, non è così? -
-Sì – annuì l'Uzumaki, arrossendo un po' – Lui mi piace molto. -
-E tu gli piaci? -
Naruto arrossì ancora di più, ricordandosi quanto avesse penato per trovare una risposta a quella domanda. Alla fine, dopo tutti i suoi “Non lo so”, Sasuke gli aveva confessato ciò che provava. Non solo, quel pomeriggio avevano pure fatto l'amore.
-Credo di sì – mormorò infine, sorridendo contento.
Minato sorrise a sua volta di fronte la reazione del giovane, ricordandosi com'era difficile avere la sua età. Vederlo tanto in imbarazzo ma allo stesso tempo così felice gli rendeva il cuore leggero. Cosa avrebbe mai potuto desiderare, come padre, se non la gioia di suo figlio? Se quel moretto lo rendeva così, allora andava più che bene.
-È un bravo ragazzo? - gli domandò interessato, senza staccare gli occhi da lui.
-Sì, puoi stare tranquillo. -
-Questo è quello che conta – sospirò l'uomo, alzandosi in piedi.
Scompigliò bonariamente i capelli del ragazzo, regalandogli un altro, sincero sorriso. Il suo bambino era ormai diventato grande, ancor prima che se ne accorgesse.
***

-Kushina, stai dormendo? - domandò l'uomo, sdraiato sul grande letto matrimoniale.
La camera era avvolta dall'oscurità ma, nonostante si fosse infilato sotto le coperte ormai da un po', non riusciva a riposare. Tutti gli avvenimenti della giornata gli vorticavano in testa senza dargli pace, e non pensava al lavoro o alla figuraccia del supermercato. Pensava a suo figlio, a come fosse cresciuto in un attimo e fosse ormai un uomo, mentre continuava ad essere poco più di un ragazzino ai suoi occhi.
-Uh … no – mormorò lei, schiacciando la testa sul cuscino.
Minato si sforzò di distinguere i contorni della sua schiena nonostante la mancanza di luce, allungando un braccio per circondarle la vita. Si avvicinò di più a lei, stringendola in quell'amorevole abbraccio, arrivando col viso vicino alla sua spalla.
-Sai – esordì a bassa voce, iniziando a giocare con una ciocca di quei lunghissimi capelli rossi – più ci penso, più mi chiedo come abbiamo fatto … -
-A fare cosa? - domandò lei, tenendo ancora gli occhi chiusi.
-Un simile capolavoro – rispose il biondo, sentendola agitarsi fra le sue braccia.
La donna si girò in modo da essere faccia a faccia col marito. Anche se non riusciva a vederlo bene, portò una mano sul suo viso, sentendo la sua guancia calda sotto i polpastrelli.
-Di che parli? -
-Di nostro figlio – mormorò il Namikaze – Naruto è venuto su così bene, certe volte mi chiedo come ci siamo riusciti – continuò a spiegare, ritornando con la mente a tutto ciò che era successo nelle ultime ore.
Minato sentì Kushina sorridere a quelle parole, portando le sue dita delicate fra i suoi scompigliati capelli color grano.
-Ci siamo impegnati tanto, ce l'abbiamo messa tutta con lui. -
-Già, e non smetterò mai di ringraziarti per questo – le confessò a mezza voce, accarezzandole il fianco.
-Per cosa? - gli chiese l'Uzumaki, aggrottando le sopracciglia cremisi.
-Per avermi fatto diventare padre – rispose serio, cercando i suoi grandi occhi con lo sguardo.
-Da sola non avrei potuto fare un granché – ribatté la rossa, avvicinandosi di più al marito.
-Sì, ma il grosso del lavoro è stato a carico tuo. -
-Questo è vero – ammise la moglie, ridacchiando – Però senza di te non ce l'avrei mai fatta. -
-Ma noi siamo una squadra, no? -
L'uomo portò la mano libera sulla guancia della moglie, immergendola nella sua cascata di capelli rossi. L'accarezzò con dolcezza, lasciandole un bacio sulle labbra dischiuse. Com'era bello finire la giornata in quel modo, abbracciato a Kushina, sentendo la stanchezza e le preoccupazioni svanire con le sue risate e i suoi sorrisi. Per fortuna il loro bambino somigliava tanto a quella donna speciale, erano le due persone più importanti di tutta la sua vita.
-Certo che lo siamo – rispose lei, con una nota di dolcezza nella voce – E poi, se non lo fossimo, il nostro “capolavoro” ci avrebbe già seppellito da un pezzo. -
-Anche questo è vero – rispose Minato, ridendo, appoggiando il capo sul morbido cuscino, vicino alla testa rossa di cui si era innamorato tanti anni prima.
  
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